Lo so, Agrofarma (1), qualche docente e qualche tecnico protesteranno che li si deve chiamare con il termine più rassicurante di agrofarmaci o, al più, con l’ormai sorpassato fitosanitari. Ma, a parte il fatto che Word® mi segnala ‘agrofarmaci’ come neologismo sconosciuto, è l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA (2)) a intitolare “Rapporto nazionale pesticidi nelle acque” la pubblicazione con cui, periodicamente, illustra “lo stato di contaminazione delle acque superficiali e sotterranee derivante dall’uso dei pesticidi, sia in termini di diffusione territoriale, sia in termini di evoluzione temporale”.
Quindi li chiamerò ‘pesticidi’, così come i colleghi inglesi e irlandesi (pesticides), francesi (pesticides), tedeschi e austriaci (Pestiziden), portoghesi (pesticidas), danesi (pesticidrester), estoni (pestitsiidide), lettoni (pesticīdu), lituani (pesticidų), cechi (pesticidů), slovacchi (pesticídov), sloveni (pesticidov) e rumeni (pesticide). Non c’è motivo di ricorrere ad aggraziati neologismi.
Pesticidi, la situazione nelle acque italiane
Secondo l’ISTAT l’agricoltura italiana utilizza circa 122mila tonnellate all’anno di pesticidi, a base di circa 400 sostanze diverse. Diviso per i 58.997.201 residenti fa oltre 2 kg a testa, fate i conti. Diviso per la superficie agricola utilizzata fa 4,5 kg per ettaro. Ma in realtà è ben di più, dato che nella superficie agricola rientrano anche prati, pascoli e terreni a riposo, e il dato è disomogeneo nei diversi territori.
Il rapporto informa che, dal monitoraggio svolto dalle Regioni e dalle Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente, risulta che nel 55,1% dei punti di monitoraggio delle acque superficiali e nel 23,3% delle acque sotterranee sono stati trovati pesticidi. Nelle regioni del nord “la presenza dei pesticidi risulta più elevata di quella media nazionale, arrivando a interessare il 67% dei punti delle acque superficiali e il 34% delle acque sotterranee”. Welcome to Padania.
Il 30,5% dei punti di monitoraggio delle acque superficiali presenta concentrazioni superiori ai limiti ambientali. “Le sostanze che più spesso hanno determinato il superamento sono: gli erbicidi glifosate e il suo metabolita AMPA, metolaclor e il metabolita metolaclor-esa, imazamox, esaclorobenzene e nicosulfuron, tra i fungicidi azossistrbina, dimetomorf, carbendazim e metalaxil” si legge sul rapporto.
Nelle acque sotterranee, è il 5,4% a presentare concentrazioni superiori ai limiti. “Le sostanze più rinvenute sopra il limite sono: i metaboliti metolaclor-esa e atrazina desetil desisopropil, gli erbicidi bentazone, glifosate e AMPA e imazamox, l’insetticida imidacloprid e il fungicida metalaxil”.
I rischi di una contaminazione così vasta
Gli standard di qualità ambientale sono stati istituiti per ridurre i costi dei trattamenti per rendere potabili le acque e per “migliorare la salute delle piante e del bestiame” che vi si abbevera. Tuttavia il rapporto avverte che anche in concentrazioni inferiori ai limiti ambientali, i pesticidi “possono in combinazione dare luogo a effetti cumulativi non accettabili”.
Ora, che il glifosato, la cui etichetta presenta l’indicazione di pericolo “Tossico per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata” e l’avvertenza “Non contaminare l’acqua con il prodotto”, e il suo metabolita siano presenti rispettivamente nel 42% e nel 68% delle acque superficiali, oltre che assieme nel 20,4% di quelle profonde, (e siano curiosamente cercati solo da 14 regioni; quali sarebbero i risultati se fosse ricercato in tutte?) sembra bizzarro solo a me?
