“Il dato certo è che il numero di carcasse di cinghiali trovati sul territorio ligure e piemontese e nel Lazio aumenta in modo esponenziale e anche la superficie da controllare si amplia, per cui la sorveglianza diventa sempre più complicata”. Comincia così l’intervista ad Andrea Mazzatenta dell’Università degli Studi ‘G. d’Annunzio’ Chieti-Pescara, specializzato in comunicazione chimica, uno dei pochi esperti in Italia a sostenere che cercare di arginare l’epidemia di peste suina abbattendo i cinghiali e collocando reti per rallentare la corsa degli animali in fuga dai cacciatori sia una strategia perdente. D’altro canto i numeri delle carcasse morte di cinghiali continuano ad aumentare.
La peste suina si diffonde tra i cinghiali
È di oggi la notizia di 16 nuovi casi nell’area infetta, 7 in Piemonte e 8 in Liguria accertati dall’Istituto zooprofilattico sperimentale di Piemonte Liguria e Valle d’Aosta per un totale di 550 carcasse ritrovate solo in queste Regioni. Il problema si sta aggravando e le decisioni finora adottate si sono dimostrate totalmente inefficaci per contrastare l’epidemia. Il nostro territorio è ideale per questi animali, che si nascondono benissimo nei boschi, ed è anche troppo diversificato per pensare che le reti funzionino, perché possono solo rallentarli ma non certo fermarli.
I cinghiali presenti in Italia sono davvero tanti ma il dato di 1,5 milioni non è preciso, perché una rilevazione seria, avvalendosi di metodi oggettivi come le immagini acquisite con droni, non è mai stata fatta. D’altro canto questi animali sono stati portati in Italia a partire dagli anni ’50 per scopo venatorio e adesso il loro numero è aumentato a dismisura nonostante la caccia.
Adesso, con la Peste suina africana, sono diventati un problema perché sono i principali diffusori di una malattia portata in Italia dall’uomo, che però colpisce solo gli animali. Il paradosso è che di fatto le battute di caccia mirate (oltre a quella sportiva), organizzate per abbattere gli animali in modo selettivo non servono a molto, perché difficilmente si riescono ad abbattere tutti gli animali e quelli che riescono a fuggire si riproducono velocemente contribuendo a diffondere in altri territori e in misura maggiore la peste suina.
La caccia è la soluzione?
“Il cinghiale è un animale stanziale – spiega Mazzatenta – e non molto prolifico, per questo i branchi sono composti da pochi esemplari che tendenzialmente restano nel loro territorio e in ogni famiglia la riproduzione è affidata alla matrona (la femmina più anziana) e al maschio dominante (anch’esso anziano) che sono in genere poco fertili. I giovani maschi in età matura vengono allontanati dal branco, mentre le femmine restano nel gruppo e questo frena l’aumento degli animali sul territorio. Quando si effettuano le campagne di caccia programmate per arginare la diffusione della peste suina succede il caos.
È vero che molti animali vengono abbattuti, ma i cinghiali soprattutto i giovani sono molto abili a nascondersi e gli esemplari che sfuggono alla cattura formano gruppi senza il maschio alfa e senza la matrona composti da giovani maschi e femmine che vanno ad occupare nuovi territori. I giovani cinghiali si accoppiano in maniera indiscriminata e ciò comporta la formazione di famiglie davvero molto numerose.
Questi gruppi, non avendo l’imprinting dei capo branco che insegna loro a procurarsi il cibo nei boschi, arrivano anche in prossimità dei centri abitati dove non ci sono cacciatori e dove possono facilmente trovare il cibo nei cassonetti dei rifiuti o nelle discariche. La strategia di abbattere le matrone e i maschi per aumentare il numero di animali è ben nota – continua Mazzatenta – i cacciatori adottano questo sistema per incrementare la popolazione sul territorio”. L’esperto non ha dubbi nel sostenere che la caccia avviata un anno fa per eliminare l’epidemia di Peste suina è stata fallimentare, ed è servita solo ad ampliare il territorio colpito dall’epidemia e a far impennare il numero di carcasse di animali morti trovate nei boschi.
Come debellare la peste suina?
Ma allora qual è la soluzione per debellare la Peste suina, che ormai ha raggiunto livelli preoccupanti di diffusione, con oltre 601 carcasse ritrovate in 14 mesi in Liguria, Piemonte, Lazio e altre Regioni. “La soluzione percorribile in Italia – conclude Mazzatenta – è quella di lasciare in pace i cinghiali e aspettare che l’epidemia faccia il suo corso visto che spesso ma non sempre i cinghiali muoiono dopo 15 giorni circa dal contagio. Non cacciandoli più diventano stanziali e l’invecchiamento della popolazione contribuisce a ridurre la prolificità e quindi a ridurne il numero. Cacciarli in modo indiscriminato con le battute non funziona a meno che non si riesca a eliminarli tutti, ma questo sul nostro territorio è pressoché impossibile”.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
“…poco prolifico…”
mi risulti essere l’ungulato più prolifico sul nostro territorio, specialmente considerata l’elevata disponibilità di cibo.
sarà un caso che Il cinghiale è stato inserito nella lista di cento specie invasive molto dannose, stilata a livello planetario…..
