Carne di cinghiale al ristorante: da dove arriva?
Carne di cinghiale al ristorante: da dove arriva?
Rossella Ardizzone 24 Aprile 2023In Italia vivono almeno 1,5 milioni di cinghiali nei boschi delle diverse regioni e spesso la loro carne fa parte di ricette tradizionali e di ricercati piatti al ristorante da dove viene? È la domanda che ci rivolge un nostro lettore.
Nei menu di diversi ristoranti si trova spesso la pasta condita con sugo di cinghiale e anche dei secondi piatti appetitosi con questa carne. Ho letto i vostri articoli in cui gli esperti dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) hanno spiegato che ogni anno vengono abbattuti dai cacciatori italiani 300 mila animali. Mi chiedo se una parte dei capi abbattuti rientri in una filiera di approvvigionamento collegata alla ristorazione, o se la carne consumata nei ristoranti provenga da altri Paesi. Francesco
Non ci risulta che in Italia esista una filiera strutturata della carne di cinghiale ottenuta dalla macellazione dei capi abbattuti dai cacciatori. C’è solo un’iniziativa varata un anno fa dalla regione Lombardia che riguarda la carne di cinghiale proveniente dalle battute di caccia programmate per gestire la popolazione di questi animali. Il progetto è il frutto dalla collaborazione tra Regione Lombardia, Metro, IAB, Filiera agricola italiana e Fondazione Una, e dà vita a una filiera corta che si pone l’obiettivo di fornire ai clienti dei ristoranti un prodotto di alta qualità. La carne di cinghiale viene infatti distribuita sul territorio del Nord, dai punti vendita Metro Italia, ed è carne sia proveniente da animali catturati nei Paesi dell’Est sia in minor misura italiana. Quella made in Italy rientra nell’ambito dei programmi di caccia programmati dalle autorità regionali per regolamentare la popolazione e segue un iter certificato nei centri di lavorazione sottoposti a vigilanza veterinaria. La carne è quindi 100% italiana e riporta i marchi “Selvatici e Buoni” e “Firmato dagli Agricoltori Italiani”. Grazie a questa iniziativa il problema dell’eccessiva presenza di cinghiali nel territorio lombardo è stato trasformato in opportunità economica, anche perché si tratta di una produzione ecocompatibile, ottenuta da fonti rinnovabili senza impatto ambientale e a chilometro zero.
La società Metro Italia precisa che nell’ultimo anno nei punti vendita sono state commercializzate circa 20 tonnellate di carne di cinghiale surgelata. Si tratta di numeri importanti considerando che la vendita viene fatta solo in alcuni centri del Nord. Metro precisa che il 70% proviene dall’estero, in particolare dai paesi balcanici dove il cinghiale viene cacciato. La rimanente quota del 30% è italiana ed è frutto degli abbattimenti programmati che vengono fatti in Lombardia e Piemonte per gestire la popolazione dei cinghiali presenti sul territorio. Metro vuole incrementare la disponibilità di materia prima italiana e introdurre il prodotto in maniera più capillare nella propria rete.
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La gestione e il conseguente controllo del numero degli animali su un territorio si attua solo con un piano di sterilizzazione .Si incominci ad utilizzare finalmente la testa e meno i fucili.. Gli abbattimenti autorizzati da autorità regionali, dovrebbero rendere sempre conto ai propri cittadini dei soldi pubblici utilizzati per questa sanguinosa ,quanto lucrosa , gestione territoriale della popolazione dei cinghiali..!!!
Ragionando con la testa:
Come faccio a non sterilizzare anche gli altri ungulati (cervi, caprioli, daini) oltre a non sterilizzare il resto della fauna selvatica?
Costerebbe più soldi pubblici una campagna di sterilizzazione su larga scala gestita da veterinari o regalare della carne di cinghiale e offrire uno sconto sulla licenza di caccia al cacciatore?
Negli USA e in Inghilterra e’ pratica abituale sterilizzare i cinghiali con farmaci specifici riproducibili in mangime..i cinghiali rimangono sterilizzati x 4 anni,ma nello stesso tempo vengono monitorati ..!!
