Sono passati ormai cinque anni da quando l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (Iarc), ha classificato le carni lavorate – insaccati, salami, prosciutti – fra gli agenti cancerogeni, sollevando un gran polverone. Si sono letti molti articoli allarmistici, cui hanno risposto le associazioni di produttori, in difesa dei loro salumi e facendo leva sulle “eccellenze” italiane. Successivamente anche l’Istituto superiore di sanità ha tentato di arginare le polemiche, chiarendo alcuni aspetti e ridimensionando l’allarme, con queste parole: “È bene precisare che gli studi epidemiologici offrono dati di correlazioni scientifiche che non possono essere interpretati come prove di un rapporto di causa-effetto. Ciò significa che si può parlare di aumento del rischio, e quindi di aumento della probabilità che compaia la malattia, quando si consuma carne rossa o lavorata, ma non si può dire che la malattia comparirà sicuramente in conseguenza del loro consumo.”
Comunque lo stesso documento consiglia un consumo moderato, che per la popolazione adulta significa non più di due volte a settimana una porzione di carne lavorata, pari a 50 grammi. I dati relativi al consumo apparente degli italiani (produzione – export + import) parlano però di 47 grammi a testa al giorno, una quantità molto più alta di quanto suggerito.
Nitriti e nitrati
Non è chiaro se l’aumento di rischio legato al consumo di questi alimenti sia dovuto alla carne stessa o al processo di lavorazione, quindi alla salatura e all’aggiunta di additivi come i nitrati (indicati dalle sigle E251 ed E252) e i nitriti (E249 ed E250). Questi ultimi sono utilizzati nella preparazione della maggior parte dei salumi, perché controllano la crescita microbica, impediscono la germinazione di eventuali spore di Clostridium botulinum (il pericoloso botulino), inoltre, in sinergia con gli antiossidanti come l’acido ascorbico, mantengono il caratteristico colore dei salumi crudi e cotti e contribuiscono a definirne l’aroma.
I nitriti però, all’interno del nostro organismo, possono trasformarsi in nitrosammine, ritenute cancerogene. Nel 2017 l’Efsa, dopo aver analizzato i dati disponibili e considerato le diverse fonti di nitriti e nitrati, ha pubblicato un parere scientifico su queste sostanze da cui risulta che le attuali indicazioni sono sufficienti a garantire la sicurezza, ma la soglia potrebbe essere superata nel caso in cui si faccia un consumo elevato di alimenti contenenti questi conservanti.
Cosa dice la normativa
Secondo la normativa, la quantità di nitriti aggiunta nei salumi durante la lavorazione non deve superare i 150 mg per kg di prodotto, quantità che si riduce durante la vita commerciale. La dose giornaliera massima di nitriti, considerata sicura dalla Commissione europea, è pari a 0,06 mg per kg di peso corporeo, quindi meno di 2 mg per un bambino di 30 kg e poco più di 4 mg per un adulto che pesi 70 kg. Bisogna quindi considerare che, se nel salume finito si trovassero 50 mg di nitriti per kg di prodotto – dose massima ammessa dal disciplinare biologico – sarebbe sufficiente un etto di prosciutto cotto per superare la dose di nitriti giornaliera. Nitriti e nitrati possono entrare nel nostro organismo anche consumando verdure a foglia che li contengono, oppure come contaminanti presenti nell’acqua, non è facile quindi calcolare il ruolo delle diverse fonti per una popolazione.
I salumi senza nitriti e nitrati
Dato che i prodotti naturali, privi di additivi, hanno sempre più successo, alcune aziende hanno iniziato a proporre, da qualche anno, varianti di prosciutto cotto – il salume più venduto in Italia – senza nitriti aggiunti, questo però era trattato con sedano o altri vegetali naturalmente ricchi di nitrati, che si trasformano in nitriti ed esercitano un effetto analogo.
Su questa soluzione “ingannevole” ha fatto chiarezza il Decreto del 26 maggio 2016, stabilendo che se si aggiungono vegetali non a scopo aromatico ma in quantità tali da garantire l’effetto conservante, devono essere considerati a tutti gli effetti analoghi a questi additivi e sottostare alla stessa normativa, per quanto riguarda le concentrazioni ammesse e le dichiarazioni da apporre sulla confezione. Insomma, se viene aggiunto sedano al posto dei nitriti, perché contenendo nitrati garantisce un analogo effetto conservante, non possiamo trovare sulla confezione il claim “senza nitriti aggiunti”. Tolta questa possibilità, esistono comunque sia in Italia che nel resto d’Europa, esempi di salumi privi di nitrati.
