La pubblicità del cibo spazzatura destinata ai più giovani è pervasiva e si serve di molteplici strumenti, oltre a quelli più tradizionali come la televisione o la cartellonistica. La rete, nelle sue numerose declinazioni (soprattutto attraverso i social media e le piattaforme video come YouTube), ma anche gli eventi sportivi e musicali sono mezzi altrettanto utilizzati dalle aziende, che hanno moltiplicato le sollecitazioni ad acquistare e quindi a consumare prodotti durante tutto l’arco della giornata. Ora però una grande metanalisi inchioda le aziende alle loro responsabilità, perché dimostra con numeri inequivocabili, che tutto ciò ha un effetto concreto sui consumi dei ragazzi.
I ricercatori dell’Università di Liverpool, nel Regno Unito, hanno infatti analizzato 80 studi (selezionati tra oltre 31mila) che riguardavano l’associazione tra il marketing del cibo poco sano e i possibili effetti sul comportamento alimentare e sulla salute bambini e ragazzi di età compresa tra 0 e 19 anni, escludendo gli studi sulla pubblicità dedicata ai prodotti come il latte in polvere per neonati e quelli meramente qualitativi. In totale, le ricerche analizzate riguardavano più di 19mila soggetti, i cui dati sono stati elaborati da due panel diversi di esperti, che sono giunti alle medesime conclusioni: la pubblicità funziona sempre, per quanto riguarda il condizionamento delle scelte. Infatti, in base a quanto riportato su JAMA Pediatrics, a prescindere dal mezzo (televisione, rete, eventi o altro) il marketing è associato a un aumento del consumo e delle preferenze indirizzate verso gli alimenti a elevato contenuto di grassi, zuccheri e sale, anche se il legame con le vendite di questi prodotti è chiaro solo in alcuni studi.
Meno forti, dal punto di vista statistico, per numero di ricerche condotte e soprattutto qualità metodologica, sono le evidenze della relazione con l’incidenza della carie e con l’andamento del peso e dell’indice di massa corporeo. Emerge quindi la necessità di condurre molti più studi di qualità. Ma, anche, e soprattutto, quella di recepire molto più di quanto non sia stato fatto finora le specifiche linee guida dell’Oms, rimaste quasi del tutto inapplicate. Come sottolineano gli autori, i dati emersi nella metanalisi le rafforzano, e le rendono ancora più urgenti: la pubblicità del cibo spazzatura rivolta ai più giovani va severamente limitata, quando non abolita, in ogni sua forma.
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Giornalista scientifica