Che tra le indicazioni di pericolo nelle etichette delle sostanze trovate con maggior frequenza nelle acque, oltre a “Molto tossico per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata” spicchino ”Sospettato di nuocere al feto”, “Può nuocere alla fertilità”, “Può provocare danni agli organi in caso di esposizione prolungata o ripetuta” fa drizzare le orecchie solo a me?
I pesticidi negli alimenti
Se questa è la situazione delle nostre chiare, fresche et dolci acque, quella dei residui negli alimenti è fotografata, anch’essa impietosamente, dal dossier “Stop ai pesticidi nel piatto 2023”. In esso Legambiente elabora i dati ufficiali di forniti da ARPA, IZS, USL, ATS.
Il 69,89% della frutta campionata nelle analisi ufficiali contiene residui, con il 50,28% che presenta residui di più sostanze. Il record va a un campione di pesche e uno di fragole ambedue di produzione italiana con residui di 14 e 12 sostanze. Lo stesso vale per il 31,47% degli ortaggi (il 13% con residui di più sostanze).Presenta residui anche il 36,22% dei prodotti trasformati (16,76% multiresiduo). Contengono residui di almeno una sostanza l’84,97% delle pere, l’83% delle pesche, l’80.67% delle mele il 73.17% dell’uva. Residui anche nel 51.13% del vino.
Il vino non si dà ai bambini, ma frutta e verdura sì. A tutela della loro salute, le normative europee (necessariamente vigenti anche in Italia) stabiliscono che negli alimenti per lattanti e bambini fino ai tre anni non devono essere presenti residui (o meglio, prendendo atto della presenza di pesticidi nell’ambiente, si è stabilita una sorta di ‘zero tecnico’ a 0,01 ppm, pari a 1 grammo di sostanza su 100 tonnellate di alimento).
Da ciò consegue che il 69,89% della frutta e il 31,47% degli ortaggi presenti sul mercato italiano non sono da considerare idonei all’alimentazione dei bambini, dato che superano i limiti stabiliti per l’infanzia. I genitori che preparano in casa gli omogeneizzati e le pappe per i loro piccoli lo tengano presente.
La protesta dei trattori
In questi giorni, a bordo dei loro trattori, agricoltori organizzati in comitati più o meno autonomi (Riscatto agricolo e Agricoltori traditi), con altri colleghi hanno marciato protestando su Bruxelles. Nella capitale Belga ci sono stati lanci di petardi, uova, bottiglie e rogo di una statua. A Sanremo contano di salire sul palco. Non è riuscito ai Jalisse (3), riuscirà agli Agricoltori traditi?
Le ragioni degli agricoltori
Tra gli elementi della protesta, in un gran mischione:
- l’import di cereali a basso costo dall’Ucraina, che ha ridotto le quotazioni di quelli di produzione UE (vero, per chi produce cereali);
- i prezzi delle commodities determinati dalle borse merci internazionali (vero);
- gli accordi sul libero commercio (grazi ai quali, però, l’Italia nel 2023 ha esportato prodotti agroalimentari per 64 miliardi) e la concorrenza delle agricolture dei Paesi terzi in cui costo del lavoro, vincoli e normative sono minori (vero, se i vincoli che ci sono da noi fossero sempre rispettati: dalle ispezioni dell’INPS su 142.385 aziende agricole 99.086 son risultate irregolari –il 69.6%–, con la bruttezza di 356.145 lavoratori irregolari e di 41.544 totalmente in nero. Vogliamo parlare, pacatamente, anche di questo?);
- i prezzi bassi pagati dall’industria di trasformazione (vero);
- i prezzi bassi pagati dalla grande distribuzione e dai grossisti (vero);
- l’inefficacia della legge sulle pratiche sleali nella filiera agricola e alimentare (qui Bruxelles non c’entra, ha emanato la direttiva, ma l’applicazione è competenza nazionale);
- l’autorizzazione alla farina di insetti (che non sembra, però, avere inciso sui prezzi del grano né minimamente minacciare di farlo);
