
La mandorle non sono tutte uguali, quelle di Avola oltre ad essere un prodotto di alta qualità hanno una caratteristica unica rispetto a quelle sgusciate importate da California, Spagna e Francia, non contengono aflatossine e micotossine che spesso contaminano frutta secca importata da paesi a clima umido. “Le particolari condizioni pedoclimatiche della Sicilia sud-orientale – precisa Francesco Midolo presidente del Consorzio Tutela e Miglioramento Filiera Mandorla di Avola – caratterizzate da un clima secco, ventilato e soleggiato, unite a pratiche agricole attente e un’essiccazione naturale al sole, impediscono lo sviluppo di muffe del genere Aspergillus, principali responsabili della presenza di aflatossine come certificano le continue analisi a cui sottoponiamo il prodotto”.
“Il guscio delle nostre mandorle è molto duro e resistente – prosegue Midolo – rappresenta il 70% del frutto è funge quasi da barriera ai contaminanti e protegge il seme che, per contro ha una resa inferiore rispetto ad altre cultivar. Ovvio che durante le fasi successive di lavorazioni non bisogna creare le condizioni favorevoli allo sviluppo di aflattossine. Lavoriamo con il dipartimento di Agricoltura, alimentazione e ambiente dell’università di Catania per approfondire queste tematiche”.

Il problema delle micotossine
Si tratta di un vantaggio tutt’altro che marginale: le micotossine sono regolarmente oggetto di ritiri e allarmi sanitari in Europa, soprattutto in relazione a prodotti provenienti da paesi extra-UE. In questo scenario, poter offrire una mandorla “naturalmente sicura” rappresenta un valore aggiunto, soprattutto per i settori dolciario e dell’alta pasticceria, dove standard qualitativi e di sicurezza sono fondamentali
Nel 2023 in Italia, si sono registrati diversi sequestri di mandorle contaminate, alcune delle quali importate dagli USA, come le 20 tonnellate bloccate a Vado Ligure o i 24 mila chili sequestrati dai NAS a Bologna.
L’ultima nota riguarda il sapore migliore rispetto alle altree la lavorazione artigianale (raccolta a mano e asciugata al sole).
Una produzione della Sicilia sud Orientale
La produzione della Mandorla di Avola si estende per 800 ettari abbraccia le province di Siracusa e Ragusa e ammonta a oltre 1,3 milioni di kg e interessa principalmente tre cultivar: Pizzuta, Romana e Fascionello. Il centro della produzione si concentra nei comuni di Noto (411 mila kg), Rosolini (321 mila kg) e Avola (316 mila kg), che insieme coprono il 75% della produzione totale di mandorla in guscio. Altri comuni con produzioni significative includono Floridia (72 mila kg), Palazzolo (51 mila kg), Ispica (50 mila kg), Scicli, Pachino e Pozzallo (20 mila kg cadauno).
Il risultato è giustificato anche dal sistema di coltivazione rimasto invariato nel corso degli anni. Se in un mardorleto del Consorzio si contano 400 piante per ettaro distanti 4-5 metri, nelle nuove piantagioni ci sono 2000 piante per ettaro e la distanza fra una pianta e l’altra è dimezzata. In questo modo il frutto è più grande perché ha una quantità maggiore di acqua ma perde sapore e nutrienti. Il sistema intensivo è ormai in uso per la maggior per le mandorle coltivate nelle province di Enna, Agrigento e Caltanissetta dove si usa la cultivar Tuono con una resa del 30-40% in più.

Cambiano i prezzi
Tuttavia, questa eccellenza ha un prezzo: le mandorle californiane sgusciate si trovano all’ingrosso a 6-7 €/kg, contro i 14-15 €/kg della Mandorla di Avola. Una differenza importante compensata da una qualità superiore percepibile anche al consumatore finale. Trovare le mandorla di Avola non è così semplice perché una parte viene destinata alla produzione di confetti di qualità. La nuova direttiva europea prevede l’obbligo dal gennaio di quest’anno di indicare l’origine della frutta secca in etichetta, e questo permette di differenziare il prodotto italiano a quello di altri Paesi. L’origine italiana non è però indice di qualità superiore perché le mandorle vengono coltivate oltre che in altre zone della Sicilia, anche in Puglia.
L’eccellenza riconosciuta è assicurata dal marchio dei 56 soci del Consorzio della mandorla di Avola venduta anche in rete e utilizzata soprattutto in confetteria, preparati per gelati di alta gamma. A oggi, circa il 23% della produzione è certificata biologica, mentre il resto segue tecniche convenzionali ma comunque rispettose dell’ambiente e della sicurezza alimentare.
© Riproduzione riservata. Foto: Depositphotos.com, Consorzio mandorla di Avola
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24