Una lettrice ci scrive per segnalare delle indicazioni a suo parere mancanti sulle confezioni di bevande vegetali Alpro: origine della soia e stabilimento di produzione. Di seguito trovate la lettera arrivata in redazione e la risposta di Danone, proprietaria del marchio di prodotti vegetali.
La lettera sulla bevanda di soia Alpro
Segnalo che sull’etichetta del prodotto in oggetto manca l’indicazione di origine della soia e lo stabilimento di produzione.
In allegato la fotografia della confezione su tutti i lati stampati.
La risposta di Danone
In Danone siamo sempre attenti alla qualità dei nostri prodotti e alle materie prime che vengono coltivate, selezionate e trasformate con cura, nel rispetto dell’ambiente e delle comunità. La soia utilizzata nella bevanda vegetale Alpro distribuita in Italia è certificata ProTerra, non è OGM, viene coltivata in Francia e lavorata con attenzione presso i nostri stabilimenti di Issenheim, in Francia, seguendo i più alti standard di qualità.
È da sempre obiettivo di Danone garantire grande trasparenza nei confronti dei consumatori e disponibilità nel fornire informazioni chiare ed esplicative, anche qualora non sia indicato in etichetta, in linea con la normativa vigente
Note
L’origine della soia non è indicata in etichetta è perché la normativa europea sull’origine dell’ingrediente primario (Regolamento UE 775/2018) obbliga i produttori a indicarne la provenienza solo quando quando essa non coincida con l’origine del prodotto (vale a dire, il Paese di sua ultima trasformazione sostanziale) e quest’ultima venga dichiarata o suggerita con simboli o bandiere.
Per quanto riguarda, invece, lo stabilimento di produzione, la mancata indicazione è dovuta al fatto che, siccome la bevanda è prodotta in Francia (come ha spiegato Danone nella sua risposta), l’azienda non è obbligata a scriverlo in etichetta. L’obbligo di indicazione dello stabilimento di produzione si applica solo ad alimenti e bevande prodotti in Italia, perché stabilito dal decreto legislativo italiano 145/17.
© Riproduzione riservata Foto: Fotolia, inviate dalla lettrice
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E siccome io do troppa importanza ai prodotti delle aziende italiane, ho sempre evitato di acquistare prodotti di aziende oltre le Alpi, che siano francesi o tedesche. Consapevole che ci sono anche in quei paesi validi prodotti ma nel mio frigo cerco di dare spazio, più possibile, alle aziende italiane, meglio ancora più locali possibili. Gli stranieri fanno incetta dei prodotti italiani ci sarà un motivo. Danone si sente furba.
Questo però non vuol dire che i prodotti italiani siano sempre i migliori. Ci sono settori dove i prodotti stranieri sono superiori.
Infatti ho scritto anch’io che ci sono ottimi prodotti
Peraltro, nella scelta, non fa male un “pensierino” all’ambiente. Comprare alimenti che han viaggiato poco, sia per le emissioni sia per la sostenibilità ambientale in generale (strade, mezzi ditrasporto, impatto della mobilità sugli ecosistemi, ecc.)
Spostare il consumo da latte vaccino a latte di soia e’ una delle priorità’ sulle quali le principali multinazionali che detengono cereali e soia nel mondo stanno puntando . Da una parte la lotta agli allevanti nobilitata da finì Green e di benessere e dall’ altra la crescita esponenziale delle intolleranze vere o presunte al lattosio stanno rendendo normale consumare latte di soia. Non ci si preoccupa di come questa venga prodotta nei campi essiccata stoccata trasportata e lavorata si percepisce che e “ verde” e che ci fa bene. Visto il basso costo della materia prima almeno chi acquista latte di soia pretenda di trovarla biologica e prodotta in Italia
Aggiungo una cosa: le intolleranze non sono altro che la conseguenza di abitudini alimentare protratte nel tempo. Non escludo che fra 20 anni ci saranno moltissimi consumatori intolleranti anche alla soia (visto il larghissimo consumo che se ne sta facendo e se ne farà nei prossimi anni).
Bisogna alternare ,non solo soia
Non è esattamente così.