- la solita solfa sul ‘cibo sintetico’ (che non c’è e chissà per quanti anni non ci sarà);
- l’abolizione della detassazione IRPEF dei redditi dominicali e agrari (in Italia);
- il piano per la riduzione degli allevamenti (nei Paesi Bassi, dove la gestione dell’azoto è fuori controllo e servono misure);
- la riduzione delle agevolazioni fiscali sul gasolio (in Germania e Francia, legge che era allo studio anche in Italia);
- il peso della burocrazia (vero, anche se riguarda tutti, non solo il mondo agricolo);
- la strategia UE Farm to Fork che prevede la riduzione del 50% dei pesticidi e degli antibiotici negli allevamenti e l’aumento del benessere animale entro il 2030 (vero, ma la situazione su ambiente e alimenti è quella descritta nella prima parte e non se ne può francamente più del negazionismo sull’esigenza di una transizione ecologica dell’economia, agricoltura compresa);
- la contestazione delle organizzazioni agricole tradizionali, accusate di non rappresentare più gli interessi degli agricoltori, ma di potentati diversi, quando non siano esse stesse un potentato e di aver collaborato alla definizione della politica agricola europea e in qualche caso di aver dettato la politica nazionale, orientando la riduzione dei sussidi alle piccole aziende a favore di quelle più grandi con centinaia di ettari (sostanzialmente vero);
- la contestazione del legame tra obbligo per le aziende seminative di mantenere incolto il 4% della superficie e premio PAC (all’azienda che non ottemperi, verrebbero riconosciuti gli altri pagamenti, ma non quello di base; sono considerati non solo terreni a riposo, ma anche stagni, boschetti, fasce alberate, siepi, muretti a secco, fossati, canali, margini dei campi, fasce tampone lungo i corsi d’acqua e su terreni in pendenza, ecc).
Cambierà qualcosa nell’agroindustria?
Una marcia su Bruxelles coi trattori (magari acquistati con l’80% di contributo della PAC europea che contestano, ma questa è un’altra storia) non basta certo a convincere Lactalis (Parmalat, Locatelli, Invernizzi, Galbani, Cadermartori, Nuova Castelli) e Danone a pagare di più il latte.
Non turba più di tanto il sonno agli operatori che alla borsa di Chicago negoziano i futures della soia, né inducono i mangimisti ad acquistare soia nazionale invece che da Stati Uniti, Brasile e Argentina o i pastifici a rinunciare all’acquisto di grano duro dall’Arizona. La logica che i prodotti europei o, meglio ancora, quelli nazionali si dovrebbero poter vendere ovunque, mentre a quelli esteri si dovrebbero sbarrare le frontiere, ahimè, non sta in piedi.
La retromarcia dell’UE sui pesticidi
Ma qualche statua incendiata, evidentemente, è in grado di convincere altri. Per esempio Ursula von der Leyen, presidente della Commissione UE, che sentiti i diversi governi preoccupati dai trattori guidati da agricoltori ribelli, diversi dai loro abituali e più accomodanti interlocutori agricoli, ha annunciato il ritiro della proposta legislativa SUR, il Regolamento per l’uso sostenibile dei pesticidi.
Il motivo? Era “diventato un simbolo di polarizzazione”, preannunciando “una nuova proposta, più matura”, nonostante la risoluzione con cui il Parlamento europeo il 20 ottobre 2021 aveva approvato la strategia Farm to Fork “per un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente”.
Ha convinto forze politiche – anche italiane –, che pure a Bruxelles avevano votato a favore della PAC ora contestata dai comitati, ad affrettarsi a dichiarare che loro erano del tutto d’accordo con gli agricoltori (e quindi contro quel che avevano votato) e ciò miracolosamente già ancor prima delle proteste. Quando uno è bravo, è bravo.
