La scritta “senza olio di palma” campeggia sulle confezioni di buona parte dei prodotti da forno che troviamo al supermercato e richiama i consumatori attenti alla salute – l’olio di palma è molto ricco di acidi grassi saturi, dannosi per il sistema cardiovascolare – e all’ambiente, perché si tratta di un grasso tropicale prodotto prevalentemente in Indonesia e Malesia e per farlo vengono distrutte foreste di grande valore ambientale.
Non si tratta certo di un “veleno”, e grassi saturi del tutto analoghi si trovano anche nel burro (o nel prosciutto crudo), fino a pochi anni fa però, prima della campagna lanciata proprio da Il Fatto Alimentare, questo era il grasso usato,all’insaputa degli italiani,nella stragrande maggioranza dei prodotti da forno; anche nelle fette biscottate e nei cracker, prodotti in cui non ci si aspetta di trovare un analogo nutrizionale del burro. I dubbi attorno a quest’olio riguardano anche il fatto che durante la sua lavorazione, a temperature elevate, si sviluppano sostanze tossiche e cancerogene in quantità superiore a quanto accade con gli altri grassi vegetali, una criticità che richiede notevole attenzione da parte delle aziende che lo utilizzano (fonte Airc).
A distanza di tre anni possiamo dire che tutte le aziende importanti, come Barilla – che copre il 43% del mercato dei biscotti e il 32% del segmento merendine – hanno eliminato l’olio di palma e nella maggior parte dei casi l’hanno sostituito con olio di girasole, a basso contenuto di acidi grassi saturi. Sugli scaffali si trovano però anche alcuni prodotti in cui il grasso tropicale è stato sostituito con olio di cocco, che ha un contenuto elevato di grassi saturi e non si può considerare più “sano” di quello di palma. Si tratta di prodotti da forno di pasta sfoglia oppure farciti con creme che necessitano di un’elevata quantità di grassi saturi.
La scritta “senza olio di palma” è stata introdotta in un primo tempo sulle confezioni Colussi, quando l’azienda decise di sostituire il grasso tropicale. Poi la dicitura è comparsa sui prodotti Mulino Bianco Barilla ed è stata proposta come slogan nelle massicce campagne pubblicitarie su tv e giornali. A questo punto è diventato un claim salutistico utilizzato dalla maggioranza dei produttori italiani che hanno abbandonato il grasso tropicale.
Secondo alcuni, i prodotti segnalati da questa scritta non sarebbero migliori per la salute né più sostenibili dal punto di vista ambientale. La seconda affermazione si basa sul fatto che la produttività per ettaro della palma da olio è più elevata della maggior parte delle colture impiegate per produrre grassi alimentari, come il girasole e la soia. Questo è vero: serve una maggiore estensione di terreno per produrre una certa quantità di olio di girasole piuttosto che di palma, peccato però che per quest’ultimo vengano distrutte foreste tropicali di grande valore ecologico, cosa che non accade per il girasole.
Si tratta di una tesi portata avanti anche da una ricerca firmata For free choice institute – Campagne liberali, ente che sul proprio sito si definisce come “associazione di cittadini che sostengono la libertà di scelta individuale e comportamenti responsabili fondati sullo spirito critico”. Secondoquesto studio, presentato alla Camera dei deputati pochi giorni fa, i prodotti privi di olio di palma avrebbero un contenuto di grassi saturi equivalente, se non superiore, a quelli che lo contengono.
Scrivono infatti “La terza edizione della ricerca analizza 96 prodotti alimentari, suddivisi in 10 categorie, all’interno delle quali si comparano i grassi totali e saturi presenti su 100 gr di prodotto Senza e Con olio di palma. […] I prodotti Senza non hanno mediamente meno grassi totali e saturi dei prodotti Con.”
Per dimostrare questa bizzarra tesi si usano dati dell’Aidepi, Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiane (che dal 2018 fa parte dell’Unione Italiana Food). Sarebbe bello sapere quali specifici prodotti sono stati utilizzati per i confronti, perché andando a vedere direttamente le tabelle dell’Aidepi relative ai prodotti più venduti in Italia, è molto difficile arrivare alla stesse conclusioni dello studio.
La tabella seguente mostra il contenuto di grassi saturi delle merendine più vendute, in ordine alfabetico. Quelle più ricche di grassi saturi sono cinque merendine Ferrero che contengono tutte olio di palma e grassi tropicali: Kinder Delice (con 13,1 g/100g), Fiesta (12,1), Pan e Cioc (10,6), Kinder Brioss (9,5) e Kinder Colazione più (8,2). In tutte le altre, prive di olio di palma, il contenuto degli acidi grassi saturi è nettamente inferiore e questo contrasta con la tesi iniziale.
