La mezza pagina pubblicitaria sul quotidiano la Repubblica Milano annuncia la possibilità di comprare nei supermercati Iper un panettone Melegatti da 750 grammi a 0,99 €. A fianco compare la scritta “prezzo bomba”. In effetti il prezzo è straordinariamente sottocosto, perché da anni non si vedevano listini così bassi nemmeno nei giorni immediatamente precedente il Natale, quando bisogna svuotare i magazzini. Per rendersi conto di quanto sia assurdo il prezzo basta osservare la foto della penne rigate Barilla posizionate a fianco dal panettone, che a prezzo pieno costano quasi quanto il dolce di Natale. Come è possibile proporre a 0,99 € un prodotto che nella grande distribuzione, al pari di Maina, Bauli, Balocco o Motta, viene venduto intorno ai 5-7 €/kg, quando non è in promozione con sconti del 50% circa.
Il panettone rappresenta uno dei punti di eccellenza della pasticceria industriale per tanti motivi. La ricetta è regolamentata dal Decreto 22 luglio 2005, che prevede l’impiego di farina, burro, uova, uvetta e canditi. La normativa indica solo le quantità minime degli ingredienti, e per questo motivo ci possono essere alcune differenze tra una marca e l’altra, anche se l’incidenza maggiore sui costi è forse collegata al tempo di lievitazione e alla qualità di alcune materie prime (canditi e uvetta). C’è poi da considerare il tempo di lavorazione, c’è chi lo sforna in 24 ore e chi invece ne impiega 72. L’aspetto da sottolineare è che stiamo parlando di uno dei pochissimi prodotti da forno industriali preparato con lievito madre, abbinato a piccole quantità di lievito di birra. Si tratta di un dolce di alta qualità, lontanissimo da merendine, biscotti e altri snack ottenuti con lievito chimico e pronti in poche ore, che però sono venduti a prezzi decisamente elevati se confrontati con il panettone (da 5 a 8 €/kg).
Se il dolce industriale natalizio venisse trattato con un ricarico simile a quello delle merendine dovrebbe essere venduto a 9-10 €/kg. Perché allora il prezzo medio sugli scaffali risulta dimezzato e in qualche caso addirittura quasi svenduto come nel caso di Melegatti? Per capire la situazione bisogna fare un passo indietro. I produttori vendono i dolci di Natale ai supermercati a 3-4 €/kg, includendo in questa cifra un margine di guadagno molto risicato. Le catene usano il panettone come prodotto civetta per attirare i consumatori e scelgono una marca a rotazione da vendere allo stesso prezzo di acquisto (o sottocosto come nel caso del dolce Melegatti proposto da Iper), per la felicità dei clienti.
La cosa da sottolineare è che la decisione su quali panettoni o pandori mettere in promozione la prende la catena di supermercati e non il produttore, per questo è abbastanza normale per le grandi marche scoprire il loro panettone offerto a prezzi bassissimi a loro insaputa. In un simile contesto si inserisce la concorrenza tra le catene, per cui tutti si devono adeguare e i listini dei dolci di natale scendono vertiginosamente. La politica dei listini bassi da un lato triplica le vendite di panettoni e pandori, ma dall’altro svilisce l’immagine di un prodotto di pasticceria che, ormai, viene considerato dai consumatori al pari di biscotti e merendine. A questo punto viene spontaneo chiedersi fino a che punto è corretto spingersi con gli sconti e falsare i prezzi dei prodotti, che in questo modo perdono valore commerciale e vengono considerati dai consumatori come una comodità e non come un prodotto di qualità come sarebbe giusto?
© Riproduzione riservata
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Il pane con lievito madre si vende ben più di 5 € al kg. Ma non c’è lo zucchero.
Di converso, EsselungaCasa propone il pandoro Melegatti da 1Kg. a 4,90 euro (scontato), precisando che il prezzo originario è di 7,90 euro. Piccolo particolare: lo shop della casa produttrice offre, senza sconti, lo stesso pandoro a 4,49. Roba da Antitrust!
Classica distorsione del mercato…. pazzesca.
Noi consumatori siamo veramente confusi! Prezzo bassissimo significa prodotto di bassa qualità? Occorrono precisazioni chiare, altrimenti io il panettone non lo comprerò più. Si può vivere bene senza, anzi forse meglio!
È il mercato. Il panettone attira la gente. Che poi compra un dentifricio o il gorgonzola a prezzo molto “pieno”.
Se rispettata la legge non vedo problemi.
È un sottocosto dichiarato, la legge italiana lo prevede, non vedo quale sia il problema, a parte il fatto di voler sempre criminalizzare la grande distribuzione….
Concordo, è inutile criticare una cosa che è prevista dalla legge . L’ unica è approfittare dellle promozioni (e comprare solo cose utili ) e considerare la qualità come indipendente dal prezzo .
