Le brutte notizie sulla peste suina si avvicendano a ritmo serrato e non risparmiano nessuno. Pochi giorni fa si è dimesso il commissario Vincenzo Caputo, nominato un anno e mezzo fa e riconfermato nella primavera del 2024. Caputo ha dichiarato al quotidiano La Stampa di lasciare l’incarico “perché troppo oberato di impegni con il mio incarico di direttore dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Marche e dell’Umbria, centro di referenza nazionale per la pesta suina”, precisando che resterà in carica fino al 31 luglio.
Si tratta di una scelta quasi obbligata, visti i disastrosi risultati ottenuti da Caputo e dai vari commissari straordinari che lo hanno preceduto nella gestione della crisi. Tutti hanno dimostrato una scarsa capacità nell’affrontare i problemi e nel proporre soluzioni. Per questo oggi siamo in una situazione molto critica da cui non si sa bene come uscire. Per rendersi conto di quanto siano stati sprovveduti i commissari, basta ricordare che in Sardegna esiste un pool di persone che ha contrastato e risolto l’epidemia di peste suina scoppiata nell’isola nel 1978. Bene, solo da pochissimi mesi alcune di queste persone fanno parte dello staff del commissario.
La disastrosa gestione della peste suina in Italia
Che i risultati in Italia siano disastrosi lo conferma il report pubblicato nel mese di luglio 2024 per le misure di controllo dagli esperti della Commissione Europea EU-VET (Veterinary Emergency Team). Il rapporto non risparmia critiche e denuncia una situazione molto difficile. I veterinari scrivono che la strategia complessiva di controllo deve essere migliorata e coordinata da un gruppo di esperti. Sulla caccia, il report precisa che deve essere uno strumento per prevenire la diffusione della peste suina e non la soluzione del problema. La caccia, se condotta male, può avere infatti un effetto controproducente e portare alla diffusione dell’epidemia. Il report sottolinea la mancanza di una strategia di sorveglianza ponderata e pianificata coordinato centralmente oltre che denunciare il supporto finanziario insufficiente e il ritardo nella costruzione di recinzioni. Probabilmente la pubblicazione di questo dossier ha influenzato la scelta del commissario Caputo di dimettersi.
Ma le brutte notizie non sono finite. È di pochi giorni fa il ritrovamento della carcassa numero 2.400 di un cinghiale positivo alla peste suina in Toscana. Si tratta dell’ottava regione coinvolta. Va ricordato che la malattia ha già coinvolto ad aprile la zona di Langhirano, in Emilia-Romagna, cuore delle filiere produttive del prosciutto di Parma e di altri salumi di eccellenza italiani. Purtroppo non ci sono elementi che lasciano ipotizzare un rallentamento della diffusione.
Il virus entra negli allevamenti
La notizia che conferma una situazione ormai fuori controllo e il fallimento pressoché totale della politica dei commissari e dei tre ministeri che hanno gestito la crisi è il riscontro del virus pochi giorni fa in un allevamento di Besate, nella città metropolitana di Milano, dove ci sono 600 maiali di cui 200 scrofe, che verranno abbattuti. Un secondo caso si è verificato nell’azienda agricola Boldini a San Martino di Trecate, in provincia di Novara. È la seconda volta che il virus colpisce allevamenti di maiali (il caso precedente, in provincia di Pavia, ha comportato nel settembre 2023 l’abbattimento di 40 mila suini).
La notizia di questa mattina, 29 luglio, è che a Gambolò, in provincia di Pavia, l’ATS locale ha chiuso un altro allevamento di 700 animali, di cui 200 riproduttori, colpito dall’epidemia. Fonti ben informate riferiscono che anche a Mortara, sempre in provincia di Pavia, sia coinvolto un allevamento di maiali con 10mila animali, di cui 3.000 scrofe e che nei giorni scorsi suinetti provenienti da alcuni di questi allevamenti sono stati consegnati ad altri allevamenti. Adesso c’è la seria possibilità che il virus sia stato trasferito e sono in corso accertamenti.
L’esplosione di così tanti focolai in pochi giorni è un vero disastro, ed è inammissibile che un commissario straordinario rinominato tre mesi fa dia le dimissioni senza fare un bilancio su una situazione che ormai risulta pesantemente compromessa.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Certo il commissario Caputo avrebbe potuto fare un uscita più elegante e soprattutto avrebbe potuto stimolare il sistema con qualche parola coraggiosa in uscita. Ma se si fosse comportato così avrebbe perso il lavoro come gli ispettori di IPQ che nel 2019 avevano denunciato il sistema delle DOP suinicole e furono completamente abbandonati da Accredia ed ICQRF…
A raccontare la verità, e nel 2019 all’Istituto Parma Qualità di verità se ne scoprirono molte, si rischia…..meglio vivere tranquilli, in silenzio,girandosi sempre dall’altra parte…..
