
Il Ministero della Salute ha segnalato il richiamo da parte dell’operatore di diversi lotti di tè Earl Grey bio a marchio Blue Hill Teas & Infusions. Il motivo indicato sull’avviso di richiamo è il rilevamento, durante controlli analitici, di una concentrazione di antrachinone (derivato dell’antracene a effetto lassativo) superiore al quantitativo massimo stabilito per il tè. Il prodotto in questione è venduto in confezioni da 36 grammi (20 filtri), con i numeri di lotto EG302, EG305, EG306, EG401, EG402, EG403, EG501, ed EG502, e i termini minimi di conservazione (TMC) 28/09/2025, 28/11/2025, 28/06/2026, 28/09/2026, 28/11/2026, 28/01/2027 e 28/02/2027.
L’azienda Il Ponte Società Cooperativa Sociale arl ha confezionato il tè Earl Grey richiamato. Lo stabilimento di confezionamento si trova in via Lago di Tovel 14/D, a Schio, in provincia di Vicenza.
A scopo precauzionale, l’azienda raccomanda di non consumare il tè con i numeri di lotto e i termini minimi di conservazione sopra indicati. Le consumatrici e i consumatori eventualmente in possesso del prodotto richiamato possono restituirlo al punto vendita d’acquisto, per la sostituzione o il rimborso.
Dal primo gennaio 2025 Il Fatto Alimentare ha segnalato 63 richiami, per un totale di 219 prodotti. Clicca qui per vedere tutti gli avvisi di richiamo, i ritiri e le revoche.
© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos (copertina), Ministero della Salute
Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
Buongiorno, quando arrivano le Vostre apprezzate comunicazioni ho sentimenti contrastanti, interesse per ciò che contengono, ringraziamento per il Vostro lavoro ma anche puro terrore, vi seguo da inizio anno, è i prodotti richiamati sono tanti, ma tanti. Certo alcuni nemmeno rientrano in quello che mangio, si che mangio “schifezze”. Boh anche questo è frutto del consumismo sfrenato e della eccessiva produttività aziendale.
Perché non prova ad evitarle?
E’ frutto della delinquenza dei Predoni (alcuni). Di incapacità nel produrre (di alcuni). Della cattiveria e non seguire le disposizioni (populisti antiStato). ciaooo
Nello specifico l’antrachinone non è un fitofarmaco e non ha alcuna funzione agronomica sul tè.
Tempo fa si riteneva che la sostanza potesse avere un’origine endogena in campo o durante la fase di fermentazione del tè, ma da una serie di studi risulta che si può escludere.
Ormai è accertato che si tratta di un contaminante ambientale derivante dalla combustione del carbone e della legna (largamente utilizzati nell’areale di produzione come combustibile a uso domestico, il carbone anche a usi industriali).
E’ noto che l’incidenza dell’antrachinone decresce con l’altitudine delle coltivazioni (è irrilevante nelle aree sopra i 1500 m, che non presentano antropizzazione apprezzabile) e con l’aumentare della distanza da aree urbane/strade/ferrovie/fabbriche, cioè dalle aree con combustione di carbone.
Ha un’influenza accertata anche la piovosità (in Cina generalmente si fanno quattro raccolti l’anno, la stagione secca sono è più critica).
Il tè, a causa della superficie delle foglie e della loro villosità (che “cattura” le micrpolveri e il pulviscolo atmosferici) è più suscettibile alla positivià alla sostanza rispetto ai vegetali a foglie glabre e/o di minori dimensioni.
Grazie per questo approfondimento così chiaro e ben articolato. E’ quindi un problema ambientale e non deriva da una pratica in campo. Potremmo dire la stessa cosa per i nostri vigneti – anche biologici – posti in prossimità di grandi arterie di traffico? Penso ai sottoprodotti della combustione dei motori a scoppio, piuttosto che delle micro polveri prodotte dagli pneumatici o dalle parti meccaniche dei mezzi, ad esempio, e non solo.
Infatti questo è un tema molto attuale, anche per il biologico. Ne avevamo parlato anche qui: https://ilfattoalimentare.it/biologico-il-nuovo-decreto-portera-problemi-e-non-soluzioni.html
Ahimè, la criticità non riguarda solo le coltivazioni nei pressi delle autostrade.
Non è recentissimo, ma è interessante l’articolo “La sicurezza alimentare degli orti domestici urbani” dell’ing. Mario Rosato che si può leggere a pagina https://www.architetturaecosostenibile.it/green-life/curiosita-ecosostenibili/sicurezza-alimentare-orti-urbani-696.
Verissimo.
L’idea di per sé ha una rilevanza sociale di non poco conto, ma per la maggior parte delle aree urbane non esiste un censimento dell’uso che storicamente se n’è fatto. Accade così che si assegnino porzioni di terra ai cittadini senza un controllo di qualità della terra (e i tecnici dicono che il controllo analitico è efficace se si ipotizza con una buona approssimativi fa’ l’uso che si è fatto dell’area, in modo da sapere cosa ricercare) con tutti i problemi di sicurezza alimentare conseguenti. Un esempio sono le problematiche di inquinamento emerse nel quartiere Santa Giulia a Milano (in quel caso non si trattava di orti, ma di una struttura per i bambini – se ben ricordo).
Fino a un secolo fa, c’era la memoria dei vecchi a fare testo … e non solo su dove coltivare ma pure su dove edificare.
Vi siamo grati i tantissimi x il vostro lavoro!!
Buongiorno. In questi giorni si fa un gran parlare di inquinamento di nano plastiche e di micro plastiche. Secondo Lei, gentile signora, le bustine da tè che io butto nell’umido, perché mi sembrano fatte di carta, sono innocenti?
Purtroppo le nuove direttive sugli imballaggi obbligano a inserire le indicazioni per un corretto smaltimento dei materiali solo per quanto riguarda il packaging. Nel caso delle bustine sono le aziende che volontariamente potrebbero indicare sulle confezioni come smaltirle. Dipende da azienda ad azienda
Grazie mille per il Tuo Grande Lavoro….
Se posso permettermi un consiglio, meglio scegliere il tè sfuso e dire addio alle bustine, che sono una vera mania tutta italiana. Basta un semplice filtro in acciaio — ce ne sono di ogni tipo — e si guadagna in gusto, qualità e sostenibilità. Meno rifiuti, nessuna inutile contaminazione da materiali a contatto con l’acqua bollente, e molto più piacere nella tazza.
Ottimo