api

Spesso si parla della moria di api e del rischio per le colture legato alla scomparsa di questi insetti impollinatori a causa dell’uso di pesticidi e agrofarmaci. Forse l’argomento è trattato in modo un po’ semplicistico, come emerge da un ampio articolo da poco apparso su Science che descrive  bene la gravità della situazione. La nota ci ricorda come il problema non riguardi solo le api allevate, e non sia causato solo dai pesticidi, ma dall’insieme degli interventi umani sull’ambiente oltre che dal cambiamento climatico: “L’arrivo dell’Antropocene rappresenta una considerevole sfida per le api selvatiche, – spiegano gli autori dell’articolo, Dave Goulson ed Elizabeth Nicholls dell’Università del Sussex. – In particolare, la diffusione dell’agricoltura industriale ha profondamente alterato il paesaggio in buona parte del globo, spesso riducendo la disponibilità e varietà di risorse floreali”.

La specie di cui si parla più spesso è Apis mellifera, l’ape da miele, “ma tra gli impollinatori importanti ci sono altri insetti della superfamiglia Apoidea (circa 2mila specie di api europee solitarie o che vivono in piccole aggregazioni o in società più o meno sviluppate, come i bombi, le osmie, i megachili, ecc.) ma anche altri ordini di insetti, quali coleotteri, ditteri e lepidotteri”, ricorda Gennaro Di Prisco, ricercatore dell’Istituto per la protezione sostenibile delle piante del Consiglio nazionale delle ricerche (IPSP-CNR). “Le api da miele vivono in colonie perenni e possono percorrere diversi chilometri alla ricerca di piante mentre la maggior parte degli Apoidei bottinano – raccolgono polline e nettare, ndr – in un raggio di qualche centinaio di metri dal nido, il che li rende più vulnerabili ai cambiamenti ambientali e altri fattori di stress”, sottolinea il ricercatore. Il problema è l’urbanizzazione sempre più diffusa, ma anche le monoculture erbacee o di frutta che concentrano la fioritura in un breve periodo lasciando poi le api senza risorse: “oltre alla disponibilità di alimenti c’è da considerare che per avere un’alimentazione equilibrata, le api hanno bisogno di bottinare su fioriture eterogenee che garantiscano loro un’alimentazione bilanciata”, sottolinea Di Prisco.

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Gli interventi umani sull’ambiente mettono a rischio la sopravvivenza di molte specie di insetti impollinatori

Dalle risposte che sapremo dare dipende il futuro dell’agricoltura, visto che il 90% delle piante spontanee e i 3/4 di quelle coltivate dipendono dall’impollinazione mediata da insetti, che garantisce la produzione e il mantenimento della biodiversità vegetale. “Ad aver bisogno di questi insetti è la maggior parte delle piante a fiore, quindi tutte le piante da frutto, i pomodori, le piante aromatiche e molte altre – spiega Di Prisco – mentre per esempio i cereali usufruiscono di un’impollinazione anemofila, in cui il polline è traportato dal vento, anche se nei momenti di carestia le api possono raccogliere polline pure da queste piante”. Il valore del servizio di impollinazione è stimato intorno ai 2 miliardi di dollari per anno: “Esistono aziende specializzate nell’allevare api destinate non alla produzione di miele ma ai servizi di impollinazione – ricorda Di Prisco – per esempio per impollinare i mandorli nella valle di Sacramento, in California, si spostano due milioni di cassette di api, mentre i bombi sono fondamentali per l’impollinazione dei pomodori, tanto che vengono anche allevati per questo“.

Un altro problema per la sopravvivenza di questi insetti sono gli agrofarmaci: “Sappiamo che molti campioni di miele contengono tracce di dieci o più pesticidi in combinazione tra loro, tra cui i neonicotinoidi” si legge su Science. Ma ci sono anche fungicidi ed erbicidi, combinazioni di sostanze che possono dare effetti indiretti, sia additivi che sinergici. Queste sostanze però non vengono rilevate dai test realizzati dalle agenzie regolatorie, tipicamente incentrati sulla mortalità a breve termine. “Le morie improvvise rappresentano un campanello d’allarme importante, ma ci sono altri effetti meno evidenti e subdoli come i danni all’immunità di questi animali o modifiche comportamentali, ad esempio alterazioni della memoria, dell’apprendimento e del senso dell’orientamento” spiega Di Prisco.

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Gli agrofarmaci possono danneggiare l’immunità e modificare il comportamento degli insetti impollinatori

E se è possibile intervenire sull’impiego di agrofarmaci, per esempio evitando di usarli durante la fioritura, è più difficile limitare l’impatto degli inquinanti atmosferici o delle acque con cui questi animali vengono costantemente in contatto. “Non dimentichiamo che le api accumulano indirettamente inquinanti ambientali nei loro tessuti o nei loro prodotti – per esempio diossine nella cera o metalli pesanti nel miele – un dato che ne fa anche preziosi e unici indicatori della salubrità degli ecosistemi” prosegue il ricercatore. A questo si aggiungono patologie come la varroatosi, causata dall’acaro Varroa destructor e dai virus che questo porta con sé, ma anche problemi legati ai cambiamenti climatici che modificano le fioriture delle piante compromettendo la sincronizzazione con la nascita delle nuove generazioni di impollinatori. “Inoltre – si legge su Science – conosciamo ancora poco gli effetti sinergici dei diversi elementi come inquinamento e cambiamenti climatici, ma anche di altri fenomeni su cui ancora non ci sono dati attendibili, ma che sono in corso di studio come i possibili effetti delle radiazioni elettromagnetiche”.

Come rispondere a questo allarme? La nuova politica agricola comunitaria richiede una particolare attenzione all’equilibrio tra esigenze produttive e salvaguardia dell’ambiente. Questo implica limiti nell’uso di agrofarmaci e la creazione di corridoi ecologici (strisce di terra lasciate incolte o seminate a piante che possano fungere da nutrimento e luoghi di nidificazione).  Si stanno sviluppando inoltre l’agricoltura e l’apicoltura urbana: sono sempre più diffuse iniziative per mettere a disposizione degli insetti impollinatori selvatici piante mellifere e rifugi adeguati, chiamati bee hotel”. In alcune città come Mantova sono nate iniziative per diffondere questo tipo di strutture che possono essere acquistate o realizzate in piccole dimensioni per metterle in giardino. L’obiettivo è quello di ridurre sempre di più l’uso degli agrofarmaci; alcuni studi mostrano che ci sono più impollinatori in città che in campagna. Intanto, oltre alle attività di ricerca, varie azioni di divulgazione e sensibilizzazione vengono messe in campo dall’IPSP-CNR e dipartimento di Medicina veterinaria e produzioni animali dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, tramite il Centro regionale di riferimento per la prevenzione e gestione delle emergenze (CeRVEnE) che hanno proposto un fumetto esplicativo su api e biodiversità (disponibile qui).

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