Negli ultimi anni il latte di soia, di avena, di riso…, in Europa (ridicolmente) chiamati “bevande vegetali”, hanno continuato ad accrescere la propria popolarità, come testimonia l’estensione degli scaffali dedicati nei supermercati, in continua espansione per ospitare decine di prodotti preparati con un solo vegetale, miscele o, più di recente, miscele aromatizzate. Un numero crescente di persone, desiderose di ridurre la propria impronta ambientale, oppure di eliminare i sintomi di un’intolleranza, o di seguire una dieta vegetariana o vegana o anche semplicemente spinte da una personale preferenza, abbandona il latte vaccino per consumarne uno vegetale. In parallelo, proliferano le credenze spesso infondate sui benefici e sui rischi di questi alimenti, sui quali un articolo del Guardian cerca ora di fare un po’ di chiarezza, interpellando alcuni esperti.
Né miracolosi né pessimi
Innanzitutto va ricordato un fatto: salvo eccezioni, la quantità media consumata (una-due tazze al giorno) non è tale da avere effetti rilevanti sulla salute, né positivi né negativi. Ciò premesso, l’ampia scelta permette a ciascuno di preferire il latte più adatto alle proprie esigenze, tenendo presente alcuni accorgimenti.
In generale, dal punto di vista nutrizionale c’è una grande variabilità. Lo ha dimostrato, tra gli altri, Abigail Johnson, direttrice del Nutrition Coordinating Center della School of Public Health dell’Università del Minnesota, che in uno studio di quest’anno ha analizzato 219 alternative al latte vaccino di 21 marchi, confermando che il contenuto medio di proteine e grassi è inferiore a quello del latte di vacca.
Inoltre quasi sempre le “bevande vegetali” contengono sali e vitamine aggiunti dai produttori. Per esempio, nei campioni esaminati, il 70% era stato addizionato con calcio e vitamina D, mentre altri studi hanno evidenziato la presenza di vitamine A e B12. Tuttavia, come ricorda la stessa Johnson, di solito gli adulti non hanno bisogno di riprodurre esattamente la qualità del latte vaccino perché, salvo carenze o malattie specifiche, hanno una necessità di questi nutrienti inferiore a quella dei bambini che, invece, dovrebbero bere solo latte il più ricco possibile. Possono quindi passare al latte vegetale senza grandi timori.

Scegliere in base alle necessità
Ciò che conta, piuttosto, è controllare le tabelle nutrizionali delle confezioni, decidere in base alle proprie esigenze (per esempio preferendo quelli a elevato contenuto proteico o con l’aggiunta di vitamina D) ed evitare quelli con maggiori quantitativi di zuccheri, aggiunti quasi sempre per rendere gradevole la base, di norma insipida o non particolarmente apprezzata.
Uno degli aspetti che preoccupa maggiormente è quello della possibile aggiunta di oli vegetali, molto demonizzati negli ultimi anni, spesso a torto. A volte sono presenti come emulsionanti o per migliorare la texture in piccole quantità, e non ci sono prove del fatto che possano essere nocivi. Anche se alcuni grassi vegetali sono stati associati a un effetto pro-infiammatorio, si tratta di azioni che compaiono solo in caso di consumo elevato, e che non sono quindi possibili con le minuscole dosi assunte eventualmente con una bevanda vegetale.
Per quanto riguarda poi le singole tipologie, ecco le peculiarità di alcuni dei più popolari:
Latte di soia
Dal punto di vista nutrizionale, il latte di soia è quello che più si avvicina al latte di vacca, e non a caso è quello raccomandato per i bambini, tra tutte le possibili scelte, nonché quello che la le linee guida statunitensi includono come unica alternativa valida rispetto a quello vaccino. La soia contiene infatti diversi composti benefici per il cuore, i reni e il fegato, oltre agli isoflavoni, molecole che hanno una struttura estrogeno-simile. Grazie proprio agli isoflavoni, il latte di soia è stato associato a una riduzione del rischio di cancro al seno e a una delle vampate della menopausa, anche se gli studi hanno portato a conclusioni spesso contrastanti a causa della complessità degli equilibri ormonali e della difficoltà di dimostrare l’esistenza di relazioni di causa ed effetto.