Vediamo ora i frollini, biscotti che una volta preparavano le nonne usando il burro. Quando si usava l’olio di palma i biscotti contenevano mediamente il 20% di grassi pari al 10-11% di saturi. Adesso come mostra la tabella di Aidepi il valore è sceso al 2-4% perché si usa il girasole, tranne pochissimi casi come Pandistelle e Abbracci Mulino Bianco, dove si arriva all’ 8-10% per l’aggiunta del burro o della panna che fanno parte della ricetta.
È difficile fare un confronto fra questi biscotti e i frollini con olio di palma perché ormai tutte le principali aziende hanno eliminato questo grasso; se però prendiamo i Digestive classici McVities, frollini “semplici” con olio di palma, questi contengono 10,3 g di grassi saturi per 100 g.
I biscotti secchi (si può vedere nella tabella seguente) hanno in generale un basso contenuto in grassi saturi, tranne in pochi casi, come i Buoni Così latte Galbusera che sono sì a basso contenuto di zuccheri ma contengono burro. O i Pain Croute integrali Lazzaroni per i quali l’olio di palma è stato sostituito da olio di cocco, quindi i grassi saturi rimangono elevati.
Se invece consideriamo le merendine di pasta sfoglia, i croissant Bauli, preparati con olio di palma, e quelli Mulino Bianco Barilla, privi di questo grasso, hanno valori molto simili, perché l’olio di palma è stato sostituito con burro di cacao e olio di cocco, senza nessun beneficio dal punto di vista dei grassi saturi. La scelta si rende necessaria perché l’impasto deve avere una struttura che solo gli acidi grassi saturi possono dare. In questo caso il contenuto di saturi è per forza simile.
Il discorso però non riguarda solo i dolci, anche i sostituti del pane, le fette biscottate e i cracker fino a pochi anni fa usavano prevalentemente olio di palma. Se consideriamo la tabella Aidepi dei cracker i valori dei grassi saturi oscillano per tutti i prodotti dall’1,5 al 2,5 % , perché usano olio di girasole o di soia, unica eccezione i Doriano che ne contengono 8,8 g perché utilizzano ancora olio di palma.
Insomma, contrariamente allo scopo originario dello studio presentato alla Camera, i dati Aidepi e una lettura più ampia della situazione dimostrano che sostituendo nelle ricette l’olio di palma con olio di girasole la quantità di grassi saturi è diminuita in modo considerevole e questo vale per la stragrande maggioranza dei prodotti da forno e di sostituti del pane. Le nuove ricette hanno quindi permesso di ridurre la presenza di grassi saturi nell’alimentazione degli italiani. La conferma di questi dati dovrebbe arrivare da uno studio in corso firmato dall’Istituto superiore di sanità sul cambiamento del valore nutrizionale dei prodotti realizzato confrontando l’elenco degli ingredienti prima e dopo la sostituzione del palma.
L’aspetto da rimarcare è che la presenza sulle etichette della scritta “senza olio di palma ” nell’ambito alimentare a volte non garantisce automaticamente una maggiore salubrità se sono presenti nella lista degli ingredienti olio di cocco o burro. Per questo motivo è sempre opportuno leggere le etichette.
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[sostieni]
Giornalista pubblicista, laureata in Scienze biologiche e in Scienze naturali. Dopo la laurea, ha collaborato per alcuni anni con l’Università di Bologna e con il CNR, per ricerche nell’ambito dell’ecologia marina. Dal 1990 al 2017 si è occupata della stesura di testi parascolastici di argomento chimico-biologico per Alpha Test. Ha collaborato per diversi anni con il Corriere della Sera. Dal 2016 collabora con Il Fatto Alimentare. Da sempre interessata ai temi legati ad ambiente e sostenibilità, da alcuni anni si occupa in particolare di alimentazione: dalle etichette alle filiere produttive, agli aspetti nutrizionali.
Si vabbè assimilare il burro con l’olio di cocco è come dire che la Ferrari e la 500 sono la stessa cosa….
Si sta parlando di apporto di grassi saturi.
Quello del palma è stato un gran bel risultato ed i fatti lo dimostrano anche anche ai più scettici.
