Il corretto riciclo può non essere così facile come sembra. Le persone, anche quando animate dalle migliori volontà, troppo spesso sbagliano, quando cercano di riciclare la plastica che entra nelle loro case attraverso gli alimenti. Perché accade questo? E come si può rimediare? A queste e ad altre domande risponde un progetto dell’Università di Liverpool attivo ormai da quasi quattro anni, chiamato Plastic Packaging in People’s Lives (PPiPL), realizzato con la collaborazione di circa 500 persone di diversa estrazione e condizione sociali, di una novantina tra associazioni locali e non, supermercati, gestori dei rifiuti e altri protagonisti della filiera. E ora i coordinatori del progetto hanno pubblicato una serie di lavori incentrati su specifici aspetti, che aiutano a capire che cosa accade, e come sarebbe possibile intervenire senza sconvolgere le filiere.
Un buon riciclo?
L’atteggiamento più diffuso, a livello domestico, è quello che gli autori chiamano whishcycling, con un gioco di parole (tra whish/desidero e recycling/riciclaggio), che esprime il comportamento di chi vorrebbe riciclare correttamente la plastica, ma poi commette errori, talvolta grossolani, finendo con fare qualcosa di peggiore rispetto al fatto di non provarci neppure, o gettando la plastica nei rifiuti indifferenziati.
Premesso che la preoccupazione per lo spreco di cibo vince su quella di comprare prodotti confezionati nella plastica, e che quindi le persone accettano packaging eccessivi, se pensano di evitare di sprecare, uno dei comportamenti più diffusi riguarda il lavaggio degli imballi. In molti temono di contaminare la propria cucina, per esempio lavando plastica che conteneva carne cruda o pesce. Ciò li spinge a buttare quegli involucri nell’indifferenziato. Ma, in questo modo, contribuiscono inconsapevolmente a contaminazioni ben peggiori, nella filiera del riciclo. (Ricordiamo però che in Italia Corepla precisa che “non è necessario lavare gli imballaggi in plastica prima di metterli nella raccolta differenziata e anzi è controproducente per l’ambiente! Per una raccolta di qualità l’imballaggio non deve essere perfettamente pulito, ma è sufficiente che sia svuotato il più possibile dai residui di prodotto”.)
Indicazioni e omogeneità
Un altro dato interessante riguarda i criteri grazie ai quali si decide dove avviare la plastica di un packaging. Prevalgono quelli sensoriali, cioè il fatto che un certo polimero “sembri” riciclabile, rispetto alle indicazioni presenti ormai su quasi tutte le confezioni. Il perché è facilmente intuibile: ogni produttore indica la possibilità e le modalità di riciclo a modo suo, non di rado con diciture molto piccole poste in angoli periferici della confezione, che oltretutto talvolta si scontrano con le regole locali, diverse da città a città. Il risultato è una confusione che dà origine a comportamenti sbagliati, oppure alla rinuncia. Per ovviare a questo, che è uno dei problemi principali, il gruppo sta lavorando a un protocollo unico, chiamato On-Pack Recycling Label finalizzato alla messa a punto di indicazioni intuitive e omogenee.
Le sperimentazioni
Le ricerche del gruppo prevedono poi altri due tipi di approfondimenti, uno con i produttori, per esempio per l’utilizzo di materiali alternativi alle plastiche, e uno con i clienti.
Dal punto di vista dei materiali alternativi, le sperimentazioni hanno rivelato una serie di limiti e messo in luce i punti di forza della plastica per la sicurezza alimentare e il trasporto. Oltretutto, per i materiali diversi dalla plastica sorgono spesso problemi di riciclo, a causa della mancanza di infrastrutture progettate per riciclarli su larga scala. Questo non significa che si debba rinunciare a cercare altre soluzioni, ma solo che è necessario avere chiaro i termini di confronto a livello di prestazioni, se si vuole vincere la sfida.
I test da Booths
Per quanto riguarda i consumatori, una parte delle ricerche è stata fatta sul campo, nella catena Booths. Alcuni fornitori della catena credevano che i clienti avrebbero rifiutato gli imballaggi realizzati con plastica riciclata a causa di imperfezioni o macchie potenzialmente presenti. Tuttavia, verificando, si è scoperto che la convinzione era in gran parte infondata: i clienti non si spaventano, se sanno che si tratta di plastica riciclata.