Nonostante si diffuso il mito che il suo consumo possa avere un effetto “femminilizzante”, un’accurata revisione di 38 studi ha escluso qualunque rischio per gli uomini.

Latte d’avena
Dal punto di vista organolettico, il latte d’avena è il più cremoso e il più simile al latte vaccino e quindi tra i più graditi, dopo quello di mandorla, e la domanda è in crescita (secondo uno studio del 2022). Di solito però contiene più zuccheri rispetto a quello di soia e a quello di cocco. Gli zuccheri sono infatti quasi indispensabili per renderlo gradevole. In compenso contiene anche i fitati, molecole antiossidanti e antinfiammatorie che contribuiscono a preservare le ossa e prevengono la formazione di calcoli renali. Secondo alcune ricerche, inoltre, sarebbe indicato per chi soffre di colon irritabile o malattie infiammatorie intestinali. I fitati, tuttavia, possono interferire con l’assorbimento di ferro, zinco e calcio, ma una dieta equilibrata dovrebbe ridurre al minimo i possibili effetti avversi. Quanto alla concentrazione di fibre, il latte d’avena è secondo solo a quello di riso.
Latte di mandorla
Se non è zuccherato è ideale per chi deve tenere sotto controllo la glicemia e per chi vuole un prodotto ipocalorico. Secondo uno studio del 2023 ha però meno proteine del latte di anacardi, piselli, soia e canapa, anche se ne ha di più di quello di cocco e di quello di riso. Dal punti di vista ambientale, i mandorli consumano grandi quantità di acqua, superiore a quella necessaria ad altre piante, anche se ovviamente la produzione di latte di mucca ne richiede molta di più.
Latte di cocco
Contiene elevate concentrazioni di grassi saturi e viene quindi pubblicizzato come simile al latte di mucca intero. Tuttavia, poiché i grassi saturi non dovrebbero superare il 6% delle calorie giornaliere (in base alle indicazioni dell’American Heart Association), gli esperti raccomandano moderazione, anche perché i grassi saturi arrivano da molte altre fonti ogni giorno. Oltretutto, le ricerche sui possibili effetti sulla salute umana sono poche, anche se di sicuro sono presenti antiossidanti che agiscono in particolare sui meccanismi cellulari dell’invecchiamento.
Latte di riso
Prodotto con riso macinato e acqua, è spesso addizionato di vitamina D e calcio. Ha una concentrazione molto bassa di proteine: in media 0,9 grammi per porzione (tazza media) contro i 2,4 del latte d’avena e gli 1,7 di quello di mandorle. Per questo si raccomanda di associarlo a una dieta con alimenti ricchi di proteine. Ha pochissimi grassi e colesterolo e ha un basso potere allergizzante, ma è anche ricco di carboidrati e per questo è spesso il preferito da chi pratica un’attività sportiva.
Bisogna poi tenere presente della possibile presenza di arsenico inorganico, comune a tutti i prodotti derivati dal riso. Per tale motivo, anche se non ci sono limiti prefissati, secondo alcuni il latte di riso sarebbe da somministrare con cautela ai bambini, perché i bambini mangiano tre volte più cibo, in proporzione, rispetto degli adulti, e potrebbero accumularne di più. La Food and Drug Administration, per lo stesso motivo, raccomanda che i cereali con riso per neonati non contengano più di 100 parti per miliardo di arsenico inorganico. Anche in questo caso, comunque, è improbabile che si raggiungano concentrazioni pericolose, ma mancano studi approfonditi.
Miscele
Si tratta di prodotti relativamente nuovi, sui quali ci sono poche informazioni scientifiche. Secondo uno studio del 2024 avrebbero una texture più simile a quella del latte vaccino rispetto ai prodotti di un solo vegetale. Di solito sono anch’essi arricchiti con vitamine e minerali e in generale le miscele possono portare a risultato migliori, grazie al giusto assortimento di cereali e legumi, ciascuno con le sue specificità.
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Giornalista scientifica



MOLTO INTERESSANTE. GRAZIE.
Molto interessante scoprire le qualità del prodotto grazie per le informazioni buon lavoro continuate così.
