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In data 4 Dicembre l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha reso pubblico un nuovo parere scientifico relativo alla Peste suina africana (PSA), problema di grandissima importanza in Europa e in numerosi altri paesi del mondo. In particolare, in Italia è in corso un’epidemia di questa malattia contagiosa di origine virale nei cinghiali in otto diverse regioni italiane. Il problema è gravissimo in Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna, dove solo negli ultimi quattro mesi si sono verificati 31 focolai di malattia negli allevamenti suinicoli, che hanno portato all’abbattimento di oltre centomila suini. Le autorità stanno incontrando grandi difficoltà nella prevenzione e nel controllo efficace della PSA, malattia contro la quale non è ancora disponibile un vaccino efficace. La filiera suinicola italiana ha già subito perdite economiche elevatissime, stimate in centinaia di milioni di euro.

Considerata la difficile situazione, la Commissione Europea segue con grande attenzione questa problematica avvalendosi del supporto scientifico dell’EFSA. Il recente documento EFSA è infatti scaturito dalla richiesta della Commissione di “Rivedere, identificare e descrivere i fattori di rischio coinvolti nella comparsa, diffusione e persistenza del virus della PSA”

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Peste suina negli ultimi 4 mesi si sono verificati 31 focolai negli allevamenti suinicoli

Cinque fattori di rischio

Sulla base di tale richiesta, il gruppo degli esperti ha identificato ed analizzato cinque problematiche. Le prime due riguardano i fattori di rischio e di protezione della PSA nei suini domestici, inclusa la densità dei cinghiali, per la comparsa, diffusione e persistenza della PSA.
Al terzo posto troviamo il possibile ruolo dei vettori (inclusi vettori meccanici) nell’epidemiologia della PSA in Europa, segue l’efficacia delle barriere per il controllo dei movimenti dei cinghiali e infine la possibilità di utilizzo e di immuno-contraccezione come metodo per il controllo delle popolazioni dei selvatici. In relazione a questi problemi, gli esperti sono arrivati a conclusioni e  hanno diffuso alcune  raccomandazioni.

Suini domestici

La prossimità a focolai di PSA (in suini domestici e cinghiali selvatici) è stata identificata come un fattore di rischio per la comparsa della malattia negli allevamenti suini.  Studi caso-controllo condotti in allevamenti commerciali in Lettonia, Polonia e Romania hanno evidenziato modalità di gestione che sono stati ritenuti fattori di rischio, tra cui la dispersione del letame intorno agli allevamenti e l’uso di materiali per lettiere. Al contrario le reti anti-insetti su finestre e aperture sonoriste ritenute un fattore protettivo contro la Peste suina.  Anche l’implementazione di misure di biosicurezza negli allevamenti suini, inclusa la conservazione adeguata dei materiali per lettiere, è essenziale per prevenire l’introduzione del virus negli allevamenti. L’installazione di sistemi di protezione anti-insetti è raccomandata per proteggersi da potenziali vettori meccanici nelle aree in cui l’epidemia è presente.

Branco di cinghiali ai margini di un bosco; concept: peste suina
Peste suina, non bastano le barriere per arginare l’epidemia dice EFSA

Cinghiali

Sebbene la densità di cinghiali sia stato un argomento molto dibattuto nelle revisioni sistematiche della letteratura scientifica, le analisi statistiche condotte per redigere il rapporto EFSA  non hanno rivelato un effetto chiaro e coerente fra la densità di cinghiali e l’epidemiologia della Peste suina. La densità ha esercitato un’influenza moderata nella comparsa della PSA e ha contribuito alla seconda ondata nel nord Italia, ma non è stata associata alla persistenza della PSA in Lettonia e Lituania. Si tratta di risultati da interpretare con cautela a causa della scarsa variabilità della densità nelle aree di studio. Questi risultati suggeriscono che altri fattori, come l’habitat, il clima e le barriere che influenzano la continuità delle popolazioni, potrebbero avere un ruolo importante.

Gli Stati membri dovrebbero a raccogliere e riportare i dati sul campo in modo armonizzato, includendo data e posizione precisa di cinghiali sia positivi che negativi ai test. Questi dati saranno preziosi per esplorare ulteriormente il ruolo della densità dei cinghiali e monitorare l’evoluzione della malattia.

Insetti vettori

Non esiste evidenza scientifica che le zecche del genere Ornithodorus siano presenti nelle aree europee colpite dall’epidemia e si ritiene che queste zecche non abbiano avuto alcun ruolo nella trasmissione della PSA  almeno negli ultimi ultimi 10 anni.  Le evidenze scientifiche suggeriscono che le mosche (Stomoxys calcitrans) e i tafani (Tabanidae) siano esposti al virus della PSA nelle aree colpite dell’UE e abbiano la capacità di introdurre il virus negli allevamenti e trasmetterlo ai suini. Il modello stagionale delle epidemie di PSA con un picco estivo di focolai nei suini domestici in Europa coincide, in generale, con l’attività degli artropodi ematofagi, sollevando interrogativi sul possibile ruolo degli insetti come vettori meccanici.

Tuttavia non vi sono prove sufficienti per dimostrare una relazione causale tra la stagionalità delle epidemie di PSA nei suini domestici e il potenziale ruolo degli insetti ematofagi. Il ruolo di mosche e tafani rimane incerto e richiede ulteriori indagini. Nonostante le incertezze ancora esistenti su questo argomento, gli esperti hanno raccomandato l’uso di reti anti-insetti negli allevamenti (vedi punto 1).

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Un vaccino orale per il controllo della fertilità dei cinghiali richiede ancora lavoro

Barriere per la peste suina

Le ricerche pubblicate e l’esperienza sul campo dimostrano che le recinzioni, eventualmente integrate con l’infrastruttura stradale esistente, possono ridurre efficacemente i movimenti dei cinghiali, contribuendo alla gestione della PSA nei cinghiali se combinate con l’abbattimento selettivo e la rimozione delle carcasse. Per essere efficaci, le recinzioni devono essere progettate adeguatamente, avere una copertura spaziale sufficiente, essere implementate tempestivamente e mantenute. È fondamentale comprendere con precisione il contesto epidemiologico locale per posizionare correttamente le recinzioni.  I repellenti olfattivi non sono raccomandati come metodo autonomo per il controllo dei movimenti dei cinghiali.

Immuno-contraccezione

L’uso di vaccini a base di Ormone di rilascio delle gonadotropine (GnRH) come immuno-contraccettivi ha il potenziale, in futuro, di diventare uno strumento complementare per ridurre e controllare le popolazioni di cinghiali. Tuttavia, lo sviluppo di un vaccino orale sicuro ed efficace per il controllo della fertilità dei cinghiali richiede ancora un lavoro significativo. In estrema sintesi, con questa parere l’EFSA ha formulato alcune raccomandazioni molto importanti come i sistemi di protezione anti-insetti quale ulteriore misura di biosicurezza negli allevamenti .

Alberto Laddomada  (ex dirigente della Commissione Europea e già direttore generale dell’IZS della Sardegna)

© Riproduzione riservata. Foto: Fotolia, Depositphotos.com

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