Per fare chiarezza abbiamo chiesto un parere ad Antonello Paparella, microbiologo alimentare dell’Università di Teramo.
“La normativa europea autorizza l’utilizzo di nitriti e non di nitrati nei prodotti di salumeria cotti, come prosciutto cotto e mortadella, mentre nei salami e nei prosciutti stagionati è possibile aggiungere anche nitrati, che fungono da “riserva” e si riducono a nitriti durante il processo di stagionatura. – Spiega Paparella – Nei salumi cotti questa riserva non è necessaria perché il processo di cottura inattiva i microrganismi e stabilizza il colore del prodotto, che tuttavia potrà modificarsi in caso di conservazione inadeguata, in particolare per esposizione alla luce e al calore.”
“Esistono però diversi salumi tradizionali – prosegue l’esperto – che, pur essendo prodotti senza l’aggiunta di questi additivi, mantengono inalterate le loro caratteristiche di sicurezza, sapore e colore grazie a specifiche tecnologie produttive. I Kaminwurst, per esempio, sono salamini tipici dell’Alto Adige, in cui la sicurezza è garantita dal piccolo calibro e da una stagionatura accelerata, senza aggiungere necessariamente nitriti o nitrati. D’altra parte anche il disciplinare dei prosciutti Dop esclude l’aggiunta di questi conservanti.”
“Le aziende europee ormai da una quindicina d’anni stanno portando avanti ricerche per eliminare i nitriti nei salumi – continua Paparella – e la francese Herta ha investito enormi risorse economiche per lanciare un prosciutto in cui i conservanti sono sostituiti da estratti vegetali ad azione antiossidante e antimicrobica. Anche diverse aziende italiane hanno messo sul mercato prodotti senza nitriti o nitrati aggiunti”
In che modo si possono sostituire questi discussi conservanti?
“Finora non è stata individuata nessuna sostanza che, da sola, svolga le funzioni tecnologiche dei nitriti con la stessa efficacia, ma possiamo individuare diverse soluzioni – spiega l’esperto –. Per i prodotti stagionati non macinati, come la lonza, l’obiettivo può essere raggiunto con un’attenta standardizzazione del prodotto, in modo da evitare condizioni che favoriscano la germinazione di eventuali spore di Cl. botulinum o la destabilizzazione del colore. Più in generale, una delle soluzioni più utilizzate è l’impiego di estratti vegetali, per esempio piante aromatiche come rosmarino, timo e origano, ad azione antibotulinica e antiossidante, in grado di garantire colore, aroma e sicurezza.”
“Un’altra via promettente è quella biotecnologica, perché si sta valutando l’aggiunta di colture microbiche capaci di sintetizzare ossido nitrico e stabilizzare il colore; in abbinamento si potrebbero utilizzare additivi di origine naturale come il lattato o colture microbiche che producono batteriocine, sostanze che controllano il rischio Cl. botulinum. Resta da sciogliere un nodo legato a una norma specifica italiana, che non risulta abrogata, e che autorizza l’uso delle colture microbiche solo nei prodotti macinati stagionati (salami) e non in quelli cotti. Una terza strada è quella del trattamento con alte pressioni idrostatiche che tuttavia, per garantire l’inattivazione delle eventuali spore, andrebbe associata ad altre barriere tecnologiche, come gli estratti vegetali. Questa però è una procedura molto costosa, attualmente utilizzata solo per prodotti di particolare pregio.”
Sugli scaffali del supermercato non mancano salumi privi di nitriti, e i più diffusi sono quelli della linea Rovagnati Snello.
“La linea Naturals è stata lanciata nell’aprile del 2017 a livello nazionale ed europeo. – Fa sapere Rovagnati – In Italia la linea non ha avuto le performance auspicate, ma paesi come la Francia si sono dimostrati molto sensibili al tema e oggi, anche tutti i prodotti della linea Rovagnati Snello (a ridotto contenuto di grassi) sono senza nitriti. Per eliminare questi conservanti e trovare un’alternativa naturale sono stati necessari due anni di ricerche, frutto della collaborazione fra una squadra interna all’azienda e l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Brescia.”
“Per andare avanti si è fatto un suggestivo “passo indietro”, – spiega l’azienda – ricordando che in passato aromi e spezie non servivano soltanto a creare il gusto in cucina, ma soprattutto a conservare gli alimenti. Allo stesso modo, i nostri tecnici hanno lavorato con una società che studia e produce estratti vegetali e, sfruttando alcune proprietà di diverse specie botaniche, sono riusciti a mettere a punto un processo che consente la sostituzione dei nitriti. La conservazione, che è stata validata con dei test presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Brescia, è il risultato della sinergia tra gli ingredienti e il processo stesso.”