Informazioni che, spesso, sembrano disinformazioni, come i mandorli che “consumano grandi quantità di acqua rispetto alle altre piante”. È un’ignoranza assoluta. La maggioranza dei mandorleti, come gli uliveti, in Sicilia non sono irrigati, nemmeno nei periodi del caldo estivo africano e, a quelli irrigui, si irrorano un’infinità d’acqua in meno rispetto ai vigneti, dei pescheti, dei pruneti, delle arance, dei mandarini, degli ortaggi (se, poi, “le altre piante” fossero soltanto quelle usate per le bevande vegetali, beh la coppa d’oro la meriterebbe di sicuro il riso, notoriamente non irrigato, allagato…Poi, sugli oli di semi aggiunti, senza spiegare il perché, magari disinformando che mandorle, soia, cocco…sono ricchi di olio micidialmente ottimi e in quantità elevatissimi (fino al 40% del peso, che nei “latti vegetali” non c’è neanche la traccia di un goccio, e questo dimostrerebbe il “perché”) senza informare, e contemporaneamente disinformando, che gli oli di semi aggiunti sono prodotti con procedimenti industriali che al 99,99% che sono usati, per l’estrazione degli oli, dei solventi chimici, come l’esano, la trielina, derivati dal petrolio, in autoclavi surriscaldate dove vengono raggiunte temperature di trecento e più di gradi centigradi. Mi fermo qui. Ho usato il termine “ignoranza” senza offendere. Personalmente, io sono ” assolutamente ignorante” di tutto, eccetto quello dell’infinitesimo minimo che credo, o mi illudo, di conoscere. Dimostratemi, comunque, che ciò che abbia scritto sia sbagliato e vi sarò grato. Saluti di salute.
Alcune di queste bevande hanno un contenuto irrisorio di olio vegetale, che può essere girasole (il più usato) o cartamo.
Dal profilo nutrizionale non viene, ovviamente, indicato se i pochi grassi presenti derivano da questo ingrediente o anche dal frutto/cereale usato (mandorla nel caso della mandorla). Se, come afferma, la mandorla ha il 40% di olio, presumo che utilizzino uno sfarinato di mandorle, dal quale è stato prima estratto il suo pregiato olio.
Il consumo di queste bevande (ultraprocessate, come qualcuno ricordava) si giustifica soprattutto per i problemi di digeribilità del latte in alcune persone.
Sfugge a molti la possibilità di farselo fresco in casa, senza aggiunte e senza plastica di contatto con la bevanda. E con i frutti/cereali che si gradiscono; integrali, per non disperdere le loro proprietà nutrizionali. Senza aggiunte sgradite (olio, sale, zucchero) ma aggiungendo a piacere cannella o polvere di caffè o noce moscata o vaniglia o zenzero. o cacao. Dolcificando tiepido (sotto i 30°/40°) con miele o melata non pastorizzati, nella quantità desiderata.
Il residuo del frutto/cereale si usa per prepararsi delle polpette, a scelta omnivore o vegetariane o vegane. Oppure lo si può aggiungere a una pasta e fagioli, piuttosto che a un minestrone, o alla “pastina in brodo” (quel “piatto-confort” che i vecchi una volta gradivano a cena).
a me pareva strano che i mandorli avessero bisogno di grandi quantità di acqua….è o non è un “frutto secco”?
Grazie per questa interessante rifflessione.
In realtà sono tutti prodotti ultra processati, con rischi gravi per la salute, vedi anche il commento sui rischi da estrazione di olio; molto meglio un buon bicchiere di latte, serve anche a tenere vive le mucche, se no, come è successo ad asini e cavalli, da milioni non ne resta più una
I latti vegetali non sono alimenti ultraprocessati, anzi secondo la classificazione nova (quella da cui deriva il concetto di alimenti ultraprocessati) la maggior parte rientrano nella categoria degli “alimenti minimamente trasformati”. Per altro non è vero che qualunque alimento ultraprocessato è associato a rischi per la salute, è stato dimostrato (fra gli altri dallo studio EPIC, il più grande studio europeo sulla nutrizione) che l’associazione tra il consumo e l’aumento del rischio di cancro o malattie cardiache e metaboliche è presente solo per alcune categorie, per esempio è presente per i prodotti ultraprocessati di origine animale mentre è assente per le alternative vegetali (fonte: Consumption of ultra-processed foods and risk of multimorbidity of cancer and cardiometabolic diseases: a multinational cohort study – part of The European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition – The Lancet 2023)
Tenere vive le mucche da latte? Lei sa bene che il ”fine carriera” per le vacche da latte è di ca. 3 anni (spossate per i continui cicli di parti e mungiture), e poi sono avviate al macello, mentre la vita media potrebbe essere di 20 anni.
