Ogni sera in televisione si vedono decine di spot che promuovono i prodotti dolciari Ferrero. Si tratta di una valanga di messaggi pubblicitari supportata da un investimento di circa 120 milioni che l’azienda di Alba, secondo i pochi dati a disposizione diffusi nel 2021, investe all’anno in pubblicità. Al secondo posto troviamo Barilla con 100 milioni circa, cifra che però comprende gli spot della pasta (Barilla e Voiello) e quelli dei marchi Mulino Bianco e Pavesi. A seguire nella classifica ci sono Nestlé e le catene di supermercati Conad e Lidl, con valori che oscillano dai 32 ai 40 milioni. Purtroppo non ci sono dati precisi sul budget degli spot tv perché le aziende non comunicano volentieri l’ammontare dell’investimento.
Decine di spot Ferrero ogni sera
Visto l’ammontare finanziario di Ferrero è inevitabile imbattersi ogni sera nella pubblicità dei prodotti dell’azienda di Alba, anche se non sempre lo spettatore se ne rende conto perché i marchi che fanno capo all’azienda di Alba sono numerosi. L’elenco comincia con Nutella seguita dai boeri Mon Chéri e dai Pocket Coffee.
Poi c’è la gamma degli ovetti Kinder grandi e piccoli pubblicizzati in maniera massiccia a Pasqua e a Natale. Un capitolo a parte è quello delle merendine Kinder declinate in svariate ricette, a partire da quelle nel banco frigo come Fetta al latte, Paradiso, Pinguì… Poi ci sono quelle lievitate, più per il mattino, come Kinder Colazione Più, Brioss e Delice, e le merendine per il pomeriggio come Kinder Bueno, Tronky e Duplo. Come dimenticare poi Festa, la merendina per i “grandi”. In fondo alla lista ci sono i confettini Tic Tac e i bicchieri di Estathé. Si tratta di nomi conosciuti da tutti proprio perché l’investimento pubblicitario è massiccio e persistente.
Prodotti ricchi di grassi, sale o zucchero
L’elemento comune ai prodotti Ferrero è che rientrano nella categoria del cibo ricco di grassi, sale o zucchero (HFSS) classificato come ultra processato, perché ottenuto con numerosi ingredienti e frutto di una lavorazione industriale elaborata. In commercio ci sono molti altre aziende che propongono snack, dolci e merendine con queste caratteristiche, ma la differenza è che i prodotti Ferrero sono supportati da una valanga di spot per cui i nomi rimangono ben impressi nella mente delle persone, soprattutto dei bambini.
Purtroppo non esistono dati sul numero di messaggi promozionali diffusi ogni anno dalle aziende alimentari su questi prodotti. Una cosa però è certa. La valanga di spot che promuove questo tipo di cibo contribuisce a supportare le abitudini alimentari scorrette, sopratutto fra i bambini e ragazzi, e si inserisce in un contesto sociale da molti ritenuto obesogeno. D’altro canto i dati riferiscono di una popolazione italiana dove quasi il 30% dei bambini e dei ragazzi è considerato obeso o in sovrappeso (*).
Restrizioni alla pubblicità rivolta ai bambini
Per cercare di rallentare il dilagare di sovrappeso e obesità, in particolare nella fascia di età dei più piccoli, alcuni Paesi, come ad esempio Regno Unito e Spagna, hanno adottato normative che limitano la diffusione di messaggi promozionali di prodotti alimentari ricchi di sale, zucchero e grassi. È infatti dimostrato da diversi studi che questo tipo di pubblicità spinge bambini e ragazzi a mangiare più cibo spazzatura, servono quindi limiti più severi. A chiedere regole severe alla Commissione europea è anche l’organizzazione europea dei consumatori Beuc, con 10 membri di varie nazioni, tra cui Altroconsumo, dopo aver denunciato con un’indagine che l’autoregolamentazione in materia di spot adottata dall’industria alimentare per quanto riguarda cibi poco sani, non è sufficiente.
Non tutti però la pensano così. C’è chi sostiene che l’obesità è così diffusa perché i giovani fanno poco movimento. Si tratta di un punto di vista per certi aspetti simile a chi sostiene che non è il consumo di caramelle e dolciumi a favorire le carie, ma il fatto che le persone non si lavano spesso i denti.