Il caso danese
Intanto, nel resto d’Europa, la Danimarca ha abbassato a 60 mg/kg il livello ammissibile di questi additivi, durante la lavorazione, mentre in Francia è stata presentata recentemente una proposta di legge per vietare gradualmente l’uso di nitriti e nitrati nei salumi. Questo accade anche grazie alle 302.000 firme raccolte dalla petizione lanciata il 20 novembre 2019 dalla Ligue contre le cancer, l’associazione di consumatori Foodwatch France e l’app per valutare gli alimenti Yuka.
Solo pochi giorni fa (il 4 gennaio), inoltre, Stella Kyriakides, a nome della Commissione europea ha risposto all’interrogazione presentata dall’europarlamentare Joëlle Mélin (gruppo Identità e Democrazia – Rassemblement national) che chiedeva di vietare l’uso del nitrito di sodio nei salumi: “La Commissione ha avviato una discussione con gli Stati membri per rivedere i livelli massimi consentiti di nitriti ai sensi del regolamento (CE) n./20082 per ridurre di quanto possibile l’esposizione ai nitriti derivante dal loro uso come additivi alimentari, salvaguardandone nel contempo l’effetto di conservazione.”
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Giornalista pubblicista, laureata in Scienze biologiche e in Scienze naturali. Dopo la laurea, ha collaborato per alcuni anni con l’Università di Bologna e con il CNR, per ricerche nell’ambito dell’ecologia marina. Dal 1990 al 2017 si è occupata della stesura di testi parascolastici di argomento chimico-biologico per Alpha Test. Ha collaborato per diversi anni con il Corriere della Sera. Dal 2016 collabora con Il Fatto Alimentare. Da sempre interessata ai temi legati ad ambiente e sostenibilità, da alcuni anni si occupa in particolare di alimentazione: dalle etichette alle filiere produttive, agli aspetti nutrizionali.
C’è un sacco di gente, che decisamente “ignora parecchio”, che si è limitata a prendere una frase e ha generalizzato su tutti.
Molti di questi sono pure quelli che inondano il web di commenti (falsi), quindi il danno creato c’è eccome.
Avrei una domanda da porre direttamente all’esperto Paparella o a chi abbia le competenze per rispondere.
Anche l’azienda Golfera, nella sua linea biologica, offre salumi e affettati con il claim “Senza nitriti aggiunti”.
Non sono però mai riuscito a capire se tale specifica esclude a priori la presenza di nitriti nel prodotto o, semplicemente, significa che non ne vengono aggiunti artificialmente ma in realtà sono già naturalmente presenti negli ingredienti vegetali utilizzati.
Leggendo il vostro articolo e il Decreto del 26 maggio 2016, in teoria la specifica “Senza nitriti aggiunti” dovrebbe escludere la presenza tout court di nitriti.
Questa, ad esempio, la lista degli ingredienti del petto di tacchino al forno bio: Carne di tacchino*, sale marino, aromi naturali, vino bianco*, spezie*, piante aromatiche. (*da agricoltura biologica)
L’utilizzo di spezie e piante aromatiche non esclude la presenza di nitriti, naturalmente presente in questi ingredienti? Sono molto confuso…
Grazie in anticipo per il chiarimento.
Se non mi moderano le dico solo alcune cose, perché la questione è alquanto complessa.
Se si usano appropriati accorgimenti la formazione di nitrosamine non avviene per nulla, ma bisogna sapere quali sono e come si attuano.
La dose antibotulinica è un quinto della dose massima consentita da aggiungere, peccato che si usi spesso per ben altri scopi, diciamo cosmetici.
Se pensa che negli spinaci possono esserci fino a 3000 mg/kg di nitriti è facile immaginare cosa succede aggiungendo nella ricetta tale vegetale (ma è la carne che fa male).
L’aggiunta di nitriti e/o nitrati nei prodotti cotti ha un’importanza relativa in funzione della bonifica termica effettiva, che dovrebbe come minimo uccidere le forme vegetative del clostridio, poi dipende sempre dalla quantità iniziale.
Ci sono maniere conosciute alternative ai nitriti quali antigerminativi delle spore, ma nessuno le usa, almeno per quanto si trova di autorevole.
