I ricercatori italiani non sono interessati a produrre delle ricerche originali che dimostrino l’efficacia del NutrInform Battery nell’aiutare il cittadino a fare delle scelte alimentari più salutari o a impostare la sua alimentazione in armonia con le Linee guida per una sana alimentazione.
Invece sono molto prolifici nel produrre position paper/statement (dichiarazioni di consenso) (1-2) o (narrative) review (revisioni narrative) (3) in cui si cerca in tutti i modi di sostenere una presunta superiorità dell’etichetta a batteria italiana e di screditare una delle migliori etichette al mondo già adottata da 7 nazioni in Europa: il Nutri-Score. L’etichetta a semaforo è supportata da oltre 100 pubblicazioni peer review, finanziate con fondi pubblici mentre l’etichetta a batteria italiana ha a suo sostegno solo 2-3 pubblicazioni finanziate dall’industria alimentare.
Il problema del conflitto di interessi
Gli accademici e ricercatori italiani di fronte a dati così eclatanti sostengono tesi contrarie alle evidenze scientifiche e alcune riviste scientifiche sono disposte a pubblicare questi documenti di consenso (ne abbiamo parlato QUI, QUI e QUI).
Purtroppo in Italia negli ultimi 30 anni abbiamo avuto dei casi così evidenti di conflitti di interessi a livello politico mediatico che per risolvere questo grave problema che danneggia il bene pubblico si è deciso di cancellarlo da ogni agenda: “il conflitto di interessi in Italia non esiste!” E tutti – anche a livello scientifico – si sono adeguati a questo nuovo clima: si fanno pubblicazioni dichiarando di non avere conflitti di interessi anche se la realtà è diversa.
Ad esempio, quando un relatore deve parlare ad un congresso deve dichiarare per iscritto se ha avuto sponsorizzazioni da aziende farmacologiche o di prodotti elettromedicali negli ultimi due anni. Quindi non sono contemplate in queste dichiarazioni eventuali donazioni ricevute da parte di aziende che producono dolciumi, integratori, bevande zuccherate, alcolici, zucchero o altri prodotti (ad esempio Coca-Cola, Soremartec/Ferrero, Eridania, Federvini…). Inoltre le spese dei congressi sono molto elevate e insostenibili senza sponsor, ma la loro presenza crea un debito morale da parte delle società scientifiche della nutrizione nei confronti delle aziende che verrebbero danneggiate da un’etichetta come il Nutri-Score. Quindi il problema fondamentale dell’Italia è il conflitto di interessi!
L’influenza delle lobby sulla ricerca scientifica
Il British Medical Journal ha pubblicato persino uno studio che sottolinea l’influenza di Federalimentare e della Nutrition Foundation of Italy (NFI) sulla letteratura scientifica che riguarda l’etichetta fronte pacco. In questo elenco di pubblicazioni c’è anche una pubblicazione italiana in cui si dichiara che gli autori non hanno conflitti di interessi ma diversi di questi autori sono affiliati a società scientifiche o Onlus che hanno ricevuto in passato sponsorizzazioni da Coca-Cola, Eridania, Ferrero e NFI. Per cui in alcune pubblicazioni l’influenza degli sponsor c’è, ma non è dichiarata.
Una delle più importanti ed antiche società scientifiche al mondo. la Nutrition Society (UK), proprio in questi giorni ha promosso tra tutti i suoi iscritti un lunghissimo questionario in cui si chiede il loro parere per aggiornare le loro linee guida sul conflitto di interessi. Decine di domande vertono sul problema degli sponsor che possono minare la libertà e la reputazione della Nutrition Society.
Finalmente dopo anni di disinformazione a senso unico, Report (RAI 3) ha fatto chiarezza sugli interessi che alimentano la lotta dell’Italia contro il Nutri-Score. Ciononostante le società scientifiche italiane di fronte all’evidenza rimangono annichilite, non hanno il coraggio di muoversi, di schierarsi contro il Governo, l’Istituto superiore di sanità e il Crea che hanno adottato un’etichetta inutile come il NutrInform. Tutti hanno qualcosa da perdere nel mettere in discussione lo status quo, tutti hanno degli sponsor da non disturbare e a cui essere riconoscenti
Tuttavia noi siamo fiduciosi che alla fine anche in Italia come in Spagna, Francia, Germania, Svizzera, Lussemburgo, Belgio e Paesi Bassi la scienza e la salute prevarranno sugli interessi economici di alcune aziende. Per questo vogliamo continuare a dare il nostro contributo. Oggi cercheremo di dimostrare il perché l’etichetta a batteria italiana sia in realtà ingannevole.
