Polpette facili di filetto di pesce bianco: merluzzo o eglefino con patate e prezzemolo, impanato nel pangrattato servito su un piatto con salsa tartara in una salsiera su fondo di legno, vista dall'alto, primo piano vegetariano vegan vegano vegetariano vegetale

I consumatori europei non vogliono che i sostituti vegetali della carne diventino junk food, cioè abbiano prezzi superconvenienti perché realizzati con materie prime scadenti. Preferiscono pagare qualcosa in più, ma preservare la qualità di ciò che acquistano e, se possibile, migliorarla. E questo anche se il costo resta uno dei motivi principali per optare o meno per un certo alimento.

È poco scontato, il quadro che emerge da un sondaggio realizzato dai ricercatori dell’Università di Umeå, in Svezia, nell’ambito del progetto europeo sui legumi fermentati HealthFerm. L’indagine, condotta su 7.800 consumatori di nove Paesi europei, dimostra infatti che esiste una consapevolezza elevata, e una disponibilità a spendere qualcosa in più, se si tratta della propria salute e di filiere sostenibili. 

Il sondaggio svedese sui sostituti vegetali fermentati

Il dato principale contraddice le opinioni più diffuse, secondo le quali ciò che trattiene le persone dallo scegliere i sostituti vegetali è il costo elevato. I consumatori europei, in realtà, sono più disponibili a passare a prodotti vegetali se il costo è paragonabile a quello della carne e dei derivati del latte classici, e lo sono di meno quando il costo è inferiore. 

Secondo gli autori, ciò accade perché sono consapevoli del fatto che molti dei prodotti a base vegetale sono nuovi, e che dietro c’è molta ricerca: per questo sono disposti a pagare qualcosa in più. Inoltre, lo sono anche perché hanno ormai una pessima opinione degli ultra processati venduti a bassissimo prezzo, e temono che si ripeta una situazione analoga con gli alimenti vegetali.

allevamento, burger vegetale vegetariano vegano Depositphotos_370284820_S alternative vegetali
Secondo un sondaggio, i consumatori non vogliono sostituti vegetali troppo economici, perché temono siano ultra processati

Conferme, del resto, arrivano anche dalle altre risposte: il fattore che maggiormente spinge le persone a scegliere è il gusto (per l’87% degli intervistati), seguito dalla salubrità (per l’80%) e solo in terza posizione dall’accessibilità economica (80%). Per quanto riguarda i motivi opposti, e cioè ciò che spinge a non acquistare, i fattori principali sono la scarsa voglia di modificare le proprie abitudini; l’idea che, per essere sazi, sia necessario mangiare quantità di prodotti vegetali più elevate rispetto alle controparti classiche; la scarsa convenienza; la convinzione che i sostituti vegetali non siano abbastanza gustosi. Le aziende, concludono i ricercatori svedesi, dovrebbero tenere conto di questi dati, e puntare sulla qualità.

Il cambio di rotta di Nestlé

Una delle aziende che lo sta già facendo, almeno stando alle ultime decisioni annunciate, è la Nestlé, che ha rinnovato il packaging della sua linea vegetale Garden Gourmet. Come riferisce il sito FoodNavigator, le nuove confezioni sono più semplici, colorate e chiare, e hanno il Nutri-Score in vista. Inoltre, noncuranti dei tentativi di impedire le denominazioni della carne in atto in Francia e in Italia, e forti della normativa europea, recano denominazioni come Classic Burger, Lightly Roasted Pieces e Marine Style Classic Filet, oltre ai Classic Falafel, con indicata (sotto) la proteina di riferimento (piselli, soia, eccetera). Completano la confezione le scritte relative alle fibre e alle proteine, il marchio vegan e il Nutri-Score, con una A per tutti i prodotti, più eventuali diciture sulla riduzione o l’origine sostenibile del packaging. 

Garden Gourmet nuovi packaging

L’importanza del packaging dei sostituti vegetali

All’origine della decisione del colosso elvetico ci sarebbe anche un’indagine condotta dall’associazione ProVeg International, secondo la quale le persone sarebbero più disponibili (in più della metà dei casi) a provare i prodotti vegetali confezionati in rosso, e non in verde come accade oggi, perché il rosso richiama il colore della carne. Il colore della confezione sarebbe importante per il 65% dei consumatori, e orienterebbe le scelte molto più di quanto si potrebbe pensare. 

Nonostante questo, la decisione di Nestlé è stata quella di preservare il verde già conosciuto dai suoi clienti, aggiungendo però strisce del colore che richiamano i piatti tradizionali (i filetti di pesce ne hanno una celeste, le crocchette di finto pollo una arancio, i burger una rossa e i falafel una verde chiaro). In questo modo, con la guida cromatica, la decisione sarebbe più facile e intuitiva.

