Lo spreco alimentare in Europa è a livelli molto alti e la Commissione, anche per aggiornare la Waste Framework Directive, definita nell’ormai lontano 2008 (e per soddisfare l’obiettivo 12.3 dell’Onu per la sostenibilità), ha deciso di prendere la questione sul serio. Ha infatti presentato una proposta di legge secondo la quale entro il 2030 dovrà diminuire del 10% lo spreco generato da chi lavora gli alimenti e del 30% quello che arriva tanto dai ristoranti, dai punti vendita e dalle famiglie. Non sono menzionati, per ora, i produttori primari (ad esempio agricoltori e allevatori), e questa esclusione ha già suscitato non poche polemiche, come vedremo tra poco. La proposta potrebbe comunque cambiare, dal momento che dovrà essere discussa con il Parlamento e con il Consiglio Europeo, e la legge, qualora approvata, sarà rivista nel 2027, per verificarne l’efficacia.
Il punto principale, se si vuole giungere a una normativa che riesca a essere incisiva, è comunque partire da dati affidabili, che forniscano i numeri sui quali lavorare per ottenere risultati che possano fare la differenza. E allora eccoli, almeno i principali: ogni anno, sul suolo continentale, si producono 59 milioni di tonnellate di sprechi alimentari, pari a 131 kg per ogni cittadino e a 132 miliardi di euro. Nello stesso continente, però, ben 32,6 milioni di persone un giorno ogni due non riescono ad avere la certezza di un pasto sufficiente e di qualità: un paradosso intollerabile.
Per quanto riguarda gli effetti sul clima, lo spreco ‘emette’ 252 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, pari a circa il 16% dei gas serra generati da tutto il sistema alimentare europeo. Se il cibo scartato fosse una nazione europea, sarebbe la quinta, per emissioni di gas serra. Ancora: secondo Eurostat, in Europa il 53% degli sprechi alimentari proviene dalle case, il 7% dai punti vendita, il 9% dai ristoranti, l’11% dalla produzione primaria e il 20% dalla trasformazione. Infine, un nucleo familiare di quattro persone butta nel cassonetto, ogni anno, circa 400 euro di cibo ancora buono. Se queste sono le cifre, ben si comprende perché, sempre secondo la Commissione, ridurre lo spreco comporterebbe un triplice vantaggio: per la sicurezza alimentare di ogni europeo, per le finanze pubbliche e private, e per l’ambiente.
Per il momento, visti anche i tempi lunghi, le associazioni di produttori come FoodDrinkEurope, non si sono mostrare contrarie, purché siano raccolti dati robusti e affidabili in tutti gli stati membri. Ma l’associazione no profit European Environmental Bureau, secondo quanto riportato in un articolo dedicato al tema da FoodNavigator, non è altrettanto entusiasta, perché ritiene che gli obiettivi potrebbero essere molto più ambiziosi e puntare direttamente al dimezzamento dello spreco previsto dall’Onu, e che non ci siano motivi reali per escludere i produttori primari dalle iniziative antispreco. Oltretutto, questa decisione sembra confliggere con la politica ‘From Farm to Fork’, perché in questo caso la produzione primaria non è presa in considerazione, pur essendo responsabile di una porzione significativa dello spreco. Le discussioni andranno avanti, e in ogni caso il segnale sembra positivo: qualcuno, a Bruxelles, ha capito che è necessario agire e non limitarsi a lamentare le dimensioni del fenomeno.
© Riproduzione riservata Foto: Fotolia
Siamo un sito di giornalisti indipendenti senza un editore e senza conflitti di interesse. Da 13 anni ci occupiamo di alimenti, etichette, nutrizione, prezzi, allerte e sicurezza. L'accesso al sito è gratuito. Non accettiamo pubblicità di junk food, acqua minerale, bibite zuccherate, integratori, diete. Sostienici anche tu, basta un minuto.
Dona ora
Giornalista scientifica
Iniziamo dalla “calibratura delle pomace” troppo grandi. Quando il pomo raggiunge i 150 gr è sufficiente per una persona.
Posto che lo spreco alimentare è un delitto, e che non riesco a capire come una persona possa sprecare 131 kg di cibo all’anno, ammesso e non concesso che i dati siano veritieri e affidabili, non ho ben compreso come l’ineffabile Commissione Europea – campione essa stessa quando si tratta di sprecare i soldi dei contribuenti – controllerà la riduzione dello spreco. O meglio: come controllerà le persone affinché non sprechino.
Come aveva ipotizzato George Orwell in 1984? Come faceva la Stasi nella Germania Orientale? Oppure, semplicemente, razionando il cibo che ogni persona potrà mangiare giornalmente?
Normare la riduzione dello spreco a livello di trasformazione e vendita è certamente possibile, ma per le famiglie è del tutto irreale, come controlli e sanzioni chi compra troppa roba e se la lascia marcire?
Per i privati occorre la possibilità di conferire facilmente gli eccessi dei cibi comprati e che non si riesce a consumare, prima che si deteriorino e debbano finire nell’umido: ma questo comporta una educazione del consumatore, nel suo stesso interesse.