pasta-confezioni
La pasta: simbolo del made in Italy. Sarebbe corretto indicare in etichetta l’origine della materia prima

Il vessillo per antonomasia del Made in Italy, la pasta, viene preso da anni come esempio di alimento realizzato in Italia a partire da grano duro in parte  italiano e in parte importato da altri paesi. La questione crea una crea una certa polemica con la filiera agricola che denuncia il massiccio impiego di frumento estero che però si rende necessario visto che il prodotto made in italy non basta. Alla resa dei conti ecco comparire il nuovo progetto normativo del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.

Il disegno ministeriale mira a introdurre l’obbligo di indicare l’origine sia della semola, sia del grano duro da cui deriva, sulle etichette della pasta alimentare di cui al DPR n. 187/2001. All’atto pratico, l’operatore responsabile dell’informazione al consumatore (1) dovrebbe precisare:

  • il Paese di origine dell’ingrediente primario della pasta, la semola, che di fatto coincide con il Paese di ultima trasformazione;
  • il Paese di provenienza dell’ingrediente primario della semola, vale a dire l’origine del grano duro. Ad esempio: “pasta italiana prodotta con semola italiana da grano canadese”.
Homemade Cooked Spaghetti Squash Pasta
Origine della semola e del grano possono divergere o coincidere: la dicitura in etichetta fa chiarezza

Se l’origine della semola e la provenienza del grano coincidono, si potrà scrivere sulla confezione “grano duro e semola 100%: nome del paese”. Nel caso di miscele di varie origini e provenienze, si potranno completare le informazioni  con la scritta riferita a  “paesi UE” e “paesi non UE” come si fa attualmente con altri prodotti. L’iniziativa del Mi.P.A.A.F. costituisce una risposta alla battaglia del grano dei mesi scorsi e segue il solco già tracciato con il progetto di decreto atto a imporre l’origine del latte sulle etichette dei prodotti lattiero-caseari preimballati.

Lo schema di decreto verrà ora sottoposto alla consultazione interministeriale e il  testo dovrà venire notificato alla Commissione europea, la quale a sua volta lo sottoporrà agli altri Stati membri per eventuali osservazioni. In ogni caso, le norme non potranno venire applicate né alla pasta realizzata in altri paesi UE, né agli alimenti destinati all’esportazione (poiché le norme di etichettatura da rispettare sono quelle vigenti nel mercato di destinazione).

Gli ostacoli da superare non sono pochi, tenuto conto sia delle posizioni avverse finora espresse dai produttori di pasta, sia delle probabili obiezioni di altri paesi europei sull’estensione dell’obbligo di dichiarazione d’origine della materia prima (grano duro). Ciò detto, sorge un dubbio che può quasi sembrare una battuta: perché la pasta e non il pane?
Per approfondimenti leggi  Origine, quale grano nella pasta?

Dario Dongo

logo-faregift dario dongo

0 0 voti
Vota
13 Commenti
Feedbacks
Vedi tutti i commenti
luigi
luigi
9 Novembre 2016 14:27

giustamente! non consumiamo mica solo grandi quantità di pasta…

federico
federico
9 Novembre 2016 18:43

Baggianata, nel senso che ormai tutti sanno che il grano duro italiano è in quantità insufficiente per produrre la nostra pasta.
Preferirei che mi dicessero che grano è come è stato coltivato e che trattamenti ha avuto.
E poi riguarda solo la semola di grano duro? il grano tenero?

Luca
Luca
Reply to  federico
10 Novembre 2016 17:41

Anche se il grano italiano non fosse sufficiente a coprire le esigenze nazionali c’è comunque chi preferisce la pasta totalmente italiana e chi, come lei, da meno importanza alla provenienza di quello che mette nel piatto, ma da qui a definirla una baggianata c’è una bella differenza.

Per quanto riguarda i trattamenti basta acquistare un prodotto biologico e leggersi ciò che è previsto dal relativo regolamento.

Sandro kensan
9 Novembre 2016 22:46

A me il pane piace molto e mi piacerebbe sapere se il mio pane al Kamut (khoresan) è fatto tutto in USA o anche da altre (Italia?) parti del mondo.

