In occasione del lancio dell’ottava edizione di «Mediterraneo da remare» (la campagna nazionale di sensibilizzazione alla tutela del Mare nostrum, promossa dalla Fondazione UniVerde), Sergio Costa, Ministro dell’ambiente, ha scoperto le carte sulle misure che verranno attuate per prevenire e ridurre l’impatto della plastica monouso sulla salute umana e sugli ecosistemi.
In uno dei suoi primi annunci era già emersa l’intenzione di bandire l’utilizzo delle confezioni di plastica in tutti gli edifici pubblici. Adesso Costa ha dichiarato di voler vietare la commercializzazione di una serie di articoli, di promuovere il vuoto a rendere, attuare una stretta sui contenitori per cibi e bevande usa e getta e, infine, intervenire nel settore della pesca. La scelta di parlare dalla sede galleggiante dell’associazione Marevivo non è casuale, visto che la stessa aveva proposto al nuovo governo di rendere effettivi in Italia – ancor prima che vengano approvati a livello europeo – i contenuti della proposta di direttiva della Commissione UE. Sergio Costa ha sposato l’iniziativa e vuole presentare un testo entro la fine dell’estate.
Nella nuova proposta di direttiva UE c’è l’intenzione di ridurre l’impiego da parte dei consumatori di plastica monouso, come posate, piatti, cannucce e agitatori per bevande. Altri prodotti, quali assorbenti, salviette inumidite e gli stessi palloncini potranno essere immessi sul mercato, solo se accompagnati da un’etichetta che indichi la corretta modalità di smaltimento, l’incidenza negativa in caso di abbandono nell’ambiente e l’avvertimento che contengono plastica. Alcuni tipi di contenitori per bevande, come le bottiglie in plastica, potranno essere ammessi solo se i tappi restano attaccati, ad esempio con una linguetta, per evitare una doppia dispersione.
Dopo la riunione del Consiglio Ambiente europeo tenutasi il 25 giugno in Lussemburgo, il ministro Costa affermava di essere convinto che la soluzione passasse per la riduzione e l’eliminazione della plastica monouso in ogni sua forma. Ma in quale direzione andranno i provvedimenti nazionali?
Per i contenitori alimentari usa e getta, la proposta non riguarda un divieto totale bensì una riduzione del quantitativo immesso in commercio e conseguentemente a disposizione dei consumatori: una misura più leggera rispetto a quella già attuata in Francia, secondo la quale, dal 1 gennaio 2020, potranno essere messe in commercio solo stoviglie monouso idonee al compostaggio domestico (secondo la norma francese NF T51-800 o equivalente) e contenenti almeno il 50% di materiali bio-based (proveniente da fonti rinnovabili), quota che salirà al 60% a partire dal 1 gennaio 2025.
Sul fronte imballaggi per alimenti, Costa punta sulla leva fiscale per imprese e consumatori. L’idea è quella di rendere conveniente mettere sul mercato beni con imballaggi ridotti e acquistare prodotti sfusi, e quindi incentivare il ricorso a contenitori riutilizzabili: «Il mercato va orientato e la creazione di un nuovo paradigma ambientale non può dipendere solo dalla buona volontà di chi ha già una coscienza ambientalista – sostiene il ministro – Vogliamo che produrre con meno imballaggi e meno plastica sia conveniente, e vogliamo che sia conveniente acquistare prodotti meno impattanti e più sostenibili».
Attuare questo punto potrebbe non essere così semplice visto che molte tipologie di alimenti oggi in vendita non possono prescindere dall’impiego della plastica per essere correttamente conservate. Sarà dunque necessario, per le aziende alimentari e di imballaggi, investire nella ricerca di nuove soluzioni.
L’obiettivo secondo la Commissione Europea, numeri alla mano, al momento non è chiaro e le associazioni ambientaliste chiedono sforzi importanti: Marevivo auspica che venga fissato un obiettivo nazionale di riduzione del 50% entro la fine del 2020; Greenpeace ricorda invece che il solo riciclo non è sufficiente per liberare le acque dalla plastica: nonostante il tasso di riciclaggio degli imballaggi in Italia sia passato dal 38% del 2014 al 43% del 2017 non è stato certo sufficiente a bilanciare la crescita dei consumi di plastica monouso.
Un’altra soluzione messa sul tavolo da Costa per quei prodotti che non verranno banditi sul nascere, come le bottiglie e altri imballaggi alimentari, è quella del vuoto a rendere. Questa misura non avrà lo scopo, secondo il ministro, di incidere sulla riduzione dei prodotti, ma quello di incrementarne il riutilizzo (quando possibile) e la raccolta ai fini del riciclaggio.
La Commissione UE impone che entro il 2025 gli Stati membri siano in grado di raccogliere ben il 90% delle bottiglie di plastica: un obiettivo piuttosto ambizioso visto che oggi in Europa siamo al 59.8% (con Francia, Germania e Italia, che da soli raccolgono il 47,9% delle bottiglie di plastica commercializzate nella Ue).