Poco prolifico quando vive in nuclei familiari convenzionali rispetto alle situazioni quando non ci sono più le matrone uccise dai cacciatori e i giovani si riproducono in fretta e in misura decisamente maggiore
La prolificità dipende dalle risorse reperibili in loco, nelle annate buone il cinghiale si riproduce anche due volte all’anno.
La caccia non aumenta il numero dei cinghiali.
Sulla caccia con il sistema della braccata Ispra dice il contrario
Il problema sono le squadre che ci impediscono abbattere i cinghiale in selezione nel Lazio
Potrebbe spiegare meglio il concetto
Condivido un concetto espresso chiaramente nell’ articolo ” ogni epidemia deve fare il suo corso naturale” …e io aggiungo …per non creare ulteriori danni all ambiente e alla natura ..!! La natura ha una grande capacità e sa sempre come riportare il suo equilibrio naturale intorno a sé …. Bisogna solo avere la pazienza di saper aspettare ,qualità che oramai l essere umano ha perduto quasi completamente…
Se nel frattempo tutta l’industria suinicola va a rotoli e l’economia italiana perde un paio di punti di PIL…
Aspettiamo confidando nella natura.
Ottima soluzione!
In realtà la caccia condotta con gli attuali sistemi (braccata) fino ad ora non è servita a molto. Presto un nuovo articolo con i pareri dei cacciatori
Mi scusi ma cosa c’ entra con ciò che ho scritto???
Perché continuate a dare spazio a Mazzatenta? Ci sono illustri zoologi che potete intervistare sulla questione cinghiale, e tutti vi direbbero che questa tesi della matrona, che si riproduce solo lei, non è supportato da nessuno studio scientifico. Lo stesso ISPRA ha smentito le tesi di Mazzatenta.
Tra l’altro, in Piemonte e Liguria, nella zona della infetta da PSA, la caccia è totalmente ferma sin da quando è iniziata l’epidemia.
Abbiamo proposto diversi parere sul problema dei cinghiali e presto anche quello dell’Ispra
Piano a fare di ogni erba un fascio! Se ci sono “delinquenti” nella nostra società o menefreghisti che dell’etica (si proprio dedll’etica) della caccia se ne facciano un baffo triplo a torciglione non si vada in giro a predicare che siamo un popolo di delinquenti o che noi cacciatori si uccidano le matrone capobranco per fare aumentare la prolificità dei superstiti più giovani! Semmai vero è che non si abbatte mai la femmina anziana perchè il branco rimarrebbe senza la guida principale ed esposto a tutti i rischi connessi.
Se si caccia si “sterminano i selvatici”, come è sempre stato detto in occasione di riduzione di una specie. Ora vengo a sapere che è vero il contrario. Anzi c’è chi ha sostenuto che i cinghiali “stressati” dall’attività venatoria diventino più prolifici.
Che poi sia da un pezzo che noi cacciatori andiamo predicando come sia ridicolo voler fermare i cinghiali con quelle reticelle di costosissima rete “elettrosaldata” da giardino… sarebbe l’antidoto alla diffusione della Peste Suina Africana: una reticella che i cinghiali abbattono a spinte ed a morsi ; addirittura transitante a ponte sopra ruscelli e fossi ritenendo i cinghiali del tutto scemi…
Preoccupiamoci, invece, di chi fa una guerra a spada tratta contro il contenimento razionale di questi naturalmente prolifici suidi, senza predatori naturali dalle nostre parti perchè anche il nostro reintrodotto lupo si tiene bene alla larga dai medesimi limitandosi a qualche capo ferito sfuggito ad una battuta o a qualche piccolo sbrancato.
In altre parole attenzione a dare fiducia alle varie Pizie dei tanti oracoli col rischio di rimanere senza i nostri prosciutti di Parma e S. Daniele.
La responsabilità dei cacciatori è un elemento evidenziato anche dall’Ispra. Nei prossimi articoli daremo spazio anche ai cacciatori.
Ma di quale responsabilità stiamo parlando?
I cacciatori pagano (profumatamente) per praticare la loro passione e questi soldi sono utilizzati per rimborsare i danni causati dalla fauna selvatica.
Il problema dei cinghiali esiste e i cacciatori sono direttamente protagonisti di questa situazione, per questo dovrebbero aiutare a risolverla insieme agli altri attori. Il pagare profumatamente è un dovere che non vuol dire essere esenti da responsabilità
La peste suina (non la caccia…) è il problema cui occorre trovare una soluzione e i cacciatori si sono dimostrati disponibili a partecipare fin dal primo momento.
A inizio 2022 abbiamo cercato carcasse per settimane nei boschi e anche tuttora ma maggior parte delle segnalazioni provengono da cacciatori.
Abbiamo dato disponibilità a cacciare con l’unica pretesa di poter consumare la carne degli esemplari riscontrati negativi al virus.
Tuttavia, non avendo ottenuto quanto richiesto abbiamo sospeso ogni attività di caccia in segno di protesta.
