Coldiretti dimentica lo scandalo di 1,2 milioni di falsi prosciutti di Parma e San Daniele, ma punta il dito contro le etichette in Cile
Coldiretti dimentica lo scandalo di 1,2 milioni di falsi prosciutti di Parma e San Daniele, ma punta il dito contro le etichette in Cile
Roberto La Pira 24 Maggio 2019Il comunicato stampa di Coldiretti sul prosciutto crudo di Pama del 13 maggio 2019 pone l’accento sui bollini neri nelle confezioni vendute in Cile e sul rischio di un prodotto di eccellenza “di essere ingiustamente diffamato da sistemi di etichettatura ingannevoli che mettono in pericolo il sistema produttivo di qualità del Made in Italy”. Nessun comunicato è stato diramato il 18 maggio 2019, quando la procura di Torino ha condannato un gruppo di allevatori per avere venduto alle aziende che preparavano prosciutti crudo Dop di Parma, cosce di maiali ottenuti con il seme di una razza Duroc danese vietato dal disciplinare.
La truffa di “Prosciuttopoli” ha coinvolto l’intera filiera, con centinaia di persone indagate e i due istituti di controllo che dovevano sorvegliare commissariati per sei mesi dal Mipaaft. Una vera “catastrofe” direbbe qualcuno, ma non per Coldiretti che ha ignorato lo scandalo e anche le condanne. Stiamo parlando di una vicenda che secondo l’Ispettorato centrale repressioni frodi ha portato alla segnalazione di oltre 300 soggetti all’autorità giudiziaria; 810.000 cosce sequestrate; circa 480.000 prosciutti esclusi dal mercato delle produzioni Dop, tramite smarchiatura imposta, e oltre 500.000 cosce smarchiate d’iniziativa propria da parte di singoli allevatori. Lo scandalo ha messo a nudo un sistema di illeciti per un valore complessivo di circa 80 milioni.
Nonostante la gravità della vicenda Coldiretti preferisce puntare il dito contro i bollini cileni che “mettono in pericolo il sistema produttivo di qualità italiano dei prosciutti”. Qualcosa non quadra. Forse siamo noi che abbiamo sbagliato tutto segnalando per primi, un anno fa, le falle e le furberie di una filiera caratterizzata da forme di tacita connivenza tra allevatori, stagionatori e venditori. In questa storia sono probabilmente coinvolti molti grandi marchi di prosciutti italiani che si sono dichiarati vittime, anche se la distinzione tra truffatori e truffati non è così netta come si vuole far credere.
La verità è che per anni sono state macellate milioni di cosce di maiali provenienti da scrofe inseminate con seme di Duroc danese non adatte a diventare prosciutti Dop, e troppi hanno fatto finta di non saperlo. Il Duroc danese è un maiale dall’aspetto “gonfio” (come il fisico di un bodybuilder) che cresce in fretta, con poco grasso e una massa muscolare ricca di acqua, inadatta per la lunga stagionatura necessaria ai prosciutti Dop. Le cosce dei prosciutti di Parma e di San Daniele devono provenire da cosce di suini obesi, con una muscolatura più tenace e molto grasso sottocutaneo.
Il disciplinare prevede la macellazione dopo almeno nove mesi, quando gli animali arrivano a 160 kg (con un’oscillazione del 10% fra 146 e 176 kg). Ma i maiali di Duroc danese crescono in fretta, già dopo otto mesi pesano troppo, tanto che qualcuno cambiava le date di nascita per farli risultare più vecchi, altri li macellavano quando raggiungevano il limite dei 176 kg, per farli sembrare più grassi e camuffare la scarsa presenza di adipe sottocutaneo.
I prosciuttifici, per bocca del Consorzio di Parma, hanno dichiarato che era impossibile distinguere le cosce di Duroc danese dal suino italiano pesante. Queste affermazioni destano più di una perplessità. Si vorrebbe fare credere che gli aderenti ai Consorzi, non si sono accorti che 1,2 milioni di cosce non erano adatte a diventare prosciutti Dop, nonostante l’evidente resa inferiore e l’insufficiente livello organolettico. Difficile pensare che la truffa sia passata inosservata agli enti di certificazione, agli operatori dei macelli, alle aziende di stagionatura e alle grandi marche che vendono al dettaglio.
Ma il silenzio di Coldiretti sullo scandalo ha funzionato. La truffa è passata inosservata perché la lobby degli agricoltori non lo ha segnalato. In Italia quando ci sono problemi agro-alimentari la maggior parte dei giornali riprende pari pari i comunicati di Coldiretti senza verificarne la veridicità. Per molti media se non ci sono notizie su Prosciuttopoli vuol dire che il problema non esiste, oppure si tratta di una questione irrilevante. Alla fine anche questa volta ignorando le falle di una filiera opaca non è stato “messo in pericolo il sistema produttivo di qualità del Made in Italy”. Meglio concentrarsi sui bollini neri appiccicati su una manciata di vaschette di prosciutto crudo di Parma venduto in Sud America.
Sarebbe curioso sapere se e quanti dei 300 soggetti segnalati all’autorità giudiziaria sono iscritti a Coldiretti.