Migliorare il riciclo
Quanto emerso finora è stato sintetizzato in una serie di raccomandazioni per i diversi protagonisti. Per migliorare il riciclo della plastica del packaging alimentare si deve:
- Dare vita a situazioni precedenti la messa in commercio in cui le organizzazioni coinvolte nella filiera alimentare circolare possano lavorare insieme, per condividere problemi e pratiche migliori, e contribuire così a promuovere l’innovazione nel packaging sostenibile;
- L’approccio più semplice al riciclaggio, basato sul buon senso, al centro anche dell’On-Pack Recycling, richiede uniformità nelle raccolte e negli impianti di riciclaggio per diminuire molto la confusione;
- I produttori devono progettare imballaggi utilizzando texture o colori specifici, per rendere l’imballaggio più evidente ai consumatori;
- I consumatori devono prestare maggiore attenzione al packaging alimentare che acquistano;
- I consumatori devono differenziare, lavare e schiacciare i rifiuti domestici per risparmiare spazio, ridurre l’impronta di carbonio durante il trasporto e aumentare la possibilità di un uso secondario;
- Le famiglie devono controllare regolarmente le linee guida del proprio comune e prevenire la contaminazione tramite il “wishcycling”.
Probabilmente in Italia si giungerebbe a risultati non troppo diversi, perché i problemi sono gli stessi: disomogeneità delle indicazioni e delle filiere, informazioni poco chiare, eccesso di packaging. E i consigli sono validi anche per la situazione italiana.
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Giornalista scientifica
Mi sono trovato spesso in difficoltà nel momento di dividere i rifiuti e il motivo è sempre lo stesso. Diciture troppo piccole e spesso difficili da individuare sulle confezioni. Anche la chiarezza in tanti casi lascia molto a desiderare. Per il consumatore sarebbe essenziale trovare un riquadro molto ampio e che sia subito individuabile con la semplice indicazione di Plastica o Carta. Purtroppo nella maggior parte dei casi le informazioni sulla confezione riguardanti il riciclo sono troppo piccole e del tutto marginali rispetto alla confezione. Il risultato è che spazientiti spesso si ricicla male o non si ricicla affatto soprattutto da parte di persone anziane.
Articolo estremamente interessante. Sia perché pone il problema del complicato rapporto che c’è tra il consumatore e le corrette pratiche di smaltimento e differenziazione dei rifiuti plastici sia perché ci ricorda che il lavoro di ricerca e di applicabilità di materiali alternativi alla plastica è tutt’altro che concluso.
Non solo, c’informa – ed è rara questa informazione – che CoRePla ci solleva dall’onere di lavare i rifiuti plastici prima di smaltirli nell’apposito sacco/contenitore.
Rallegra sapere che il serio problema delle diverse composizioni dell’imballaggio – che ostacolano il lavoro di riciclo negl’impianti – è in fase di valutazione e ricerca anche sotto l’aspetto pratico del consumatore: sigle/siglette/marchi/stampini/etichette del punto vendita/incisioni in angoli remoti dell’imballaggio ecc.ecc. rendono difficile orientare il proprio comportamento, ma soprattutto evitare degli errori grossolani.
Vi è ancora molto da fare. Anche in termini di formazione del personale preposto alla raccolta e differenziazione. Mi è capitato più di una volta di ricevere risposte ambigue dal call center della mia ditta di raccolta rifiuti, che ha un numero verde dedicato alla corretta differenziazione dei rifiuti.
Ora, un consiglio. Alcune volte l’imballaggio puzza, o andrà a puzzare. Avendo l’accortezza di non gettare i sacchetti di plastica usati per congelare o per la spesa si possono usare questi per richiudere l’imballaggio puzzolente con il suo fermaglio di plastica (è compatibile con la plastica). Così da evitare spreco d’acqua e contaminazione del lavello e parti circostanti.
Infine, una domanda: ma perché nell’ elenco “Per migliorare il riciclo della plastica del packaging alimentare si deve:” c’ė scritto che il rifiuto va lavato quando appena sopra viene riportato l’autorevole parere di CoRePla?
tra le tante “unificazioni dei criteri” questa è forse la più necessaria!
Argomento molto interessante,ho sentito alla radio che il metodo migliore per aiutare il riciclo delle bottiglie di plastica che hanno il codice a barre su l’etichetta, oltre il nr.nel triangolo che identifica l’esatta tipologia di plastica che si sta smaltendo, bisogna non schiacciare o accartocciare la bottiglia, ma piegarla in 2 parti o anche di più se sono più grandi, oppure confezioni come le ricariche di detersivi, lasciando sempre evidente il numero e il codice a barre, altrimenti in fase preliminare prima del riciclo, devono aprire (che non è facile)di nuovo la bottiglia e fare in modo che passi sotto il lettore ottico, è stata un intervista a uno dei più grandi gruppi di riciclo italiano che ha fatto presente questa procedura che se tutti la usassimo faciteleremo il loro compito di riciclo della plastica che è sempre più in aumento,mi dispiace non ricordare il nome dell’azienda, ma è una delle più grandi d’Italia.