Le merendine confezionate sono prodotti molto amati dai bambini e non solo. In generale sono ricche di grassi e di zuccheri, inoltre, per mantenerle a lungo morbide e profumate, nella maggior parte dei casi si utilizzano additivi come aromi, emulsionati e, se sono presenti creme, anche conservanti. Si tratta quindi di alimenti ultra processati, da consumare con moderazione (ne abbiamo parlato, fra l’altro, in questo articolo sui prodotti ultra trasformati e i rischi per la salute), ma non sono tutte uguali.
Il contenuto di zuccheri può variare notevolmente: considerando i prodotti più venduti, sia fra le merendine tipo pan di Spagna che tipo pasta sfoglia, si va dal 10 al 42% (ne abbiamo parlato in questo articolo sugli zuccheri in merendine e biscotti farciti), mentre i grassi variano dal 14 al 26%. Se consideriamo gli additivi, vediamo che nella grande maggioranza dei casi sono presenti diverse sostanze e in particolare emulsionanti. Uno studio francese, pubblicato in febbraio 2024, suggerisce una possibile correlazione fra il consumo di queste sostanze e la comparsa di alcuni tipi di cancro, in particolare per le carragenine e i mono e digliceridi degli acidi grassi. Questi ultimi sono largamente impiegati nei gelati, nelle creme e in quasi tutti i prodotti da forno.
Confronto tra merendine
Senza volerci scagliare contro questi composti, comunque autorizzati dall’EFSA, abbiamo fatto un confronto fra le merendine più vendute, per vedere in quali casi sono presenti e in quali no. Le merendine prese in esame sono quelle elencate nelle tabelle dall’Unione Italiana Food, che individua due grandi gruppi: quelle a base di pasta sfoglia (cornetti e croissant, farciti oppure no) e tutte le altre (a base di pasta frolla o pan di Spagna).
Tutte le merendine a base di pasta sfoglia contengono il 20% circa di grassi, mentre gli zuccheri sono ridotti nelle versioni semplici, più abbondanti in quelle farcite, variando dal 10 al 26%. Tutte quelle considerate contengono mono e digliceridi degli acidi grassi come emulsionanti. La valutazione dell’app Yuka è molto bassa per tutti questi prodotti e il Nutri-Score quasi sempre E (tranne che per due cornetti Mulino Bianco), quindi sono prodotti da consumare saltuariamente.
Le merendine a base di pan di Spagna o simili sono più diversificate: il contenuto di grassi varia da 12 a 23 g per 100 g e gli zuccheri vanno dal 16% dei Pan Goccioli Mulino Bianco fino a sfiorare il 43% nella Fiesta Ferrero. i tratta di un apporto di zuccheri in alcuni casi veramente esagerato, che risulta pericoloso per i bambini, in quanto crea un’abitudine al gusto eccessivamente dolce, che poi sarà difficile abbandonare da adulti. I mono e digliceridi degli acidi grassi sono presenti in tutte queste merendine, tranne due prodotti Mulino Bianco: le crostatine e i Pan Goccioli. Questi ultimi, grazie anche al contenuto nutrizionale equilibrato, ricevono una buona valutazione da Yuka (54/100) e una “D” dal sistema Nutri-Score.
La scelta di Barilla
Abbiamo chiesto a Barilla a cosa è dovuta la scelta di eliminare queste sostanze apparentemente irrinunciabili. L’azienda ha risposto che la ricetta dei Pan Goccioli è stata modificata alla fine del 2021: i mono e digliceridi degli acidi grassi sono stati sostituiti da enzimi, lo sciroppo di glucosio-fruttosio è stato rimpiazzato da zucchero, inoltre si impiegano olio di girasole alto oleico e aromi naturali.
“Costantemente rivisitiamo le ricette – fa sapere Barilla – con l’obiettivo di migliorare i prodotti e quando possiamo anche di introdurre nuove soluzioni che permettono di rendere ancora più semplici e genuini i nostri prodotti, nella logica del miglioramento continuo. Nel caso dei Pan Goccioli abbiamo ritenuto che i mono e digliceridi degli acidi grassi non fossero indispensabili per garantire la corretta qualità organolettica al momento del consumo. Pertanto, con l’obiettivo di poter sempre offrire ai nostri consumatori il prodotto più semplice dal punto di vista degli ingredienti, li abbiamo eliminati.”