Gli agricoltori non sono i veri vincitori
Alla fine, oltre ad aver dimostrato che il re è nudo, e cioè che le organizzazioni che millantano di rappresentare l’agricoltura sono sostanzialmente dei carrozzoni che rappresentano se stessi, cos’altro porteranno a casa gli agricoltori dei comitati? Il mercato riconoscerà loro un prezzo più equo per latte, pomodori, grano o carne di manzo o di porco? No, manco per idea.
Ad aver vinto questa battaglia condotta conto terzi dai comitati è il settore dell’agrochimica. Anziché investire nella ricerca di molecole a minor impatto potrà infatti continuare nel suo business as usual macinando utili e dividendi grazie alla vendita a caro prezzo di pesticidi a un’agricoltura tossicodipendente che rifiuta ogni percorso di riabilitazione.
Gli agricoltori porteranno a casa forse un altro anno di esenzione fiscale, forse saliranno sul palco di Sanremo. Tuttavia gli unici veri risultati saranno lo stop alla rinaturalizzazione del 4% delle superfici e lo stop alla norma tesa a ridurre i pesticidi che troviamo in più di metà delle acque superficiali, in un quarto delle acque profonde, su due terzi della frutta e su un terzo degli ortaggi. La norma voleva anche tagliare l’uso di antibiotici che causa, solo in Italia, 300mila casi d’infezione correlata a batteri resistenti, con circa 7mila decessi (Associazione Microbiologi Clinici Italiani, Comitato di studio per gli antimicrobici).
Ma temo porteranno a casa anche una frattura netta con i cittadini, tenuti rigorosamente fuori da questo scambio che ha visto in campo trattori da una parte e scranni dell’altra. Ai cittadini consumatori nessuno ha chiesto cosa pensano, ma credo non possano che essere sconcertati dai toni delle dichiarazioni: “L’Italia porta a casa un risultato fondamentale”, “La Commissione recepisce le nostre proposte”, “Si ferma l’eurofollia sui pesticidi in agricoltura. È una vittoria italiana”.
Tenerci i pesticidi è davvero una vittoria di tutti gli italiani?
Il blocco di una norma che voleva eliminare i pesticidi dalle acque di falda e dai due terzi della frutta sul mercato che, così com’è, non si dovrebbe dare ai bambini, sarebbe una vittoria?
Probabilmente ne guadagnerà l’agricoltura biologica, che di pesticidi fa a meno e che della rinaturalizzazione di elementi delle sue aziende fa quasi un mantra. Dovrebbe diventare l’alternativa di elezione per chi, oltre a volere un ambiente più sano (e magari anche più bello, grazie a stagni, boschetti, fasce alberate e siepi), non vuole sui propri alimenti cocktail incerti di sostanze con etichette di pericolo inquietanti. Gli agricoltori biologici, però, avrebbero di gran lunga preferito a questo nuovo appeal che la normativa sull’uso sostenibile dei pesticidi seguisse il suo percorso senza stop. Per il cittadino consumatore, comunque, è un’ottima occasione per mostrare da che parte sta e che agricoltura vuole.
Una nota di colore: Coldiretti, accusata dai comitati di connivenza con il nemico e di aver svenduto l’agricoltura, sta disperatamente cercando di mettere il suo cappellino giallo-verde sulla protesta. Lo fa spacciando il dietrofront di von der Leyen come grande risultato di sue manifestazioni a Bruxelles, con dichiarazioni che chi sta seguendo la questione non può che trovare imbarazzanti.
Roberto Pinton
Note:
- L’associazione di Confindustria costituita da 35 imprese produttrici di pesticidi, con un fatturato in Italia di un miliardo di euro, il 95% del comparto
- ISPRA è la struttura tecnico-scientifica del ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare
- Da 27 i Jalisse provano a partecipare al Festival di Sanremo come concorrenti, ma ogni anno vengono respinti. Nell’edizione in corso, sono presenti come ospiti.