Si preferisce mimare il conosciuto, invece di percorrere vie meno frequentate.
Moderate, moderate.
Una parte della linea dei salumi bio di Golfera è prodotta senza l’aggiunta di nitriti, (ad es. il prosciutto cotto bio di Alta qualità Golfera contiene nitriti aggiunti, a norma del Decreto 21 Settembre 2005 Disciplina della produzione e della vendita di taluni prodotti di salumeria e successive modifiche ed integrazioni).
Dove non presenti, i nitriti sono sostituiti da miscele a base di estratti vegetali ricchi in principi attivi, per citarne alcuni timo, origano, tè verde, semi d’uva, mirtilli, rosmarino, …
Utilizziamo inoltre, per i salumi stagionati, colture starter prodotto-specifiche, protettive ed utili per lo sviluppo e la stabilizzazione del colore.
Gentile Giovanni,
Nell’ articolo si parla proprio dei metodi alternativi per conservare i salumi.
@Matteo: se il salume Golfera riporta il claim “senza nitriti” non possono aver aggiunto verdure contenti elevate quantità di nitrati ma dovrebbero aver utilizzato erbe ad azione antiossidante.. Comunque abbiamo scritto all’azienda e quando ci risponderanno pubblicheremo la loro risposta.
@Valeria la ringrazio molto per il chiarimento e l’iniziativa nei confronti di Golfera, attendo sue nuove nella speranza di una risposta dell’azienda, grazie.
Dilemma sui conservanti: sono peggio i nitriti/nitrati o il rischio di botulismo?
Ricordo che il botulismo è una malattia neuro-paralitica non raramente ad esito mortale…
Poi, giustamente, nell’articolo è riportato che nei vegetali a foglia verde il contenuto di nitrati (non nitriti) è molto elevato e in bietola, rucola, spinacio e lattughe, che sono quelli che ne contengono di più, sono superiori ai 2500 mg per chilo.
Gentile Roberto, il botulismo deve essere assolutamente contrastato, ma si è visto che esistono anche sostanze doverse dai nitrititi, con attività antibotulinica.
Per quanto riguarda i nitrati nelle verdure, abbiamo chiesto al prof. Paparella che ha risposto così:
“Nel 2008 il panel CONTAM dell’EFSA (https://www.efsa.europa.eu/en/news/efsa-balances-consumer-risks-nitrate-vegetables-benefits-balanced-diet-high), valutando i rischi e i benefici dei nitrati nei vegetali per i consumatori, ha concluso che gli effetti benefici superano i rischi potenziali per la salute che potrebbero derivare dall’esposizione al nitrato tramite le verdure e che il consumatore medio non supera la DGA. Oltre tutto le operazioni unitarie normalmente applicate ai vegetali a foglia larga e in particolare la mondatura, il lavaggio e la cottura riducono verosimilmente i livelli di nitrato nel prodotto.”
Allora diciamo che sarebbe corretto affermare, anche da parte dei medici, che un eccesso di consumo di verdure a foglia è sconsigliabile tanto quanto quello dei salumi riguardo il fattore cancerogenicità, altrimenti sa un po’ di eccessi d’accanimento, come accade del resto anche con birra e vino.
Mi potrebbe inoltre spiegare gentilmente il perché i prosciutti crudi di Parma e San Daniele possono essere messi in commercio privi di conservanti??
Perché non si potrebbe replicare il trucco pure sugli altri salumi??
Grazie mille!
La lunga stagionatura, la presenza di sale e l’impiego di cosce intere permette di evitare problemi di botulismo
Nel 2008 il panel CONTAM dell’EFSA ha concluso che gli effetti benefici del consumo dei vegetali superano i rischi potenziali per la salute che potrebbero derivare dall’esposizione al nitrato attraverso le verdure
gentilmente gradirei una delucidazione in merito ai 47 gr di salumi che ogni italiano assume giornalmente:
sono comprese anche le conseve quali per esempio speck e prosciutto crudo? Perchè non mi pare che vengano usate sostanze conservanti
grazie
Gentile Kalos Kagathos, nel consumo apparente sono compresi tutti i tipi di salumi. È una stima per eccesso perché è calcolata sommando l’import alla produzione nazionale e sottraendo l’export. È come se tutto il salume che circola in Italia venisse effettivamente consumato, senza scarti. Sono compresi anche i prosciutti. Le ormai famose dichiarazioni dell’Airc a proposito della cancerogenicità delle carni trasformate parlano appunto di “carni trasformate” senza distinguere fra le diverse tipologie.
