Da 19 anni lo slogan “acqua della salute” riferito alle minerali Uliveto e Rocchetta continua a essere presente nella pubblicità, sulle etichette delle bottiglie e addirittura nel logo. Eppure è del 2004 la prima sentenza di censura contro i messaggi di Cogedi (società proprietaria dei due marchi di acqua minerale), e firmata dall’Istituto di autodisciplina pubblicitaria (Iap). Poi è arrivata quella dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm). Oggi le censure accumulate insieme ad altri provvedimenti (leggi articolo) sulla pubblicità scorretta sono sei e le multe ammontano a 110 mila euro. Ma questo aspetto non sembra sfiorare la sensibilità di Cogedi, che ripropone nelle nuove pubblicità dell’acqua Rocchetta con Michelle Hunziker come testimonial, lo stesso slogan “acqua della salute”. La medesima operazione è stata realizzata gli anni precedenti negli spot con Alessandro Del Piero e Maria Grazia Cucinotta.
Acque della salute?
Dopo 19 anni e sei provvedimenti di censura non è cambiato praticamente nulla. Anzi no. Cogedi ha guadagnato il primo posto in classifica per il numero di pubblicità censurate superando Wanna Marchi e l’integratore Kilocal. Le ultime pubblicità apparse sul Corriere della sera nell’inserto Salute del 26 gennaio 2023 e del 16 febbraio 2023 propongono schemi e frasi simili a quelle del passato. Lo slogan “acqua della salute” è nel marchio di Rocchetta e compare sull’etichetta di tutte le bottiglie di Uliveto.
C’è di più: nella pubblicità sul quotidiano, a supporto di alcune caratteristiche dell’acqua minerale Rocchetta, compaiono i marchi di società scientifiche pressoché sconosciute come Sia, Società italiana di urologia dal 19o8, Società italiana di dermatologia SIDeMast dal 1885 e Associazione urologica per la calcolosi urinaria. Il supporter scientifico scelto per Uliveto è la Fondazione italiana ricerca sulle malattie dell’osso (Firmo). Vale la pena di ricordare che in passato alcuni messaggi pubblicitari di Cogedi erano stati censurati proprio per la presenza di loghi di società scientifiche e di altre associazioni.
La prima censura
Ma procediamo con ordine. La prima censura risale al 2004 (numero 211/04) ed è firmata dal Giurì di autodisciplina pubblicitaria che nella sentenza ritiene l’affermazione “«le acque della salute» inaccettabile perché ingannevole. Il riferimento alla “salute” è del tutto improprio e potenzialmente equivoco per il pubblico dei consumatori se riguarda prodotti che, essendo e rimanendo semplici alimenti, non hanno in sé e per sé alcuna proprietà terapeutica né di prevenzione e presentano caratteristiche mediamente possedute dai prodotti similari”. La decisione contesta l’utilizzo dell’articolo “le” perché sottolinea come le due acque acquisiscono un carattere di superiorità che non possiedono rispetto alle altre minerali.
Il secondo provvedimento
Il secondo intervento dello Iap arriva nel maggio 2013 (numero 037/2013). Il motivo è la dicitura utilizzata negli spot per presentare l’acqua come un prodotto in grado di lenire i malanni correlati a osteoporosi e calcolosi urinaria. Il messaggio, apparso su diversi quotidiani come il Corriere della sera, la Repubblica e La Sicilia e risultava ingannevole perché attribuiva in modo del tutto improprio “proprietà nella prevenzione e nella cura di malattie (ad es.: osteoporosi, calcolosi urinaria)”.
Anche il riferimento nel messaggio alla Federazione Italiana Medici di Famiglia (F.I.M.M.G.) risultava arbitrario perché si tratta di un’associazione di natura sindacale che “attribuisce alle promesse pubblicitarie il vaglio di un riscontro scientifico inducendo il pubblico a fare affidamento su qualità curative dei prodotti che essi non possiedono”. Sotto accusa anche lo slogan “acque della salute” ritenuto ingannevole perché lascia intendere che Uliveto e Rocchetta siano prodotti “specificamente utili per la prevenzione e la cura di malattie”. Secondo la sentenza si tratta di indicazioni salutistiche che “non hanno trovato esplicita autorizzazione ministeriale e sono quindi anche sotto questo profilo improprie”.
