Riceviamo e pubblichiamo questa lettera sull’etichetta a semaforo Nutri-Score.
Le scrivo in merito ai numerosi commenti che purtroppo leggo a sfavore dell’adozione in Italia del Nutri-Score. Mi rammarica molto sapere che da noi questo sistema di etichettatura non verrà adottato*, perché penso che stiamo perdendo ancora una volta tempo nella battaglia contro la dilagante epidemia di obesità. La nuova etichettatura, infatti, avrebbe offerto ad alcuni consumatori l’opportunità di sviluppare una maggiore consapevolezza rispetto alle proprie scelte. Con questo, non intendo naturalmente dire che si tratta di uno strumento perfetto: il Nutri-Score ha sicuramente dei limiti. Comunque, se anche si trattasse di una soluzione perfetta, sarebbe sbagliato pensare che, riempendo il carrello esclusivamente con prodotti che espongono il ‘semaforo verde’, una persona possa garantirsi una dieta sana (che sappiamo essere invece la somma di tanti fattori).
Come futura professionista, però, sono ferita dalla lettura di una miriade di commenti e di rimandi a studi che dimostrano quanto poco i commentatori siano informati sul Nutri-Score di cui parlano. Che cosa vuole dire “un sano olio di oliva” o accanirsi perché i prodotti Dop verrebbero penalizzati? Perché si dovrebbe pensare che io, che ho studiato su testi scientifici e ho sostenuto esami incentrati su queste tematiche, mi debba far ingannare da persone incompetenti in materia, abili solo a pescare dati parziali, senza saperne leggere il significato scientifico? Che cosa vuol dire fare la lista di tutti gli ingredienti di un alimento riportando dati sulla carcinogenesi, quando l’etichetta a semaforo sarebbe un sistema che, in maniera immediata, è in grado di contrastare l’impulsività di un acquisto? Mi scuso per lo sfogo, ma non riesco a comprendere il clima imperante di discredito verso il mondo scientifico e accademico, in nome di non so quale ideale. Un clima nel quale non si riconosce l’impegno intellettivo ed economico che si richiede per costruire una professionalità.
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Cara dottoressa, non discuto la sua competenza in tema di scienze della nutrizione, tuttavia le consiglio di approfondire e/o di apprendere competenze commerciali.
Il settore agroalimentare italiano, quest’anno esporterà per oltre 50 miliardi.
Questa etichettatura sarebbe nefasta per il ns export, proprio ove la conoscenza delle ns eccellenze alimentari è tutta da consolidare, per non parlare dell’Italian sounding.
Ad esempio le sembra corretto paragonare un wurstel ad uno prosciutto crudo dop ?
Chi ha impulsività negli acquisti ha problemi di ben altro tipo. Ad esempio è troppo succube del marketing e molto probabilmente non ha l’abitudine di leggere le liste ingredienti, le origini, tipologie di allevamento/agricoltura, ecc. E forse non sa nemmeno giudicare da solo la qualità.
Gentile dottoressa Brogioni, lei parla di “clima imperante di discredito verso il mondo scientifico e accademico”. Ma qui si tratta semmai dell’esatto contrario Invece di attuare, ad esempio, una seria politica di educazione alimentare “scientifica” nelle scuole si pretende di risolvere tutto con un semaforino a 5 colori che dovrebbe orientare il consumatore! Ma per favore! Mio nonno contadino a tempo pieno, quando andava a comprare una formetta di formaggio pecorino da un pastore, era in grado, annusandolo, di capire se lo stava imbrogliando. All’epoca l’imbroglio, al massimo poteva consistere nell’aggiunta di latte di mucca! Oggi, per scegliere un prodotto, prima abbiamo, giustamente, preteso etichette trasparenti e dettagliate con ingredienti e tabelle nutrizionali, ora vorremmo semplificare tutto con una bandierina SI/NO/NON SO.
Scientificamente parlando, riferire il giudizio nutrizionale sintetico ai teorici 100g è improprio e non significativo, perché è la quantità assunta di ogni sostanza che può far bene o male (veleni compresi), non la sua composizione nutrizionale indicativa.
L’alternativa proposta è riferirsi alla porzione. Peccato che ogni azienda alimentare in Europa ha una sua porzione.
Sono docente anche di discipline che riguardano gli alimenti, ed ai miei studenti presento l’etichetta a semaforo. Dopo discussione sull’argomento, tutti concordano con me che il riferirsi a 100 grammi qualunque sia l’alimento è una sciocchezza, che produce risultati a volte assurdi. Chiaramente, non auspico che ogni produttore indichi in etichetta una personale opinione, ma faccio riferimento alla RDA (Recommended Daily Allowance), stilate e pubblicate da Enti Internazionali.
Questo eliminerebbe gran parte delle aberrazioni prodotte dal sistema così come è impostato attualmente. Ricordo una cosa arcinota: l’olio EVO è ritenuto da molti esperti uno dei pochi ingredienti comuni (forse l’unico) delle varie declinazioni della Dieta Mediterranea, ed il principale responsabile della salubrità della stessa. Come noto, con il riferimento a 100 grammi ottiene un bollino rosso!
L’olio extra vergine ha il bollino arancione. Se non si fissano porzioni standard l’unica soluzione è quella di riferirsi a 100 g o 100 ml. Adesso ogni produttore indica la sua porzione e questo sistema non permette nessun confronto.
I prodotti mostrati (Pasta Barilla e Salsa Mutti) dimostrano che l’etichettatura Nutri-Score è decisamente fuorviante. La pasta, sia pure ottima, ha un contenuto elevato di calorie e la salsa ha un problema, mentre i prodotti di base, sempre ottimi, sono privi di zucchero aggiunto, così non è per le salse. Il primo pone un problema per la prevezione dell’obesità, il secondo pone problemi a chi ha problemi di intolleranza al glucosio, o peggio, diabete.
