Prosciuttopoli: caos nella filiera del prosciutto di Parma. Il 50% dei verri non può essere controllato! Bloccate le marchiature. In arrivo provvedimenti del Mipaaft
Prosciuttopoli: caos nella filiera del prosciutto di Parma. Il 50% dei verri non può essere controllato! Bloccate le marchiature. In arrivo provvedimenti del Mipaaft
Roberto La Pira 4 Luglio 2019Dopo un lungo colpevole silenzio della filiera del prosciutto di Parma Dop, in questi giorni il sindacato Flai Cgl a nome dei lavoratori del settore ha chiesto alle aziende “una massiccia esclusione del prodotto non conforme”. Carlo Galloni, capo gruppo del settore prosciuttifici dell’Unione parmense degli industriali, ha replicato su La gazzetta di Parma dicendo che la sicurezza alimentare del prodotto non è mai stata messa in discussione. Galloni ha dovuto ammettere qualche problema con l’introduzione illecita avvenuta almeno 4 anni fa dei suini di razza Duroc danese, ha anche ammesso il rinvio a giudizio dei macellatori che hanno preso in giro i prosciuttifici e ha ricordato il provvedimento di smarchiatura di centinaia di migliaia di cosce. Ha dovuto ammettere che esiste ancora un problema per l’eccesso di peso medio delle partite di suini su cui sta indagando il Mippaft, sottolineando che si tratta di una “Non conformità lieve”.
La narrazione di Galloni cerca di ingentilire una realtà con diverse criticità. Viene spontaneo chiedersi come sia possibile che per anni prosciuttifici siano stati vittime di un sistema che vendeva loro cosce di maiali di razze vietate dal disciplinare. Questo vuol dire non avere fatto esami sulla genetica dei prosciutti, affidandosi completamente all’autocertificazione degli allevatori, ai controlli distratti degli enti certificatori, alle dichiarazioni incomplete e approssimative dei macellatori e alla supervisione inutile del Consorzio di tutela del prosciutto di Parma. Diciamo che per essere imprenditori sono stati “superficiali” e hanno comunque loro malgrado venduto ai consumatori un numero esagerato di falsi prosciutti Dop.
Di fronte a una situazione che evidenzia gravissime lacune nella filiera, gli industriali e il Consorzio del prosciutto di Parma dicono di non essersi accorti di nulla, e scaricano le responsabilità su allevatori furbetti e macellatori scorretti. Galloni considera i suoi parte lesa, perché non hanno saputo riconoscere i veri prosciutti! A questo punto anche il Consorzio, che ha scoperto la truffa solo quando è arrivata nelle aule dei tribunale, si può considerare parte lesa. Ma queste non sono certo motivazioni valide. Possiamo pensare che Citterio, Grandi salumifici italiani e altri marchi famosi sapendo che circolavano da anni centinaia di migliaia di false cosce di maiale avviate al circuito Dop, avevano il diritto/dovere di chiedere accertamenti, di fare analisi sulla genetica per verificare la correttezza delle autocertificazioni degli allevatori e quant’altro. Non hanno fatto niente e non si sono accorti di nulla! Distrazione, superficialità o altro? Le giustificazioni non mancano certo. L’ente di certificazione del prosciutto di Parma (Istituto Parma qualità- IPq) non ha controllato la genetica perché non è scritto nel piano di controllo. Anche il Consorzio si accontentava di un’autocertificazione degli allevatori, mentre i prosciuttifici si limitavano a leggere incartamenti sulla tracciabilità sull’origine dei maiali e sulla razza! Eppure un’analisi della genetica a campione sul 5 per mille dei prosciutti costerebbe ben poco rispetto al business milionario della filiera.
Per capire quanto sia “fuori controllo” la situazione basta dire che l’Istituto Parma qualità- IPq ha sospeso da un mese le marchiature delle cosce in stagionatura. Si tratta dell’ultimo gesto di un ente che dal gennaio 2018 è stato sospeso per 9 mesi, e che nell’ultimo anno ha azzerato due volte lo staff dirigenziale. C’è un particolare sconosciuto ai più. Un documento inviato dall’IPq ai responsabili dell’Icqrf del Mipaaft il 6 maggio 2019, dice che per la metà dei verri controllati nei primi cinque mesi del 2019 non è stato possibile verificare il tatuaggio auricolare, perché i caratteri sono sfuocati, perché la pelle troppo scura si confonde con i numeri. In diversi casi il codice non si vede, per cui viene riportato su una placca di plastica appesa all’orecchio con una scritta a pennarello! Insomma il 50% dei maiali del prosciutto di Parma non può essere certificato come suino pesante italiano, quindi non si può accertare la genetica e non si può certificare come suino pesante destinato alla filiera Dop.