Il NutrInform Battery
Il NutrInform Battery non è altro che una replica di un’etichetta che era stata creata in Europa dall’industria alimentare: si chiamava GDA e successivamente RI. Unica novità è la grafica della batteria, il pieno della batteria indica la quantità massima da non superare di quel nutriente che può essere assunto nelle 24 ore da un adulto che consuma 2.000 kcal.
Facciamo un esempio e concentriamoci sugli zuccheri che sono un alimento critico nella dieta dei bambini, specie in relazione al problema obesità sovrappeso. Immaginiamo di introdurre una crostatina il cui contenuto di zuccheri rappresenta il 12% della quantità massima di zuccheri, che è di 90 grammi secondo il regolamento UE del 2011.
Ma all’interno dei 90 gr sono compresi sia gli zuccheri contenuti in frutta e verdura che sono senza restrizioni nella dieta secondo le indicazioni dell’Oms, mentre gli zuccheri liberi come lo zucchero bianco, succhi di frutta e miele vanno limitati ad un 10% delle calorie ovvero 50 grammi al giorno in questo caso.
Quindi passando dalle indicazioni europee di 90 grammi di zuccheri totali ai 50 grammi di zuccheri aggiunti liberi, la carica della batteria diventa così:
L’errore di fondo del NutrInform
Però l’errore metodologico della batteria italiana è il fatto che è standardizzata per un adulto che consuma 2.000 kcal ed è per lo più applicata in alimenti per bambini: infatti Ferrero ha subito adottato il NutrInform per i suoi prodotti! Ma un bambino consuma meno di 2.000 kcal al giorno e quindi la batteria piena non è rappresentata da 50 grammi di zuccheri, ma molto meno.
Ad esempio una bambina di 5 anni ha un consumo calorico di 1.430 kcal, quindi la batteria piena dovrebbe essere tarata al massimo di 36 grammi al giorno e la crostatina raggiunge il 31% delle calorie giornaliere.
Se poi diamo un succo di frutta si arriva ad un 73%
Se poi tarassimo la nostra batteria piena a un 5% delle calorie giornaliere come idealmente indicato dall’Oms per un adulto o un bambino, con un semplice succo di frutta si andrebbe al 144% delle calorie da zuccheri.
Ferrero sostiene il NutrInform
L’unica azienda che in Italia ha adottato il NutrInform Battery per tutti i suoi prodotti è Ferrero: la batteria italiana sottostima di gran lunga l’impatto degli zuccheri semplici nella dieta dei bambini e non fa percepire la reale portata nella dieta di alimenti troppo ricchi di zuccheri e calorie. Il Nutri-Score invece a colpo d’occhio fa capire sia ai bambini che ai loro genitori quali sono i prodotti da limitare.
Il Nutrinform Battery è un’etichetta fronte pacco facoltativa creata in Italia dall’industria alimentare (Federalimentare) in collaborazione con quattro ministeri (Agricoltura, Sviluppo economico, Esteri e Salute), l’Istituto superiore di sanità e il Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria). La batteria è stata adottata ufficialmente nel nostro Paese il 7/12/2020 con un decreto legge interministeriale firmato da tre ministeri (Sviluppo economico, Salute e Politiche agricole).
Antonio Pratesi e Abril Gonzalez Campos
Gli autori dichiarano di non avere conflitti di interesse
Referenze:
- Position paper sul sistema di etichettatura nutrizionale volontaria NutrInform Battery
- Position paper sulle etichette fronte-pacco. Confronto tra etichette fronte-pacco “direttive” e “informative”
- Front-of-pack (FOP) labelling systems to improve the quality of nutrition information to prevent obesity: NutrInform Battery vs Nutri-Score
© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos, NutrInform Battery, Antonio Pratesi
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La mia soluzione non vi piacerà,
Per me la crostatina che sia etichettata col nutriscore o con il nutriform non è un alimento da utilizzare, Punto.
Passsiamo alla frutta fresca e facciamola finita con queste soluzioni relativistiche.