Luca
Luca
Reply to  Sandro kensan
10 Novembre 2016 17:14

Se la semola è Kamut allora proviene dal mercato americano, se è di khorasan potrebbe anche essere di grano italiano o comunque europeo.

fabrizio_caiofabricius
fabrizio_caiofabricius
Reply to  Sandro kensan
11 Novembre 2016 14:49

Il Kamut è un marchio non una specie e la ditta che lo ha registrato lo coltiva solo in America . Il grano Khorasan è comunque un precursore semi-antico del moderno duro che nei secoli si è conservato anche in Italia ed è oggi facilmente reperibile grazie ad alcuni pastifici meridionali.

Sandro kensan
Reply to  Sandro kensan
11 Novembre 2016 15:37

x Fabrizio:
Il khorasan andrebbe scritto in minuscolo in quanto non è un marchio registrato ma solo una varietà di cereale. Mentre Kamut è corretto scriverlo in maiuscolo.

gino
gino
10 Novembre 2016 20:07

L’etichettatura d’origine è solo una propaganda….. politica. Non è, e non sarà mai, la manna che potrà risolvere i problemi dell’agricoltura italiana (per da qui nasce la bozza di Decreto).

Piuttosto, per noi consumatori e per il nostro diritto ad essere informati, esistono già paste di filiera 100% italiana tracciate e certificate. Volendo c’è già la possibilità di scegliere o discriminare !!!

Le altre paste in commercio (con dichiarazione d’origine NON dichiarata) – posto il deficit strutturale della produzione di grano nostrano – è OVVIO che siano state ottenute con semole derivanti da grani italiani ed esteri !!

Se poi, ripeto, vale la propaganda ……. che PROPAGANDA SIA !!!

Valeria Nardi
Reply to  gino
11 Novembre 2016 09:44

Qui abbiamo pubblicato l’elenco aggiornato delle marche di pasta ottenute esclusivamente con grano 100% italiano: http://www.ilfattoalimentare.it/pasta-italiana-voiello-granoro-semola.html

Luca
Luca
Reply to  gino
15 Novembre 2016 16:41

X Gino:
identificare il grano come Italiano o Non Italiano è un po’ troppo semplicistico, il mondo è grande e ci sono moltissimi produttori, alcuni meritano la nostra fiducia e altri no.
Ci sono stati molti scandali in passato sul grano, anche molto recenti purtroppo, ci sono sicuramente consumatori attenti che si informano e ricercano prodotti che ritengono sicuri, gridare alla propaganda per questo non mi sembra opportuno.

fabrizio_caiofabricius
fabrizio_caiofabricius
11 Novembre 2016 14:59

Certamente non risolve il problema dei bassi ricavi in agricoltura e conseguenti abbandoni e rischio decadimento delle filiere agroalimentari italiane, ma è sicuramente un chiaro e apprezzabile indirizzo.

La qualità è importantissima nell’alimentazione e nel caso del cibo e della pasta in particolare è facilmente ottenibile CON POCHI CENTESIMI IN PIU’ .

E’ questo il messaggio forte e chiaro che deve essere recepito dai consumatori occidentali e italiani in particolare: RISPIARMIARE sul cibo comporta risparmi irrisori, gravi rischi salutistici e un decadimento dell’agricoltura nazionale e relativi dissesti idrogeologici e nefandezze paesaggistiche.

Con 1° in meno d’inverno e 1° in più d’estate si risparmia tanto da avere la scorta di pasta per tutto l’anno per tutta la famiglia compresi nonni e nipoti…

(E sarebbero altri MILLE gli esempi virtuosi e le cattive abitudini da contrastare)

Valentina
Valentina
13 Novembre 2016 10:56

un primo passo importante, speriamo la estendano anche ad altri prodotti..

Maurizio
Maurizio
15 Novembre 2016 15:42

Sappiamo benissimo che il grano non è tutto uguale e non è nemmeno sempre vero che quello italiano sia il migliore in assoluto. Dipende dai gusti! Quindi è sempre bene sapere da quale “stato” viene e non genericamente se Italiano o UE. Meglio ancora sarebbe se si potesse conoscere la “zona”di provenienza e l’annata del raccolto.