Il 30 gennaio è stata trovata la carcassa di un cinghiale in provincia di Parma, morto a causa della Peste suina (ormai siamo a quota 1.466). La questione non sembra turbare i sonni del Consorzio, anche se il cinghiale morto è stato trovato a 65 km dalla zona di Langhirano. È proprio qui che opera la maggioranza delle aziende collegate al prosciutto di Parma.
“Siamo stati, purtroppo, facili profeti di un fenomeno che, senza un’azione decisa di riduzione della popolazione dei cinghiali, era inevitabile avvenisse” spiega con una certa preoccupazione Elio Martinelli, presidente di Assosuini. La Peste arriva così a bussare alla porta della filiera del Prosciutto di Parma. Questo vuol dire che anche un solo caso nell’area può portare a una quarantena, distruggendo una delle produzioni italiane di maggiore successo a livello mondiale. L’ipotesi non è così peregrina visto che i cinghiali corrono velocemente. Basta ricordare che in due anni la malattia si è spostata dalla Liguria e dal Piemonte, dove è inizialmente comparsa, prima in Lombardia e ora anche in Emilia Romagna. Nello stesso periodo focolai sono emersi anche in Lazio, Campania e Calabria.
Le conseguenze della peste suina sul Prosciutto di Parma
Se la Peste suina arriva a Langhirano (il che non è improbabile) si bloccheranno le esportazioni del prosciutto per 1-2 anni, con un danno economico notevole. Poi c’è anche il danno di immagine a livello internazionale che sarà difficile da recuperare. La cosa sconvolgente dell’intera vicenda è la posizione del Consorzio, che si è limitato a diffondere un comunicato mesi fa in cui faceva il punto della situazione, senza entrare nel merito. In questi due anni, mentre l’epidemia guadagnava terreno, il Consorzio ha continuato a operare come se fosse un problema di altri (ne abbiamo parlato in questo articolo sugli abbattimenti di maiali per la peste suina). C’è di che restare allibiti.
“Abbiamo ancora una possibilità, forse l’ultima, – continua Martinelli – per avviare una campagna di abbattimenti a tappeto prima della stagione della riproduzione. Durante la primavera i cinghiali sono attirati dalle scrofe in calore e questo aumenta esponenzialmente il rischio di infezione. Peraltro, abbattere i capi infetti significa risparmiare loro atroci sofferenze”.
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giornalista redazione Il Fatto Alimentare
Salve, vorrei sapere: se eventualmente mangiassi un panino con affettato di suino che per varie ragioni è stato macellato senza essere controllato avendo la PESTE SUINA 1) “io muoio?” 2) Chi paga questa mancanza ai miei familiari? 3) Può essere controllata successivamente la carne anche stagionata oltre quella fresca? 4) potrebbero acquisire anche i loro predatori la PESTE………?
La peste suina non è”trasmissibile” all’uomo. Il problema è che se non viene arginata arriva negli allevamenti e bisogna sopprimere tutti i maiali come avviene per l’influenza aviaria. In Cina hanno dovuto abbattere decime di milioni di animali.
Si può tranquillizzare perché è impossibile che possano macellare un suino affetto da peste suina, in quanto se in un allevamento venisse riscontrato il virus l’unica cosa (purtroppo crudele ma necessaria) è quella di sopprimere tutti i maiali. Quindi ben prima che possa essere dato il nulla osta dei veterinari per l’avvio al macello.
Inoltre il nostro servizio veterinario è il più scrupoloso nel mettere in atto i controlli
Purtroppo è già successo pochi mesi fa in provincia di Pavia (mi sembra) che una grossa partita di suini malati sia finita al macello e poi in commercio
Sì, credo anch’io. Però quella situazione mi pare che sia sotto indagine perché c’è stata un’omissione fraudolenta dell’azienda e del veterinario che hanno taciuto.
Pertanto, in linea di principio e a meno di azioni fraudolente, confermo che dovrebbe essere pressoché impossibile che maiali infetti arrivino sul mercato
Sicuramente un medico veterinario esegue 2 controlli al macello: visita ante-mortem e visita post-mortem. Nessun animale viene macellato senza un controllo veterinario!
L’uomo non si puo’ infettare!!!
L’articolo è inesatto.
Potrebbe essere a rischio l’esportazione fuori dall’Italia, soprattuto nei mercati al di fuori della UE che hanno stipulato convenzioni con l’Italia.
La produzione potrebbe continuare dato che il circuito dei suini pesanti che servono per il DOP interessa diverse regioni
Certo i problemi potrebbero derivare dal blocco delle esportazioni, il che non è proprio una cosa da poco per un prodotto come il Posciutto di Parma che rientra fra i prodotti fiore all’occhiello del Made in Italy.
Dato che non si può escludere al 100% che il virus della peste suina possa un giorno infettare gli umani mi chiedo se non sia il caso che venga promosso o previsto da accordi internazionali un accurato studio per giungere alla formulazione di un vaccino che sia in grado di eradicare questo virus. Piuttosto che dover distruggere così tanti capi di suini allevati e con il rischio che un giorno il virus possa passare sull’uomo sarebbe il caso che venisse finanziata al più presto una ricerca per giungere alla formulazione di un vaccino adeguato. La carne “coltivata” potrebbe essere una soluzione in quando dovrebbe portare ad avere carni prodotte in ambienti dove i virus non dovrebbero poter entrare, ma per avere il classico prosciutto si dovrebbe continuare ad allevare i maiali con i metodi tradizionali. O no?
Ai vaccini ci stanno lavorando, e mi risulta che almeno due siano in fase di sperimentazione (ma non qui in Italia). Si pensa che, se tutto va bene, un vaccino sarà disponibile tra la fine del 2024 e il 2025.
Non è un lavoro facile, perché da quel che ho letto, la PSA non stimola la produzione di anticorpi, ed i tentativi di usare “virus indeboliti” (un classico!) sono falliti miseramente causando l’insorgenza della malattia tra gli animali testati.
Questo virus è veramente una brutta bestia, purtroppo.
Quanto alla carne coltivata, al netto degli entusiasmi ci vorranno ancora un po’ di anni perché possa diventare un prodotto di massa, specie per la questione dei costi.
E sempre “politiche oscurantiste” permettendo…