Le malattie croniche associate a una cattiva alimentazione sono in Europa responsabili di almeno il 90% dei decessi. Le malattie cardiovascolari e i tumori sono le prime due cause, mentre il sovrappeso e l’obesità interessano il 60% della popolazione. L’Oms ha come priorità il miglioramento della qualità dell’alimentazione nella popolazione generale e per far questo ha indicato quali sono le strade da percorrere per perseguire la salute pubblica (Public Health). Il primo punto è la creazione di un’etichetta fronte pacco (Fopl, Front-of-Pack Label) in grado di tradurre a colpo d’occhio i dati riportati sull’etichetta obbligatoria (Bopl, Back-of-Pack Label) presente negli alimenti preconfezionati, che descrivono la composizione espressa in 100 grammi per quanto riguarda energia, proteine, carboidrati e zuccheri, grassi totali e saturi, fibre alimentari e sale.
Una delle prime etichette fronte pacco è stata quella del Regno Unito, dove nel 2004 la Food Standards Agency, per bloccare la pubblicità di alimenti poco salutari rivolta ai bambini, sviluppò un nuovo sistema per classificare gli alimenti in base al contenuto di nutrienti. Ricercatori dell’università di Oxford iniziarono con 50 prototipi diversi e condussero per anni numerosi studi sino ad arrivare alla creazione dell’algoritmo che sta alla base del semaforo inglese (Traffic Light) e che sarà successivamente adottato anche dalla Francia (Nutri-Score) e dall’Australia-Nuova Zelanda (Health Star Rating) per la creazione delle loro rispettive etichette.
La Francia, dopo aver valutato quali fossero le migliori etichette al mondo, decise di adottare l’algoritmo del modello britannico. I francesi hanno deciso di sfruttare l’enorme lavoro scientifico prodotto dagli scienziati britannici per migliorare l’algoritmo e creare una nuova equazione (dietary index) che consente di fotografare la dieta delle 24 ore di ciascun individuo in gruppi (coorti) di decine o centinaia di migliaia di soggetti studiati per anni.
L’Oms e le altre organizzazioni internazionali della salute (come ad esempio il Fondo mondiale per la ricerca sul cancro WCRF), oltre all’etichetta fronte pacco, indica altre tre azioni fondamentali per promuovere la salute pubblica, la cui attuazione dipende dalla classificazione degli alimenti, cioè dall’etichetta.
Il secondo punto è la tassazione degli alimenti poco salutari (ad esempio la tassa sulle bevande zuccherate o Sugar Tax) che ha già dimostrato in molte parti del mondo la sua efficacia. Il terzo è il blocco della pubblicità di alimenti poco salutari rivolta ai bambini, mentre il quarto punto è la regolamentazione dei messaggi che suggeriscono che il prodotto abbia particolari caratteristiche salutistiche.
Vediamo come alcuni prodotti tipicamente italiani vengono classificati in Messico dalla loro etichetta fronte pacco: un sistema a bollini neri ottagonali che indicano se c’è un eccesso di calorie, acidi grassi saturi, zuccheri o sale.
Quali sono le conseguenze quando un prodotto viene classificato come poco salutare ad esempio in Cile, uno dei Paesi più avanzati al mondo per quanto riguarda le politiche nutrizionali? Viene bloccata la pubblicità di quel prodotto, vengono imposte delle tasse aggiuntive e vengono bloccate tutte le dichiarazioni pubblicitarie volte ad incentivare il consumatore a comperarlo (Health Claims).
Quindi l’etichetta non è solo un potente strumento per aiutare il consumatore a scegliere alimenti migliori a colpo d’occhio, ma è un pilastro di Public Health che ha delle ricadute importanti in termini di promozione della salute della popolazione generale, dato che innesca a catena gli altri provvedimenti. Le limitazioni al marketing sono ciò che le multinazionali temono di più, perché la pubblicità ripetuta tramite tutti i media plasma e genera profitti.
Dopo l’introduzione dell’etichetta a semaforo nel Regno Unito, si era ventilata l’ipotesi di estendere il modello in Europa ma l’industria alimentare ha bloccato l’iniziativa prima del 2012 spendendo più di un miliardo di euro in azioni di lobby. Un miliardo di euro per bloccare una ‘semplice etichetta’. Quando la Francia stava per adottare il Nutri-Score, l’industria alimentare (ANIA, equivalente della nostra Federalimentare) si è subito attivata per bloccare il progetto proponendo un’etichetta alternativa, ovviamente una finta etichetta, utile per l’industria e poco utile per i consumatori. Alla fine la Francia è riuscita ad adottare il Nutri-Score grazie alla mobilitazione dell’opinione pubblica, alla tenuta a livello politico da parte di qualche parlamentare illuminato e al sostegno di una parte dei media.
Anche in Italia l’Industria alimentare si è mossa per tempo per bloccare il Nutri-Score e ha proposto una sua etichetta alternativa: il NutrInform Battery. Con un’operazione in gran stile ha finanziato 2-3 pubblicazioni e ha coinvolto ben quattro ministeri (tra cui quello della Salute), l’Istituto superiore di sanità e il Crea. Il Governo italiano ha adottato a scatola chiusa il NutrInform Battery senza aver dimostrato l’utilità effettiva per i consumatori. Hanno iniziato a raccontare che la batteria italiana rispetto al Nutri-Score “è più informativa e quindi educativa” (un’asserzione priva di fondamento scientifico). Subito dopo è partita una massiccia propaganda contro il Nutri-Score francese reo di attentare alle eccellenze del Made in Italy e della Dieta mediterranea.
È perfettamente comprensibile che il Governo italiano tuteli il business di dolciumi (biscotti, merendine, cioccolato), salumi e formaggi, ma risulta molto strano che il Crea, l’Iss e il ministero della Salute abbiano rinunciato al loro dovere di tutela della salute pubblica e dei bambini italiani che sono i più obesi d’Europa.
Antonio Pratesi e Abril Gonzalez Campos, gli autori dichiarano di non aver alcun conflitto di interesse
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medico nutrizionista
Oltre il Nutri-Score… c’è di più.
Quando vado al supermercato ho notato che solitamente l’aspetto delle persone è in sintonia con il contenuto del loro carrello. A persone o famiglie di obesi corrisponde un carrello pieno di carni grasse o anche prefritte, bibite zuccherate, dolciumi, creme di vario genere, ecc…. In pratica il 90% del loro carrello rappresenta il mio 10% o anche zero.
Sono anche forse l’unico che non mette nel carrello un solo prodotto senza prima aver prima letto l’etichetta degli ingredienti (sarebbe utile fare una indagine sul rispetto della presenza ben visibile del libro degli ingredienti nei punti vendita).
Detto ciò ben vengano queste etichette ma non so quanti modificheranno nella sostanza i loro acquisti a fronte di etichette a semaforo. Probabilmente coloro che comunque hanno già una educazione ad una alimentazione sana e consapevole. Esempio le immagini orribili sui pacchetti di sigarette a fronte di un numero crescente di donne e giovani fumatori.
Sì, condivido quest’impostazione e ringrazio gli AA. per non smettere di pubblicare dei contributi con questa impostazione. Condivido anche il titolo: … punto di partenza per politiche di sanità pubblica.
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