L’amara constatazione del cronista è che siamo di fronte a una filiera che “non vede, non sente, non parla”. Per questo motivo nessuno ammette le colpe. I più arguti provano a scaricare le responsabilità su altri pensando di cavarsela. Altri invece cercano di giustificare il malaffare considerando Prosciuttopoli una questione di qualche chilo in più dei maiali avviati al macello. È questa la tesi che industriali, consorzi, regione ed enti di controllo portano avanti sperando di sistemare le cose con una sanatoria generale. L’obiettivo è chiudere al più presto lo scandalo dichiarando che c’è stata una “Non conformità lieve” e una distrazione nei controlli che però non hanno intaccato la filiera e la qualità del prosciutto. Non è così, lo dimostrano i processi in corso, le condanne e le ammissioni di colpa degli imputati. Non è così perché i Consorzi in segreto stanno rivedendo i disciplinari che non funzionano più e anche i Piani di controllo. La filiera deve emarginare i soggetti che hanno infangato il sistema. Se passa la linea della “Non conformità lieve” si vanifica il sistema delle Dop, si giustifica il malaffare e l’incapacità dei controllori, dei Consorzi e dei prosciuttifici. Bisogna smarchiare tutte le cosce dubbie per restituire fiducia ai consumatori. In questa fase è decisivo il ruolo dell’Ispettorato centrale repressione frodi – Icqrf del Ministero delle politiche agricole, che non può avallare una situazione in grado di rovinare il buon nome dei prosciutti Dop italiani. Voci accreditate confermano che sono in arrivo provvedimenti.
CRONISTORIA DI PROSCIUTTOPOLI
16 aprile 2018 – Il Fatto Alimentare scopre lo scandalo di Prosciuttopoli. Prosciutto Parma e San Daniele: irregolarità nei controlli. Il ministero decide commissariamento degli Istituti di certificazione
14 maggio 2018 – Prosciuttopoli: i falsi prosciutti si possono riconoscere! Dubbi sull’ingenuità della filiera. Forse raddoppiato il numero di cosce irregolari
18 maggio 2018 – Prosciuttopoli: è impossibile controllare i maiali del Parma e del San Daniele. Per questo la truffa va avanti da 4 anni
17 agosto 2018 – Truffa del prosciutto San Daniele: 103 indagati e 270 mila pezzi sequestrati
18 gennaio 2019 – Prosciuttopoli: coinvolte 1.240.000 cosce di prosciutto San Daniele e di Parma per un valore di 80 milioni
11 febbraio 2019 – Prosciuttopoli: i numeri dello scandalo sono impressionanti, precisa l’Icqrf del Ministero delle politiche agricole
24 maggio 2019 – Coldiretti dimentica lo scandalo di 1,2 milioni di falsi prosciutti di Parma e San Daniele, ma punta il dito contro le etichette in Cile
6 giugno 2019 – Consorzi del prosciutto dop: scandali, truffe e conflitto di interessi
10 giugno 2019 – Il 35% del prosciutto crudo di Parma e San Daniele è falso. Una truffa gigantesca. Consorzi ed enti di certificazione nella bufera
13 giugno 2019 – Prosciutto di Parma: dimissioni in massa degli ispettori, stop marchiature. Revocare subito il mandato all’ente di certificazione
16 giugno 2019 – Prosciuttopoli: il Consorzio di Parma ammette “gravi problemi da risolvere”. A rischio la Dop
19 giugno 2019 – Scandalo del prosciutti. Per salvare le Dop ed evitare le frodi bisogna cambiare il disciplinare. Il parere di un grande produttore
25 giugno 2019 – Prosciutto di San Daniele: la posizione dell’ente di certificazione di fronte allo scandalo di “Prosciuttopoli”
28 giugno 2019 –Prosciuttopoli: tutti i segreti sulla truffa del prosciutto di Parma e san Daniele. La bufera su consorzi ed enti certificatori continua
30 giugno 2019 –Prosciutto di San Daniele a settembre il processo a Pordenone. Prime ammissioni e riti abbreviati all’udienza preliminare
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[sostieni]
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Nel momento in cui il Consorzio afferma di non poter fare quel lavoro di vigilanza e controllo sull’operato dei produttori associati, mi chiedo a che cosa serva il Consorzio stesso.
