La storia e le vicende della catena di supermercati Esselunga sono state raccontate poco e male perché il fondatore della catena, Bernardo Caprotti, aveva un cattivo rapporto con i giornalisti e anche un “brutto carattere”. Certo, a un manager non si può chiedere di essere buono e gentile con tutti, ma la lista delle persone poco gradite a Bernardo era lunga. In prima fila c’erano i comunisti e le persone “di sinistra”, poi c’erano i dipendenti sindacalizzati (negli anni 80′ quasi mille lavoratori hanno lasciato l’azienda di Limito).
Un’operazione simile si è ripetuta negli anni 2000 quando hanno abbandonato l’azienda più di 150 manager. Nella lista delle persone poco gradite troviamo anche i due figli del primo matrimonio (Giuseppe e Violetta) che hanno lavorato in azienda per 10 o 20 anni e sono stati estromessi in malo modo, senza apparenti motivi. Al fianco di Bernardo Caprotti è rimasta una sola persona, la segretaria Germana Chiodi che ha beneficiato di bonus per un totale di 10 milioni durante gli anni di lavoro, per poi entrare nell’asse ereditario ricevendo 75 milioni.
Il padre padrone di Esselunga
Bernardo Caprotti era un padre padrone che nella vita ha emarginato tutti quelli che gli sono stati vicino, compresi la madre, i fratelli e altri parenti. Si tratta di un uomo che ha comandato senza farsi problemi e che ha segnato la vita di molte persone con le sue decisioni autoritarie. Questo è il quadro che emerge dal libro “Le ossa dei Caprotti” edito da Feltrinelli, uscito ai primi di novembre. Il libro, scritto dal figlio di Bernardo, Giuseppe, racconta in modo meticoloso la storia della famiglia e le vicende di Esselunga da quando è stato aperto il primo punto vendita a Milano fino a pochi anni fa. Il libro è avvincente, sembra di leggere la telenovela di una ricca famiglia lombarda con moltissimi colpi di scena. In realtà non si tratta di una vicenda romanzata frutto della fantasia dell’autore, bensì di una storia vera.
Bernardo Caprotti verrà ricordato come un manager che ha portato avanti un’azienda considerata un modello a livello internazionale, forte di 25 mila dipendenti, oltre 5 milioni di clienti fidelizzati e un fatturato di circa 8,8 miliardi. Tutto questo è vero, ma c’è qualcos’altro da ricordare che viene spiegato molto bene nel libro. Il successo di Esselunga reca la firma di altri due Caprotti che si chiamano Giuseppe e Violetta: i figli. Sono loro che hanno impresso la svolta decisiva alla catena salvo poi essere cacciati violentemente dal padre che non voleva cedere il passo alla nuova generazione.
Il vero inventore di Esselunga
Nel volume viene rivelato che la nascita di Esselunga non è stata frutto di un progetto di Bernardo Caprotti. Il libro racconta come la Ibec, società americana di Nelson Rockfeller, decisa ad aprire alcuni supermercati a Milano, si affida ai fratelli Crespi (editori del Corriere della Sera) e a Marco Brunelli che diventano azionisti di minoranza della nuova società. Poi, in un secondo momento, Brunelli proporrà a Rockefeller di far entrare come azionisti anche Bernardo e Guido Caprotti. Ma l’uomo di riferimento di Rockefeller rimarrà Marco Brunelli, che però quando la società si sgancia dagli americani, verrà scaricato da Bernardo insieme al fratello Guido Caprotti. Questi ultimi due apriranno poi i supermercati GS.
L’altro aspetto poco conosciuto è che Giuseppe, figlio di Bernardo, nel 1986 entra nell’ufficio tecnico di Esselunga e che per due anni va in America a lavorare presso i supermercati Dominick’s. Negli States il giovane Giuseppe svolge vari ruoli, dall’ operaio generico all’addetto agli scaffali, alle casse e acquisisce una certa esperienza. Negli Usa studia anche le dinamiche del supermercato e impara a gestire i prodotti, a calcolare la redditività e a trattare con i fornitori.