Acque della salute censurate anche nel 2013
Le censure e le condanne per Uliveto proseguono nel dicembre 2013 (PS 8805, provvedimento 24608 del 2013) con una sentenza dell’Antitrust che a proposito del claim recitava così “anche il claim – acque della salute -, usato nell’intera campagna pubblicitaria, e l’enfasi ad esso attribuita dal nastro, di colore rosso, che unisce le confezioni delle acque Uliveto e Rocchetta nei messaggi a mezzo stampa, costituiscono elementi comunicazionali che assumono un significato specifico e ulteriore, e cioè accreditano alle acque specifici effetti curativi o preventivi di carattere generale che, in realtà, esse non possiedono”. La sentenza conclude con la censura del messaggio e una multa di 100 mila euro.
Il caso del 2015
Il problema si ripropone nel gennaio 2015 (la sentenza viene proclamata nel dicembre 2014 ma pubblicata nel 2015) quando la pubblicità di Uliveto e Rocchetta viene nuovamente censurata perché nei messaggi le minerali venivano classificate come “acque della salute”, abbinando false diciture salutistiche e usando come testimonial associazioni di medici.
“Nel merito, la comunicazione pubblicitaria in esame risulta scorretta in quanto, analogamente ai claim esaminati nell’istruttoria (PS 9629 provvedimento 25250) insiste particolarmente sull’associazione tra il consumo di tali acque e il concetto di salute, con riguardo anzitutto ad esempio ai seguenti claim “acque della salute”, “Uliveto è con i gastroenterologi dell’A.I.G.O. per la salute digestiva” e “Rocchetta è con gli urologi del C.L.U. per la salute urologica” e poi all’accostamento di tali acque ai “gastroenterologi dell’AIGO” e “agli urologi del CLU” e ai relativi loghi.
Anche il claim “acque della salute”, nel contesto dei messaggi in esame, assume un significato specifico e ulteriore, accreditando alle acque effetti curativi e preventivi di carattere generale che esse in realtà non possiedono.” La multa di 5.000 euro viene però raddoppiata a 10 mila trattandosi di un soggetto recidivo, che alla fine del 2013 aveva già subito una censura dall’Antitrust abbinata a una multa di 100 mila euro per motivi analoghi.
Le ultime sentenze contro le acque della salute
Le ultime due sentenze per pubblicità scorretta sono firmate dallo Iap. La prima (numero 14/2019) si discosta dalle altre perché riguarda la presenza di pubblicità occulta dell’acqua Rocchetta all’interno di un servizio sulla rete televisiva La 7 nel programma “Belli dentro e belli fuori”. La seconda sentenza 21/22, sempre dello (Iap) datata 11 luglio 2022 ritiene elementi non dimostrati quelli presenti nel messaggio apparso sul magazine D – la Repubblica delle Donne del 7 maggio 2022. La pubblicità dell’acqua minerale Rocchetta è scorretta perché potrebbe “indurre il pubblico dei consumatori a ritenere che abbia qualche caratteristica superiore rispetto alle altre acque minerali e sia in grado di svolgere una specifica azione di protezione cellulare dai radicali liberi“.
La frase diceva: “la tua amica per la pelle”; “Rocchetta, Acqua della salute, contribuisce a preservare l’idratazione della pelle” e sulla base di un recente studio scientifico “l’idratazione con acqua Rocchetta aiuta a proteggere le cellule dell’epidermide dai radicali liberi (i maggiori responsabili dell’invecchiamento)… favorendo il mantenimento della vitalità cellulare della nostra pelle”. Il tutto con un ampio endorsement da parte della Società Italiana di Dermatologia, di cui si riporta il logo e si afferma: “insieme per la salute della pelle”.
