Agricoltore in un campo di grano duro o grano tenero maturo campi agricoltura coltivazione campagna natura sostenibilità

La produzione italiana di grano duro non è sufficiente per garantire consumi nazionali ed esportazione, ma il grano estero non è un problema. L’importante è garantire la qualità del prodotto, che rende la pasta italiana famosa e apprezzata nel mondo. Questa, in sintesi, la posizione di Vincenzo Martinelli, Presidente della Sezione Molini a frumento duro di ITALMOPA (associazione industriali mugnai d’Italia), cui abbiamo chiesto di fare il punto sul tema, chiarendo gli interrogativi sollevati da recenti polemiche, a partire da una curiosità: perché è solo il grano duro a essere al centro dell’attenzione?

“In realtà il problema si ripresenta negli stessi termini per il grano tenero: ne importiamo il 50/60% del fabbisogno, contro il 40% del grano duro con cui si fa la semola che serve per la pasta, – spiega Martinelli. – In effetti, c’è più attenzione per la pasta che per il pane, anche perché il 60% circa della pasta prodotta in Italia è destinata ai mercati esteri ed è una voce importante della nostra bilancia commerciale”.

La pasta italiana è molto apprezzata nel mondo.

“Sì, anche se ci sono altri Paesi esportatori, per esempio la Turchia domina sul mercato africano. Però bisogna ricordare che la pasta italiana è la sola che per legge (legge 580 del 1967) può contenere solo grano duro”.

Quanto pesa il lavoro dei mugnai sulla qualità della semola?

“Lo sforzo è sempre stato quello di incontrare la soddisfazione dei pastifici:  il capitolato di acquisto della semola contiene i parametri richiesti, come il colore o il tenore proteico, ossia la quantità di glutine presente. La legge 580 stabilisce alcuni parametri, tra cui un contenuto minimo di proteine di 10,50, ma anche la percentuale di ceneri o di contaminanti. L’abilità del mugnaio consiste nel trovare, nel mondo, i grani che permettono di ottenere le caratteristiche richieste”.

Pasta integrale tipo fusilli in una ciotola azzurra, su una tovaglietta grezza
Solo in Italia la legge stabilisce che la pasta possa essere prodotta solo con semola di grano duro

Ci sono però anche aziende che scelgono di produrre pasta con il 100% di grano duro italiano.

“Sì, anche se in qualche caso, per esempio con il raccolto dello scorso anno, questa scelta ha imposto di modificare alcuni parametri, a causa della scarsa qualità del grano dovuta alle condizioni climatiche. Quest’anno invece sembra proprio che il grano duro, che in alcune regioni si sta già raccogliendo, sia di ottima qualità. In ogni caso, il grano italiano viene utilizzato tutto, anche se non è necessariamente il migliore”.

Ma non è sufficiente a soddisfare le richieste del mercato?

“Il fabbisogno di grano duro in Italia per il consumo interno e per le esportazioni è di 6,5 milioni di tonnellate. Ne produciamo circa  quattro milioni di tonnellate. Questo vuol dire che dobbiamo importare 2,5 milioni di tonnellate di grano dall’estero pari a circa il 40% altrimenti non potremmo vendere un solo spaghetto e metteremmo in crisi aziende e lavoratori”

Qual è la provenienza del grano duro con cui si produce la pasta, e come possono verificarla i consumatori?

“In base alle indicazioni sulle confezioni: la pasta in vendita può essere realizzata con 100% grano italiano, o prevalentemente con grano italiano se ne contiene almeno il 51%, oppure con grano di provenienza dell’Unione Europea o di Paesi extra UE, come Canada, Australia, Stati Uniti, Turchia o anche Russia. Lo scorso anno la Russia è stata al secondo posto tra i Paesi da cui abbiamo importato, preceduta dalla Turchia. Mentre dal 1° luglio, le importazioni sono destinate a fermarsi a causa dei dazi che saranno imposti sul grano proveniente da quel Paese”.

A questo proposito, l’invasione dell’Ucraina ha influito, e come, sulle esportazioni di grano duro?

“In realtà l’Ucraina produce soprattutto grano tenero, mentre per quanto riguarda la Russia fino ad ora non c’erano sanzioni, anche se per un periodo è stata la Russia stessa a bloccare temporaneamente le esportazioni verso l’Europa”.

