Lo scorso giugno, per la prima volta in Europa, un’azienda agricola è stata condannata a risarcire una coppia di apicoltori per averne contaminato il miele con il glifosato utilizzato nei propri campi. Nel 2019 i produttori tedeschi Sebastian e Camille Seusing avevano infatti posizionato i loro alveari accanto al terreno gestito da quest’azienda, che ha irrorato le colture con diserbanti a base di glifosato. Le api hanno quindi trasportato nei loro alveari nettare e polline contaminati, compromettendo la produzione biologica della coppia. Le analisi hanno rilevato residui di glifosato fino a 152 volte superiori al limite consentito, tali da rendere il miele dei Seusing invendibile. I produttori sono quindi stati costretti a gettare quattro tonnellate di prodotto.
Dopo aver registrato un danno economico che avrebbe potuto costringerli a chiudere l’azienda, i due apicoltori hanno deciso di denunciare la società responsabile di questa contaminazione e, nel gennaio 2020, hanno messo in atto una protesta davanti agli uffici del Ministero federale dell’alimentazione e dell’agricoltura di Berlino. La causa è giunta fino al tribunale distrettuale di Francoforte, che ha riconosciuto l’illegalità, la negligenza e la violazione della proprietà dell’apicoltore da parte dell’azienda vicina, condannandola a risarcire la controparte con 14.500 euro, oltre che a sostenere tutte le spese legali.
Questo nonostante dallo scorso maggio il glifosato sia stato riabilitato per altri 15 anni con una sentenza ambigua dal Comitato per la valutazione dei rischi (Rec) dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa). Al momento, il Comitato ha infatti dichiarato che non esistono prove scientifiche sufficienti per dimostrarne la mutagenicità o la tossicità verso determinati organi. Naturalmente, non mancano in Europa altri casi noti di apicoltori danneggiati dai pesticidi. Come il francese François Le Dudal che nel 2018 ha subito una perdita dell’80% delle sue api per colpa dei prodotti chimici usati dai suoi vicini o quello dell’apicoltore transumante spagnolo Rafael Cerdá, che ha denunciato il drastico aumento della mortalità delle sue api durante gli ultimi decenni. Negli Stati Uniti, peraltro, già nel 2015 ricercatori della Boston University e dell’azienda biofarmaceutica Abraxis LLC hanno trovato tracce di glifosato nel 62% dei mieli convenzionali e nel 45% dei mieli biologici analizzati.
Nonostante l’insoddisfazione degli ambientalisti, secondo i quali il tribunale distrettuale avrebbe potuto fare di più, stabilendo per esempio l’obbligo per le aziende agricole di preoccuparsi della salute delle api e di evitare di spruzzare sui campi sostanze per loro dannose, questa sentenza rappresenta un precedente a cui potranno appellarsi anche altri apicoltori e un importante passo avanti verso l’obiettivo del dimezzamento dell’uso dei pesticidi in Europa entro il 2030. L’episodio offre un argomento nella controversa questione della cancerogenicità del glifosato. Persino in Germania, infatti, dove nel 2019 Angela Merkel aveva presentato un piano per bandire la sostanza chimica a partire dal 2024, non esistono però ancora provvedimenti che concretizzino quest’intenzione e il dibattito è stato rimandato all’autunno, quando sarà eletto il nuovo Governo.
Nel frattempo i dati sul miele forniscono nuove prove del fatto che il glifosato sia così pervasivo nell’ambiente da impedirne la convivenza con le produzioni biologiche. Per gli apicoltori è infatti impossibile evitare che le api vadano a bottinare in campi contaminati e questo ha effetti diretti non solo sulla sicurezza del miele, ma anche sulla salute degli insetti, la cui popolazione in Italia si sta riducendo drasticamente. Oltre a provocare la morte per intossicazione, il glifosato fa infatti perdere ad api e bombi anche la capacità di regolare la temperatura dei nidi e ne danneggia i sensi. Un problema non solo per l’ecosistema, ma anche per la produzione agricola mondiale, il cui 70% dipende proprio dall’azione degli insetti impollinatori.
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