Non è chiaro se il potenziale effetto cancerogeno sia dovuto a caratteristiche intrinseche della carne oppure al processo di trasformazione. Per questo motivo non possiamo considerare esenti da questo rischio i salumi prodotti senza nitriti, come i prosciutti crudi Dop. Attenzione però perché questi conservanti si possono trovare anche nel prosciutto crudo (non Dop) e nello speck.
Da un lato si dice che i nitrati nei salumi sono pericolosi per la salute. poi si ammette che molte verdure contengono quantitativi enormemente superiori di nitrati nella loro composizione. Dovremmo bandire tali verdure dalle nostre tavole? ho un amico macellaio, che produce salumi di qualità, carni scelte con cura, metodo artigianale. Produce, a seconda della richiesta, salumi senza nitrati o con nitrati aggiunti in quantità moderata, non oltre 100 mg/kg. A livello organolettico vi è un abisso tra questi ultimi e quelli “naturali” che sono di gran lunga inferiori. Almeno questo è il mio parere
Ah bene, questa mi mancava!
Dunque se ho capito bene anche nelle verdure a foglia abbondano nitriti e nitrati, quindi un consumo eccessivo di quest’ultime sarebbe potenzialmente cancerogeno?
Si salvi chi può!!
Gentile Davide, come ho riportato in un commento precedente, l’EFSA (https://www.efsa.europa.eu/en/news/efsa-balances-consumer-risks-nitrate-vegetables-benefits-balanced-diet-high), valutando i rischi e i benefici dei nitrati nei vegetali per i consumatori, ha concluso che gli effetti benefici superano i rischi potenziali per la salute che potrebbero derivare dall’esposizione al nitrato tramite le verdure e che il consumatore medio non supera la DGA. Può mangiare tranquillamente spinaci, ma naturalmente senza esagerare!
Giusto porsi il problema su eventuale consumo eccessivo di salumi con presenza nitrati, che peraltro hanno una importante funzione antibotulinica. Ma non sarebbe il caso di far notare al consumatore che se mangia 100 grammi di salume stagionato assume forse 4-5 mg di nitrati a fronte di 2.5- 3 grammi di sale? Sarebbe interessante sentire un parere di esperti per confrontare gli effetti di tali assunzioni
Gentile Mino,
sarebbe interessante valutare il rischio legato al sale e confrontarlo con quello legato ai nitriti e magari anche ai grassi saturi, ma la nutrizione è un fenomeno estremamente complesso e le variabili in gioco sono così numerose che è impossibile fare questi calcoli. Probabilmente il sale ha effetti dannosi più accentuati dei nitriti, però mi pare più difficile avere un salume privo di sale piuttosto che privo di nitriti. Bisogna anche notare che le aziende che propongono salumi senza nitriti di solito lo fanno per le linee “salutistiche”, più controllate anche negli altri parametri.
scusate, come facevano in passato i nostri avi con i loro salami? o non mangiavano quasi mai salame o utilizzavano qualche stratagemma..
Ai nostri avi – almeno ai miei, che erano braccianti – un maiale bastava per un anno, non mangiavano certo salumi tutti i giorni. E non dimentichiamo che non erano certo più in salute di noi e che la vita media era molto più corta!
Domanda per @ValeriaBalboni:
Scusi mi dice chi si mangia salumi tutti i giorni, ovviamente statisticamente?
In una bustina di salame Milano da 150 g ci stanno almeno 12 fette di salame diametro 80 mm, quindi ci facciamo almeno 4 panini tipo rosetta; e in una busta di p. cotto AQ di 120 g ci sono 5 fette grandi, mettiamo di farci 3 panini.
Tutti i giorni un panino con salumi, senza dimenticare i consumi di carne rossa e bianca ma è una noia!
In Italia i più praticano una dieta variegata, con pasta, cereali e verdure e i consumi di carne e salumi sono in linea con quelli raccomandati dall’OMS e forse ancora meno.
E parliamo di una probabilità di cancro derivante dal consumo di carne e salumi del 16% su un tipo solo di cancro basato su dati epidemiologici mondiali. Ci dica piuttosto la differenza che corre tra studio epidemiologico e studio sul campo…
Leggendo l’articolo mi sono detto “Ohibò, guarda che il FA dopo anni di sterili articoli sui conservanti, oggi è più obiettivo”, in realtà avete migliorato la percezione di un’informazione meno di contrasto rispetto alle prime volte in cui avete sposato senza contraddittorio il binomio nitriti = cancro (che è ormai assodato che quell’associazione nel rapporto IARC è frutto di approssimazioni e poco sostenuto da evidenze scientifiche perché pochi sono i casi effettivi dimostrati tali e nessuno in carico all’Italia) ma siamo ancora distanti da una piena e corretta informazione, libera da malintesi e sentito dire. Certo se si approfondisce ogni aspetto ci vogliono quattro pagine per argomento, tuttavia dati ed esempi, spesso citati in modo quasi assoluto vanno diversamente spiegati.