I vantaggi acquisiti oltre che numerici per le analisi e le quantità delle referenze migliorate, sono principalmente per la corretta e completa informazione sullo stato delle coltivazioni poco sostenibili, i disboscamenti, la distruzione di territori e fauna autoctona, la violenza economica verso i residenti ridotti in povertà, la pericolosità dei derivati raffinati ad alta temperatura per uso umano ed in particolare nell’infanzia, oltre alla pessima qualità di questo grasso dovuta all’alto contenuto di saturi.
La corretta e completa informazione ha fatto tendenza e la tendenza ha cambiato una realtà negativa in una decisamente migliore.
Serve una battaglia altrettanto decisiva anche per l’uso eccessivo degli zuccheri semplici in tutti gli alimenti e bevande, in particolar modo in uso ai bambini, per tutte le conseguenze deleterie sullo stato di salute generale ed in particolare per il sovrappeso e l’obesità dilagante in tutto il mondo occidentale.
.. e i risultati in termini di salute ??
Di quanto si è ridotta l’incidenza di malattie cardiovascolari o di qualsiasi altra malattia che sia stata correlata con l’uso di olio di palma ???
Mi permetto di ricordare che, ammesso e non concesso che l’olio di palma contenuto nei prodotti da forno sia un determinante significativo delle malattie cardiovascolari, è tutto da dimostrare che sostituendolo con altri grassi si ottengano risultati significativi in termini di salute della popolazione.
La proprietà transitiva in questo caso non si applica.
Buona giornata
Lorenzo M Donini Sapienza University,
Resta il fatto che la minore assunzione di acidi grassi saturi è oggettiva
La risposta al suo quesito statistico, sull’impatto della riduzione dei grassi saturi sulla salute, è ovviamente e palesemente statistica.
Direi direttamente proporzionale alla riduzione della quota totale dell’assunzione personale dei saturi, sommato all’aumento dell’assunzione degli insaturi che li hanno sostituiti in quasi tutte le referenze.
Sempre che lei sia convinto, come documentano ormai quasi tutti gli studi medici, che l’apporto di saturi sia un fattore di rischio per l’apparato cardio circolatorio e non solo.
Penso anch’io che una campagna contro l’uso troppo abbondante di zucchero potrebbe portare almeno qualche industria alimentare a rivedere le loro ricette. Alla fine, è sempre una questione di abitudine… se ci sia abitua, un po’ alla volta e in modo progressivo, a ridurre certi alimenti (vedi, appunto, zucchero piuttosto che il sale) il palato si abitua senza problemi. Ovviamente occorre agire anche sul discorso “salute” come è stato fatto per l’olio tropicale… senza, comunque, fare del terrorismo, come d’altronde NON è stato fatto per la campagna contro l’uso indiscriminato dell’olio di palma.
Se l’apporto di grassi saturi dell’olio di palma e del burro è praticamente uguale, allora preferisco prodotti con il burro, perché il gusto è migliore, ma poiché gli acidi grassi saturi sono deleteri (se abbondanti), allora diminuiamo il loro consumo a limiti ragionevoli. Non si può dimenticare che la coltivazione delle palme da olio sta distruggendo immense aree tropicali …
Non capisco come l’infida e matrigna Natura abbia potuto concepire alimenti e prodotti vegetali a così alto contenuto di grassi saturi, per giunta concentrati nella fascia tropicale abitata da popolazioni poco abbienti. Consola il fatto che, grazie agli oli di semi della fascia temperata, si fermerà finalmente la deforestazione garantendo un outcome salutistico che negli anni a venire sarà straordinario in tema di riduzione delle malattie cardiovascolari e dell’obesità infantile. Nella zona in cui abito i campi limitrofi sono coltivati, a rotazione, con girasole, colza, soia e mais. Ma la gioia si è trasformata in tristezza quando mio nonno (classe 1920!) mi ha detto che lì sorgeva un bosco planiziale meraviglioso.
Molte popolazione che usano il palma in abbondanza consumano pochi alimenti ( per lo più di origine animale ) che contengono elevate quantità di grassi saturi
Gentile Livio,
la distruzione dei boschi, nel nostro Paese, è iniziata oltre 2000 anni fa. Negli ultimi secoli si sono sviluppate tecniche agricole intensive che hanno coinvolto territori sempre più estesi, ma da oltre 20 anni stiamo registrando un’inversione di tendenza: i terreni boscati sono in aumento in Europa, mentre vengono abbattute foreste delle regioni tropicali, innegabilemtne più estese e più ricche di biodiversità. E vengono abbattute in buona parte per fornire risorse a popolazioni lontane da quei territori.