(*) L’Italia risulta ai primi posti in Europa per quanto riguarda la percentuale di bambini obesi o in eccesso ponderale. I dati raccolti tramite il sistema di sorveglianza di Epicentro OKkio alla Salute evidenziano che nel 2019 quasi il 30% dei bambini italiani era in sovrappeso o obeso. Più nel dettaglio, nell’ultima edizione della rilevazione, in tutta Italia sono stati presi in considerazione oltre 50 mila bambini e bambine della terza classe della scuola primaria. Quelli giudicati in sovrappeso sono complessivamente il 20,4%, mentre gli obesi rappresentano il 9,4%, con una lieve prevalenza dei maschi in quest’ultima fascia.
© Riproduzione riservata
Siamo un sito di giornalisti indipendenti senza un editore e senza conflitti di interesse. Da 13 anni ci occupiamo di alimenti, etichette, nutrizione, prezzi, allerte e sicurezza. L'accesso al sito è gratuito. Non accettiamo pubblicità di junk food, acqua minerale, bibite zuccherate, integratori, diete. Sostienici anche tu, basta un minuto.
Dona ora
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Penso che l’articolo lasci un po’ il tempo che trova. Nessuno nega che siamo bombardati da spot pubblicitari di prodotti Ferrero (come di quelli Mulino Bianco, McDonalds e qualsiasi altro tipo di “Junk Food”). In ogni campo, anche in quello non alimentare, si è bombardati.
Tuttavia, ritengo che il problema principale sia l’educazione dei figli. Purtroppo, i genitori moderni tendono ad assecondare ogni desiderio dei figli per accontentarli o farli stare “buoni”. Questo comprende anche il comprare le merendine tanto desiderate dai figli.
Ovvio che il bambino vede la pubblicità e vuole la merendina (come il giocattolo, il videogioco ecc.). Sta poi al genitore, negare o concedere tutto questo. I genitori hanno tutti i mezzi a disposizione (etichette, internet) per capire se un prodotto è sano o meno, e quindi di conseguenza regolare l’alimentazione dei figli.
Questo modo di ragionare sposta la responsabilità dal mondo della produzione all’ambito familiare. Non è proprio così. La capacità di penetrazione del messaggio pubblicitario quando è così massiccio è impressionante, per questo in molti Paesi ci sono forti limitazioni.
Non posso che concordare totalmente con il pensiero esposto in modo chiaro dal signor Pietro quando dichiara che i desideri alimentari dei bambini nn devono essere assecondati sempre e comunque dai genitori acquistando loro delle merendine con l unico fine di calmarli o mantenerli “buoni “.
Anche io come il signor Pietro ho studiato Marketing (nn attuato nel campo alimentare però )e conosco benissimo il potere condizionante e martellante che assume uno spot pubblicitario,ma .e ‘bene che i genitori vengano informati che bimbi sin da piccoli apprendono tramite i l osservazione,l emulazione e il gioco ,sono come delle spugne ,assorbono davvero di tutto con molta facilità e faranno proprio ogni esempio positivo o negativo che i genitori assumeranno in famiglia.
Sono I genitori quindi i primi educatori
che plasmeranno il loro carattere ,il loro temperamento ,ma anche la loro volontà, e dipenderà quindi principalmente e solo da loro fornire il primo e giusto “imprinting “!
Con i bambini bisogna in primis parlare e giocare molto , bisogna cercare di coinvolgerli in attività sportive e ludiche sane,bisogna trovare tempo da dedicare solo x loro .In questo modo i bimbi si terranno il più lontano possibile da eventuali scelte sbagliate, nn dimenticandosi mai però che i genitori dovranno fornire loro delle spiegazioni ,motivando ogni scelta effettuata dalla mamma o dal papà e che apparentemente potrebbe nn incontrare il favore del piccolo .
L’articolo non “lascia il tempo che trova”, affatto: al contrario è preciso opportuno e coraggioso. Non mi sogno di aggiungere nulla, solo chiedo al lettore che minimizza l’efficacia massiccia e capillare della presenza pubblicitaria poiché tutto dipenderebbe dalle scelte personali/familiari: per quale motivo allora da decenni sono stati vietati gli spot e le pubblicità alle sigarette? Perché è risaputo che il martellamento continuo condiziona e orienta le scelte e i comportamenti, anche quando si tratta di prodotti tutt’altro che salubri: in tv le famigliole felici – e magrissime – che si ingozzano di grassi e zuccheri funzionano eccome, altrimenti ad Alba non ci spenderebbero certo ben 120 milioni/anno.
Salve.
Ovviamente non nego che funzionino gli spot. Anzi, so benissimo che è così, ho fatto anche esami di marketing nell’industria alimentare.