Lavoratore agricolo che esamina le spighe di grano in fase di maturazione in un campo coltivato, primo piano della mano maschile che tocca le colture, messa a fuoco selettiva
Lo scorso anno la Russia è stato il secondo Paese da cui abbiamo importato grano duro, perché non c’erano sanzioni

Ultimamente però nel mirino degli agricoltori c’è soprattutto il grano canadese.

“Il Canada è il maggiore esportatore di grano al mondo, e in quel Paese anche per ragioni climatiche viene utilizzato il glifosato, su cui si accentrano molte polemiche. Ma questo erbicida è utilizzato anche in Italia e in molti altri Paesi: vorrei anzi ricordare che sono stati proprio gli agricoltori italiani a intervenire presso l’Unione Europea perché l’autorizzazione a utilizzarlo fosse prorogata. L’associazione tra grano canadese e glifosato è strumentale, anche se è vero che in Italia, per ragioni climatiche, il glifosato non è utilizzato nel periodo del pre-raccolto mentre in Canada sì. Ma i consumatori sono tutelati dalle normative europee che fissano dei limiti molto bassi per la presenza di queste sostanze: le tracce di glifosato nel grano non possono superare le 10 ppm (parti per milione) e tutti i controlli fatti mostrano che nel grano canadese la percentuale è davvero irrisoria, intorno a 0,05 ppm”.

Si dice anche che le importazioni impongano ai produttori italiani prezzi troppo bassi…

“Secondo il mondo agricolo si dovrebbe pagare il grano italiano il doppio di quanto viene pagato nel resto del mondo, con la conseguenza di far pagare il doppio la pasta ai consumatori: i prezzi non possono essere imposti, ma nascono dall’incontro tra la domanda e l’offerta. Non dimentichiamo poi che negli ultimi anni il prezzo del grano duro è aumentato sensibilmente, e non è detto che quello importato sia più economico del grano prodotto in Italia. La strada giusta non è bloccare le importazioni, ma lavorare per migliorare la qualità del prodotto”.

Il grano importato è costantemente controllato, e recentemente ci sono stati dei controlli straordinari. E quello italiano?

“È importante intanto sottolineare che la task force chiamata a controllare il grano importato non ha rilevato anomalie. Quanto al grano italiano, è controllato a campione dalle ASL – diciamo che rispetto al grano estero i controlli sono uno su cento – e se emergono parametri non conformi è destinato all’alimentazione animale. Mentre è relativamente facile sapere quanto grano importiamo, la produzione italiana è molto frammentata e il monitoraggio è complesso, anche se le cose potrebbero cambiare grazie al registro telematico Granaio Italia, che entrerà in vigore dal prossimo anno proprio per monitorare le produzioni nazionali. Ma non dimentichiamo che anche le aziende investono per controllare il prodotto attraverso laboratori interni ed esterni: più controlli ci sono, per garantire la qualità del prodotto finale, meglio è. Adesso ci stiamo attivando anche per dare premi di produzione in base alla qualità”.

E per quanto riguarda i consumatori, come possono valutare la qualità del prodotto?

“Negli ultimi anni in tutti i Paesi sono stati fatti molti sforzi per migliorare la qualità del grano, in più i consumatori sono tutelati dalle normative italiane ed europee. La pasta italiana nel suo complesso è di ottima qualità, i nostri prodotti sono i migliori al mondo e i più sicuri perché seguiamo le leggi europee che sono le più rigorose: poi, ci sono paste che contengono fino al 14 % di proteine, e hanno un prezzo più elevato”.

© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos

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gianni
gianni
19 Giugno 2024 21:31

https://ilfattoalimentare.it/glifosato-francia.html
————————in base a uno studio del 2021 solo l’1% del glifosato ( ingerito ) è escreto con le urine. Il che significa che nell’organismo dei francesi, come in quello di buona parte dei cittadini del mondo intero, ce n’è molto di più.——————–

E non appare evidente e intuitivo (??????) che aggiungendone continuamente altre piccole dosi le cose andranno a peggiorare, domanda da rivolgere ai normalizzatori………..

Infatti da altro studio risulta che negli ultimi due decenni il tasso di presenza del glifosato è raddoppiato nelle urine degli statunitensi, adulti e bambini .