La sua soluzione ci piace molto perché deriva da una corretta educazione alimentare in linea con le linee guida internazionali (come quelle brasiliane, di cui abbiamo parlato in questo articolo https://ilfattoalimentare.it/linee-guida-brasile-italia-confronto.html) e con l’indicazione ad usare pochi prodotti processati. Ci dispiace molto che in Italia se ne parli poco. Purtroppo si dà più importanza alle calorie che alla fonte di esse. Sfortunatamente non basta qualche spot televisivo che promuova il consumo di frutta e verdura, sono necessarie delle politiche pubbliche (Sugar Tax, etichetta fronte pacco, riduzione o eliminazione della pubblicità per bambini) per tutelare le persone che non hanno la sua consapevolezza, soprattutto bambini.
Corretta la vivisezione della Nutrinform Battery sui due prodotti presi ad esempio, ma quale sarebbe l’alternativa del Nutri-Score non è dato sapere per il giudizio sugli stessi prodotti (una semplice E?).
La crostatina è una E (arancione chiaro)
Mentre i succhi di frutta possono avere una classificazione Nutriscore: C (giallo), D (arancione chiaro), oppure E (arancione scuro) a seconda del tenore di zuccheri liberi presenti.
Quindi il Nutriscore consente di discriminare e scegliere il succo di frutta migliore (tra i vari tipi di succhi di frutta).
Come regola educativa generale sconsigliamo di usare i succhi di frutta, meglio mangiare la frutta intera ad libitum secondo le indicazioni WHO (Organizzazione Mondiale della Sanità).
Le linee guida italiane forniscono indicazioni diverse dalla WHO.
https://ilfattoalimentare.it/sugar-tax-zucchero-conflitti.html
Per comporre un pasto, una colazione oppure una merenda, cosa facciamo sommiamo i valori della Nutrinform (calorie, grassi, zuccheri, sale), oppure componiamo l’alfabeto Nutri-Score (tipo E+C+D….)??
Ottima domanda.
“Per comporre un pasto, una colazione oppure una merenda” seguiamo le linee guida per una sana alimentazione o i principi della dieta mediterranea (che sono un po’ diversi dalle linee guida per una sana alimentazione italiana). Molto utili sono anche le linee guida Brasiliane che prediligono alimenti freschi e di stagione, meglio senza etichetta. https://ilfattoalimentare.it/linee-guida-brasile-italia-confronto.html
Quindi il NutriScore non serve per comporre un pasto. Va da sé che migliore è lo score di ogni singolo alimento (più prodotti A-B verde scuro, verde chiaro rispetto ai prodotti C giallo, D-E arancioni) presente in un pasto e migliore sarà la “performance” complessiva del pasto. Nei prodotti industriali preconfezionati in cui ad esempio ho un wurstel + del purè di patate, il Nutriscore verrà calcolato sull’intero prodotto composto da wurstel + patate. Ciò può portare a delle distorsioni in quanto modulando gli ingredienti si può ottenere un miglior punteggio Nutriscore. C’è un gruppo di scienziati a livello Europeo che aggiorna continuamente il Nutriscore e corregge eventuali manipolazioni adottate dall’industria per ingannare il consumatore. Fortunatamente in Italia non siamo ancora dei grandi consumatori di piatti composti preconfezionati ma abbiamo una tradizione nella preparazione dei cibi.
L’algoritmo alla base del Nutriscore francese è stato creato presso l’Università di Oxford ed è lo stesso dell’etichetta a semaforo inglese. Il gruppo francese di Hercberg dopo aver adottato l’algoritmo inglese (validandolo per la Francia) ha fatto un passo in avanti ed ha creato una equazione che dà un punteggio complessivo di tutti gli alimenti introdotti nella dieta nelle 24 ore (“FSAm-NPS dietary index” che tiene conto della quantità in calorie dei singoli alimenti introdotti e del loro punteggio Nutriscore).
Con questa equazione è possibile dare un “voto” all’alimentazione di ogni singolo individuo e correlarla con l’incidenza di patologie come i tumori o le malattie cardiovascolari. Ciò è stato realizzato in diversi studi, due dei quali hanno coinvolto in Europa mezzo milione di persone.
Se poniamo la critica sul fatto che la batteria è valutata per un adulto, allora non ne usciamo più.
Tra l’altro poi sarebbe anche un “uomo” adulto, perchè già per la donna adulta si stima occorrano meno di 2000 calorie/die.
Poi ci sono anche i bambini, gli anziani, gli uomini adulti che fanno vita sedentaria, quelli che invece fanno sport (si calcola che un cliclista professionista consumi anche 7-8000 calorie in una tappa di un giro d’Italia).