Secondo alcuni esperti la capacità delle campagne di sterilizzazione di colpire solo i cinghiali è debole. Bisogna considerare che con questo metodo altri animali del bosco possono venire a contatto con le sostanze sterilizzanti con un notevole danno per la fauna e l’ecosistema. Sembra poi che queste sostanze dopo qualche mese perdano di efficacia e vadano somministrate nuovamente
Buonasera Dott.La Pira … Come in ogni cosa il rischio deve essere sempre calcolato bene,senza creare ,come giustamente lei dice ulteriori danni ad altre specie animali.. ..Questa però e ”una pratica molto diffusa negli USA il mangime viene infatti offerto in apposite mangiatoie.. Magari qualche ‘mente geniale “potrebbe brevettare ,realizzare e mettere in commercio in tempi brevissimi .mangiatoie tecnologiche che si aprano a distanza ma solo con l arrivo del cinghiale( ma in questo caso la zona dovrebbe essere monitorata da gente esperta per il tempo della somministrazione del mangime..)..Ci vuole solo organizzazione nella vita per affrontare delle sfide ,dopotutto 4 anni di sterilizzazione non è certamente un tempo limitato Se questa pratica l hanno comprovata gli USA ( che non sono certo gli ultimi arrivati) perché non potremmo sperimentarla
anche noi con una piccola aggiunta geniale …??? Non voglio pensare che in Italia si voglia “vincere facile tramite lo sparo dei fucili ‘ piuttosto che “pianificare da esperti una strategia” valida per essere all’ avanguardia …
Grazie per il contributo, la mia sensazione è che questa ipotesi per ora non sia stata prevista dai vari commissari. Vedremo se sci saranno altri contributi
Negli USA non credo abbiano importato il cinghiale dall’est-Europa come è stato fatto in Italia negli anni ’60/’70 il quale, in seguito, si è pure incrociato con i maiali dando origine ai porcastri che ormai spopolano sul nostro territorio.
Inoltre, considerando che l’estro viene raggiunto già durante il primo anno di vita, e che l’aspettativa di vita di un cinghiale si attesta all’incirca sui 10 anni, significa che per ogni esemplare si devono prevedere 3 sterilizzazioni.
Inoltre come farebbe la mangiatoia a riconoscere l’arrivo di un cinghiale?
Ultimo appunto, dato che in natura gli animali sono tutt’altro che scemi: ponendo le mangiatoie per i cinghiali, si potrebbero anche attirare i loro predatori nelle vicinanze; se il capo viene predato poco dopo il pasto sterilizzante, come si fa ad evitare la sterilizzazione del predatore? (o non è un problema rischiare di sterilizzare lupi ed orsi?)
Dato che la sterilizzazione è promossa dal mondo animalista, una piccola digressione sull’utilizzo dei chiusini (altra opzione proposta) scaturita da una conoscenza diretta dei fatti: mi spiegate come sia possibile che venga accettato dagli ambientalisti l’abbattimento del capo una volta catturato, con conseguente stress per il condannato, e venga ritenuto crudele l’abbattimento di quello stesso capo mentre sta grufolando beatamente in un prato?
Sono stati gli spagnoli che hanno importato i cinghiali negli USA nella prima metà del 500… Avendo Un cinghiale selvatico una vita media di circa 10 anni , si servirebbero quindi all incirca 3 sterilizzazioni …Le sembrano troppe…??? Ci vuole solo organizzazione come per tutto nella vita ..Non sarebbe certo la mangiatoia a dover riconoscere l arrivo di un cinghiale ma esperti del settore che a distanza dovrebbero tramite un dispositivo manovrare l apertura solo all arrivo dei cinghiali……Tenga conto che i cinghiali vivono in branchi e difficilmente girano da soli nei boschi..!!!Oggi come oggi abbiamo in commercio robot che ci puliscono i pavimenti di casa roteando ,riconoscendo ostacoli e aggirandoli ,e addirittura sono capaci di ritornare da soli nella loro ricarica. Vuole che in breve tempo ,visto la problematica del sovrannumero di cinghiali “qualcuno” non decida di mettere in produzione una mangiatoia che si apra tecnologicamente ,telecomandata a distanza da persone esperte, al passaggio dei cinghiali???? Sono stata volontaria per oltre 20 anni ,poi attivista di una grande associazione animalista ,nonché addetta stampa locale …!!!Non si i Immagina quante ne ho viste….
Non è certo semplice ma qualcuno può provarci
Quindi saprà che il cinghiale iberico è differente rispetto al cinghiale caucasico importato in Italia.
Secondo appunto: quindi a suo avviso il costo della ricerca, del personale, dei mangimi e dei farmaci risulterebbe inferiore al costo attuale?
Dato che non ho ricevuto risposta:
– come pensa che si possa evitare la predazione del capo vicino alle mangiatoie?
– per quale ragione il mondo animalista trova più etica la soppressione all’interno di un chiusino per mano di un tecnico provinciale e meno etica la soppressione in campo libero operata da un cacciatore?
Data la sua grande esperienza mi permetta una domanda:
Qual è, per lei, lo scopo della vita di un qualsivoglia animale?
La mia risposta è la prosecuzione della specie.
Quindi con quale diritto l’essere umano di può arrogare il diritto di obbligare un’altro essere vivente a condurre un’intera esistenza senza poter realizzare il suo imprinting genetico?