La scienza poi, dopo aver bocciato tutte le formulazioni esistenti a causa di altri componenti tossici complementari, si è inventata lo studio sul glifosato puro, mai usato singolarmente sul campo, per cercare di dimostrare il male minore.

Infine ci manca da morire l’intervista con qualche papavero della B. che possa esprimere il suo sdegno perchè debbono spendere più in cause legali, spesso sfavorevoli e dolorose, che in ricerca e sviluppo……..dato che il dividendo degli azionisti è intoccabile e vera ragione aziendale, quello è incomprimibile.
oppure di qualche direttore di pastificio italico poi le avremo sentite tutte…..per la gloria degli esportatori e qualche euro in più.

Naturalmente oggi e domani va tutto bene così ovviamente.

Paola Cicerone
Paola Cicerone
Reply to  gianni
20 Giugno 2024 10:27

Nessuno dice che non esista un problema glifosato ( anche se i dati sulla cancerogenicita non sembrano essere particolarmente allarmanti) , però è un problema che riguarda l’agricoltura nel suo complesso, non solo il grano e in particolare non il grano di importazione che è il più controllato.

gianni
gianni
20 Giugno 2024 12:25

Appunto, si dice ma non si prende posizione ferma e andiamo spensieratamente verso il burrone come con i PFAS, nanoplastiche e altri nanomateriali e innumerevoli altri argomenti che non bucano la coscienza etica.
Le contestazioni ci sono ma si fa spallucce come se riguardasse qualcun altro, sempre e soltanto perchè è scomodo cercare di risolvere veramente.

Paola Cicerone
Paola Cicerone
Reply to  gianni
20 Giugno 2024 14:57

Non mi pare che questo commento aggiunga molto in termini di contenuti. Lei cosa propone di fare?

gianni
gianni
20 Giugno 2024 21:20

La sua prima replica indica chiaramente molte convinzioni come minimo controverse, si ammette il problema ma minimizzando gli effetti e le vorrei ricordare che in realtà le responsabilità oggettive sono molto ben definite, qualcuno bara…. qualcuno, pochi, si oppone ….e il resto sono pecore fiduciose.
Proprio come per i Pfas, le nanoplastiche, gli interferenti endocrini e altre diavolerie le regole valgono meno e gli allarmi vengono presi sottogamba, dai regolatori e stampa compiacentemente allineata, argomenti troppo grassi per seguire le normali regole.

Per essere chiaro una cosa che non so fare è tacere di fronte a chi imbroglia sugli effetti delle sostanze che ci vende, lucrandoci abbondantemente sopra e avvelenando il mondo volenti o nolenti.
Soprattutto su questo ultimo aspetto mi si rivoltano le budelle, voglio dire se uno si vuol suicidare libero di farlo ma così si danneggia tutto il creato.

Cosa si fa? come lei ebbe a dire circa 11 anni fa nella presentazione di un libro le cose sono molto più facili da fare di quello che sembra……dare un equilibrato esempio di comunicazione è molto più facile di quanto sembri…….dando per esempio più voce a chi è contrario a sostanze e sistemi di coltivazione o in alternativa essere molto più critici e incisivi nelle interviste e nei commenti a margine delle dichiarazioni degli intervistati mostrando di sapere che esiste anche il lato nascosto delle situazioni…….ecco quello che si dovrebbe fare, secondo me.

giova
giova
Reply to  gianni
9 Luglio 2024 17:50

Al di là dei toni, che purtroppo aggiungono poco alla situazione allarmante ben descritta, non possiamo fingere di non sapere.
Ribadirlo e ribadircelo è utile, perchè lontano da essere ripetizione, le parole sono frutto di pensiero, mai uguale e sempre in evoluzione come il sapere e la scienza.
Abbiamo forse parlato poco della riconferma all’uso del glifosato da parte dell’UE …