Come in passato, Il Fatto Alimentare ha inoltrato una richiesta di censura per i nuovi messaggi di Uliveto e Rocchetta allo Iap e all’Agcm. L’amara constatazione è la scarsa incisività di due istituzioni importanti come lo Iap e l’Agcm che vedono non rispettate le sentenze. Si tratta di un aspetto grave che nuoce all’immagine di due autorevoli riferimenti che fra l’altro sono gli unici in Italia a occuparsi di pubblicità ingannevole.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
le sentenze dovrebbero trovare ampi spazi per una loro intensa divulgazione su tutti i canali mediatici. non so se le multe vengono onorate. se non lo dovessero essere, si dovrebbero migliorare i meccanismi di imposizione e far in modo da obbligare le aziende a pagare.
Come non essere del tutto d’accordo!!! Faccio 3 osservazioni:
– l’importo complessivo della multa, non è certo tale da spaventare società di tale potenza economica…
– al di là della furbizia della società, però anche le persone dovrebbero informarsi un po’, non si può pretendere che siano sempre gli altri a fare il tuo interesse…
– dal riepilogo fatto nell’articolo, mi pare poter rilevare che le segnalazioni non sono state molte, rispetto alle pubblicità fatte. Occorre anche un impegno nostro per segnalare, forse con più segnalazioni e multe (e magari pubblicazione sui media delle sentenze) qualcosina in più si può ottenere
Grandi! Complimenti e grazie per il supporto informativo. Il marketing la da a bere oramai dagli anni Ottanta, è ora di prendere coscienza che fa male alla salute e all’ambiente…
Grazie e buon lavoro!
Signori questo è il nostro “stato” e mai cambierá le istituzioni che dovrebbero controllare sono complici, nessuno li toccherá mai. Il malaffare è cosí ramificato che coinvolgerebbe tutto il sistema ITALIA……Chi è stato è stato e chi stato non è.
Bravi! Se, dopo le sanzioni pecuniarie le società continuano nelle loro false frasi, si dovrebbe evitare la loro pubblicità in qualsiasi sito o TV: è possibile? Attendo vs. cortesi risposte.
E’ possibile continuare a fare pubblicità tranquillamente
Quando in altri post scrivevo che richiedere sempre più informazioni in etichetta (valori nutrizionali, origine materie prime, luogo di lavorazione, allergeni, ecc.) ha poco senso se poi il sistema di controllo non è in grado di verificare la veridicità dei dati riportati in etichetta, sono stato denigrato perché tanti saputelli ritengono che sia semplice verificare la corrispondenza tra i dati dichiarati, le materie prime impiegate e il processo produttivo, senza tener conto della mole di prodotti immessi ogni giorno sui mercati e della convenienza a dichiarare informazioni false o fuorvianti, vista anche la scarsa probabilità dei controlli e la scarsa deterrenza delle sanzioni. Nel caso specifico, risulta ancora una volta evidente che i prodotti a minor costo della materia prima e più alti margini di guadagno reinvestibili in pubblicità, come appunto le acque, le bevande gasate, le creme spalmabili, gli ovetti al cioccolato ecc., hanno grande convenienza nel continuare a dare informazioni non verificate sui prodotti, perché il ritorno economico e di vendite è superiore ai danni economici e di immagine derivanti dalle sanzioni. Potrebbe avere un maggior effetto deterrente punire, dopo un avviso formale, i media che continuano a pubblicare le pubblicità già sanzionate come false. Ma in questo caso il mondo dell’editoria (giornali, radiotelevisioni, intenet) verrebbe messo rapidamente in crisi per un prevedibile drastico calo delle entrate pubblicitarie.
Finché gli comminano multe dal valore irrisorio, cosa gliene frega a loro di cambiare: guadagnano milioni.