È interessante notare che queste sostanze, come diversi altri additivi alimentari, non sono ammessi nei prodotti certificati biologici. In questi casi, infatti, oltre a utilizzare ingredienti provenienti da colture non trattate con pesticidi, si riduce l’impiego di additivi alimentari. Se non si impiegano nelle merendine bio e se Barilla è riuscita a eliminare questi additivi da alcuni prodotti, evidentemente questo è possibile e sarebbe auspicabile un impegno continuo da parte dell’industria alimentare, per ridurre gli additivi. Nel frattempo, sta a noi informarci e leggere le etichette per trovare i prodotti più genuini.
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Giornalista pubblicista, laureata in Scienze biologiche e in Scienze naturali. Dopo la laurea, ha collaborato per alcuni anni con l’Università di Bologna e con il CNR, per ricerche nell’ambito dell’ecologia marina. Dal 1990 al 2017 si è occupata della stesura di testi parascolastici di argomento chimico-biologico per Alpha Test. Ha collaborato per diversi anni con il Corriere della Sera. Dal 2016 collabora con Il Fatto Alimentare. Da sempre interessata ai temi legati ad ambiente e sostenibilità, da alcuni anni si occupa in particolare di alimentazione: dalle etichette alle filiere produttive, agli aspetti nutrizionali.
Come mai Barilla, a questo punto, non li toglie da ogni merendina in maniera definitiva?
Sugli altri marchi manco a dirlo ovviamente, specie se c’è chi si ostina ancora a utilizzare l’olio di palma…
Io eviterei di citare un’app come Yuka, la quale è stata più volte oggetto di critiche e provvedimenti da parte dell’AGCM. In un comunicato stampa AGCM dichiarava:
L’Autorità ha avviato anche un’istruttoria nei confronti del titolare dell’app francese Yuka, scaricabile dagli App Store di Google e Apple, che si propone di dare una valutazione salutistica dei prodotti alimentari basata in larga misura sul sistema NutriScore e che fornisce proposte alternative per i prodotti giudicati mediocri o scarsi.
Nel sistema di bollinatura NutriScore i prodotti alimentari vengono suddivisi in cinque categorie, sulla base di un punteggio calcolato tramite un complesso algoritmo che sottrae dal valore totale degli elementi “sfavorevoli” (energia, acidi grassi saturi, zuccheri semplici, sodio) quello degli elementi “favorevoli” (percentuale di frutta, verdura, leguminose e oleaginose, fibre, proteine). Gli alimenti con punteggi molto bassi e, quindi, con preponderanza di elementi favorevoli, sono assegnati alla categoria A (verde), mentre quelli con i punteggi più alti sono assegnati alla categoria E (rosso).
Il timore, evidenzia l’Autorità, è che l’etichetta NutriScore, così come i punteggi e i giudizi forniti dall’app, in assenza di adeguate avvertenze, vengano erroneamente percepiti come valutazioni assolute sulla salubrità di un determinato prodotto, che prescindono dalle esigenze complessive di un individuo (dieta e stile di vita), dalla quantità e dalla frequenza di assunzione all’interno di un regime alimentare variegato ed equilibrato.
Ne deriva che il consumatore potrebbe essere indotto ad attribuire proprietà salutistiche ai prodotti con un giudizio positivo secondo l’etichetta NutriScore o la valutazione dell’app Yuka e, quindi, ad esaltare senza motivo i risultati per la salute che derivano dalla loro scelta.
Nel caso dell’app Yuka, infine, secondo l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato non è chiaro il criterio in base al quale sono ordinate e proposte le alternative al consumatore.
Per chi volesse approfondire leggendo anche il provvedimento di AGCM:
https://www.agcm.it/dotcmsCustom/tc/2027/7/getDominoAttach?urlStr=192.168.14.10:8080/C12560D000291394/0/FBA2D95AA0B4325EC125888A00539364/$File/p30237.pdf
L’Autorità ha pubblicato questo parere sulla base di giudizi e pareri espressi dalle autorità italiane del settore tutte contrarie al Nutri Score. Mi permetto di dire che le autorità sanitarie italiane (ministeri, Crea e anche alcune società scientifiche) hanno espresso i loro pareri , spinti da lobby e logiche politiche estranee alla nutrizione. Tutti hanno volutamente ignorato gli oltre 120 studi internazionali favorevoli al Nutri- Score. Giudicando valido l’unico studio effettuato in Italia su un numero sparuto di persone. Difficile negare l’evidenza.
La mia critica era rivolta più nello specifico alla app “Yuka” più che al sistema Nutri-Score.