Maurizio
Maurizio
21 Giugno 2024 08:13

Il grano duro italiano è, come tutte le materie prime agricole, diverso da stagione e stagione in base al clima, alla piovosità, alle scelte delle varietà seminate e al tipo di terreno. Questo non è un valore ma diventa un problema per le lavorazioni industriali che ne conseguiranno.
L’industria ha bisogno di uno standard costante e non contestabile dai propri clienti abituati a colore, consistenza che riporti quello standard a quel marchio.
Il grano duro canadese è la correzione dei nostri grani e mette d’accordo molini e pastifici oltre a fare da livellamento ai prezzi dei nostri grano duri che troppo dipenderebbero alla fonte dalle produzioni e dai ritmi di ritiro dei molini.
In Canada il grano duro varietà manitoba ha cicli biologico diverso dai nostri grani e non riesce a chiudere la maturazione vegetativa con il naturale aumento delle temperature che porta , in Italia, a trebbiare ad inizio estate, per cui viene trattato con glifosato che ha pochi giorni di carenza ( periodo previsto per legge dal trattamento chimico alla possibile raccolta) , essiccato in campo in pochi giorni e trebbiato. Questo comporta anche la possibilità di deciderne l’umidità e di abbassarla quanto basta per trasportarlo per settimane nelle stive delle navi con le minori perdite possibili per fermentazioni.
L’effetto e le conseguenze del glifosato è sotto gli occhi di tutti. La commissione incaricata europea ha da poco rinnovato alla multinazionale che la detiene la licenza per continuare a produrlo.

Roberto La Pira
Reply to  Maurizio
21 Giugno 2024 10:00

Il suo è un bel discorso, ma i controlli che vengono fatti dalle autorità sanitarie ai porti di arrivo negli ultimi anni non hanno portato a riscontri negativi per il grano canadese per quanto riguarda il glifosato. Di cosa stiamo parlando ?

AndreaD
AndreaD
Reply to  Maurizio
24 Giugno 2024 13:59

1) Curiosità ma il Manitoba non è un grano tenero? quindi non può essere usato nel grano duro!
2) Il Grano Manitoba costa il 25/30% in più del grano Italiano (verificabile nei siti delle granarie il listino) quindi il livellamento non è al ribasso del prezzo.
3) I campi di manitoba in Canada hanno estensioni grandi e per uniformare la maturazione, semplificare il taglio della spiga bassa che così risulta secca.
4) Mi permetto di far notare che la quantità di residui dipende dalle quantità e modalità utilizzate dagli agricoltori.

Informazioni sui residui: https://www.canada.ca/en/health-canada/services/environmental-workplace-health/reports-publications/environmental-contaminants/human-biomonitoring-resources/glyphosate-in-people.html

gianni
gianni
21 Giugno 2024 13:31

Stiamo parlando di regole, regolatori e long-covid cerebrali.

Voi esprimete le vostre convinzioni poi chiedete un mio parere e io ve lo scrivo.

Ma se sono contrario rispondete piccati o non pubblicate… un vostro esperto fa lo spiritoso ma non gli si può rispondere a tono?

Quindi comprendiamo anche la libertà di protestare , in questo caso perchè abbiamo il glifosato in cielo in terra e in ogni luogo, anche chi è convinto faccia male, se mi permette con diverse prove documentate.

Volete negare che i pesticidi, gli interferenti endocrini, le nanoplastiche, i pfas sono bellamente ignorati e/o sottovalutati dalle auree regole che osannate così tanto?
Quanto sono efficaci le vostre sacrosante regolette?
Bene, sappiate che nelle formulazioni del glifosato ci sono tutte.
Un bradipo poi vincerebbe gare di velocità in confronto ai regolatori nel bandire sostanze pericolose, ma voi volete convincerci? di cosa?

Sandro kensan
21 Giugno 2024 16:17

Dalla risposta dal rappresentate dei mugnai non si capisce ma il limite di legge per il glifosato è o era (forse è stato abbassato?) di 10 mg per kilogrammo di grano. Ovvero 10 mila microgrammi per kg di pasta. Queste quantità, ovviamente, non vogliono dire nulla se non che per i PFAS le quantità limite sono:

«Sottolineandone la pericolosità, l’Iss indicava parametri di 0,030 microgrammi (30 nanogrammi) per litro nel caso del Pfoa, l’acido perfluoroottanoico e di 0,065 microgrammi (65 nanogrammi) per litro per il Pfos, l’acido perfluoroottanosolfonico.»

e per i pfas i limiti sono da diverso tempo sempre in diminuzione. Quindi il limite per il glifosato non è detto che sia un numero piccolissimo, dipende dalle scoperte scientifiche e mediche che ci saranno. I PFAS (che sono interferenti endocrini) hanno il limite che è una quantità infinitesimale rispetto a quella del glifosato.