In realtà mucche da latte vengono mandate al macello dopo 4-5 anni
Pensa … allora invece d 3, 5 che tristezza
In pochi sanno che la parola stracchino deriva dalla parola (dialettale) stracca, cioè sfinita, che non si regge in piedi. In inglese le chiamano downers. Ma al di là della sofferenza, che andrebbe eliminata per civiltà e rispetto della vita altrui, il problema sta a monte, cioè il considerare gli animali una risorsa, oggettificandoli per usarli, invece di vederli per quello che sono, individui senzienti. Qualcuno, non qualcosa. Da lì cambia la prospettiva e conseguentemente cambia anche il modo di agire. Ci sono tanti allevatori che si sono convertiti e la loro famiglia con loro, convertendo di conseguenza anche la loro attività.
In realtà, oltre allo sfruttamento inaccettabile che subiscono le mucche,il loro allevamento intensivo è estremamente inquinante dunque ben vengano alternative e non solo per chi è intollerante al lattosio.
Shockante come alcuni commentino senza avere la minima idea di come funzioni l’estinzione e soprattutto l’attuale sovrappopolazione di bovini. Il fatto che ne vengono allevati in abbondanza apposta per incontrare false esigenze di consumo, ma soprattutto il fatto che siano animali, che come altri, sono stati domesticati a proprio piacimento molto tempo fa, proprio per sfruttarli… Tutto ciò sfugge a troppi, perché una volta letto l’articolo salutista si fermano lì e non guardano cosa e chi c’è oltre il prodotto da consumare. Eppure se uno cerca e approfondisce, trova tutto. Mi auguro che sempre più persone abbiano voglia di impiegare il tempo che sprecano ripetendo le stesse falsità, a informarsi, magari prima di commentare.
Grazie.
Articolo molto chiaro
Ricordo però che dette bevande non si possono più chiamare latte….
Gentilissimo, lo sappiamo, infatti l’abbiamo scritto nella prima riga. Non si possono definire così a livello di vendita, ma visto che nel parlato non abbiamo mai sentito una persona dire “bevanda di soia” anche noi quando scriviamo usiamo i termini più diffusi tra i lettori (sempre specificando che il temine per la legge è bevanda e non latte…)
Eccetto il latte di cocco
Anche il latte di mandorla
Buonasera. Un problema fondamentale di queste BEVANDE indovinate qual è ? L’ ACQUA usata per comporle. Giuste le puntualizzazioni sugli olii e richiedere i dovuti chiarimenti sul processo di produzione ma nessuno specifica che acqua venga usata e come.
Ricordo che anni fa consumando la bevanda di riso e soia AlPro in alcune occasioni, domandai al loro numero specifico del Servizio clienti (anche per email in un secondo momento) da quale falda attingessero per realizzare le loro bevande. NON HO RICEVUO NESSUNA RISPOSTA. MAI.
Non le ho più comprate nè consumate. Assenza di trasparenza inaccettabile. E molto sospetta.
Tutti i produttori di bevande vegetali utilizzano acqua filtrata con un impianto interno dedicato, sia chi dispone di acqua di sorgente sia chi impiega acqua di rete ed è per evitare contaminazioni accidentali, contenuti indesiderabli di metalli pesanti e sapori ed odori sgradevoli.
Certo Ezio, ma il filtraggio dell’acqua non elimina determinate sostanze come gli PFAS, purtroppo ed essendo bevande composte per la stragrande maggioranza da acqua sarebbe utile ( e per me doveroso) indicare DA DOVE la prelevano e la relativa analisi fisico-chimica e gli elementi caratterizzanti in mg/L, in cui viene obbligatoriamente segnalato anche il residuo fisso a 180° C. Ci sono persone che hanno anche esigenze particolari a questo riguardo per problemi di salute (renali) e non possono bere qualsiasi acqua ma solo quelle oligominerali più leggere, cioè a residuo bassissimo.