Posso trovare cibi buoni a basso costo e meno buoni a prezzo elevato
Ma per cortesia, va bene scrivere per farsi leggere ma non si svilisce alcuna “immagine” di questo prodotto di pasticceria di cui si deve guardare invece la qualità. Ritengo poi che, contrariamente a quanto scritto nell’articolo, i consumatori non lo paragonino affatto a biscotti e merendine, le loro motivazioni d’acquisto al riguardo sono totalmente differenti
Queste iniziative commerciali infine non falsano affatto il prezzo dei prodotti, ne creano uno temporaneo e non ne sviliscono affatto il loro valore commerciale. Al contrario lo valorizzano perché ovviamente si propongono solo prodotti validi che possono fare da traino ad altri acquisti. Infine, non ho mai conosciuto un consumatore che acquisti per “comodità”. Le motivazioni d’acquisto sono ben differenti e chi propone queste iniziative commerciali le conosce benissimo
Guido
“prodotti validi che possono fare da traino ad altri acquisti (…) non ho mai conosciuto un consumatore che acquisti per “comodità”
Guarda che il consumatore acquista per comodità proprio dove si è recato attratto dal prodotto che fa da traino, altrimenti sarebbe andato nel suo solito super, con in mano la lista della spesa.
I prodotti sottocosto come ho spiegato sopra si mettono proprio per invogliare il consumatore non abituale a venire, sapendo che già c’è comprerà sul posto per comodità altri prodotti.
Sono i soliti annunci civetta, mettono in vendita un paio di bancali di un bene appetibile sottocosto, e intanto che i clienti sono lì per quello acquistano altre cento cose a prezzo pieno o magari leggermente maggiorato.
E i prezzi li fa da sempre la grande distribuzione, se Melegatti protesta rischia di non essere chiamato alla prossima asta o di vedere i suoi prodotti acquistati in quantitativi ridotti e piazzati in basso perché li vedano solo i gatti o in alto per le sole giraffe.
E’ una vergogna. In questo momento storico legato al crollo economico da covid occorrerebbe difendere di piu’ anche i produttori
Secondo me dovrebbe essere proibito dalla legge l’utilizzo del termine “sottocosto”. E’ evidente a tutti che un’azienda non può vendere “sottocosto” in quanto senza margine di guadagno non sarebbe in grado di far fronte ai costi di gestione e fallirebbe. Pertanto, come ha già fatto notare qualcuno prima di me, ci sono altri prodotti con marginalità altissima che fanno media con quella inesistente del prodotto sottocosto.
Prezzi troppo bassi alla lunga vuol dire Meno margine di guadagno se non addirittura zero o sottozero, quindi bisogna risparmiare
Ergo:
materie prime a basso prezzo con tutto quello che ne consegue.
meno controlli perchè costano
meno assicurazione qualità perchè costa
meno assunzioni
più precari e più lavoratori da cooperativa
meno controllo in produzione
più impianti obsoleti
logistica a basso prezzo con tutto quello che ne consegue
Risultato per non spendere il giusto si rischia parecchio
E non siamo denutriti in Italia
Basta mangiare meno e bene
Antonio con ingredienti medi o medio-alti ha idea di quanti panettoni può sfornare una grande azienda ? E poi sa cosa costa la farina a tonnellata ? O l’uvetta ? E comunque è il superamento che decide il sottocosto per venderle poi una boccetta di finto aceto balsamico a 5 euro avendola pagata 1 ? O il pane a 3/4 euro kg. avendolo pagato 1 ? Stia bene.
Fare un buon prodotto con buone materie prime dovrebbe essere semplice (non lo è). Fare un buon prodotto con materie prime problematiche è saper governare il processo, ma costa tanto studio, comprensione dei fenomeni, attuazione delle misure correttive idonee.
Gianni Peretti
“dovrebbe essere proibito dalla legge l’utilizzo del termine “sottocosto”. E’ evidente a tutti che un’azienda non può vendere “sottocosto””
Le aziende non “vendono sottocosto”, è la GDO che come già detto sceglie dei prodotti appetibili e di richiamo e li usa come veicolo pubblicitario, rappresentano una percentuale risibile del giro di affari e portano un forte rientro in acquisti fatti a prezzo pieno; e nessuno può proibire di usare il termine “sottocosto” perché è veritiero, quelle quattro carabattole le vendono sotto al costo che hanno pagato, come regalano gli assaggi di mortadella al banco salumi.
Antonio
“Prezzi troppo bassi alla lunga vuol dire Meno margine di guadagno”
Non per la Melegatti, che aveva ottenuto il prezzo richiesto partecipando un’asta a doppio ribasso, è lì che ha perso parte del suo guadagno, che dopo il super venda sottocosto o regali il suo prodotto non le cambia più nulla.
Comunque è una politica che non verrà mai abbandonata, fa parte della pubblicità come la bionda coricata sul cofano dell’auto, la famigliola felice che fa colazione davanti al mulino bianco, la marmotta che incarta la cioccolata… solo trucchi psicologici per agganciare i clienti, slegati dalla realtà.