Insalata in busta a rischio infezione alimentare? È possibile. Lo dimostra il recente caso dei richiami per presenza di Listeria monocytogenes che hanno coinvolto inizialmente una ventina di marchi di insalata già lavata, prodotta tutta nello stesso stabilimento per conto di diverse insegne della grande distribuzione. L’elenco si è poi allungato fino a comprendere circa 25 brand. Tutte le informazioni sui primi marchi e i lotti coinvolti sono disponibili in questo articolo, mentre in quest’altro sono indicati i successivi. Di fronte a un caso di questo genere è naturale chiedersi come sia potuto succedere e, soprattutto, come evitare di prendere questa pericolosa infezione. Lo abbiamo chiesto al microbiologo degli alimenti Antonello Paparella.
Cos’è la Listeria?
“Listeria monocytogenes è un batterio patogeno gram positivo ubiquitario relativamente diffuso negli ambienti di lavorazione degli alimenti – spiega l’esperto –. Aderisce alle superfici e resiste a diversi processi dell’industria alimentare, come la salagione, che in alcuni casi eliminano i batteri antagonisti. Si moltiplica anche in ambienti refrigerati a 1°C, all’interno di confezioni sottovuoto e in atmosfera protettiva e tollera diversi additivi. Nonostante le imprese alimentari si impegnino per eliminarlo, vista la sua resistenza all’ambiente di produzione, può accadere che contamini i prodotti destinati al consumo a partire dalle materie prime, ma anche dagli operatori e dalle superfici a contatto con gli alimenti, come i carrelli e le lame delle affettatrici”.
La sua presenza in piccole quantità non è pericolosa: una, due o tre Listerie per grammo di alimento non determinano malattia e il limite della normativa europea per gli alimenti pronti è di 100 per grammo. Il problema si pone quando questo batterio si riproduce e la sua presenza diventa più significativa. Non c’è tuttavia una soglia di pericolosità valida per tutti, perché ogni organismo reagisce in maniera diversa.
Cos’è la listeriosi e quanto è pericolosa?
L’infezione causata da Listeria monocytogenes si chiama listeriosi alimentare. “Nell’Unione Europea se ne registrano poco meno di 3.000 casi all’anno – chiarisce Paparella –, con maggiore gravità nei soggetti a rischio: immunocompromessi, anziani sopra i 65 anni, neonati e donne in gravidanza. Si può manifestare in tre forme, quella gastroenterica o non invasiva, quella materno/fetale e quella setticemica, la più frequente e grave soprattutto nell’anziano. Gli ultimi dati europei indicano un tasso di letalità medio del 18,1%”.
La gastroenterite si manifesta in forma acuta, accompagnata da febbre, nel giro di poche ore dall’ingestione e nei soggetti sani è in genere autolimitante, ma in alcuni casi può portare all’insorgenza di meningiti, encefaliti e setticemie. Nelle forme invasive l’incubazione può invece protrarsi anche fino a 70 giorni. Nelle donne in gravidanza può provocare aborto, morte in utero del feto, parto prematuro e infezioni neonatali.
In generale, si tratta insomma di un’infezione che può essere causa di malattia grave, associata a un elevato tasso di ospedalizzazione e decessi. In caso di sospetto, è quindi opportuno rivolgersi al proprio medico di base o al pronto soccorso. Il trattamento prevede una terapia antibiotica, sia per gli adulti che per i bambini, e una cura somministrata precocemente alle donne in gravidanza consente di prevenire la trasmissione dell’infezione al feto.
Non solo insalate
A quali alimenti bisogna stare attenti? La presenza di questo batterio non riguarda naturalmente solo l’insalata già lavata, ma molti prodotti da consumare crudi. “Si trova più frequentemente negli affettati di carne e pesce – prosegue Paparella –, ma anche nei formaggi, soprattutto quelli a crosta fiorita, come il brie, ed erborinati, come il gorgonzola. Occorre inoltre fare attenzione ai surgelati, che salvo indicazione del produttore non dovrebbero mai essere consumati crudi. Nessuna preoccupazione invece per altri prodotti, come sottaceti, biscotti, pane e caffè, che non possono essere contaminati perché non rappresentano un substrato adatto alla crescita del batterio”.
Cosa fare per evitarla?