L’operazione di Nestlé è anche finalizzata a invertire la tendenza di questi prodotti, il cui successo, negli ultimi anni, è andato via via calando, anche a causa della reputazione di alimenti ultra processati. Il settore, però, forte anche degli studi che continuano a segnalare la volontà delle persone di ridurre il consumo di carne, sta vivendo un rinnovamento, tutto orientato alla semplificazione degli ingredienti e all’accessibilità immediata delle etichette. Molti dei composti utilizzati per realizzare i prodotti vegetali sono infatti in uso da decenni, e del tutto innocui, e le aziende intendono ribadirlo.

Il portale di Good Food Institute sulle carni vegetali

Per fare chiarezza, il Good Food Institute Italia ha appena lanciato un portale dedicato, molto ben realizzato, semplice e completo, nel quale si trovano spiegazioni esaustive su tutti gli ingredienti più comuni, le FAQ, i riferimenti scientifici relativi agli aspetti nutrizionali e ambientali e informazioni di vario tipo: uno strumento davvero prezioso.

© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos, Garden Gourmet NestlénestléNestl

Siamo un sito di giornalisti indipendenti senza un editore e senza conflitti di interesse. Da 13 anni ci occupiamo di alimenti, etichette, nutrizione, prezzi, allerte e sicurezza. L'accesso al sito è gratuito. Non accettiamo pubblicità di junk food, acqua minerale, bibite zuccherate, integratori, diete. Sostienici anche tu, basta un minuto.

Dona ora

5 2 voti
Vota
5 Commenti
Feedbacks
Vedi tutti i commenti
francis
francis
16 Luglio 2024 14:51

Beh, glielo anche dobbiamo suggerire di tenere i prezzi alti, già non ci pensassero di loro…
Peraltro nel testo questa parte direbbe il contrario:
“ciò che spinge a non acquistare, i fattori principali sono… la scarsa convenienza”.
Peraltro, ho qualche dubbio su questo tipo di ricerche. Se si domanda ad una persona “sei disposto ad acquistare un prodotto di bassa qualità?” mi aspetto che molti pensino “se dico si, dimostro di essere disattento alla qualità degli alimenti” che è uno dei requisiti di oggi delle “persone intelligenti”, in realtà poi quando vanno al banco voglio vedere se tra due burger prendono davvero quello che costa di più

Francesco L.
Francesco L.
16 Luglio 2024 16:33

Già il solo concetto di sostituto vegetale è sintomatico della nostra società basata su spot, inganni e scelte eterodirette basate su forma, colore, apparenza. Se voglio mangiare vegetali mangio i vegetali, non forse-vegetali che scimmiottano altri cibi.
Poi la teoria di base dell’articolo sembra davvero molto in debito con i soliti studi di cui è complesso capire scopi, moventi e beneficiari.

luigiR
luigiR
Reply to  Francesco L.
17 Luglio 2024 15:24

non sarei così critico e drastico nel giudicare alimenti vegetali (e poi cosa vuol dire “forse vegetali”?) che “scimmiotterebbero altri cibi”, come per dire che ciò sia inammissibile. personalmente non trovo nulla di male nell’andare incontro ad una crescente richiesta di proteine vegetali rispetto a quelle animali. sono normali dinamiche dei mercati più evoluti e che affermano il diritto a vedere soddisfatte, nelle forme più varie, le aspettative di tutti.

Francesco L.
Francesco L.
Reply to  luigiR
18 Luglio 2024 22:50

Sono d’accordo con la sua idea, quello che però non capisco è il perché si debbano produrre dei sostituti, delle imitazioni, invece di rimanere sugli ortaggi così come nascono dalla terra. Se non industrializziamo proprio non ci piace…

Maurizio
Maurizio
13 Agosto 2024 12:33

Non c è conoscenza e si lascia alle politiche commerciali dei produttori carta bianca tra disinformazione ed interessi non chiari. Tutto è iniziato decenni fa con la criminalizzazione degli allevamenti sul doppio fronte del benessere e delle emissioni poi si è continuato con l’ ingresso nel settore di filiere più’ o meno legate alla politica e alla finanza. Oggi con il prezzo dei cereali ai minimi e con il settore del biologico asservito ai marchi della grande distribuzione si imbandita una tavola a consumo di chi voglia sedersi. Le associazioni dei consumatori inizino a fornire dati ufficiali sul costo settimanale della materia prima che viene indicata tra i componenti dei prodotti in modo che o consumatori sappiano che valore aggiunto lasciano nei loro acquisti e a chi.