Costa è intervenuto anche nell’ambito del dibattito avviato dal Consiglio UE sulla revisione della direttiva sulle acque potabili, basata sulla proposta presentata dalla Commissione europea il primo febbraio scorso. La bozza legislativa ha l’obiettivo di rendere l’acqua del rubinetto più sicura e accessibile, e i cittadini più informati e consapevoli. Aumentando la qualità dell’acqua di rubinetto, è il ragionamento, si ridurranno i consumi di quella in bottiglia e i rifiuti in plastica. Per rendere più fluido il mercato interno, però, la Commissione propone anche che i requisiti minimi di sicurezza e igiene dei materiali a contatto con l’acqua non siano stabiliti nella direttiva in discussione, ma nel regolamento sui materiali da costruzione. Ipotesi che è stata respinta da un gran numero di delegazioni, Italia compresa.
Una misura interessante riguarda il settore della pesca: nel solco di una proposta presentata dall’ex presidente di Legambiente Rossella Muroni, ora deputata di Liberi e Uguali, il ministro Costa pensa a una norma che possa modificare il Codice dell’ambiente quando vieta ai pescatori di riportare a terra la plastica raccolta con le reti. Oggi, quando i pescherecci raccolgono accidentalmente della plastica, la ributtano quasi sempre in acqua, perché rischiano di vedersi accollare i costi di smaltimento. Verrà introdotta invece la possibilità di portarla a terra, agevolando questa attività anche con la leva fiscale.
Queste misure si andrebbero ad aggiungere a quelle già in vigore sui sacchetti per la spesa e per l’ortofrutta, e a quelle introdotte nell’ultima legge di Stabilità, secondo cui dal 2020 sarà vietato in Italia mettere in commercio prodotti cosmetici contenenti microplastiche e che, dall’anno prossimo, bandiranno i cotton fioc col bastoncino non biodegradabile. Se la direttiva europea sulle plastiche monouso risulterà cambiata rispetto alla bozza attuale, le proposte saranno riviste.
Accanto alle misure proposte dal Ministero ve ne sono alcune già attuate a livello locale. Per proteggere il mare dall’inquinamento provocato dall’immensa quantità di contenitori, stoviglie monouso e altri prodotti non biodegradabili, l’isola di Lampedusa ha deciso di mettere al bando la plastica. L’ordinanza del sindaco Salvatore Martello vieta la vendita e l’utilizzo di stoviglie, bicchieri e posate monouso non biodegradabili, che saranno bandite dal 31 agosto. Anche gli shopper in plastica dovranno essere sostituiti da sacchetti in carta, in tela o realizzati con un altro materiale non inquinante. La stessa scelta è stata fatta nelle isole Tremiti e a Linosa, dove sarà vietata la vendita e l’utilizzo di contenitori e stoviglie monouso non biodegradabili e sacchetti per asporto merci in polietilene.
Al nord, invece, il M5S lombardo ha presentato una progetto di legge regionale per vietare l’uso di plastica usa e getta negli uffici pubblici, nelle mense e alle sagre. Il pdl, dal titolo “Divieto del monouso non biodegradabile o non riciclabile”, prevede l’utilizzo di contenitori, cannucce e stoviglie monouso per la somministrazione degli alimenti o delle bevande solo se riciclabili o biodegradabili, o di plastiche “che derivano da materie prime rinnovabili o interamente biodegradabili, oppure che abbiano entrambe le proprietà e che siano regolarmente certificate”. Se il progetto dovesse essere approvato, la Regione Lombardia incentiverà “finanziariamente gli enti locali al fine dell’utilizzo di stoviglie e posate riutilizzabili, riciclabili o biodegradabili presso feste pubbliche e sagre e presso le mense pubbliche”.
Roberto Cenci, consigliere regionale primo firmatario dell’atto, spiega: «È necessaria un’informazione capillare nelle scuole primarie e secondarie sulle problematiche ambientali inerenti l’uso delle plastiche. Bioplastiche o oggetti di materiale biodegradabile sono ormai una valida alternativa alle plastiche; mi auguro che il progetto di legge arrivi in consiglio regionale per essere approvato: la Lombardia può fare da apripista nella lotta alle plastiche, che richiedono di tempi lunghissimi, fino a 1.000 anni, per degradarsi. È ora di finirla di lasciare inammissibili debiti ambientali alle future generazioni».
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Esperto di Food Contact –
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Perché non parlate mai dei milioni di capsule del caffè in plastica che ogni anno vengono buttati nella indifferenziata .
Perché non si fa una legge che le capsule del caffè devono essere biodegradabili compostabili ?
Anche perché il caffè è un ottimo fertilizzante .
Grazie Davide
Gentilissimo Davide, ne abbiamo parlato innumerevoli volte. Qui un esempio: https://ilfattoalimentare.it/capsule-di-caffe-tabella.html
perché non controllare e sanzionare tutti quei ciclisti che buttano a lato strada le bottigliette vuote dell’acqua bevuta durante le uscite; è un esercito di incivili !