Infatti, Yuka, per evitare di essere sanzionata ha preso l’impegno di modificare la clausola “Metodo di valutazione” contenuta nel Contratto di licenza che occorre accettare per scaricare l’app con la seguente clausola:
“L’applicazione Yuka fornisce una prima analisi che consente al consumatore di essere meglio informato riguardo ai prodotti alimentari e cosmetici che utilizza quotidianamente ma non garantisce una salute migliore a chi la utilizza. Lo stato di salute, infatti, è determinato da numerosi fattori legati allo stile di vita e all’ambiente (regime alimentare orientato a una dieta sana ed equilibrata, esercizio fisico, igiene, assenza di problemi legati a tossicodipendenza e a dipendenze, a stress o a inquinamento), al quantitativo di prodotto consumato e alla frequenza con la quale esso viene consumato.
Il Punteggio attribuito dall’Applicazione rappresenta, quindi, una mera opinione dell’Editore basata sulle informazioni riportate sul prodotto. I termini «eccellente» (punteggio >=75), «buono» (da 50 a 75), «mediocre» (da 25 a 50), «scarso» (<25) esprimono unicamente il Punteggio del prodotto secondo il metodo di valutazione sviluppato dall’Editore, che pur ispirandosi al metodo Nutri -Score e a studi scientifici ,
non è stato preventivamente approvato dalle autorità sanitarie. I termini «A rischio», «rischio moderato», «rischio ridotto», «nessun rischio» esprimono unicamente l’opinione dell’Editore sull’ingrediente associato in base alle fonti scientifiche analizzate e non hanno quindi un carattere assoluto sulle sue proprietà. Questi aggettivi non si riferiscono
al prodotto in sé, né alle sue qualità intrinseche.
La valutazione del prodotto espressa con il Punteggio non esprime un giudizio assoluto sulle sue proprietà salutistiche e non può quindi prescindere dai fattori legati al quantitativo di prodotto consumato, alla frequenza con la quale esso viene consumato, allo stile di vita e all’ambiente sopra descritti.
Con la valutazione dei prodotti l’Editore non intende vietare, né promuovere i prodotti, ma si propone di rendere gli utenti maggiormente consapevoli della loro composizione”.
Quindi, il punteggio è semplicemente un'opinione dell'editore e i termini: "a rischio", "rischio moderato", "rischio ridotto", "nessun rischio" esprimono sempre solo l’opinione dell’editore e, soprattutto, questi aggettivi non si riferiscono al prodotto in sé.
Quindi, Yuka, non andrebbe usata come se fosse la Bibbia, in quanto, riporta solo – per sua stessa ammissione – opinioni.
Gentile Mercurio, innanzitutto le faccio notare che, in questo articolo, la valutazione di Yuka è stata citata in modo marginale, mentre per il confronto abbiamo considerato il Nutri-score. L’app Yuka è molto utilizzata perché ha un repertorio di prodotti molto ricco, quindi molte persone la trovano utile al momento di fare la spesa. Non credo che siano numerosi coloro che la usano “come fosse la Bibbia” e certamente non deve essere intesa in questo modo. Penso però che possa essere un valido aiuto per individuare le differenze tra prodotti confezionati della stessa categoria. Per esempio succhi di frutta, biscotti, yogurt, cereali per la colazione…prodotti che sono presenti sul mercato in tante diverse tipologie e a volte hanno caratteristiche molto differenti, anche se si trovano sullo stesso scaffale del supermercato.
Per quanto riguarda gli aspetti nutrizionali, mi risulta che l’algoritmo di Yuka sia lo stesso del Nutri-score, a cui viene aggiunta una valutazione relativa alla presenza di additivi. Questo è un punto critico perché si considerano sostanze che sono autorizzate dalla normativa sugli alimenti, però l’app penalizza i prodotti che contengono additivi considerati “a rischio” in base a specifici studi. Gli additivi che Yuka considera “a rischio” non sono scelti in modo arbitrario, ma in base a precisi dati di letteratura, dati che comunque non sono la Bibbia e a cui a mio parere, l’app in certi casi attribuisce un peso troppo rilevante, in modo che le valutazioni si “schiacciano” verso il basso e risultano meno utili per differenziare i prodotti. Il fatto che l’app esprima un giudizio in centesimi mi pare comunque apprezzabile, perché va oltre le quattro categorie. È chiaro che un prodotto che riceve un punteggio di 74/100 è analogo a uno che riceve 76/100, anche se il primo viene giudicato “buono” e il secondo “eccellente”. Penso che la maggior parte delle persone sia in grado di apprezzare questo aspetto. Mi pare piuttosto che lei metta in dubbio l’utilità di un sistema di valutazione “semplificato”. Un sistema di questo tipo ha inevitabilmente dei difetti, dovuti appunto alla semplificazione, a mio parere però, oltre a essere richiesti dall’UE, sistemi di questo tipo possono facilitare scelte che spesso risultano difficili