Signor Luca credo che lei abbia sbagliato il destinatario del suo messaggio…Forse distrattamente era intento nella prosecuzione della specie???In ogni caso io non sostengo ne’ la caccia ,ne’ i cacciatori ,ne i fucili…quindi, almeno attualmente , le uniche alternative sostenibili rimangono solo le mangiatoie…. Io non parlo per il mondo animalista o ambientalista perché a differenza sua non sono solita fare di tutta un erba un fascio …
Ogni animale ha il diritto di nascere ,crescere e vivere *dignitosamente libero *…!!! Io lotto per questo..
Ero convinto di aver premuto “rispondi” al suo ultimo messaggio, le chiedo scusa se l’ho offesa in tal modo.
Comunque quindi per lei un animale selvatico ha “il diritto di nascere, crescere e vivere *dignitosamente libero *” ma non ha diritto a riprodursi giusto?
Quindi qual è lo scopo della vita di quell’animale per lei?
La mia domanda sui chiusini non era per fare di tutta un’erba un fascio dato che tale pratica è sostenuta dal mondo animalista quantomeno in Piemonte ed Emilia-Romagna (regioni in cui ho avuto a che fare, indirettamente, con la gestione del cinghiale); dato che lei aveva scritto: “Sono stata volontaria per oltre 20 anni ,poi attivista di una grande associazione animalista ,nonché addetta stampa locale …!!!Non si i Immagina quante ne ho viste….” Pensavo che, da attivista nonché addetta stampa, avesse gli elementi per fornirmi una risposta.
Sign. Luca lei non mi ha offesa affatto… la mia risposta voleva farle assaggiare solo la mia vena ironica. Ci vuole ben altro per offendermi. In ogni caso io ho scritto che ogni animale (e non un animale selvatico) ha diritto a nascere ,crescere e vivere dignitosamente libero. Certamente l’animale ha diritto a riprodursi, ma la riproduzione dovrebbe sempre garantire una vita dignitosa e libera nel proprio habitat, non diventare bersaglio dei fucili dei cacciatori quando la popolazione dei cinghiali si è riprodotta troppo. In ogni caso il numero di questi animali selvatici dovrebbe essere sempre monitorato e censito continuamente perché si riproducono velocemente, ma questo compito dovrebbe essere svolto da un team di persone qualificate, esperte e molto organizzate, che conoscono bene sia questi animali, sia il territorio, nonché le zone più battute ecc..ecc. Io non vivo nei boschi del Piemonte o dell’Emilia, quindi non conoscendo tali zone non mi sento in diritto di giudicare il lavoro che svolgono altre associazioni animaliste che operano in Piemonte. Sicuramente saranno più brave di me nel loro campo. Sono stata volontaria x 20 anni, ho gestito, nutrito e fatto sterilizzare diverse colonie feline solo con il mio apporto economico, molti di quei gatti sono stati anche adottati e vivono nella mia casa come dei piccoli re e ognuno ha una sua stanza.
Una di loro, la più territoriale, mi ha anche salvato sventando, come una piccola tigre, un pericolo improvviso su di me e deviando la traiettoria di un grande volatile che mi sono trovata quasi addosso all’improvviso. Certe volte ho la sensazione molto forte di avere la loro “protezione.”
No Dott.la Pira non è certo semplice ma le* invenzioni *e i progetti nascano sempre dai bisogni e dalle necessità….!!
Il predatore dei cinghiali nei ns territori è il lupo.
Non mi pare ci siano in giro tigri del Bengala e coccodrilli
La regione o altri enti non danno finanziamenti ai cacciatori/sele-controllori per l’abbattimento dei capi. Una campagna di sterilizzazione avrebbe costi di gran lunga superiori.
Parlavo dei soldi pubblici x la “gestione territoriale” da parte delle autorità regionali,non dei finanziamenti ai cacciatori .. ..E,’sempre ai vertici che si decide tutto .!!!
Buonasera..ho deciso di scriverLe per informarVi che in Italia esistono altre esperienze simili. Nello specifico,per correttezza commerciale, parlerò solo della mia, e potrei dimostrarLe che lo scrivente ha un azienda che commercializza circa 500 tonnellate di carne cinghiale..rinveniente solo ed esclusivamente dal territorio italiano e acquistati direttamente dai cacciatori e/o selecontrollori.
Fatto 30 facciamo 31…
Ci puo` dire presso che canali di vendita/distribuzione si trova il suo prodotto?
