Oltre alle conseguenze sul peso, agli altri benefici (per esempio sul rene e sul cuore), e a parte i possibili effetti collaterali, c’è anche un rischio, associato all’assunzione degli antidiabetici della classe degli agonisti dei recettori del GLP1 come la semaglutide (od Ozempic) finora poco considerato: quello di un incremento non irrilevante dello spreco alimentare. Le persone che sono in trattamento con questi farmaci di solito perdono gran parte dell’appetito e non di rado provano un’intensa nausea. Ciò le spinge a mangiare di meno (per questo dimagriscono) e, quindi, a buttare via molto del cibo che hanno acquistato. E ciò si verifica soprattutto se chi è in cura era abituato a mangiare molto, e a comprare molto, e non ha cambiato abitudini neppure iniziando la terapia. In seguito, invece, la spesa diventa più contenuta, e anche lo spreco diminuisce.
Ozempic e spreco alimentare
A mettere a fuoco questo particolare “effetto collaterale” della cura più di moda del momento è stato un sondaggio effettuato dai ricercatori dell’Università dell’Ohio di Columbus, che hanno intervistato oltre 500 tra obesi e soggetti in sovrappeso, tutti trattati con Ozempic.
Come riportato su Nutrients, un intervistato su quattro ha ammesso di buttare via più cibo rispetto a prima della cura, soprattutto all’inizio e quando soffriva di nausea. Al contrario, chi (circa il 30%) era in cura da più tempo (cioè da almeno 90 giorni e fino a un anno) riferiva in percentuale minore di sprecare il cibo comprato, così come chi, cambiando abitudini, aveva iniziato a mangiare più verdura e frutta, rispetto a chi mangiava sempre molta carne.
Statistiche in Usa
Il fatto che il 25% dei partecipanti abbia iniziato a eliminare dalla propria dispensa o frigorifero più alimenti di prima potrebbe sembrare una faccenda di poco conto. Non lo è, se si considerano i numeri: oggi si stima che il 6% degli americani, pari a circa 20 milioni di persone, stia assumendo uno di questi farmaci. Già prima, secondo le statistiche ufficiali, circa la metà di quel terzo di cibo sprecato, su quello prodotto, annualmente proveniva dalle case private, i cui abitanti buttavano nel cestino circa una libbra (circa 450 grammi) di cibo al giorno per persona: un numero intollerabile. A questo ora si deve aggiungere il quantitativo non definito che circa cinque milioni di cittadini buttano in più, mentre seguono la cura con Ozempic, almeno nelle prime settimane.
Come evitare tutto questo? Secondo gli autori, con un’azione educativa verso chi si accinge a entrare in terapia. Si dovrebbe spiegare a tutti che potrebbe arrivare la nausea, che in ogni caso si mangerà molto di meno e che quindi bisognerebbe cambiare anche le abitudini al supermercato, avendo cura di acquistare solo ciò che si pensa di consumare.
Gli effetti collaterali “altri”
Quello dello spreco alimentare è solo una delle conseguenze di tipo non medico che la rivoluzione dell’Ozempic sta portando con sé. Un’altra, di cui si stanno occupando diversi esperti, sono gli effetti sulle grandi aziende alimentari, che stanno modificando la loro offerta per venire incontro alle esigenze di un pubblico che sta cambiando. Come emerso anche dal sondaggio, infatti, durante la cura, si aumentano le verdure, le proteine, il pesce e i grassi benefici, a scapito di alcol, pasta e altri carboidrati, cibi fritti, dolci e latticini. Dopo di essa, i pazienti, avendo perso peso, cercano di non recuperarlo, e di mangiare meno e meglio di quanto non facessero prima.
Tutto ciò si inizia a vedere nei bilanci delle multinazionali, ed è ben presente nelle stime per i prossimi anni. Secondo quanto riferisce il sito Food Navigator, citando un’analisi di JP Morgan, gli utilizzatori di Ozempic comprano, in media, l’8% di cibo in meno rispetto ai non utilizzatori, e riducono le calorie complessive anche del 17%. Secondo altri dati, sempre citati da Food Navigator, per il Food Systems dell’Università di Nottingham (Gran Bretagna) l’Ozempic farà diminuire le vendite di cibo negli Stati Uniti del 10%, e coloro che sono o saranno in cura spenderanno, in media, il 6-9% in meno.
La aziende
Per questo le aziende cercano di recuperare e di rispondere alle nuove esigenze. Bisogna proporre prodotti che rispondano, anche, al cambiamento della dinamica della digestione, che stimola chi è in cura a mangiare piccoli pasti frequenti e che può essere compromessa da sintomi gastrointestinali. La fame diminuisce, e per questo è necessario offrire piccoli pasti o snack densamente calorici, limitando però alcuni alimenti come i cavoli e le altre crucifere, o latte e derivati, che possono peggiorare alcuni sintomi. Bisogna poi prevenire il rischio di disidratazione, e contrastare la possibile perdita di capelli e le altre conseguenze su cute, annessi cutanei e muscolatura.
Tra le prime novità c’è quella di Nestlé, che ha lanciato una piattaforma specifica chiamata GLP1Nutrtion e che contiene, tra l’altro, una nuova linea di alimenti surgelati monodose chiamata Vital Pursuit ricchi di proteine, fibre, vitamina A, ferro e calcio, da assumere durante la cura. Altre aziende come VitaKey stanno proponendo composti proteici a lento rilascio, per contrastare la perdita di massa muscolare.
Secondo tutte le previsioni, nei prossimi anni il numero di persone che seguiranno una cura con agonisti dei recettori di GLP1 è destinato a crescere in tutto il mondo.
© Riproduzione riservata. Foto: Depositphotos.com
Siamo un sito di giornalisti indipendenti senza un editore e senza conflitti di interesse. Da 13 anni ci occupiamo di alimenti, etichette, nutrizione, prezzi, allerte e sicurezza. L'accesso al sito è gratuito. Non accettiamo pubblicità di junk food, acqua minerale, bibite zuccherate, integratori, diete. Sostienici anche tu, basta un minuto.
Dona ora
Giornalista scientifica