Sono molte le strategie che è possibile adottare per ridurre drasticamente il rischio di listeriosi, a partire dalla conoscenza delle condizioni in cui questo microrganismo vive e si riproduce. “In primo luogo – chiarisce Paparella – la cottura e la pastorizzazione restano i metodi più efficaci per eliminarlo. Per quanto invece riguarda i prodotti che si consumano crudi è bene sapere che la velocità di riproduzione di questo batterio aumenta con l’aumentare della temperatura”. È quindi fondamentale rispettare la catena del freddo, cioè non lasciare questi alimenti a temperatura ambiente per un tempo superiore ai 30 minuti, portando eventualmente con sé in negozio una borsa termica ove riporre i prodotti refrigerati appena possibile.
Una volta a casa, è poi importante mettere subito gli alimenti in un frigorifero impostato su 4°C. “Bisogna però scegliere gli scomparti giusti – sottolinea Paparella –. Quelli a rischio vanno riposti nei ripiani centrali, evitando di mettere l’insalata confezionata nel cassetto della frutta e della verdura, dove in genere la temperatura è troppo alta. Per chi non ha un frigorifero con la rilevazione digitale della temperatura, sono oggi in vendita dei termometri da frigo, da posizionare nel ripiano superiore dell’elettrodomestico o nello sportello, che generalmente sono le parti meno fredde. In questo modo possiamo verificare che la temperatura sia inferiore a 4°C in tutti gli scomparti, escluso quello della frutta e della verdura”.
Per quanto riguarda poi l’insalata già lavata in particolare, il suggerimento dell’igienista è quello di risciacquarla sotto l’acqua corrente prima di metterla nel piatto. Bastano 15/30 secondi, sfregando bene le foglie con le mani. È inoltre utile controllare odore e colore prima del consumo e verificare la linea di saldatura delle confezioni, nelle quali potrebbe essere rimasta intrappolata una foglia, pregiudicando l’ermeticità e la corretta conservazione.
E per le persone fragili?
La raccomandazione dell’esperto è di non portare questo genere di alimenti alle persone ricoverate in ospedale o nelle RSA (Residenze sanitarie assistenziali). Le regole igieniche di queste strutture sono solitamente molto più stringenti di quelle domestiche proprio perché ospitano soggetti fragili e non vale la pena di mettere a rischio la loro salute. Un’attenzione particolare deve poi essere posta, naturalmente, anche alle donne in gravidanza.
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E’ importantissimo sapere queste cose per tutelarsi. Sarebbe molto utile sapere se e in che modo
ci si puo’ tutelare magari ri-lavando l’insalata con un prodotto adeguato, per esempio il bicarbonato
o qualcosa di piu’ idoneo per eliminate la listeria.
Grazie delle vostre informazioni, utilissime.
Antonella
L’incidente relativo alla contaminazione da Listeria nelle insalate in busta mette in luce l’importanza dell’autoproduzione di ortaggi e verdure per quanto possibile, ma è un processo fattibile per la maggior parte di tutti noi. Coltivare i propri alimenti, anche in spazi ridotti come un balcone, offre numerosi vantaggi in termini di sicurezza alimentare e qualità nutrizionale. Da anni, ci impegniamo attivamente nella divulgazione della consapevolezza alimentare e nella promozione degli orti domestici e in balcone. Questa scelta fornisce cibo più sano e sicuro, e parallelamente contribuisce positivamente all’ecosistema. L’autoproduzione, alla portata di tutti, rappresenta un passo concreto verso uno stile di vita più salutare e sostenibile, combinando benefici personali con un impatto positivo sull’ambiente.
Sicuramente è bello coltivare in proprio meglio avere un orto, sul balcone non mi piacerebbe poiché spesso dall’alto può cadere la sporcizia di un tappeto sbattuto o di qualsiasi altra cosa, ma anche per l’inquinamento atmosferico, per esempio a Milano tanta polvere nera come il carbone e pure appiccicosa e questa situazione mi preoccuperebbe parecchio.
Chiedo se rimettere in acqua l’insalata in busta con 2 cucchiai di bicarbonato previene la contaminazione ?
I lotti richiamati non vanno consumati. Per un’ulteriore pulizia sui prodotto già lavati si può effettuare un ulteriore lavaggio in acqua corrente. Il bicarbonato non è un anti batterico.
Con le verdure in busta pronte da consumare paghiamo il tempo che non dedichiamo a preparaci ciò che mangiamo e lo affidiamo ad altri.
Sono sorte aziende agricole di grandi dimensioni che sono catene di montaggio di prodotti in busta, si spostano in territori vocati che avevano una agricoltura tradizionale con biodiversità, acquistano o affittano terreni a prezzi altissimi ( visto i loro margini) snaturano le rotazioni dei terreni e seminano, trattano e raccolgono con ogni condizione climatica per garantire ogni giorno i prodotti negli scaffali.