In tutto il mondo, lo spreco alimentare motivato da ragioni esclusivamente estetiche rappresenta una porzione rilevante del totale dei vegetali eliminati prima che entrino nel circuito della vendita al dettaglio. Eppure, selezionare la frutta e la verdura in base al calibro e alla perfezione della forma, oltre a rappresentare una pratica ormai ingiustificabile dal punto di vista ambientale e da quello delle ingiustizie sociali, non è un buon affare. Buttare via ortaggi e frutti solo perché non coerenti rispetto a un modello ideale costituisce una perdita di introiti, come dimostra uno studio appena pubblicato su Food Waste Management, che ha analizzato la situazione di uno dei frutti più diffusi al mondo: la mela.
L’indagine sullo spreco alimentare
Lo studio è stato condotto in Cina, paese leader a livello mondiale nella produzione di mele, con i suoi 45 milioni di tonnellate all’anno, da un team di ricercatori della Northwest A&F University di Yangling, in Cina appunto. Gli autori hanno raccolto una serie di dati empirici, relativi a due delle principali province dedicate alle mele, quella di Shandong e quella di Shaanxi, che da sole immettono sul mercato il 75% di tutti i frutti commercializzati.
In particolare, hanno individuato 351 produttori, tra quelli che inviano regolarmente le loro mele alle catene della GDO, o si rivolgono a intermediari, o hanno mercati che seguono altre vie come quelli locali o ad altri canali, e hanno sottoposto i responsabili a interviste mirate sulle quantità avviate alla selezione “estetica”, sui criteri adottati per ammettere o escludere i frutti, sui ricavi, sulle perdite, sulle modalità di raccolta, conservazione e commercializzazione e sulle caratteristiche sociodemografiche del coltivatore stesso. Come controllo, hanno posto le stesse domande a diversi coltivatori “isolati” e non appartenenti a nessuna delle filiere della vendita organizzata.
Il risultato è stato che il 34,7% delle mele prodotto è sottoposto a una selezione estetica. La media nasconde due realtà molto diverse: tra le mele avviate al supermercato la percentuale sale al 46,5%, mentre da quelle che entrano in altri circuiti scende al 28,3%. In ogni caso, in totale il 17,1% viene scartato. Se rapportato alla quantità di mele prodotte, si tratta di una quantità enorme.
I criteri di selezione
I criteri in base ai quali una mela viene giudicata non adatta alla vendita sono innanzitutto il calibro, compreso tra 60 e 80 millimetri (6 e 8 cm). Se un frutto ha un diametro al di sotto dei 7 cm viene considerato molto piccolo; al di sotto dei 7,5 piccolo; tra 7,5 e 8 cm medio; oltre gli 8 cm grande e oltre gli 8,5 molto grande. In generale, i supermercati preferiscono quelle grandi: il 43% di quelle vendute appunto a un supermercato in Cina sono classificabili come grandi o molto grandi. E questo spiega perché moltissime mele siano eliminate solo per le dimensioni.
Esistono poi numerosi altri criteri di selezione, che variano da produttore a produttore e da rivendita a rivendita ma, in generale, sono relativi all’integrità della buccia (cioè assenza di ammaccature o segni di vermi), alla maturazione, alla forma regolare, al colore e all’aspetto gradevoli. In questo caso, le valutazioni sono spesso soggettive ma, in generale, i frutti si classificano come eccellenti, medi o appena accettabili.
Le valutazioni si ripercuotono poi sul prezzo pagato agli agricoltori: il prezzo è inferiore quando la classificazione è soltanto in base al calibro, e superiore quando segue criteri estetici ma, in generale, decidere se una mela può o meno essere venduta a seconda del suo aspetto significa far diminuire i guadagni degli agricoltori, perché la cernita ha un suo costo, e utilizzare più sostanze dannose.
Costi non trascurabili
Tra le voci che concorrono ad abbassare i ricavi vi sono infatti le spese per il personale che deve operare la selezione, il tempo in cui i frutti restano in deposito per la stessa, i costi del packaging, ecc: non un grande affare, quindi, per i produttori, anche se le mele perfette sono vendute a un prezzo finale più elevato. Nello studio si legge: “i contadini cinesi usano piccoli sacchetti di carta sui frutti in via di sviluppo, in modo da proteggerli da insetti, malattie, irrorazione di pesticidi e per evitare che si deturpino. I Ogni mela viene imbustata poco dopo la caduta dei fiori e i sacchetti vengono tolti circa 2 settimane prima del raccolto, in modo che i frutti diventino rapidamente rossi alla luce del sole”. Braccianti che insaccano ogni singola mela almeno due volte durante la stagione di crescita ha dei costi non trascurabili.