Per leggere la prima parte dell’inchiesta su Prosciuttopoli del 16 aprile 2018 clicca qui.
Per leggere la seconda parte pubblicata il 3 maggio 2018 clicca qui.
Per leggere la terza parte pubblicata il 14 maggio 2018 clicca qui.
Per leggere la quarta parte pubblicata il 18 maggio 2018 clicca qui.
Per leggere la quinta parte pubblicata l’1 giugno 2018 clicca qui.
Per leggere la sesta parte pubblicata il 17 agosto 2018 clicca qui.
Per leggere la settima parte pubblicata il 18 gennaio 2019 clicca qui.
Per leggere l’ottava parte pubblicata l’11 febbraio 2019 clicca qui.
Per leggere la nona parte pubblicata il 21 maggio 2019 clicca qui.
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[sostieni]
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
Buongiorno.
Il problema è anche che, se vado a ricercare in rete le parole “prosciuttopoli” oppure “frode prosciutto crudo” saltano fuori solo i vostri articoli, nulla invece da parte dei quotidiani nazionali più famosi, come Repubblica (un solo articolo risalente al 23 gennaio 2019) o il Corriere della Sera (nulla di nulla!).
Questi quotidiani pubblicano nei loro supplementi tanti articoli dedicati alla salute, al buon cibo, alle ultime tendenze in fatto di alimentazione, moda o altro, tante cose “fighette” insomma, ma queste cose di sostanza no, non le pubblicano.
E allora viene da chiedersi se anche la stampa nazionale, che dovrebbe essere libera, non sia “irregimentata” o, comunque, guardi solo dove vuole guardare, tralasciando deliberatamente altre questioni più “scomode” su cui qualcuno, magari, le chiede di chiudere uno o tutte e due gli occhi.
Se questo è un segnale, allora direi che è un brutto segnale.
Grazie e cordiali saluti,
Alberto
L’articolo de La Repubblica del gennaio 2019 riprende la nostra inchiesta su Prosciuttopoli
Buongiorno Sig. la Pira,
si, ma giusto quell’articolo, e poi praticamente più nulla dai più importanti quotidiani nazionali.
Considerato che la vicenda da gennaio ha avuto delle evoluzioni, e che lo scandalo e la frode riguardano uno dei prodotti più famosi della nostra produzione agroalimentare e tirano in causa le responsabilità di tutti gli attori della filiera (Coldiretti compresa, i cui iscritti sono già stati implicati in passato in altri scandali, come ad esempio quello delle 18 mila forme sequestrate di parmigiano reggiano), un articolo soltanto mi sembra un po’ poco.
Grazie e cordiali saluti,
Alberto
Gentile Sig. Alberto
Credo che la notizia non abbia particolare appeal sul consumatore finale.
Per quanto possa essere grave il mancato rispetto di un disciplinare non vi alcun pericolo per il consumatore.
La domanda seria da farsi, arrivati a questo punto è … nella suinicultura italiana conviene continuare a sviluppare un suino pesante quando nel resto d’europa tutti vanno nella direzione opposta, cioè nello sviluppo di un animale più performante ?
Può convenire certo, ma non puoi chiamarlo con il nome Parma o San Daniele . Punto .
Dico solo questo al di la’ della diatriba “prosciuttopoli”; avete visto il servizio di RAI 3 sulla situazione igienica di certi allevamenti di maiali che arrivano a morsicarsi l’un l’altro sono pieni di ferite e vivono nel lerdume ? Che carne puo’ essere quella che ne deriva se non piena di TOSSINE che noi mangiamo e poi assimiliamo ?
Inoltre non è possibile fare proscitti meno salati ? Troppo sale viene messo, capisco che serve ma bisogna trovare una alternativa.
Ponete la stessa domanda ufficialmente a Coldiretti. Vediamo se ne sortirà, PRIMA DI TUTTO UNA RISPOSTA. LA RISPOSTA sarà POLITICA O REALISTICA e pertinente ?
perché secondo me Coldiretti fa solo POLITICA PRO DOMO SUA, cioè per portare voti alla parte politica dominante, che la tiene a galla
Purtroppo in codesta nazione ( non uso la N per evidenti motivi ) vige la legge del furbetto (ladro) da tantissimo tempo.Ecco che si spiega perchè il denaro la fa da padrone . La voglia di essere sempre più avidi, calpestando i più comuni sentimenti di onestà che dovrebbe essere la prima cosa che agli Italiani non dovrebbe mancare!!!Quali sono le parole per definire una nazione come la nostra?????Penso ,ma non
ho prove certe che il Sig. Costante abbia ragione….
Ci si chiede perchè i media hanno ignorato prosciuttopoli: la risposta si ha osservando quanta pubblicità i media hanno acquisito da parte dei consorzi interessati.
A Versus dico solo che l’Italia la si salva valorizzandone le eccellenze: se vuoi un prosciutto dolce non puoi usare cosce “performanti” il cui eccesso di umidità richiede in lavorazione quell’eccesso di sale che Diego lamenta.
Gentile Marina,
Non era una domanda provocatoria ma semplicemente riflessiva.
Era talmente evidente l’eccellenza da una coscia più performante che per anni il 99% dei consumatori non si è accorto di nulla …