Che facciamo, un trattato su ogni etichetta?
Invece calcolare il semaforo sullo standard da 100 g per qualunque alimento, sia che di una tipologia di alimento se nei consumino 20 g e di un altra 300 g, ed indifferentemente per uomo donna, bambino, quello invece va bene?
Quanta confusione!
Provo a ripetere ancora una volta: l’industria alimentare che produce alimenti ricchi di zuccheri, sale e grassi ha sempre ostacolato qualunque tipo di etichetta che possa informare il consumatore sulla reale composizione dei suoi prodotti. Ad es. per bloccare l’etichetta inglese a semaforo che volevano adottare in Europa, l’industria alimentare ha speso sino al 2012 in azioni di lobby più di un miliardo di euro. Il Nutriscore ha come base lo stesso algoritmo dell’etichetta Inglese.
In Francia l’industria alimentare ha cercato in tutti i modi di bloccare (senza successo) il Nutriscore proponendo una etichetta farlocca.
https://ilfattoalimentare.it/etichette-a-semaforo-politiche-salute-pubblica.html
In Italia invece ci sono riusciti: per bloccare il Nutriscore il governo italiano ha introdotto a tempo di record una etichetta (il Nutrinform Battery) senza alcuno studio a supporto. Gli unici 2-3 studi finanziati dall’industria alimentare a sostegno della Batteria italiana sono arrivati dopo la sua introduzione in Italia. Quindi in Italia hanno adottato ufficialmente una etichetta la cui efficacia è indimostrata. L’etichetta italiana di tipo informativo, non classifica gli alimenti, quindi non serve a nulla perché non aiuta il consumatore a discriminare tra i vari prodotti e non permette di bloccare la pubblicità o gli health claims di prodotti spazzatura (junk food). L’etichetta inglese invece era nata con il fine di bloccare la pubblicità di alimenti poco salutari rivolta verso i bambini.
Chi ha subito adottato l’etichetta italiana? La Ferrero che produce e commercializza prodotti ricchi di zuccheri e grassi che sono indirizzati per lo più verso bambini … abbiamo visto che la batteria piena degli zuccheri è completamente starata … non serve a nulla … serve solo per bloccare il Nutriscore.
Lo standard dei 100 g di prodotto è l’unico logico che può essere usato in Europa per comparare e classificare gli alimenti. Tutti bene o male sanno cosa è un etto di alimento mentre le porzioni standard in Europa non esistono! Non esistono neppure in Italia perché ogni persona quando mangia ha le sue porzioni standard che sono diverse da quelle stabilite dai LARN. E’ poi difficile per le persone quantificare i 30/40/50/80 … grammi di porzioni standard di un alimento… Le porzioni standard sono una presa in giro. Servono per buttare tutto in caciara e bloccare qualunque etichetta fronte pacco, poiché i detrattori sanno benissimo che non potranno mai essere adottate delle porzioni standard uguali per tutti i paesi della comunità europea.
Quindi il modello dei 100 gr è efficace ed è l’unico percorribile.
Buongiorno dott. Pratesi, L’articolo è ben fatto e condivisibile fino all’ultimo paragrafo, poi purtroppo perde l’approccio scientifico. Come faccio a dire che una persona sa riconoscere l’etto e non i 50 grammi? Che studi supportano questa affermazione? Continuo a (far finta di) non capire a chi faccia comodo il dogma dei 100 grammi, quando in altri stati (ad esempio USA) esistono le “serving size” che funzionano abbastanza bene. E’ infatti un dato di fatto che mangerò più formaggio spalmabile (fatto con latte, panna, zuccheri e molto altro) che contenendo molta acqua avrà un nutriscore migliore di un Parmigiano Reggiano (fatto con latte parzialmente scremato). Dato che si troveranno nello stesso banco frigorifero, il nutriscore porterà a scelte nutrizionali errate. A chi fa comodo il dogma dei 100 grammi? Forse alla grande industria alimentare che può aggiungere acqua a piacimento?