Gli facciano una multa proporzionale sul fatturato, con obbligo di pagamento, e le cose cambieranno
La cosa più semplice per essere convincenti sarebbe multare gli editori che danno spazio a pubblicità di aziende condannate a pagare multe per i medesimi motivi. Basterebbe fare un semplicissimo registro delle aziende multate per pubblicità scorretta e ingannevole. L’editore consulta il registro prima di sottoscrivere un accordo pubblicitario e visiona lo spot da mandare in onda, se l’azienda si è ben comportata e non si ravvisa una reiterazione degli stessi “errori di comunicazione” pubblichi la sua pubblicità, altrimenti l’editore ne risponde anche economicamente in quanto poi è lui il vero responsabile della messa in onda.
È certo che se si limitassero a infliggere una multa di 5 milioni di euro, penso che smetterebbero…
il problema è che qui in Italia, si possono fare tutte le sentenze che si vogliono, multare ecc., tanto poi soprattutto le multinazionali e le grosse aziende continuano a fare quello che vogliono, tanto poi le multe ricadono sui consumatori. il problema è che bisognerebbe tallonarli a che cambino le cose per cui sono stati multati, fino al divieto di commercializzazione fino a quando le cose non vengono cambiate, col rischio di multa anche per il commerciante che ne fa l’acquisto. ma tanto non succederà perchè non c’è personale per i controlli e non c’è neanche interesse dello stato per far cambiare le cose
Il SiIDeMaST società scientifica sconosciuta? Ma che dite .. è un’importante società di dermatologi con gigantesco congresso scientifico internazionale annuale!
110.000 euro fanno ridere, non pagano nemmeno il trucco di MIchelle Hunziker, dovrebbero aggiungere 2 zeri alla multa, forse si fermerebbero e rispetterebbero le normative.
Fintanto che non verrà sanzionato anche il legale rappresentante delle aziende che violano dette disposizioni, presumo che sarà tutto inutile.
Immagino infatti che il costo delle sanzioni vengano di fatto ripartite sui consumatori attraverso impercettibili e progressivi incrementi di prezzo o recuperate in altro modo; insomma, il danno effettivo per le aziende non c’è.
“L’amara constatazione è la scarsa incisività di due istituzioni importanti come lo Iap e l’Agcm …”
Appunto: questi sono i problemi veramente gravi, con buona pace dei vari nutriscore e simili.
Sono questi abusi che pesano sulle scelte del consumatore ed ingrassano i furbetti, ma non c’è speranza: una vera regolamentazione della pubblicità peserebbe troppo sugli interesse dei soliti noti.
Comunque grazie Roberto e non mollare.
A fronte di molti messaggi ingannevoli soprattutto in alcuni settori come gli integratori, le acque minerali le censure sono quasi inesistenti. Poi c’è il problema dei prodotti sponsorizzati ma non dichiarati come tali presenti in pagine on line gestite da persone che propongono ricette
Per una società come Cogedi pagare 100.000 € di multa è come per noi pagarne una di 20€, probabilmente…
La pubblicità dell’acqua magari è costata 1 milione di € (puro esempio) e prima di essere censurata vene vista da buona parte degli Italiani per un mese o più… Poi arriva la censura e Cogedi paga la mancia e ritira la pubblicità, intanto ormai il risultato l’ha ottenuto.
E la censura non viene pubblicizzata, quindi nessuno viene a sapere che era falsa e ingannevole a meno di andarsi a cercare le informazioni, cosa che molti non sanno fare o non ne hanno voglia.
Dovrebbero dirlo nei telegiornali, allora sì che sarebbe un danno per le aziende censurate.
Oppure la censura dovrebbe essere fatta a monte, cioè non far circolare pubblicità che non hanno ricevuto il via libera degli organi preposti…
Ma oltre alle sentenze di queste “due istituzioni importanti come lo Iap e l’Agcm”, non ci può essere la Giustizia ordinaria che prenda provvedimenti, con proprie sentenze, multe ecc. ecc.?
Sono questi due gli unici organismi che si occupano di pubblicità ingannevole
Io uso l’acqua del rubinetto, utilizzando il gasatore per rendere l’acqua frizzante.
L’Italia non è una nazione seria per cui tutto è di conseguenza. Vi pare che una multa di 100 000 euro possa nuocere ad un gruppo che fattura milioni e milioni di euro, e paga allo stato la concessione con qualche spiccio!?