Yuka vince in appello contro un produttore di salumi: l’app ha tutto il diritto di informare i consumatori sui rischi per la salute legati ai nitriti. Lo ha deciso la corte d’appello d’Aix-en-Provance, riformando così la sentenza di primo grado del tribunale del commercio locale, secondo cui Yuka si era resa colpevole di “pratiche commerciali ingannevoli e sleali e di denigrazione” nei confronti del produttore provenzale di salumi ABC Industrie.
L’azienda, infatti, aveva fatto causa all’applicazione in seguito alla valutazione negativa (in alcuni casi appena 9 punti su 100) ricevuta dai suoi salumi, unita alla classificazione dei nitriti e nitrati come additivi ‘a rischio’. Questi composti, usati comunemente nei salumi come conservanti e per mantenere il colore rosa di prodotti come il prosciutto cotto, sono infatti sospettati di essere cancerogeni per gli esseri umani. Tanto che la stessa Yuka, insieme alla Lega contro il cancro e all’associazione dei consumatori Foodwatch, nel 2019 ha lanciato una petizione per chiederne l’eliminazione in Francia. Petizione che viene linkata nella versione francese dell’app (altro comportamento contestato da ABC Industrie).
Yuka contro ABC Industrie
Nel settembre del 2021 il tribunale del commercio di Aix-en-Provence aveva dato ragione al produttore di salumi, condannando Yuka al pagamento di una sanzione da 25mila euro e alla rimozione delle diciture contestate. L’8 dicembre, però, la corte d’appello ha ribaltato la sentenza, senza risparmiare critiche al giudizio di primo grado. Secondo Pierre Calloch, giudice della corte d’appello, l’attività di Yuka ha come finalità l’informazione ai cittadini, e pertanto è protetta dal diritto alla libertà d’espressione. Secondo la corte, quindi, non si tratta di un caso di concorrenza sleale e di denigrazione, ma solo di diffusione di informazioni rilevanti per la salute.
A pesare molto sul giudizio della corte è stata quasi certamente la pubblicazione nel luglio scorso di un parere dell’Agenzia nazionale francese per la sicurezza alimentare, ambientale e occupazionale (Anses), a cui la corte d’appello ha fatto riferimento più volte nella sentenza. Il parere scientifico, infatti, riconosce l’associazione tra il rischio di sviluppare un cancro del colon-retto e l’assunzione di nitriti e nitrati, con una crescita proporzionale alla quantità ingerita, e ha chiesto di abbassare il più possibile le dosi aggiunte negli alimenti, soprattutto nei salumi (ne abbiamo parlato in questo articolo). Già nel 2015, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) aveva classificato le carni lavorate, come cancerogeni certi per gli esseri umani.
Il dibattito sui nitriti
La vicenda giudiziaria di Yuka si inserisce in un più ampio dibattito sui nitriti in corso in Francia negli ultimi anni. Un dibattito culminato con l’approvazione nel febbraio 2022 di una proposta di legge per stabilire una ‘traiettoria di abbassamento’ dei livelli di questi additivi nelle carni lavorate (ne abbiamo parlato in questo articolo) e, appunto, del parere scientifico dell’Anses. Ora si attende la decisione di un’altra corte di appello, quella di Parigi, che il 12 aprile 2023 dovrà confermare o ribaltare una condanna simile emessa dal tribunale del commercio della capitale a cui si era rivolta la potente Federazione francese delle industrie salumiere. Quale peso avrà la decisione del giudice provenzale?
© Riproduzione riservata Foto: AdobeStock
Siamo un sito di giornalisti indipendenti senza un editore e senza conflitti di interesse. Da 13 anni ci occupiamo di alimenti, etichette, nutrizione, prezzi, allerte e sicurezza. L'accesso al sito è gratuito. Non accettiamo pubblicità di junk food, acqua minerale, bibite zuccherate, integratori, diete. Sostienici anche tu, basta un minuto.
Dona ora
Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
Un esempio di lite temeraria che, al di là del caso specifico, produce una cultura di adeguamento culturale alle scelte aziendali. Spingendo, di fatto, la pubblica opinione e i media (app come Yuca comprese) a rinunciare ad esprimersi e , nel tempo, a disabituarsi a ragionare criticamente.
test non loggato