Offerte, sconti e addirittura sottocosto: difficile resistere alle lusinghe con cui i commercianti ci spingono a fare acquisti convincendoci di fare un autentico affare. Del resto, la ricerca della convenienza è diventata ancora più inderogabile di fronte a un carrello della spesa che in tre anni, a parità di prodotti, è costato 2.500 euro in più a famiglia, come stima il Centro Consumatori Italia. Ecco allora che produttori e retailer hanno ricominciato a spingere sulle promozioni, indispensabili per mettere il turbo a una domanda ancora debole e spingere i clienti a riempire i loro carrelli sull’onda dell’impatto emotivo dell’affare imperdibile e irripetibile.
Dunque, con la discesa dell’inflazione, c’è stato un ritorno della pressione promozionale che è arrivata al 26,5% delle vendite della Gdo (discount esclusi), un punto percentuale in più rispetto allo stesso periodo del 2023 (fonte NIQ). Le offerte sono diventate più ampie (il numero dei prodotti in promozione è aumentato del 7% in un anno) e anche più aggressive, come dimostrano le crescite degli sconti superiori al 30% e anche al 40%. Ad esempio Esselunga ha anticipato la campagna acquisti natalizi proponendo sconti dal 30 al 50% su numerosi prodotti anche di marca, dal Granbiscotto Rovagnati ai biscotti Pan di Stelle, dal riso Arborio Gallo al tonno
Rio Mare. Mentre Conad Centro Nord offre 365 giorni l’anno ben 1.200 referenze in offerta, con uno sconto medio del 35%, e propone una selezione di prodotti ortofrutticoli di stagione al prezzo fisso di 0,99 euro. I marchi più affermati e le aziende più importanti sviluppano ormai oltre un terzo delle loro vendite con i prodotti in promozione.
Gli effetti negativi di sconti e promozioni
Nonostante questa potenza di fuoco, gli italiani comprano ancora meno rispetto al 2019. Quindi le promozioni non sono più efficaci come in passato. E determinano almeno tre effetti negativi. Il primo è l’assuefazione: sapendo di trovare sempre qualche offerta vantaggiosa, i consumatori tendono a rimandare gli acquisti non necessari evitando quell’effetto stock che ha sempre determinato il successo delle promozioni. Inoltre, sapendo che tutte le insegne distributive puntano sul taglio dei prezzi, diventano sempre più infedeli e scelgono dove fare spesa guardando il volantino per scovare i prezzi migliori su tutti i prodotti e non più solo su quelli di maggior valore, come l’olio extravergine di oliva, ad esempio. Per produttori e distributori questi clienti sono i peggiori, perché si muovono per opportunismo, acquistano solo i prodotti in promozione e disdegnano il resto.
Infatti, un terzo effetto negativo dell’aumento delle offerte, è che non stanno aggiungendo vendite (ma semmai le sottraggono) ai prodotti non in promozione, anche perché fanno perdere di vista il reale prezzo al kg/litro di ogni prodotto. “La continua presenza del tonno in scatola negli spazi dedicati alle offerte del momento fa sì che davanti allo scaffale delle conserve ittiche non passi più nessuno” ammette il direttore marketing di un’azienda del settore.
Le contromisure dei supermercati
Ovviamente le catene distributive stanno cercando di correre ai ripari. Come? Da un lato preferendo le operazioni promozionali che incentivano acquisti immediati e ripetuti (come le offerte flash e quelle sui prodotti freschi e freschissimi) perché sono coerenti con le nuove abitudini degli italiani, che vanno più spesso al supermercato ma per spese più leggere che in passato. E dall’altro puntando a trattenere e fidelizzare ogni cliente con offerte personalizzate sulla sua abituale lista della spesa e con la possibilità di applicare gli sconti ai prodotti che preferisce, come accade con le nuove versioni delle app di Esselunga e di Despar Nord riservate ai titolari delle fidelity card.
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Giornalista freelance, scrive di consumi e retail per testate di economia (come Il Sole 24 Ore, Gdo Week e Mark Up) e racconta l’evoluzione del mondo alimentare (e il turismo enogastronomico) su Sale&Pepe e Donna Moderna. È opinionista di Tendenzeonline, autrice di due libri monografici (uno sui limoni e l’altro sui radicchi) e redattrice dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, il rapporto semestrale sui consumi degli italiani.
Tutto vero, tutto giusto ma aggiungerei una cosa che forse non tutti sanno, le offerte non fanno margine. Per i piccoli imprenditori che gestiscono i punti vendita per le grandi catene distributive inizia ad essere un problema grande arrivare a fine mese. Continui problemi nel pagamento della merce (non viene applicato lo stesso sconto dei clienti, anzi in molti casi il prezzo d’acquisto è più alto di quello di vendita), problemi di pagamenti di stipendi, tasse e bollette. Il margine ricaricato sui prodotti serve prima di tutto a pagare tutto questo.