La A spingerebbe i consumatori a comprare senza controllare le componenti e senza badare alle altre componenti della dieta o dello stile di vita che potrebbero bilanciare i suddetti elementi (esempio che il piatto di pasta dovrebbe non superare i 50 g e fare molta attenzione a quanti zuccheri già sono assunti con altri prodotti nella giornata, oppure controllare di avere fatto l’attività fisica necessaria a smaltire zuccheri e calorie). In un altro Paese sarebbe, ad esempio, il semaforo, ma l’effetto sarebbe lo stesso. Credo sia necessario pensare meglio all’effetto sul meccanismo della scelta.
Sono d’accordo che deve essere posta molta attenzione alle porzioni ma questo fa parte dell’educazione alla lettura delle confezioni cosa che non viene superata dal Nutri-score. Il lavoro di elaborazione per arrivare al Nutri-score è sicuramente ottimo, ma ha bisogno di calibrazione per porzioni offerte (il prodotto di per sé), presenza di ingredienti collegati a malattie non trasmissibili (oltre alle allergie, naturalmente), e a livello di consumo (es. piatto di pasta). Complessivamente, l’effetto comunicazione può non rispondere all’intenzione. Cordiali saluti.
Concordo con le sue osservazioni ed aggiungo una battuta:
“Maccarone… m’hai provocato e io te distruggo, maccarone! Io me te magno!”. (Alberto Sordi in “Un Americano a Roma”).
Anche se la qualità ha una grande importanza, è sempre la quantità che fa’ la differenza sostanziale ed è la composizione quali-quantitativa del pasto che serve considerare e le quantità assolute trangugiate, più che dei singoli ingredienti espressi in percentuali teoriche.
E’ sempre la somma che fa’ il totale, direbbe loggi l’Albertone…aggiornato.
I miei 5 centesimi:
1. Tra le etichette a semaforo (a batteria, a chiave, a bollini, etc.) Nutriscore sembra la migliore, se prendiamo in considerazione gli studi scientifici su comprensione e scelta dei prodotti da parte dei consumatori.
2. La contrarieta’ alla sua introduzione in Italia e’ dovuta piu’ alla difesa delle esportazioni e dei guadagni di pochi, che alle obiezioni tecniche, pur ragionevoli, di molti.
3. Il fatto che sia facilmente accettata, se non addirittura promossa, dall’industria dovrebbe destare dei sospetti. A mio parere dipende dal fatto che l’industria puo’ facilmente far diventare arancione un prodotto rosso, giallo uno arancione, e cosi’ via.
4. Cio’ che l’industria teme (e per questo spinge per l’approvazione del Nutriscore) e’ un bollino nero sui prodotti ultra trasformati (studi scientifici iper abbondanti sui danni da questi provocati).
5. Qualsiasi semaforo, batteria, bollino o etichetta migliorata tende a spostare la responsabilita’ dal produttore al consumatore. Non mi sembra la strada giusta. La responsabilita’ di produrre e commercializzare (marketing, pubblicita’) prodotti piu’ salutari deve essere assegnata ai produttori, con leggi e regolamenti sviluppati e fatti rispettare da governi seriamente interessati alla salute pubblica.
La nuova versione del Nutri-Score prevede un contorno nero per indicare che il prodotto fa parte della categoria degli ultratrasformati.
La semplicità del Nutri-Score si complica e serve un manualetto d’istruzioni:
– serve solo per paragonare prodotti della stessa categoria
– non è riferito alle porzioni medie consumate, ma solo a 100 g
– cornice nera per prodotti ultratrasformati
– non considera la qualità biologica ed il contenuto di residui chimici e pesticidi
– è indicativo di un solo alimento e non del pasto intero che consumiamo solitamente
-… … …
Definirlo semplicistico non è scorretto, ma se completato con le dovute istruzioni d’uso potrebbe anche essere utile.
L’affermazione che “sarebbe sbagliato pensare che, riempendo il carrello esclusivamente con prodotti che espongono il ‘semaforo verde’, una persona possa garantirsi una dieta sana” è assolutamente corretta e invalida l’affermazione del titolo, “È un sistema immediato, capace di “contrastare l’impulsività degli acquisti”” in quanto, come già evidenziato in innumerevoli interventi, la presenza in etichetta di un evidentissimo “bollino verde” spingerà il consumatore proprio all’acquisto acritico e impulsivo “sulla fiducia” (c’è il VERDE DUNQUE E’ BUONO).
Nutriscore fornisce in etichetta un’indicazione EVIDENTISSIMA, che obnubila tutte le tabelle e descrizioni che quindi a nessuno interesserà più leggere, specialmente nella fretta della spesa dopo l’ufficio con le mani ingombre, gli ochiali nella borsa, il bambino che si allontana, l’altoparlante che ti avvisa della cchiusura imminente, si tratta di una questione di COMUNICAZIONE VISUALE, e la pretesa di risolvere con quattro colori un problema complesso come quello della corretta alimentazione è decisamente semplicistica e fuorviante.
Per questo come già detto da più parti non è questione di DOP o di prodotti tradizionali, già penalizzati dai costi più alti, ma di lobby delle multinazionali che decantano e spingono all’adozione indiscriminata del semaforino avendo già pronti tutti i prodotti a basso costo e dubbio valore nutrizionale che otterranno il semaforino verde (col bordo nero per gli ultratrasformati? e chi e come deciderà dove inizia e dove finisce l’ultratrasformato? ci sono preparazioni gastronomiche tradizionali e sanissime che richiedono numerosi passaggi e manipolazioni, bordo nero anche per loro? ma siamo seri?).