Almeno dietro richiesta specifica dell’utenza la risposta dovrebbe esserci. In non ho mai ricevuto alcun riscontro da Alpro, nonostante una doppia sollecitazione.
Francesco, conosco bene gli impianti ed i processi di produzione delle bevande vegetali, compresi quelli di Alpro-Provamel e per quanto riguarda la filtrazione dell’acqua di rete utilizzata, si parte da una purificazione spinta ed una bassa reintegrazione standardizzata per evitare eccessi e discontinuità di composizione, che potrebbe alterare i parametri ripetitivi dei processi enzimatici impiegati.
Alcuni residui vengono apportati dalle materie prime impiegate, come ad esempio l’Arsenico inorganico del riso ed altri eventuali contaminanti chimici ineliminabili che finiscono nelle bevande processate.
Qesto è il problema più impattante, ma che le produzioni biologiche degli alimenti e delle preparazioni possono prevenire, anche se non in tutta la filiera agroalimentare.
Mentre alcuni residui ineliminabili come i Pfsas, purtroppo l’unico rimedio è l’analisi continua di controllo, con la speranza che nessuno falsi le eventuali presenze.
Siete sempre una fonte molto importante di informazione che difficilmente senza di voi riusciremo a sapere. Grazie per quello che fate.
Dal punto di vista del contenuto i macro nutrienti: grassi, proteine, carboidrati, nessuna bevanda vegetale può competere con il latte di vacca, basta pensare che le bevande hanno mediamente il 98% di acqua il latte di vacca 87%. Il valore proteico in aminoacidi delle bevande vegetali è inferiore di parecchio ai latti animali in genere. I micronutrienti vanno valutati per la loro bio-disponibilità, non c’è paragone il latte di vacca è sempre superiore in calcio, zinco, vitamina B12. La commissione Ue bene ha fatto (in grave ritardo) a proibire di chiamarli “Latte”. Ma il potere della pubblicità, aumentata dagli influencer che sui social, senza nessuna prova scientifica, demonizzano il latte e il pericolo del lattosio sono i principali sono i protagonisti del successo ingiustificato delle bevande vegetali. Come giustamente ricordato da Codignola nelle prime righe dell’articolo, le quantità di macro e micronutrienti contenuti in porzioni ragionevoli non influenzano in nessun modo la salute, quindi che senso ha spendere anche il 100% in più per una bevanda ultra-processata che non fa nulla? Dal punto di vista etico-ambientale secondo l’Ecological Footprint degli Alimenti, il “non danno” all’ambiente è inesistente per varie ragioni che vanno dalla coltivazione della materia prima al costo energetico di produzione e trasporto. Quindi perché si consumano? Credo che la domanda debba essere un’altra: perché nella maggioranza degli esseri umani prevale la stupidità?
Per chi ha problemi col lattosio sono perfetti
Chi è intollerante al lattosio può consumare i delattosati, che hanno le stesse caratteristiche nutrizionali del latte, ma senza carboidrati. Quindi sempre megli dei vegetali.
Salve,oltre a queste caratteristiche va considerato che chi è allergico o intollerante al nichel può assumere solo latte di riso.
Sono perplesso dal costo di questi prodotti che raggiungono prezzi esagerati considerando che sono prodotti dal 80-90% contenuto di acqua (di pozzo) e il resto è un derivato vegetale.
Un altro problema fondamentale è che NON comunicano che ACQUA adoperano (da quale sorgente o da quale rete). Almeno NON Alpro, a cui avevo inviato specifica richiesta.
Dovrebbe essere indicato chiaramente in etichetta
il latte che i bambini dovrebbero ingerire è quello materno, non quello vaccino.
Gino a una certa età però
Nell’articolo si sottolinea come valore la presenza di maggiori quantità di proteine, probabilmente anche in rapporto al fatto che il latte ne contiene di più e quindi come prodotto sostitutivo più ne ha e più è simile al sostituito. Tuttavia, se non sbaglio qui ho letto più volte che non solo zuccheri e grassi fanno ingrassare, ma anche le proteine: quindi, chi ha il problema del peso, dovrebbe invece scegliere i prodotti con meno proteine. E’ corretto?