La soia nelle bevande di soia è intorno al 7.5%, il che sta a dire 75 grammi su 1 litro, mentre tra farina di estrazione, granella e buccette, la soia usata nella razione media della vacca è 4 kg al giorno: posto che produca 28 litri di latte/dì (qualcosa meno la pezzata rossa e la bruna, di più la frisona) per ogni litro di latte servono 142 grammi di soia, quasi il doppio.
Insomma, per un bicchiere da 200 ml di bevanda di soia servono 15 grammi di soia, per lo stesso bicchiere di latte di vacca ne servono 28 grammi.
E’ proprio per questo motivo che le imprese della filiera della soia ben si guardano dal promuovere lo spostamento del consumo da latte vaccino a bevanda di soia, che ha sì la soia in denominazione, ma ne usa meno di quanta ne serva per il latte vaccino, che in etichetta non indica quanta ne ha utilizzata nel mangime.
Quando, per ipotesi teorica, il primo fosse interamenre sostituito dalla seconda, il mercato della soia si dimezzerebbe.
Non ci si pensa perchè il brick di latte vaccino non indica quanta soia è servita per la sua produzione, ma il dato è questo, da cui consegue che l’incremento del consumo di alimenti e bevande a base vegetale è una minaccia rilevante per la filiera della soia.
Se ha voglia di sviluppare i calcoli, può vedere che per ogni kg di formaggio serve ben più di un kg di soia.
Interessante commento. Magari ci si potrebbe sentire, per sviluppare ulteriormente questo suo punto, peraltro centrale nelle filiere alimentari. Certamente il prezzo finale delle bevande alla soia è eccessivo, soprattutto se la materia prima non è bio.
Aggiungo che però la soia convenzionale usata per i mangimi animali è pressoché tutta OGM, essendo proveniente dal nord o dal sud America (USA, Canada, Brasile, Argentina). Il tasso di auto-approvvigionamento della soia per i Paesi UE è infatti inferiore al 10%. La situazione in termini di flussi commerciali è estremamente sbilanciata. Varrebbe la pena di consultare il portale dell’associazione “Donau Soja” (soia danubiana), con base a Vienna e che da oltre 15 anni sta lavorando per promuovere la soia prodotta in Europa, sulla base di una serie di criteri di sostenibilità ambientale e sociale.
Interessantissimo articolo e interessantissimo commento con i dati di consumo della soia!
Segnalo inoltre che su tutte le bevande vegetali grava l’IVA al 22%, mentre sul latte vaccino l’IVA è al 4%. Ritengo che anche questa sia una forma indiretta di sovvenzione al settore dell’allevamento (intensivo). Se si dovesse fare qualcosa per incentivare i consumi di bevande vegetali per motivi etici/salutistici/ambientali, come minimo le percentuali dell’IVA applicata andrebbero invertite…
Anch’io da decenni non faccio uso né di prodotti caseari né di carne e sono un consumatore di bevande vegetali, mi sono però sempre orientato su aziende bio certificate, il latte di soia lo prendo solo con il cappuccino le rare volte quando sono al bar con amici, da moltissimo tempo uso l’azienda ISOLA BIO, alterno riso o mandorle e ultimamente trovo gustosissima la bevanda all’avena integrale.
Le normative europee… quelle sono il problema che stabiliscono dei regolamenti sempre meno chiari …non è possibile che non ci sia in ogni confezione lo stabilimento di produzione di qualsiasi provenienza sia
Interessante sapere che Danone utilizza soia non-OGM prodotta in Francia, ma che non sembra essere biologica. In Italia tutta la superficie coltivata a soia convenzionale è molto superiore a quella francese: con oltre 350 mila ettari l’Italia è infatti il più importante Paese UE per questa produzione. Come la soia francese, è parimenti tutta non-OGM. Una piccola parte è coltivata in regime di agricoltura biologica. E’ un problema di filiere: i nostri produttori non riescono a organizzarsi, nonostante la grande superficie coltivata in pianura padana. Una storia antica…
non vi pare che tutti questi distinguo non fanno altro che ingannare i consumatori? Se una bevanda è prodotta all’estero ma venduta in Italia non dovrebbe rispettare le stesse regole della produzione nazionale?