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Voglio ricordare che senza concimi e fitofarmaci nel giro di pochi anni la fame nel mondo aumenterebbe esponenzialmente (basta vedere le prove maldestre fatte in alcuni paesi del sud-est asiatico).inoltre senza fitofarmaci i prodotti sarebbero di qualità scadente(pezzatura,colore, proprietà nutritive,aflatossine,ect).nelle grandi città lontani dalle campagne nn si ha la reale percezione del lavoro dei contadini di cosa voglia dire combattere con fitofaghi,muffe ect che nel giro di pochi giorni distruggono il lavoro e gli investimenti di un intero anno.
LA SOLITA SOLFA DI BIG Chimica. Vandana Shiva in India ha dimostrato che i campi senza pesticidi né concimi chimici, diserbanti e altro sono più sani e producono anche di più. La cosiddetta Rivoluzione verde è fallita e i territori inondati dalla chimica soffrono e si distruggono. Se fosse vero ciò che lei ha scritto tutti i campi coltivati secondo i regolamenti Bio dovrebbero già essersi auto distrutti, ma non è così, essi prosperano e producono prodotti sani e salutari privi di tossici.
Giovani Fazio
Ohi, mi sembra che finalmente si parli in termini corretti del problema. Manca pure la questione dell’agrifotovoltaico gestito da società non agri e anche agri che vanno a togliere migliaia di ettari coltivabili alla cosiddetta agricoltura in modo permanente.
Così si sono calate le braghe davanti alle esigenze dei produttori di pesticidi senza contare il danno che procurano alle api della cui utilità credo sappiano tutti.
Interessante che nell’articolo si passi, con un salto logico notevole, dalle percentuali di frutta e verdura in cui sono trovati i residui di pesticidi all’affermazione che “non sono sicure per l’alimentazione dei bambini” (i bambini, mi raccomando, perché fa più effetto), spiegando solo en passant che ci sono dei limiti di 1 GRAMMO PER 100 TONNELLATE (forse non è chiaro: 1 grammo ogni 100.000 kg; o forse meglio ancora: 1 grammo ogni MILIONE di grammi). Praticamente sono di più le sostanze tossiche NATURALI presenti nei vegetali. Quei residui trovati non hanno mai superato le dosi omeopatiche di pesticidi prescritte dalla legge (vi sfido a trovare un solo studio dove si dica il contrario).
Niente da dire, invece sui pesticidi nell’ambiente: quelli sono il problema, perché lì abbiamo dei campioni che SUPERANO I LIMITI e che finiscono per contaminare le falde idriche.
Non si tratta di un salto logico, ma di semplice consecuzione. Mi segua:
a) per proteggere i gruppi vulnerabili della popolazione, la normativa europea determina che gli alimenti per i bambini nella prima infanzia non possono contenere residui superiori a 0,01 mg/kg, salvo che per alcuni pesticidi o metaboliti per i quali fissa limitazioni ancora più rigide (0,003 mg/kg) sì o no?
b) presentando più di 0.01 mg/kg di residui di pesticidi il 69,89% della frutta (il 50,28% multiresiduo), il 31,47% degli ortaggi (il 13% multiresiduo), il 36,22% dei prodotti trasformati (16,76% multiresiduo), a norma di legge non sono idonei all’alimentazione di bambini nella prima infanzia (fino a 36 mesi) sì o no?
No. L’articolo NON dice che sono stati trovati residui di pesticidi in frutta e verdura SUPERIORI al limite di 1 ppm, ma solo che sono stati TROVATI. Non in che quantità.