È vero che anche le proteine hanno un loro apporto calorico di circa 4 kcal/g, analogo a quello dei carboidrati. Tuttavia, non si raccomanda di scegliere prodotti con meno proteine. Anzi, nell’ambito di una dieta ipocalorica può essere utile aumentare leggermente la quota proteica, all’interno di un’alimentazione bilanciata, per contrastare la perdita di massa muscolare.
ottimo articolo, molto interessante
sono una paziente oncologica e mi è stato consigliato di bere solo bevande vegetali. Ma dopo avere letto tanti commenti sulle stesse, sinceramente, non ci sto capendo più nulla. Sono già confusa di mio.
Allora hanno zuccheri aggiunti anche se in etichetta vengono dichiarati esenti…
No, dipende dalla marca e dal prodotto. Se decidono di aggiungere zuccheri allora va dichiarato in etichetta.
Un elemento interessante a mio parere è il costo esagerato di queste bevande vegetali.
Tenuto conto dei suoi componenti, lo stesso latte di avena acquistato al supermercato costa un botto. Contenendo il 10-11 % di farina (110 g per litro) ed il resto oltre all’acqua essendo poca cosa, non si capisce come sia possibile proporlo a 2,5 o addirittura a 3,5 euro al litro!
La granella d’avena viene pagata ai produttori meno di 50 euro al quintale, che sono 0,5 euro al kg. Un etto di farina, stimando una resa del 60-65% fa dunque meno di 5 centesimi al litro.
Purtroppo le bevande vegetali sono assoggettate all’IVA al 22%, mentre il latte vaccino gode di un’IVA al 4%; è una forma di agevolazione indiretta.
Anche questo contribuisce al prezzo finale.
Se si dovesse guardare all’impatto ambientale, penso che come minimo le due percentuali di IVA applicata al prodotto andrebbero invertite…
Se ha seguito il mio ragionamento, l’enorme differenza tra il costo industriale del prodotto e quello delle sue componenti fa perdere di significato la differenza di aliquote IVA.
Si parla di bevanda, non di Latte, un errore non da poco, da parte de Il Fatto Alimentare
Gentilissimo, lo sappiamo, infatti l’abbiamo scritto nella prima riga. Non si possono definire così a livello di vendita, ma visto che nel parlato non abbiamo mai sentito una persona dire “bevanda di soia” anche noi quando scriviamo usiamo i termini più diffusi tra i lettori (sempre specificando che il temine per la legge è bevanda e non latte…)
Il latte di avena è già dolce di suo, non capisco perché venga scritto che ha bisogno dello zucchero per renderlo gradevole quando non è così. Ma da dove prendete le vostre fonti?
a parte il fatto che si tratta più che altro di mode spesso con passaparola specialmente su internet, la cosa che mi fa un po’ timore è che spesso sulle confezioni non viene specificato l’origine dei vari semi: sappiamo ad esempio che la soia è spesso ogm.
Gentilissimo, se venisse utilizzata soia GM dovrebbe essere indicato in etichetta, e vista l’avversione per gli OGM in Italia e in Europa da parte dei cittadini, le aziende non la usano. Anzi molto spesso la soia utilizzata per le bevande vegetali è addirittura biologica. La soia GM in Italia viene utilizzata quasi esclusivamente all’interno dei mangimi per gli animali da reddito (vacche da latte, manzi e vitelli da carne, suini)
salve. Apprezzo la risposta ma le industrie sono obbligate a riportare l’origine dei semi delle suddette bevande o é facoltativo? Grazie
Non, è obbligatorio, ma spesso si trova, soprattutto per soia e riso, l’origine italiana.
Anche perché l’Italia è il maggiore produttore sia di soia che di riso nella UE. Si coltivano ovviamente solo soia e riso NON GM. Resta comunque moltissimo spazio per produrre soia biologica.
A parte la mandorla che lo è per tradizione, gli altri NON sono “latte”.
E’ inutile che ci giriate sempre intorno