Ha ragione, senza bilancia è difficile identificare qualunque quantità di un alimento, ma – come ricorda il Prof Hercberg – i 100 g per gli alimenti (o 100ml per i liquidi) sono un riferimento universale e sono una raccomandazione dell’OMS e delle strutture sanitarie pubbliche per poter confrontare oggettivamente gli alimenti sulla stessa base ed evitare di utilizzare porzioni difficilmente standadizzabili con reali basi scientifiche a livello di specifici alimenti. Le etichette obbligatorie sul retro pacco degli alimenti sono tutte standardizzate per 100 gr o 100 ml e questo consente di confrontare 100 ml di olio d’oliva con 100 ml di un altro olio; 100 g di cereali per colazione con 100 g di altri cereali; 100 g di una pizza con 100 g di un’altra pizza; 100 g di Asiago con 100 g di mozzarella.
Quindi i 100 g/ml non sono un dogma ma uno standard accettato a livello internazionale. Il fatto di aggiungere acqua ad un alimento può effettivamente migliorare il punteggio Nutriscore ed è per questo che sarebbe bene usare contemporaneamente anche la classificazione Nova per indicare il grado di trasformazione dell’alimento. Nei suoi esempi il formaggio spalmabile e il cordon bleu (suo commento sottostante ) sono entrambi Nova 4 (punteggio pessimo = alimenti ultraprocessati). Il Nova 4 può essere rappresentato all’interno del Nutriscore con una cornice nera.
In ogni caso prima dell’etichetta fronte pacco viene l’educazione alimentare che ci insegna, come regola fondamentale, di ridurre al minimo gli alimenti trasformati dall’industria alimentare. https://ilfattoalimentare.it/brasile-linee-guida.html
Bisogna tener conto che, durante l’infanzia, per non avere adulti obesi, i carboidrati devono apportare il 50-60 per cento delle calorie giornaliere totali, i grassi il 30 per cento e le proteine il 15 per cento (Fonte AIRC). Come sarebbe classificato dal Nutriscore un alimento con tali proporzioni di nutrienti?
Non conosco un singolo alimento che abbia una composizione che rispecchia esattamente le indicazioni delle varie linee guida: 50-60 % di kcal da carboidrati, 30% da grassi e 15% da proteine. Potremmo costruirlo ad esempio amalgamando 2 o 3 alimenti assieme come quando prepariamo delle crocchette per i cani. Il valore del Nutriscore dipenderà sempre dalla quantità degli ac grassi/zuccheri e sale … ecc. Una dieta equilibrata non si compone di un unico alimento.
Molto chiaro sig. Pratesi ma così si da fiato a chi dice che il nutriscore andrebbe applicato esclusivamente ai cibi che subiscono trasformazione consistente, grossolanamente ciò che verrebbe etichettato C/D/E, molto grossolanamente e con tantissime eccezioni.
Insomma una faccenda prettamente industriale, un movimento che cerca di salvare una parte del suo lavoro da critiche sempre più pressanti e mirate, tanto rumore e premure per un tipo di fornitura assai consistente e remunerativa che andrebbe invece ridotto ai minimi termini.
Può teoricamente valere la pena, senz’altro, migliorare la composizione dei cibo industriale ma così chi vorrebbe eliminarlo perchè fonte di tante insidie, tuttora in gran parte nascoste, verrà penalizzato pur avendo avuto ragione in tutti questi anni di pubblicità che vantano paragoni ed equivalenze grottesche, e i malintesi continueranno.
La mia diffidenza nasce da questo e prosegue, stante la reale importanza di tantissimi altri fattori trascurati nel gioco della salute.
In realtà in Nutriscore si può applicare a tutti gli alimenti:
https://ilfattoalimentare.it/nutri-score-scienza-etichetta.html
D’accordo ma fronte pacco non si può proprio sentire.
Gentilissimo, non si tratta di una scelta editoriale, ma del nome tecnico della parte frontale delle confezioni. Anche in inglese viene definito front of pack.
Ok, ma qui si parla solo di crostatine e come veniva fatto notare anni fa proprio da queste pagine
… e il Parmigiano Reggiano? e il prosciutto di Parma e tutto quello che noi da una parte difendiamo come facente parte della nostra identità e dall’altra accettiamo che venga invece penalizzato acriticamente? Diminuire la base degli acquirenti non fa bene né al prodotto, né alla conservazione della sua produzione né alla qualità che potrebbe calare se ad esempio i consorzi perdessero di interesse o addirittura di ragione di esistere.
Un etichetta Nutriscore non dà assolutamente alcuna informazione ma in compenso mette sullo stesso piano qualsiasi prodotto tradizionale – che una volta era necessariamente nutriente – con le peggiori porcherie, danneggiando il gusto, il senso del vivere.