Lo spreco alimentare nel mondo
Secondo la FAO, in media nel mondo si spreca il 33% della frutta e della verdura prodotta, ma tale valore sale al 50% nei paesi più sviluppati. Gli sprechi sono dovuti a diverse cause, che variano molto a seconda delle regioni, ma in generale il 21% alla conservazione, l’8% al trasporto, 12% al processamento e al packaging, il 5% agli interventi post raccolta e il 4% a ciò che accade nelle rivendite. A ciò si deve aggiungere la quota che arriva dai criteri meramente estetici. Va detto che più della metà della frutta e della verdura scartata va ad alimentare i circuiti dei biocarburanti o a costituire cibo per animali, oppure a lavorazioni alimentari. Ma una parte si perde inesorabilmente.
Per modificare una situazione da molti considerata inaccettabile, negli ultimi anni stanno aumentando, in alcuni paesi, le iniziative volte a immettere nel circuito della vendita anche i frutti e gli ortaggi che sarebbero scartati per motivazioni solo estetiche, e la buona notizia è che stanno avendo successo.
Coop Svizzera
Tra gli esempi citiamo la Coop svizzera, autentica pioniera del settore, che nell’estate 2013 per combattere lo spreco alimentare ha introdotto il proprio marchio «Ünique» per prodotti irregolari, con una campagna di comunicazione intelligente e spiritosa. Nel 2014 la catena ha venduto 180 tonnellate di carote e 36 tonnellate di pere e, grazie alla risposta positiva dei consumatori, l’assortimento nel 2015 si è ampliato fino a comprendere anche mix di verdure, cetrioli, asparagi, kiwi, arance, limoni, patate e peperoni. Il successo è stato confermato: nel 2020 sono state vendute 1.450 tonnellate di frutta e verdura a marchio Ünique.
Nello stesso periodo, e cioè nel 2013, in Austria, i supermercati appartenenti al gruppo REWE hanno iniziato a lanciare il marchio “Wunderlinge” (“stravaganti”), che comprendeva mele, carote e patate, e successivamente altri prodotti come pesche e cipolle. La varietà offerta dipende dalla stagione, ma in generale la dimensione della confezione è maggiore rispetto ai prodotti normali (1,5–2,5 kg) e i prezzi sono inferiori a quelli dei prodotti “perfetti”. Anche questa iniziativa ha avuto successo: nel 2019 il gruppo ha venduto 8.275 tonnellate di «Wunderlinge».
Penny
Penny, il marchio tedesco appartenente anch’esso al gruppo REWE, nel 2016 ha iniziato a sua volta a commercializzare 13 prodotti ortofrutticoli biologici con il proprio marchio “Bio-Helden” (“eroi biologici”) in tutti i suoi 2.200 punti vendita. L’approccio è sempre lo stesso: i prodotti non conformi non si classificano e né si imballano separatamente, ma si mescolano a quelli regolari in quantità che riflettono la presenza in natura. Pertanto, non vi è necessità, per gli agricoltori, di effettuare una cernita e non è previsto alcuno sconto sul prezzo di vendita. Un meccanismo che assicura ai produttori un recupero di costi non indifferente e quindi guadagni superiori. Nel 2021 si è assistito a un aumento record delle vendite di questi prodotti, del 27%, significativamente superiore alla crescita delle vendite complessive di frutta e verdura di Penny.
Questi esempi, di aziende europee che stanno provando a modificare anche la percezione dei propri clienti, dimostrano che cambiare è possibile: basta volerlo, e trovare un modo intelligente per farlo.
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Giornalista scientifica
A Milano esiste da diversi anni un piccolo negozio in via Pergolesi 21 che vende frutta e verdura che non vengono accettate nelle media e gde distribuzione perché non rispettano le norme estetiche ,provengono da piccoli produttori ; si chiama: ” BELLA DENTRO”.
si trovano articoli squisiti; inoltre collaborano con una cooperativa che produce marmellate e succhi con la frutta super matura!
Andate a vedere!