Secondo il report dell’EFSA (l’Ente Europeo per la Sicurezza Alimentare) del 2021, nel 58% dei campioni NON sono stati rilevati pesticidi in quantità rilevabile; nel 40% dei campioni sono stati rilevati residui di pesticidi AL DI SOTTO DEL LIMITE MASSIMO ACCETTABILE, ovvero il suddetto grammo ogni 100 tonnellate. Solo nel 2% dei campioni i residui di pesticidi superavano i limiti. I dati sono facilmente accessibili con una ricerchina online, cosa che bisognerebbe fare quando si citano numeri e dati in un articolo, specialmente quando l’articolo pretende di informare i consumatori su una tematica particolarmente carica dal punto di vista emotivo. Almeno se l’intenzione è di fare informazione scientificamente corretta.
https://multimedia.efsa.europa.eu/pesticides-report-2021/
Poi basta, non commento più.
Il contributo non sostiene affatto che si sono trovati residui sopra 1 ppm, ma sopra 0.01 ppm, il che, secondo i regolamenti europei rende il prodotto non idoneo all’alimentazione dei bambini fino a 36 mesi, piaccia o meno.
Il 2% (forse era addirittura qualche decimale di meno, ma sono in trasferta e non ho modo di controllare) cui fa riferimento era costituito da prodotti che non avrebbero potuto nemmeno essere immessi sul mercato come alimenti, perché per legge non idonei nemmeno al consumo di un adulto.
Claudia volevi scrivere 0,01 ppm, vero?
se potessi scegliere tra sostanze tossiche naturali e quelle artificiali, opterei per le prime, ovviamente, perché le seconde le vogliamo aggiungere noi, non esistendo in natura. ma per quale motivo si dovrebbero accettare residui di pesticidi su frutta e verdura, quand’anche in quantità infinitesimali, se la scienza ancora non arriva ad esaminarne gli effetti, singoli o in combutta, sul nostro organismo? allo stato attuale, chi può permettersi di escludere categoricamente delle conseguenze negative nel nostro corpo?
secondo me dovremmo ridurre tutte le sostanze tossiche e soprattutto quelle naturali. Tenga conto che le sostanze naturali denominate aflatossine sono le sostanze più cancerogene in assoluto
Ottimo articolo. Da diffondere.
Ottimo articolo, capace di evidenziare i punti critici della questione. Grazie
Ma tu, Europa, quando fai il passo indietro, lo devi fare NECESSARIAMENTE su TUTTO il pacchetto? Non potresti scorporare dal dietrofront ciò che riguarda, ad esempio, l’uso sostenibile dei pesticidi o la rinaturalizzazione degli habitat?
E’ vergognoso! Si vuole far passare per una vittoria quella che è un sconfitta per tutti! ( Tranne che per l’industria dei fitofarmaci)
Una grande sconfitta per tutti noi
Buongiorno,
aggiungo una precisazione: il 4% dei terreni a riposo o comunque temporaneamente non coltivati, sarebbe obbligatorio soltanto per le aziende che conducono più di 10 ettari di seminativi, che in Italia sono una minima parte del totale. Inoltre il Governo italiano che è prontamente salito sul carro della protesta contro l’UE che starebbe vessando i poveri agricoltori con le sue regole e la sua burocrazia, proprio in questi giorni sta emanando un decreto che avrà il sicuro effetto di un raddoppio netto della burocrazia e dei costi a carico degli agricoltori che richiedono contributi agricoli. Il nuovo decreto di riforma dei CAA centri assistenza agricola obbliga il CAA ad avere 2 operatori senza alcuna competenza specifica ma con contratto di lavoro dipendente, per la presentazione di una domanda di contributo, uno interviene come “istruttore”, l’altro come “verificatore” (come i Carabinieri delle barzellette). Il decreto non prevede oneri aggiuntivi a carico dello Stato, quindi il raddoppio dei costi e della burocrazia ricadrà interamente sugli agricoltori. In compenso con l’obbligo del lavoro dipendente, verranno estromessi i liberi professionisti dal settore della consulenza agricola, impedendo agli agricoltori di farsi assistere da un tecnico di fiducia. Ma la maggior parte degli agricoltori italiani continua a pagare la tessera sindacale, e a prendersela con l’Unione Europea.
