
Nel mondo del vino, la pratica della ‘doppia etichetta’ è poco discussa ma ampiamente diffusa. Alcune cantine scelgono di differenziare i prodotti destinati alle catene di supermercati (Grande Distribuzione Organizzata GDO) da quelli riservati alla ristorazione e all’Ho.Re.Ca. (hotel, ristoranti, catering). Si tratta di politiche di prezzi e di strategia commerciale che da un lato aiuta le aziende a gestire meglio la distribuzione, ma dall’altro solleva interrogativi sulla trasparenza nei confronti dei consumatori.
Perché alcune cantine usano etichette diverse?
Le aziende vinicole che operano su più canali di vendita spesso adottano una segmentazione dei prodotti, differenziandoli con etichette distinte. Questa scelta risponde a diverse esigenze:
- Target differenziati: il cliente della GDO cerca un buon rapporto qualità-prezzo, mentre chi sceglie un ristorante è spesso disposto a pagare di più per un’esperienza diversa.
- Gestione dei prezzi: vendere lo stesso vino con la stessa etichetta a prezzi molto diversi tra supermercato e ristorante potrebbe generare malcontento e confusione nei consumatori.
- Strategie di distribuzione: la doppia etichetta consente di riservare determinati prodotti a specifici canali, evitando la competizione diretta tra supermercati e ristorazione.
Prezzi e percezione del valore
Il prezzo di un vino non è mai determinato solo dal suo costo di produzione, ma dipende anche dalle strategie di marketing, dai margini applicati lungo la filiera e dalla percezione che si vuole dare al prodotto. Nella ristorazione, i ricarichi possono variare dal 50% fino al 300%, a seconda della tipologia del locale, della clientela e dell’esclusività dell’etichetta. Il prezzo finale tiene conto di molti fattori, tra cui il servizio, la selezione della carta dei vini e i costi operativi del ristorante. Nella GDO, invece, i listini sono generalmente più bassi grazie alle economie di scala, alle vendite in grandi volumi e alle promozioni. Tuttavia, un vino venduto a cinque euro solleva interrogativi sulla sostenibilità e qualità: può davvero garantire un livello adeguato di cura e lavorazione?

L’impatto della doppia etichetta sul consumatore
Dal punto di vista del cliente, la doppia etichetta può generare dubbi e perplessità. In alcuni casi, il contenuto delle due bottiglie potrebbe essere identico, mentre in altri può variare leggermente per adattarsi al canale di vendita. Per saperlo con certezza bisognerebbe controllare i registri di tracciabilità e imbottigliamento. In teoria sono diversi avendo una differente fascia di prezzo, anche se possono appartenere alla stessa denominazione, utilizzare le stesse uve ma di vigneti differenti o di qualità/maturazione superiore o seguire processi di lavorazione più elaborati con costi aggiuntivi. Questo fa sì che un vino venduto a otto euro al supermercato possa apparire a 30 euro nella carta di un ristorante, senza che il cliente si renda conto della vicinanza tra i due prodotti.
Questa pratica solleva una domanda: è giusto differenziare lo stesso vino a seconda del contesto di vendita? Da un lato, la strategia commerciale ha una logica chiara. Dall’altro, sarebbe auspicabile maggiore trasparenza affinché il consumatore possa compiere scelte consapevoli.

La doppia etichetta è una realtà consolidata nel mondo del vino, utile per bilanciare domanda e offerta nei diversi canali di vendita. È però importante che i consumatori ne siano consapevoli, per comprendere meglio le dinamiche dei listini e le strategie di mercato.
Se in un ristorante è normale trovare vini a un prezzo superiore rispetto al supermercato, la vera alternativa per la ristorazione sta nella varietà della proposta. Si dovrebbe dare spazio a piccoli produttori, selezionare etichette meno comuni e offrire un’esperienza che vada oltre la semplice bottiglia. In questo modo, si trasforma un possibile dubbio in un’opportunità di scoperta e valorizzazione della diversità vinicola.
Stefano Montibeller
© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos, AdobeStock
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