Nei negozi dove mi e’ capitato di trovare carne di cinghiale era quasi sempre importato purtroppo
Saluti
La carne di cinghiale è perfettamente commestibile, vi è casomai un problema di controllo e monitoraggio rispetto al fatto che può essere vettore eventuale di parassiti, come la Trichinella, vi è un Regolamento di esecuzione al riguardo che è il 1375/2015 “che definisce norme specifiche applicabili ai controlli ufficiali relativi alla presenza di Trichine nelle carni”, quindi vi è un obbligo di monitoraggio e controllo anche su questa tipologia di carni, come tra l’altro già esposto, l’importante è monitorare l’eventuale salubrità delle carni, ovvio che il ristoratore che prende la selvaggina, cinghiale dal cacciatore lo fa sotto la propria responsabilità, potrebbe tuttavia ovviare all’eventuale problema, rivolgendosi ad un allevamento di cinghiali cosidetto “Trichinella free”.
In molte regioni è presente la filiera di utilizzo della selvaggina cacciata che entra nel circuito commerciale mediante i controlli veterinari e precise regole da seguire che danno quindi precise garanzie di salubrità. Il problema semmai è che spesso questi circuiti, per altro sempre di alta qualità, sono misconosciuti agli stessi ristoratori che continuano a rifornirsi di carni di selvaggina, proveniente dall’estero, presso i soliti circuiti di grossisti.
A titolo puramente esemplificativo in Valle d’Aosta c’è un impianto che lavora quasi esclusivamente selvaggina cacciata ed un allevamento di cervi che però moltissimi ristoratori ignorano completamente.
Anche in Emilia Romagna è stato attivato diversi anni fa un progetto di valorizzazione della filiera della carne di selvaggina cacciata, rivolto agli agriturismi. Sono stati tenuti corsi sponsorizzati dalla regione, per insegnare ai cuochi come utilizzare al meglio la carne. E soprattutto è stata modificata la legislazione regionale sull’agriturismo, includendo la carne di selvaggina cacciata sul territorio, nella quota minima obbligatoria di prodotti locali che i ristoranti agrituristico devono offrire. Saluti a tutti
Buongiorno Dr.ssa Ardizzone, per fortuna, a differenza da quanto esposto da Lei, in Italia esiste una filiera ben strutturata della carne abbattuta durante l’attività venatoria.
Tale filiera prevede la tracciabilità di ogni singolo capo abbattuto, celle di raccolta refrigerate, e centri di lavorazione riconosciuti con un bollo CE.
Oltre alla filiera, che ribadisco essere strutturata e presente in moltissime regioni italiane in primis in Emilia Romagna (non solo in Lombardia) esistono professionisti che ogni giorno lavorano affinchè il mondo della selvaggina possa essere sicuro e conosciuto da tutti.
Mi spiace dover leggere una simile risposta in un giornale che è volto a diffondere notizie e non a fuorviare l’informazione al consumatore.
Resto disponibile per poter approfondire l’argomento e divulgare quanto più possibile il lavoro di chi come me ogni giorno propone la propria professionalità su questo argomento che non può essere riassunto in due righe come ho cercato di fare in questo brevissimo commento.
Leggendo i vari commenti già pubblicati… aggiungo un “pensiero”. Premesso che rispetto l’etica animalista, ma, aggiungo, tanto quanto chi ritiene che la priorità sia da dare all’equilibrio complessivo, tra le comunità umane, l’ambiente e gli animali. E’ perfettamente inutile salvare la vita di qualche animale e impegnarsi meno per salvarci dal cambiamento climatico. E dato che, sono d’accordo, il rispetto della dignità deve essere eguale per tutti gli animali, o l’umanità diventa vegetariana, oppure non vedo cosa ci sia di negativo ad utilizzare la selvaggina come fonte alimentare. Chi me lo spiega? Grazie
Come sempre il pensiero animalista casca nella visione antropocentrica del controllo degli animali selvatici, ricorrendo alla medicina mascherata dal buonismo della tutela della vita dell’animale. Ritengo che anche la sterilizzazione forzata sia una forma di violenza, forse più subdola della palla di fucile perché preclude alla legge fondamentale per della natura, cioè il proseguimento della vita ad ogni costo. Non sono cacciatore ma non mi dispero se vengono fatti piani di abbattimento ragionati dei cinghiali. Forse ci siamo dimenticati che la selvaggina presente sul nostro territorio, antropizzato da secoli,riesce a prosperare proprio grazie alla bio diversità artificiale creata da noi e che se i selvatici sono giunti fino ai nostri tempi forse è anche perché nessuno prima di noi avrebbe mai accettato l’idea di precludere la riproduzione. L’orrore della preclusione del diritto alla vita fa parte del secolo buio che stiamo vivendo e degli orrori che ha generato .
Sul tema della caccia come soluzione al sovrappopolamento avevamo pubblicato un articolo: https://ilfattoalimentare.it/cinghiali-la-caccia-aumenta-la-popolazione.html