1. Non si può dire ad esempio che i consumi di salumi non sono quelli che si dicono (pochi e in linea con le raccomandazioni dell’OMS) dicendo al contrario che i consumi apparenti sono più elevati. In realtà “consumo apparente” è una statistica tra le più usate, ma è un dato grezzo e complessivo che comprende parti non edibili, cali di lavorazione, scarti e rifiuti e, di conseguenza, appare impropria la sua utilizzazione per lo studio delle relazioni tra dieta e salute e per l’impostazione di una corretta politica alimentare. Tale indice porta ad una notevole sovrastima della quantità realmente ingerita di carne
2. il Kaminwurz è prodotto locale, diciamo quasi a chilometro zero, che tra l’altro viene affumicato a freddo (quindi non con temperature elevate che portano alla formazione di componenti cancerogene) ed essiccato. E’ noto che il fumo è un agente conservante e agisce sul colore, mentre l’essiccazione porta a valori di aw sensibili per la crescita dei patogeni.
3. La linea di prodotto Rovagnati – parere personale – è nel novero delle linee border line che usano altro rispetto all’impiego dei conservanti e dei loro sostituti, mascherato nella voce “aromi”. Tra l’altro nei prodotti crudi come la bresaola i conservanti li trovate, mentre nei prodotti cotti si dice che non ci sono. Tuttavia lo Snello cotto a base di suino non si chiama “prosciutto cotto”, perché per la legge italiana un prosciutto cotto per essere tale deve essere dichiarato con impiego di conservanti come additivi o come sostituti vegetali. Fino a che la legge non cambierà, quell’articolo è altro rispetto agli della categoria dei prosciutti cotti; è un prodotto del marketing, che non andrebbe nemmeno venduto in quel comparto. Che ci sia della ricerca è un plauso per l’azienda ci mancherebbe, anzi auguro che sviluppi business, tuttavia non fanno un favore al consumatore essendo poco trasparenti e alquanto fumosi nella comunicazione.
Poi badate che nel caso di Herta France, è vero quanto citate ma diciamo fino in fondo che in quel “bouillon” messo a punto con estratti vegetali, viene usato solo per le produzioni premium e top di gamma, tutte le altre di minore valore merceologico – che sono la gomma di prodotti che compra la gente con meno risorse economiche – dichiarano ancora i conservanti. Inoltre in Francia la shelf life dei prosciutti cotti in vaschetta è di gran lunga inferiore ai tempi che si usano in Italia.
4. La proposta di legge francese che vorrebbe l’abolizione dei conservanti nella produzione dei prodotti di carne trasformati nuoce ai produttori di carne. E’ infatti proposta da organizzazioni e lobby veggie, che mirano a “distruggere” il comparto delle carni.
Che il problema dell’impiego dei nitriti e nitrati esista, è vero. Però EFSA, fino a prova contraria ha giudicato sicuri i dosaggi massimi previsti dai regolamenti comunitari.
Che sono noti dei composti antimicrobici derivanti da piante officinali è altrettanto vero, ma tutti gli studi affermano che per garantire sicurezza assoluta dal Botulino occorre aggiungere anche una minima quantità di nitrito nelle carni, almeno 50 mg/kg (rispetto ai 150 ppm di dose massima – si badi, massima – consentita)
@pinuccio a proposito di quanti salumi mangiamo: purtroppo non esistono stime precise di quanto salume effettivamente mangiano gli italiani. Non è possibile fare una stima diretta, come non è possibile fare uno studio sperimentale sugli effeti diretti che possono avere i salumi sulla salute dell’uomo, per evidenti limiti etici. La stima dei 47 g al giorno è fornita da Assica (Associazione industriali delle carni e dei salumi) e, come dicevo in un altro commento, si tratta di una stima per eccesso, comunque è molto distante dai 100 g a settimana di cui parla l’Oms. Gli italiani che hanno sempre in frigo un po’ di affettato sono secondo me una buona percentuale e in questo caso, è chiaro: se abbiamo salume in frigo, lo mangiamo.