Il tema dei materiali a contatto con gli alimenti è in continua evoluzione visto i materiali sempre nuovi che arrivano sul mercato. Una lettrice ha un dubbio sul corretto utilizzo dei sacchetti in bioplastica. Di seguito la risposta di Luca Foltran esperto di imballaggi.
Ho appena letto un vostro articolo in cui Luca Foltran rispondeva in merito alla possibilità di utilizzare i sacchetti per la spesa a contatto diretto con i cibi. La mia domanda è su un utilizzo ancora più anomalo di cui sono stata testimone e su cui avrei piacere di avere una risposta dalla vostra rivista.Ho visto mettere della farina all’interno di sacchetti in cui era riportata la scritta in verde di sacchetti compostabili in bioplast per rifiuti alimentari umidi. Vorrei sapere, se in codesto caso, a parte la macro anomalia anche in caso di sacchetti integri, si possano verificare gravi contaminazioni dell’alimento ivi conservato, anche per lunghi periodi. Vilma
Risponde Luca Foltran esperto di imballaggi
I sacchetti destinati a contenere la frazione umida possono essere realizzati con svariati materiali ma tutti hanno in comune la caratteristica di essere costituiti da materiali biodegradabili e compostabili. Quelli in plastica devono riportare diciture di conformità alla norma EN 13432:2002 (standard europeo armonizzato che attesta i “Requisiti per imballaggi recuperabili mediante compostaggio e biodegradazione) ove la certificazione di biodegradabilità e compostabilità è rilasciata da organismi di parte terza accreditati.
L’accreditamento di tali organismi si sostanzia in una procedura di attestazione circa la loro indipendenza, imparzialità, da parte dell’Ente Unico Nazionale di accreditamento, che in Italia è Accredia.
Il Ministero della Transazione ecologica, nelle sue “Linee Guida sull’etichettatura degli imballaggi ai sensi dell’art. 219 comma 5 del D.Lgs. 152/2006 e ss.mm” (Linee Guida sull’etichettatura ambientale degli imballaggi) informa che gli obblighi di etichettatura già previsti per questi imballaggi relativamente alla comunicazione delle loro caratteristiche ambientali, devono essere integrati con quelli previsti dal nuovo decreto, sia con riferimento alla modifica del comma 5 dell’art 219 in materia di etichettatura ambientale degli imballaggi, sia – per quanto concerne gli shopper compostabili – alle modifiche apportate all’art 182- ter del D.Lgs. 152/2006 in materia di Rifiuti organici. Ovvero risulta indispensabile che tali sacchetti, oltre alla certificazione di conformità allo standard europeo UNI EN 13432, siano etichettati con elementi identificativi del produttore e del certificatore, nonché con idonee istruzioni per i consumatori circa la possibilità di conferirli tra i rifiuti organici.
Ciò che attesta la possibilità di porre un sacchetto (sia esso in plastica compostabile o in plastica tradizionale) a contatto con alimenti è il simbolo di alimentarietà stabilito dal REGOLAMENTO (CE) N. 1935/2004 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 27 ottobre 2004 riguardante i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari e che abroga le direttive 80/590/CEE e 89/109/CEE.
Un classico esempio di sacchetto biodegradabile e compostabile (secondo standard EN 13432 e quindi adatto a contenere rifiuti umidi) e adatto ad entrare in contatto con alimenti (come dimostra il simbolo “bicchiere e forchetta” stampato sul medesimo) è rappresentato dai sacchetti per il trasporto ortofrutta che troviamo abitualmente nei supermercati. In questa tipologia di sacchetti sarebbe possibile riporre alimenti. Chiaro è che, anche in questa situazione, la presenza della dicitura “prodotto per il trasporto di ortofrutta” sembrerebbe limitare i possibili impieghi a contatto con alimenti per tempi brevi, a temperature non elevate, e solo con specifici tipi di cibi (ortofrutticoli appunto).
Esistono tuttavia in commercio anche sacchetti biodegradabili e compostabili potenzialmente adatti ad una più ampia gamma di alimenti e di condizioni d’uso. Non è pertanto possibile, con gli esigui dati a disposizione, fornire una risposta certa alla domanda posta dalla lettrice ma è possibile informare sul fatto che quando sul sacchetto NON appare il simbolo di alimentarietà (o un’indicazione circa la possibilità di usarlo a contatto con alimenti) sia da ritenersi non legalmente adatto ad entrare in contatto con alimenti.
Le ragioni risiedono nel fatto che potrebbero essere stati utilizzati monomeri, additivi, sostanze non ammesse dalla legge per produrre polimeri destinati al contatto con alimenti; potrebbero migrare sostanze non ammesse o inattese, con conseguente potenziale impatto negativo, più o meno importante, sulla salute dei consumatori; potrebbero infine essere deteriorate le qualità organolettiche (odore, sapore, colore) o nutrizionali dell’alimento.
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Nella mia città (Venezia) purtroppo la raccolta dell’organico non viene effettuata. E’ un vero peccato, perchè, con tutti i ristoranti, alberghi, ecc. ne faremmo su tonnellate…
Ma non c’è una legge nazionale sull’obbligo di differenziare i rifiuti, alla quale le Regioni devono attenersi?
Alla faccia! Essendo una famosa città in crisi dovrebbe implementare raccolte ecologiche…