Inoltre: «Un nuovo studio condotto da un gruppo di ricercatori tra cui Fiorella Belpoggi dell’Istituto Ramazzini di Bologna conferma quando già era stato messo in evidenza con le cavie: anche negli umani il glifosato agisce come interferente endocrino in caso di esposizione durante la gravidanza.»

Se anche il glifosato fosse un interferente endocrino allora sarebbe attivo anch’esso in quantità piccolissime, al livello degli ormoni che in quantità di tracce regolano il funzionamento del corpo umano. Se poi si accumulasse nel corpo sarebbe un disastro come si sospetta per i PFAS. Ma comunque prima occorre dimostrare tutto questo.

Roberto La Pira
Reply to  Sandro kensan
22 Giugno 2024 09:01

L’assenza di residui di antiparassitari o di trattamenti chimici si ha solo acquistando prodotti provenienti da agricoltura biologica.

gianni
gianni
23 Giugno 2024 17:53

Due ultimi commenti interessanti.

Riguardo al primo e alla conclusione che le accuse devono essere provate, grazie per la citazione del Ramazzini ma non è l’unico…..
https://gmoresearch.org/it/gmo_article/glyphosate-and-the-key-characteristics-of-an-endocrine-disruptor-a-review/
——Concludiamo che il glifosato soddisfa almeno 8 KC di un EDC, tuttavia, sono ancora necessari studi prospettici di coorte per chiarire i reali effetti nel sistema endocrino umano.——–
Dovrebbe a logica anche essere provata la non pericolosità in fase di approvazione, ma va bene è successo 50 anni fa passiamo avanti, e le revisioni in caso di forti dubbi dovrebbero agire molto diversamente dal tergiversare lasciando andare avanti gli affari come al solito.
Prima si ignorano gli effetti di una sostanza concentrandoci solo sul valore venale del prodotto poi si nascondono le prove, poi ancora si perde tempo con mille argomenti pretestuosi, contando le virgole e i decimali, se non fosse grave sarebbe ridicolo.

Le prove accusatorie ci sono signor Sandro ma rimangono inascoltate, contemporaneamente si lascia incancrenire la situazione, tra poco cesserà ogni distinzione in quanto il prodotto sarà presente ovunque, invitato o no, riportato in giro in mille modi diversi e la discussione sarà solo aria fritta inutile, ammesso che sia ancora possibile un contenimento.
Così è per le particelle di plastica, per i Pfas e altro ancora o non vi accorgete che non sono incidenti di un percorso virtuoso??????

Riguardo al secondo ….. preoccupandovi degli affari dei pastai e delle industrie in generale siete disposti a continuare a tenere spalancate le porte ad un interferente endocrino per mantenere in altro il prestigio italico? Guardatevi intorno e ditemi se notate qualcosa di strano a proposito di equilibri ormonali………
Non meravigliatevi quindi se il confronto continuerà.

valentina
valentina
9 Luglio 2024 09:28

Sono d’accordo con l’articolo in quanto l’importante è che la pasta abbia standard alti di qualità che sia fatta con grani che non portano in se un’agricoltura che fa uso di fito farmaci proibiti per la salute . L’italianità è un concetto astruso visto che la pasta non è nemmeno un prodotto che ha origine nel nostro paese, come il pomodoro arrivato dalle americhe, come la polenta fatta con il mais.

giova
giova
9 Luglio 2024 17:58

Due aspetti toccati dall’intervistato mi hanno suscitato delle perplessità:
1) se anche il grano italiano fosse pagato il doppio il costo della pasta non potrà mai essere il doppio, considerato che se ne usa meno della grammatura totale, e che i costi racchiudono altri aspetti molto più incidenti sul prezzo finale.
È anche probabile che il riconoscimento di un prezzo equo alla fonte possa incentivare nuove produzioni di grano italiano.
Oltrechè naturalmente concorrere – sul piano sociale – alla riduzione della schiavitù nei campi e al caporalato.
2) i controlli sul grano estero sono uno a cento rispetto a quelli effettuati sul grano italiano. E’ un dato che mi stupisce per l’enorme differenza di trattamento ….