L’arrivo del biologico
Questo periodo sarà importantissimo per il giovane Caprotti che, poi, in azienda trasferirà le conoscenze maturate. Le novità consistono in un rapporto più disteso con i dipendenti, nell’avvio di una comunicazione aziendale basata sulla trasparenza, oltre agli aspetti più pratici. Esselunga sarà la prima catena a introdurre sugli scaffali i prodotti biologici e quelli del commercio equo e solidale. Poi arrivano le carte Fidaty che adesso contano oltre 5 milioni di clienti fidelizzati (anche questa è una nuova iniziativa per l’Italia). Ultima ma non certo meno importante è l’avvio della spesa on line e della spesa a domicilio, che ora rappresentano una fetta significativa del fatturato. Si tratta di grandi novità che caratterizzeranno la catena e collocheranno Esselunga in cima alla classifica dei supermercati per redditività efficienza, e che la rendono una delle catene con i prezzi più bassi.
L’allontanamento dei figli
Oltre a queste novità di rilievo, Giuseppe introduce metodi di contabilità industriale basati su nuove logiche che fanno aumentare i profitti. Nel 1994 inaugura l’ufficio marketing , del quale diventerà direttore, e lavorerà con sua sorella Violetta che si occuperà di comunicazione. Poi arrivano le prime ricerche di mercato firmate Nielsen e IRi, impensabili fino a qualche anno prima. Ci sono altre iniziative che Giuseppe e Violetta mettono in campo per ammodernare Esselunga, ma tutto ciò è poco conosciuto perché viene attribuito al padre. Bernardo inizialmente prende atto del cambiamento e nomina il figlio amministratore delegato, salvo poi allontanarlo in modo molto brusco. Giuseppe viene “licenziato” e con lui anche lo staff dirigente.
Il rischio di chiusura
Per chi ha seguito un minimo la storia di Esselunga il libro è davvero avvincente e racconta particolari inediti molto interessanti. La figura di Bernardo Caprotti come padre ne esce malissimo, mentre l’uomo imprenditore rivela criticità sconosciute. Pochi sanno del rischio di “chiusura” per via di un grossissimo investimento immobiliare all’interno progetto del nuovo quartiere Santa Giulia a Milano. Non così succede per l’immagine della catena che, nonostante le vicissitudini familiari, era e resta una delle migliori in Italia.
” Le ossa dei Caprotti ” di Giuseppe Caprotti, pagine 400, Feltrinelli 2023, 20,00 €
P.S. Il libro non è venduto nei supermercati Esselunga.
© Riproduzione riservata. Foto: ilfattoalimentare, Esselunga, Depositphotos
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
Ottima informazione la vostra,a livello di Report.Grandi giornalisti..p
Delizioso resoconto, grazie, bravi
Almeno nella mailing list scrivete correttamente il nome dello scrittore… non è Bernardo ma Giuseppe
Come può succedere a tutti anche noi a volte facciamo degli errori. La ringraziamo per la segnalazione.
Avevo sempre creduto che i figli fossero “degli incapaci” e che, pur con tutti i suoi difetti, l’azienda prosperasse solo grazie alle idee e al senso degli affari del capostipite ma leggendo questo libro le cose non stanno proprio cosi. Vero che non c’è più chi può ulteriormente controbattere però episodi e scelte circostanziate e dettagliate sono vere (o verosimili) e nessuno degli eredi dell’altra “cordata” ha avuto (finora) niente da ribattere.
il libro è scritto dai figli! Potranno essi considerarsi degli incapaci ?
Ottimo articolo
Bell’articolo, grazie!
A tal proposito, potrei sapere quali altri libri della “dinastia Esselunga” esistono? Io, prima di quest’ultimo, ero a conoscenza solo del famigerato “Falce e carrello”… Grazie
Non ce ne sono altri
Cosa avrebbero potuto fare i figli più di Bernardo? Trasferire l’azienda all’estero o venderla agli americani?Per ora resta in Italia con maestranze italiane e gli altri rosicano
Nessuno dei figli ha mai pensato di trasferire l’azienda all’estero.