“L’art. 14 della Legge 21 dicembre 1999 n. 526 stabilisce che ai Consorzi di tutela riconosciuti dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf) siano attribuite funzioni di tutela, promozione, valorizzazione, informazione del consumatore e cura generale delle Indicazioni Geografiche”.
Non mi pare ci siano compiti di controllo e vigilanza.
Mi pare invece si continui a scrivere senza conoscere l’argomento. Voci accreditate lo confermano.
Un consorzio che non si accorge di una frode che coinvolge il 30% dei prosciutti non tutela certo il prodotto .
Mi sembra quasi ridicolo. E due affermazioni più di tutto il resto. Le aziende di macellazione sono in gran parte anche aziende dei produzione prosciutti, e anche queste non sapevano? Mah ? L’idea della non conformità lieve distruggerebbe l’immagine di tutte le Dop spero non passi questo concetto.
Questo vuol dire non avere fatto esami sulla genetica dei prosciutti, affidandosi completamente all’autocertificazione degli allevatori, ai controlli distratti degli enti certificatori, alle dichiarazioni incomplete e approssimative dei macellatori e alla supervisione inutile del Consorzio di tutela del prosciutto di Parma.
Mi sono fermato qui! Controlli distratti degli enti certificatori???????????
Se c’è un certificato che avvalora io dovrei controllare? ma scherzi? Se no a cosa lo certifico a fare??
Guardate che non c’è bisogno di tante manfrine. Si sta sostenendo l’ insostenibile : una coscia fuori disciplinare viene riconosciuta a occhio nudo da qualsiasi operatore esperto che lavora le coscie nei prosciuttifici. Venite ad intervistare qualche artigiano o qualche lavoratore nei prosciuttifici….
Verrebbe voglia di non mangiare più una fetta di prosciutto crudo di parma per i prossimi 12 mesi…e se lo facessimo tutti? Forse il consorzio ci ripenserebbe prima di liquidare il tutto con “Si tratta di conformità lieve”…
È di poco fa la notizia: https://ilfattoalimentare.it/prosciutto-di-parma-cambio.html
La solita vergogna all’italiana.Basterebbe rispettare tutte le norme e le regole deontologiche. Qui non si tratta di capire chi ha lasciato passare le cosce non idonee o idonee ha essere marchiate.Come al solito e colpa mia ,e colpa tua:no non e’cosi che funziona.Voi del dop dovete rispettare in primis i consumatori poi i lavoratori e il marchio cosa non da poco.ilsig.Galloni e’il re dei prosciutti di Parma e grande conoscitore della materia:quindi tutti al lavoro seriamente per salvare il marchio. Buon lavoro a tutti.
Difficile credere che nessuno si sia accorto della differenza morfologica tra le cosce di Duroc e quelle ammesse dal disciplinare. Una volta avevo parlato con un salatore che guardando la coscia sapeva dire da che lato dormiva il maiale. Chi lavora tutti i giorni sullo stesso oggetto ha una sensibilità inimmaginabile per chi vede le cose saltuariamente.
Inoltre, c’è da domandarsi, come facessero a passare i controlli di qualità, mi immagino che il contenuto di umidità, il colore e profumo finale fossero abbastanza diversi….
Avete fatto un ottimo riassunto sia di tutti gli articoli e delle relative osservazioni .
Una catena completa di comportamenti fraudolenti irresponsabili.
I furbetti del cartellino al confronto sono dei dilettanti.
E’ la vittoria (???) delle certificazioni di carta a tutti i livelli di responsabilità, amministrativa e certificativa ! cioè il NULLA col massimo dei costi e soprattutto dei danni incalcolabili.
Possibile che non esista un test genetico oggettivo inequivocabile (DNA) e che la genetica sia lasciata al controllo visivo di una marchiatura, passibile anch’essa di essere contraffatta ?
A questo punto tutti i disciplinari del comparto alimentare , non solo quello del ” prosciutto di Parma”, dovranno essere validati preventivamente da un ente ufficiale veramente indipendente e scientificamente competente , nonché sottoposto a valutazione generale dei rischi per ciascun aspetto.