Gli allevamenti intensivi costituiscono da anni la principale fonte di inquinamento delle acque e stanno procurando odore putrido vicino alle abitazioni di chi purtroppo e’ costretto a conviverci….Da vegetariana posso solo adoperarmi x dire di effettuare *scelte alimentari consapevoli e vegetariane * e se proprio nn si sa rinunciare alla carne ,allora mangiarne di meno può essere anche quello un piccolo aiuto !! ..!
Meglio si sia dimesso tanto come soluzione aveva proposto la caccia e l’intervento dell’ esercito
sarò molto ignorante, ma visto l’incapacità di affrontare la malattia e le sue conseguenze, non era meglio lascia fare la natura (visto che NON è pericoloso per l’uomo e animali non suini), chi muore muore, e chi resta (natura o allevamento che sia) dimostra di essere resistente alla malattia, con una certa probabilità generando anche discendenti con almeno una certa “immunità” alla malattia? Invece di ammazzare crudelmente decine e decine di migliaia di animali per la stragrande maggioranza sane, e spesso con metodi tutt’altro che compassionevole. Sarò davvero ignorante, ma io la vedo così (probabilmente anche perché sono animalista e vegetariana….). E ricordiamoci gli enormi danni ad altri animali che hanno fatto le recinzioni (con tanti gravi feriti e uccisi tra lepri, caprioli ecc.), senza risolvere un bel niente. Il veicolo del virus, più che i cinghiali, secondo me è l’umano incapace delle necessarie misure di protezione contro la diffusione (che include per gli allevatori cambi di scarpe e pantaloni, disinfezione di pneumatici e tenere alla larga dagli allevamenti visite di amici e altri visitatori).
La soluzione da lei proposta è stata presentata all’inizio della peste suina in un nostro articolo, ma nessuno ha voluto ascoltare questa teoria secondo me interessante e per molti versi valida. Il veicolo del virus non sono solo i cerchiali certamente. I commissari hanno fatto poco e male e i risultati sono purtroppo disastrosi .
Quindi dovremmo vietare le scursioni in tutti i boschi ? Dopo il lockdown da COVID anche quello, seppur più limitato, da Peste Suina ? Per quel che vedo io, gli escursionisti si cambiano le scarpe al termine dell’escursione. Io le disinfetto anche sul posto, e finisco l’opera a casa. Non so gli altri, però non credo che uno entri nella porcilaia con gli stessi abiti con cui è andato a fare un giro nei boschi.
Il trasferimento del virus è molto più subdolo. Il virus può arrivare attraverso i cani che toccano le carcasse, le ruote degli automezzi, gli uccelli, i topi che possono insinuarsi nel capannone …
La scelta più lungimirante, innovativa e ecosostenibile e’ quella di chiudere definitivamente gli allevamenti industriali di suini e bovini, ed incentivare fortemente con sussidi gli imprenditori allevatori verso una transizione sulla carne coltivata
Sarebbe una cosa meravigliosa per tutti gli stakeholder coinvolti (gli animali, gli uomini, il pianeta, l’economia, il futuro in generale)
Condivido pienamente
Non porterei come esempio la Sardegna, ci sono voluti 30 anni o più, non so quanti commissari e soprattutto quanti stanziamenti. Ciò ci ha precuso l esprtazione in parecchi stati
Il discorso è un altro. In Sardegna in 30 anni hanno forse capito qual è il sistema migliore e forse sono n grado di evitare errori già fatti in passato
Stupisce che l’esperienza non sia stata utile per il continente
Ottimo lavoro come sempre.
Se questa comunque è la fotografia della situazione ad oggi in Italia, possibile che nemmeno a qualcuno del Governo suoni qualche campanello d’allarme ed, umilmente alzi la manina per chiedere aiuto anche all’ Europa visti i disastrosi risultati? I Paesi ns vicini di casa come hanno preso il fatto del dilagare della PSA in Italia? Mah il pressappochismo cosmico in queste ed altre situazioni nel nostro Paese è davvero avvilente. Quello che delude ancora di più è che non si può sempre e solo mettere il denaro davanti a tutto con la solita uscita:”ma tanto ci sono i ristori…” la prevenzione dov’è? Per fortuna che ci sono altri Enti pubblici con la “E” maiuscola che stanno spingendo verso una soluzione tampone nel trattamento dei prosciutti crudi con l’alta pressione e vedere se il virus della PSA viene inattivato. Ho la sensazione che ne vedremo delle belle.
Ovvio che i commissari hanno le mani legate dai politici che per non scontentare nessuno, particolarmente i propri votanti, altro non sanno fare se non prendere provvedimenti tamponi e sperare che passi la nottata ma non sarà così perché poi dovranno scontentare molti più “votanti” e saranno guai seri; ma tanto poi sarà sempre colpa di altri e dovremo tirar fuori milioni per compensare le perdite….ma tanto paghiamo noi.
Anche se le dimissioni, sono dovute. Il problema è a monte: quali sarebbero i politici che li hanno nominati? Fanno parte del gregge, dei gregari di partito, oppure gente persa nella nebbia. Come sempre il problema è la Testa e i parenti, che c’hanno famiglia. E’ la Polli-tica che meritiamo.