Tuttavia, il soffermarsi solamente sul “Riduciamo le pubblicità delle merendine”, sia errato. La questione è molto più complessa. Sono d’accordo sul ridurre le pubblicità, ma ritengo che questa riduzione non possa portare da sola alla riduzione del problema dell’obesità.
Questa riduzione dovrebbe essere anche accompagnato da una adeguata campagna informativa sulla cultura alimentare.
Purtroppo questo stato, su questo, fa poco. Basti vedere che negli ultimi mesi la Barilla ha fatto una serie di spot informativi rivolti ai consumatori. Non lo stato italiano. La Barilla.
La mia non voleva essere una polemica, ma solo una provocazione, per non fermarsi ad un solo aspetto della questione, estremamente complessa e radicata.
Il lavoro per cercare di neutralizzare schemi e messaggi che favoriscono scorretti stili di vita alimentare non riguarda solo la limitazione degli spot, ma anche l’adozione della sugar tax per acquisire fondi da destinare all’informazione alimentare, l’etichetta a semaforo, un’adeguata educazione alimentare nelle scuole, l’istituzione di un’Agenzia per la sicurezza alimentare ….
Esatto Roberto, concordo su tutto. A quello volevo arrivare. I miei commenti nascono dal fatto che nell’articolo non vengono citati tutti questi altri fattori, ma si fa riferimento ai soli spot come se fossero solo quelli a causare il problema.
So bene che lei non voleva far passare questo, ma ho cercato di leggerlo nella maniera più distaccata possibile, immedesimandomi in un consumatore medio che legge il messaggio e non come addetto ai lavori quale sono., e penso sia facilmente fraintendibile.
Ma questo è il mio pensiero. E allo stesso tempo rispetto moltissimo il suo, è sempre bello creare tali discussioni, perchè alimentano un dibattito sano.
Signori. Nessun limite. Nel nostro paese (nazione?) chi ha più potere determina e indirizza il mercato . Qualsiasi tentativo di regolamanentazione (anche per favorire la concorrenza) viene considerato “iilliberale”. In generale è la pubblicità che è aumentata esopnenzialmente, grazie al digitale terrestre (altro far west) e ai tanti inutili canali fatti apposta per veicolare spot La libertà in Italia significa fare quello che si vuole (usando un eufemismo). Chi grida di più ha ragione. Il popolo guadente, plaude, consuma e non si fa troppi problemi, anzi va in soccorso del vincitore. Sempre. Ferrero rispetto ai rivali ha soldi da investire per queste campagne (in tutta Europa).
Per me possono fare quanta pubblicità vogliono ma compro quello che serve. Mi entra da un orecchio esce dall’altro. La pubblicità Ferrero utilizza spesso anche dei bambini. Se non mi sbaglio, c’era una norma che limitava la loro presenza.
La pubblicità, così suggestiva con scene di famiglie con genitori e figli felici grazie ai prodotti Ferrero, induce i bambini a volerli. Se non erro, una volta non era proibito usare i bambini negli annunci pubblicitari? Bisogna educare i genitori e indurre le industrie dolciarie a essere più responsabili. Dovrebbero essere emanate norme per limitare il consumo di dolci e per informare i consumatori inconsapevoli dei rischi di un’alimentazione scorretta.
La presenza dei bambini nella pubblicità dei prodotti alimentari non è regolamentata. Ci sono delle limitazioni per quanto riguarda il latte artificiale che si da’ ai neonati
Prima di tutto bisognerebbe proibire di usare minorenni nelle pubblicità. Genitori e figli vedono i bimbi/attori felici con il prodotto in mano e ne vengono troppo influenzati.
Poi tutti sanno che la Ferrero usa l’olio di palma il più economico e probabilmente il meno adatto.
Condivido quanto esposto da @Gina e da @Pietro. Ma riconosco che, in una visione più ampia e sistemica, non si può fare a meno degl’interventi politici (l’Agenzia per la sicurezza alimentare) sociali (l’educazione e l’informazione alimentare) e regolamentatori (la pubblicità) proposti da @La Pira.
Ovviamente, il mio punto di partenza è preciso. Mi riferisco all’art.41 della Costituzione: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali [cfr. art. 43].”.
Aggiungo una provocazione, se mi è concesso: perchè il Ministero (Salute? Istruzione? Presidenza del Consiglio?) non inonda i canali pubblicitari di messaggi per promuovere il consumo di merende a base di frutta o vegetali? Mele, carote, banane, sedano e chi più ne ha più ne metta …
Mi pare sia da qualche decennio che, non solo a livello accademico e del ristretto mondo degli esperti, si sottolineino i problemi causati da un abuso/consuetudine di certi cibi.