Chiamarla una grande sconfitta è un eufemismo! Io la chiamerei una drammatica sconfitta con un esito scellerato per tutti, che in pochi giorni ha azzerato le battaglie di anni. Da venti anni sono nel biologico e insieme a tanti altri mi sono spesa per informare sui danni del glifasato e company, per raccogliere firme, perchè non ci fosse più chi pensa che “senza concimi e fitofarmaci nel giro di pochi anni la fame nel mondo aumenterebbe esponenzialmente”. Ora tutto azzerato? Si torna ai cancelli di partenza? Io non ce la posso fare…
Ottimo articolo, sia nei contenuti che nella forma, colloquiale e interessante anche per i meno informati. Grazie
E’ una vera indecenza questo calarsi le brache di fronte a pretese antiecologiche ed antiscientifiche. Ma a lle persone comuni nessunho ci pensa? Il Governo non vuole perdere voti, ma, anche per chi glieli dà, perderà i nostri. Se le acque e le falde sono così inquinate, anche il biologico non sarà una sicurezza. Un cammino verso la sicurezza, non oggi ma nel domani, sta solo nella riduzione dei pesticidi e nella ricerca di formulati meno tossici. BIsognerà imbastire un referendum, di fronte al quale saremo più forti dei trattoristi.
Le ricordo che un referendum sui pesticidi si è già tenuto in Italia. Non raggiunse neppure il quorum…
Non so dove avete preso i dati ma mi risulta che in Italia il 60% delle analisi risulti a residui =, il 2% oltre la soglia ed il restante in regola con le norme europee quindi senza pericoli per la salute pubblica nonostante gli ecoterroristi soffino sul fuoco. La rinaturalizzazione è già in atto con circa 600.000 ha di bosco in più e con circa 200.000 ha di oliveti che si stanno trasformando in bosco. Metteteci pure che 300.000 ha di oliveti vengono appena lavorati per non farli diventare bosco ed abbiamo già la rinaturalizzazione servita. Dato che ci sono esperti verrei sapere come si contrasta la peronospora. Ursula Von Der Leyen ha detto che si può fare a meno di luppolo, vino e pomodoro. Spero che la risposta non sia l’applicazione della idea di Ursula. Poi ci sono molti altri funghi ed insetti che non nomino ma che l’esperto dovrebbe conoscere. Oltre a queste storiche avversità ci state portando in Europa parassiti ignoti finora come la cimice asiatica e la Xilella. Grazie a voi. Ci si preoccupa tanto dei cambiamenti climatici che obbligano gli agricoltori a fare più trattamenti poi a molti non stanno bene ne pale eoliche o i campi fotovoltaici nei quali il pascolo è eseguito normalmente invece degli allevamenti intensivi. Contro i cambiamenti climatici, contro gli allevamenti intensivi contro i campi fotovoltaici che in Italia occupano circa 15.000 ha. (Il comune di Roma è vasto 150.000 ha per fare un esempio). Le analisi mostrano residui di fitofarmaci ma vorrei sapere quanti residui di detersivi, feci, saponi, di pfas si trovano nelle acque. In questi casi non c’è neanche bisogna di analisi, si sente la puzza. Provate pure a vedere cosa succede con l’impermeabilizzazione dei terreni per costruire case, strade, centri commerciali, parcheggi. Un disastro ma non lo vedete eppure è sotto i vostri occhi
ancora una volta il mio commento (nel quale evidenziavo il carattere ideologico dell autore,al quale i pesticidi italiani non piacciono ma non diice che ci arriveranno quelli extraeuropei)è stato censurato perché non si gradisce il dissenso
Se desidera commentare esprimendo una sua opinione in merito all’articolo non ci sono problemi. Se invece vuole attribuire all’autore pensieri o intenzioni senza alcun riscontro, no, non lo pubblichiamo.