Ogni soluzione intelligente ha a lungo termine più risvolti negativi di quanto ne avesse la precedente situazione che è stata modificata. “I problemi di oggi sono le soluzioni di ieri!” (Systems Thinking)
Timeo Danaos et dona ferentes
Gentilissimo, gli studi hanno dimostrato che non è così: qui trova un approfondimento: https://ilfattoalimentare.it/nutri-score-que-choisir-francia-favorisce-prodotti-tradizionali.html
Come pensavo: tra i prodotti tradizionali sono stati citati molti vegetali che per intrinseca composizione sono sicuramente bassi, per cui gran parte dei 2/3 in realtà sono DOP prodotti vegetali è nel terzo rimanente dove si trova una bella fetta della tradizione più gustosa (e colesterolosa!).
Apprezzo l’idea che le tortine/merendine ricche di grassi vengno evidenziate.
Ma come la mettiamo con il caos ad esempio del nostro nobilissimo prosciutto di Parma che deve essere prodotto con cosce di maiali Duroc… (ora non mi ricordo più esattamente quale) che prevede una porzione di grasso che sicuramente lo farà catalogare nel E.
La domanda è polemica ma non contro il Nutriscore, bensì in questo caso verso lo stesso consorzio che nell’aver riconfermato il capitolato, praticamente si dà la zappa sui piedi.
Grazie per la gentile risposta!
E’ chiaro che è giusto che il Nutri Score dica che devo stare attento al Prosciutto di Parma (D), è sbagliato che dica che un cordon bleu sia migliore (C) pur contenendo questi ingredienti: (all’attuazione): Preparazione di carne di tacchino 22,5%, acqua, preparazione di carne di pollo 15,1%, farina di frumento, cotto di tacchino gusto affumicato 15% (preparazione di carne di tacchino 10,5%, acqua, destrosio, proteine di frumento, sale, stabilizzanti: polifosfati – trifosfati, aromi, conservante: nitrato di sodio), formaggio fuso 10% (formaggi 4,5%, acqua, amidi modificati, burro, latte scremato in polvere, siero di latte, sali di fusione : citrati di sodio, polifosfati, gelificante: carragenina, correttore di acidità: acido citrico), destrosio, pelle di pollo, fibre di frumento, sale, antiossidante: citrati di sodio, lievito, proteine di frumento, spezie, aroma, aroma di affumicatura, conservante: sorbato di potassio. Olio di frittura : Olio di semi di girasole. Le percentuali sono espresse sul totale della ricetta prima della frittura.
Risulta migliore perché il secondo ingrediente è l’acqua, e la porzione pesa 100 grammi (chi si mangia da solo 100 grammi di Prosciutto di Parma?). Se non si arriva alle Seving Size il Nutri Score resta un favore alla industria che può miscelare acqua a materie prime scadenti zucchero ed additivi, intanto gioca sui 100 grammi validi per tutti, ed obbliga il consumatore a mangiarne di più.
(ho già risposto a questo punto in un commento sopra)
I 100 g di una etichetta standard o di un logo come il Nutriscore NON sono una raccomandazione nutrizionale cioè NON sono un invito a mangiare 100 g di quel prodotto.
Cito ancora il Prof S Hercberg: “Spesso si obietta che i consumatori non consumano sia 100 g di formaggio o di burro sia 100 ml di olio d’oliva. È vero, ma un logo nutrizionale non è una raccomandazione nutrizionale per dire come l’alimento dovrebbe essere consumato, ma un modo semplice per fornire informazioni comprensibili a tutti sulla composizione nutrizionale complessiva degli alimenti e per consentire un rapido confronto delle differenze di composizione nutrizionale tra alimenti destinati allo stesso uso o consumati nelle stesse condizioni. L’uso di una quantità standard (100g/100 ml) è il più appropriato. Come la presentazione del prezzo al chilogrammo, che è ampiamente utilizzata per informare il consumatore ed è ben accettata da tutti (anche se, anche in questo caso, non consumiamo 1 kg di burro, formaggio, crema spalmabile o 1 litro di olio…).”
I serving size (porzioni) creano una gran confusione perché ogni persona ha serving size diversi, meglio fare riferimento a una quantità standard universale (100 g) e da lì ricavare il proprio serving size … I serving size vanno meglio negli USA forse perché usano l’oncia, i cucchiai e le tazze come unità di misura.