Il numero dei cinghiali è cresciuto, a prescindere dalla ASSENZA di caccia e l’epidemia si è espansa pericolosamente.
I cacciatori non sono una Onlus nè la croce rossa, noi usufruiamo a pagamento della fauna cacciabile quindi parlare di DOVERE mi sembra completamente sbagliato.
Noi cacciamo, se si vuol fare depopolamento possiamo dare una mano ma non è certo il nostro mestiere.
Abbiamo in programma altri articoli sul tema dei cinghiali dove abbiamo previsto lo spazio anche ai cacciatori. Il problema è che il numero di cinghiali abbattuti è in costante crescita e anche il loro numero continua a crescere. Quindi qualcosa non funziona e i cacciatori non possono restare solo a guardare il fenomeno.La Peste suina africana è un altro problema iniziato tre mesi fa e, in questo caso, le carenze organizzative e l’assenza di una seria cabina di regia da parte dello Stato sono sin troppo evidenti. Ma anche su questo tema ritorneremo presto.
Non dimentichiamo che c’è una quota non marginale della popolazione che ritiene questa “passione” incivile e inaccettabile, senza contare che i cinghiali che ora creano problemi sembrano essere stati importati proprio per la caccia.,,
Concordo pienamente. questi cinghiali importati negli anni 50 sono molto più prolifici dei cinghiali autoctoni, ma per la “passione” i cacciatori fanno questo e altro
Sig. Sebastiano Marenco ci parli dei 3,5 MILIONI di euro che ogni anno, dal 1992 ad oggi, lo Stato Italiano regala alle associazioni venatorie riconosciute nazionali. Senza vincolo di destinazione e senza controllo della corte dei conti. Poi l’attuale governo ha aumentato il cospicuo regalo di 500.000 euro.
Leggetevi l’art.24 della legge 11/02/1992 Nr.157.
Quella dell’emerito esperto mi sembra una analisi discutibile.
Il numero di cinghiali presente su di un territorio è sempre e solo commisurato alla quantità di risorse reperibili.
A parte questa nozione di base che ogni biologo conosce o dovrebbe conoscere, faccio presente che in Liguria e Piemonte, all’interno delle zone a circolazione del virus e limitrofe a rischio la caccia NON È STATA PRATICATA a partire da gennaio 2022.
E i risultati sono sotto gli occhi di tutti: rapida espansione del problema.
Ad un biologo è anche piuttosto evidente che i cinghiali si spingono nei centri urbani grazie allo sparpagliamento che fanno i cacciatori quando invadono il loro territorio.
I cinghiali si spingono nei centri urbani perché è molto più facile per loro nutrirsi negli scarti dei nostri consumi. Per dire, a Roma sono a decine di chilometri dalle zone di caccia più vicine.
In questo articolo c’è un errore di fondo, e alcune inesattezze.
L’errore di fondo è che la caccia nella zona rossa non è mai stata praticata da quando è scoppiata l’epidemia di PSA. Sono stati effettuati abbattimenti selettivi senza ausilio di cani, con persone preparate anche per il tiro notturno e in grado di non smuovere gli animali accanto a quello abbattuto.
La rete posata non è stata bloccata ed ancorata al terreno, con cavo di acciaio e forchettoni in ferro piantati nel terreno o interrata. Chiaramente gli animali la sollevano e passano sotto la rete.
Inoltre la storia che va in estro solo la matrona ormai è non conoscere cosa capita sul territorio dopo l’arrivo del lupo.
I cinghiali per difendersi si raggruppano in più famiglie, dove si possono trovare anche 40 esemplari in un solo branco, con più maschi e femmine di taglie diverse. In battute di contenimento selettivo nel mese di gennaio, dopo aver scartato, con occhi esperti, la capo branco e il maschio dominante, ed aver abbattuto
quattro femmine nella loro scia, del peso ognuna di circa 50 kg, risultavano gravide per complessivi 23 feti. E questo ormai avviene da più anni. Pertanto penso che alcune teorie non siano più esatte, proprio perché non tengono conto di un contesto completamente mutato con l’ arrivo dei predatori dei cinghiali.
In passato sentivo parlare di ripopolamento di cinghiali ad uso caccia. Sentivo anche di ripopolamento con “porcastri”, più grossi, più prolifici. Se sono così prolifici, è proprio necessario ripopolare? Che qualcosa sia sfuggito di mano? Tuttora esistono ancora allevamenti di cinghiali “da ripopolamento”! Che motivo c’è? La natura tende al riequilibrio, ma noi ci mettiamo un bel po’ a capire come funziona, poi facciamo prevalere gli interessi di parte, facciamo un po’ di liti e vinca il più forte, anche se dice insensatezze, poi contiamo i danni delle azioni intraprese.
Questa riflessione sulla strategia per debellare la peste suina nei cinghiali sembra molto ben argomentata ed è convincente: si riuscirà a farla arrivare ai decisori politici? Sulle materie legate alla salvaguardia dell’ambiente sembrano sempre seguire il senso comune piuttosto che le indicazioni provenienti dalla ricerca scientifica…