Una eccellente sintesi dello stato dell’arte. Ringrazio l’autore di non aver approfondito le tematiche delle produzioni biologiche, dove associazioni ed enti di controllo preferiscono continuare la tecnica dello struzzo pur di non intaccare il “ buon nome” ( o presunto tale) del comparto.
Dal 2020 vivo in provincia di VT, con mio marito ci siamo trasferiti da Roma per vivere in campagna. E’ bello ma non è facile vivere in campagna per chi non ci è cresciuto. Ma credo che sia vitale farlo. Si capiscono più cose vivendo a contatto con la natura, bella ma impietosa. Coltiviamo grano, farro e legumi più un orto per la nostra famiglia. Tutto in modo naturale. Neanche biologico, e non è facile. Animali, meteo avverso possono e rovinano mesi di lavoro in un attimo. Capisco i produttori di ettari di agricoltura e allevamenti ma non condivido le loro scelte. Purtroppo credo sia un cane che si morde la coda. Noi consumatori facciamo richieste INNATURALI, e i produttori per accontentarle e guadagnare fanno di tutto. La Tuscia dove vivo, è invasa da noccioleti, monocolture dannose, molti per accaparrarsi i finanziamenti EU, fanno per i primi 3anni coltivazioni bio poi si vendono alle note marche di creme nocciola -cacao che non vogliono neanche l’ombra del vermetto e innondano i noccioleti di pesticidi( il lago di Vico ha il divieto di balneazione!!). Credo che dovremmo tutti fare MOLTI passi indietro e rivedere sia le nostre vere esigenze e creare delle basi di mercato più sano. La differenza la facciamo noi andando a fare la spesa.
Buongiorno Stefania, condivido in pieno la sua analisi, molto meno la sua conclusione “La differenza la facciamo noi andando a fare la spesa.” Il consumatore o il cittadino, non ha nessun potere d’incidere con le sue scelte individuali. Dovrei poter acquistare i prodotti direttamente dal produttore, al prezzo corretto per remunerare il suo lavoro. Purtroppo se lo faccio devo lasciare il lavoro, perché il tempo che mi serve sarebbe troppo e non ne avrei per lavorare. E comunque anche se non mi dimetto ci penserà l’azienda a licenziarmi perché se tagliamo tutti i passaggi intermedi e tutti i lavori che allora non avrebbero senso d’esistere, molte aziende chiuderanno perché non avranno nulla da fare. Dobbiamo continuamente aumentare i nostri consumi, perché il PIL deve continuamente crescere. Che poi i nostri consumi siano di nocciole con o senza vermetto, di frutta o di pesticidi, di abiti, servizi o Bitcoin, non cambia nulla. No, non credo che “Noi consumatori facciamo richieste INNATURALI” noi consumatori facciamo le uniche richieste possibili, quelle oggi naturalmente possibili.
personalmente vedrei un’unica soluzione: corretta informazione e responsabilizzazione. ma se non si parte dalle scuole, sarà difficile riuscire a venire a capo di questi problemi.
Sono una consumatrice del biologico tutte le volte che è possibile, non mangio carne da vent’anni e francamente avrei voluto vedere più inchieste precise sui contenuti di questa agitazione così manipolata. Ma evidentemente gli interessi in gioco sono enormi.
Mi è piaciuta questa analisi, come anche quelle di Altreconomia. A radio3 invece (ma ho sentito soltanto una trasmissione, posso sbagliare) si parlava tranquillamente di fitofarmaci.
Facciamo conoscere di più i dati dell’inquinamento delle acque, allertiamo i consumatori. Sono gli unici che possono provare a cambiare le cose. Grazie del vostro impegno.
Ok
E quindi per salvarci come dobbiamo fare smettere di mangiare frutta e verdura?