Realizzare inchieste e servizi tv su cibo e alimentazione è complicato, soprattutto quando si vuole a tutti i costi far emergere problemi in grado di catturare l’attenzione. Lo scandalo alimentare è sempre un buon argomento per fare ascolti. Io seguo spesso programmi come Report, Indovina chi viene a cena e altri talk-show quando si occupano di temi alimentari. Qualche anno fa anche Di Martedì, il programma condotto da Giovanni Floris su La7, proponeva settimanalmente servizi improbabili sul cibo “contaminato”. Anche Bruno Vespa si cimenta ogni tanto su temi alimentari con una certa improvvisazione, visto che si tratta di argomenti poco affini alla politica.
Inchieste su cibo e alimentazione costruite ad arte
Trattandosi spesso di programmi importanti che fanno grandi ascolti, mi aspetto un certo rigore, perché gli spettatori seguono sempre con attenzione le inchieste giornalistiche sugli alimenti, tanto che, quando la notizia è forte, il giorno dopo si sviluppa un dibattito, si intrecciano polemiche e, a volte, scattano le querele.
In alcuni casi le inchieste sono fatte bene e focalizzano l’attenzione su problemi concreti, senza sbavature. Altre volte le parole e le immagini sono spinte e il tema viene trattato cercando a tutti i costi di supportare la tesi della frode o dello scandalo. Le argomentazioni vengono supportate attraverso interviste a personaggi con uno scarsa credibilità nella comunità scientifica, poi ci sono pareri raccolti da nutrizionisti ‘improvvisati’, interviste volanti alle persone e esperti poco qualificati che però servono a suffragare la teoria della frode o dell’inganno. In alcuni casi gli intervistati sono addetti ai lavori con una buona conoscenza della materia, ma si estrapolano dagli interventi frasi che ne modificano il pensiero. Il filo della narrazione in questi casi viene costruito per supportare la tesi di un giornalista che vuole fare lo scoop a tutti i costi, anche quando non ci sono i presupposti.
Dal pollo alla pasta
Ricordo un servizio del 2023 di Report su Fileni, durato un’ora circa, in cui si attaccavano alcune politiche all’azienda e si denunciavano alcune situazioni critiche. L’aspetto allarmante è che Fileni, pur avendo presentato una decina di pagine di risposta alle domande della giornalista, nel programma ha avuto poche decine di secondi per replicare alle accuse. In questo modo gli ascolti salgono alle stelle. La storia di Fileni è finita dopo un anno, quando il conduttore Sigfrido Ranucci ha dovuto fare un’ importante rettifica.
Ricordo un servizio di Indovina chi viene a cena sulla pasta, che si è soffermato per 10 minuti su un tema come quello della furosina, facendolo apparire come una criticità molto grave, quando in realtà si tratta di un aspetto irrilevante.
Allarmismi ingiustificati e opinionisti improbabili
Famosi erano i microbi di Giovanni Floris a DiMartedì, che presentava situazioni assolutamente normali, come la presenza di decine di milioni di microbi su una superficie o su un cibo come se si trattasse di un pericolo per la salute. Di Bruno Vespa rammento una puntata sull’etichetta a semaforo Nutri-Score, con pareri affidati ai cuochi, politici e lobbisti, senza un nutrizionista in studio. L’esito a livello di comunicazione è stato disastroso, trattandosi di personaggi contrari al nuovo modello di etichetta, che abitualmente non discutono di calorie e proteine.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Vi seguo e vi apprezzo da anni, però quando nel caso Report avete accettato 3500 euro di pubblicità da Fileni avete fatto un grosso scivolone…
E conta poco scrivere:
“i contratti pubblicitari che vengono stipulati con Il Fatto Alimentare prevedono una clausola per cui gli inserzionisti non possono intervenire nella linea editoriale e devono rispettare la libertà e la professionalità della redazione”.
La redazione sa bene quanto incassa da ogni inserzionista, e sa benissimo che se ne parla male in futuro l’inserzionista andrà altrove.
Quindi c’è un elevato rischio di “autocensura”, senza bisogno di nessun intervento “attivo” da parte degli inserzionisti.
Lei ci segue poco altrimenti avrebbe letto sul sito decine di articoli riferiti agli inserzionisti ed eviterebbe di esprimere giudizi affrettati
Ripeto, vi seguo e vi apprezzo.
Però (mia personale opinione) secondo me sarebbe meglio evitare ogni “conflitto di interesse”.
Per non parlare di tracciabilità ed igiene generale, trattate dalle trasmissioni “operazione Nas” e “4 ristoranti” che veicolano informazioni distorte rispetto ai rischi reali previsti dal sistema HACCP.
Condivido le osservazioni e le critiche. Spesso m’innervosisco nel vedere e ascoltare tanta approssimazione, non so se in buona o mala fede, in programmi generici che hanno ascolti e visualizzazioni di milioni di persone.
Sono d’accordo con lei e con Roberto la Pira. Ed ancor di più mi imbufalisco quando sento giustificazioni sul fatto che sono trasmissioni popolari, di largo ascolto ecc.
La RAI, sulle TV private non do pareri in merito, dovrebbe informare correttamente e senza approssimazione e scusa alcuna.
La cultura e la scienza , se dispensate, aumentano le consapevolezze e fanno da volano alla crescita civile e sociale del cittadino.
Servizio pubblico ben pagato per giunta.
Anzi un tempo di sicuro, e forse ancora, la RAI DOVEVA fare solo informazione e non intrattenimento.
Ho l’impressione che cerchino di imbestialirci e confonderci invece che farci crescere ed elevarci.