
Il Governo ha notificato alla Commissione Europea il disegno di legge n. 413, che promette di rivoluzionare la produzione e la vendita del pane in Italia. L’obiettivo dichiarato è garantire una corretta informazione ai consumatori e valorizzare il “pane fresco italiano” come patrimonio culturale nazionale. Ma, come spesso accade, tra le pieghe della norma si annidano luci e ombre, con alcune disposizioni che sembrano non tenere conto della praticità e, peggio ancora, della salute pubblica.
Il testo si propone di abrogare e riscrivere gran parte della vecchia legge sul pane (la 580/1967), introducendo diverse novità.
L’etichetta trasparente
Tra le modifiche più rilevanti troviamo la definizione di “Pane Fresco” riservata al prodotto con un processo continuo, senza interruzioni per congelamento o surgelazione, e che deve essere posto in vendita entro settantadue ore dall’inizio della lavorazione. Viene inoltre ribadito l’obbligo di etichettare chiaramente come “pane parzialmente cotto” (eventualmente “surgelato”) i prodotti semilavorati sottoposti a una cottura definitiva nel punto vendita come accade spesso nei supermercati.
Il disegno di legge introduce una distinzione tra “pane di pasta madre” (se prodotto esclusivamente con lievito madre) e “pane con pasta madre” (se utilizza anche altri lieviti).

Sarà vietato utilizzare diciture come “pane di giornata”, “appena sfornato” o “caldo” per il pane ottenuto da prodotti intermedi di panificazione (es. precotto) come nel caso di quello sottoposto a una parziale cottura finale nei forni dei supermercati. Questa tipologia dovrà inoltre essere venduto pre-confezionato ed etichettato, mentre prima bastava esporlo in scomparti separati. Si introdouce la possibilità di venderlo anche a pezzo, e non più solo a peso (avevamo trattato l’argomento in un articolo sul caso Aldi).
Si potrà vendere come “pane fresco tradizionale” il pane DOP come il Pane Toscano DOP, o IGP (attualmente: Genzano IGP, Altamura DOP, Matera IGP, Dittaino DOP, Coppia ferrarese IGP) e i tipi di pane segnalati dalle Regioni come prodotti tradizionali.
Il parere di Roberto Pinton, esperto di produzioni alimentari
Il disegno presenta più di una criticità. Mentre le normative europee introducono prescrizioni con l’obiettivo di ridurre i rifiuti di imballaggio per contribuire alla sostenibilità ambientale e alla conservazione delle risorse naturali, il testo introduce un anacronistico obbligo del pre-confezionamento, del tutto privo di senso logico. Già l’attuale normativa prevede che il pane ottenuto dal completamento di cottura di un semilavorato surgelato sia posto in vendita in comparti separati da quelli del pane fresco, opportunamente identificati e segnalati: si tratta di disposizioni sufficienti per l’informazione trasparente al consumatore.
Ho l’impressione che imporre il confezionamento (che, naturalmente, oltre a uno spreco di materiali, comporterà un aumento di costo per la manodopera necessaria al confezionamento) sia il segnale di un ostracismo “politico” punitivo, che mira a ostacolare il mercato di questo tipo di pane.
Il consumatore adesso acquista una, due, tre o “enne” michette, quelle che servono a lui; se il disegno di legge non sarà modificato, dovrà scegliere tra le quantità decise dal supermercato.
Un altro aspetto davvero critico è che la denominazione di “pane” prevede l’obbligo di utilizzo di “cloruro di sodio o sale comune”. Da una parte adottiamo norme per la prevenzione del gozzo endemico e di altre patologie da carenza iodica diffuse in alcune fasce della popolazione italiana (la legge 21 marzo 2005, n. 55), dall’altra diciamo che col sale iodato non si può fare il “vero pane”.
Il sale
Per non dire dell’impossibilità di denominare “pane” il prodotto con sale iposodico. L’OMS raccomanda di limitare l’assunzione di sodio al di sotto di 2 g al giorno per ridurre la pressione sanguigna e il rischio di malattie cardiovascolari: oggi si stima un’assunzione di 4,3 g/die, più del doppio della dose raccomandata, una situazione che richiede azioni urgenti e accelerate. L’uso di sale iposodico è riconosciuto dall’OMS, dalle autorità sanitarie nazionali e dalle organizzazioni di sanità pubblica come un’efficace strategia per ridurre l’assunzione di sodio. Negare la denominazione di “pane” al prodotto con sale iposodico in un’epoca in cui si promuove e a tutti i livelli la riduzione del consumo di sale è un clamoroso passo indietro.
Il disegno di legge trasuda un afflato “autarchico”, ma rischia di compromettere le reali esigenze nutrizionali dei cittadini in nome di una purezza che, in questo caso, ignora la scienza della nutrizione. Sarà fondamentale che questo aspetto venga corretto prima che il disegno di legge diventi legge, per garantire che la difesa del “pane fresco italiano” non vada a discapito della salute pubblica.
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giornalista redazione Il Fatto Alimentare
Magari se ne sono dimenticati..
ovviamente d’accordo con Pinton. i nostri governanti hanno un tratto distintivo che li caratterizza: non danno sufficiente credito alla scienza.
Spero che la commissione europea bocci il disegno italiano. Le leggi devono migliorare la salvaguardia della salute. Son d’accordo con il sig. Pinton
In relazione all’uso di sale iposodico ritengo che non sia consigliabile poichè tale sale è idoneo all’uso per chi è iperteso ma non per tutti e il pane è un prodotto che si mette in tavola senza particolari distinzioni che sarebbero, oltretutto, scomode. Penso che sia sufficiente la commercializzazione di pane con sale e pane sciapo (tipo toscano) per soddisfare le diverse esigenze. Il sale iposodico lo uso sulle pietanze.
Generalmente è meglio abituare il palato gradualmente a mangiare meno salato e a stare molto attenti al sale “nascosto” soprattutto nei piatti pronti e negli alimenti ultra processati. Però l’utilizzo di sale iposodico si è dimostrato molto utile: qui trova due articoli sull’argomento:
https://ilfattoalimentare.it/sale-iposodico-ictus-ed-eventi-cardiovascolari-gravi-una-risorsa.html
https://ilfattoalimentare.it/sale-iposodico-ci-sono-dei-benefici-per-la-pressione.html
Attenzione però, non è per tutti. Come leggiamo sul sito dell’Humanitas: Quando utilizzato a scopo terapeutico il sale iposodico deve essere consumato solo dietro prescrizione e sotto monitoraggio medico: poiché, infatti, diverse patologie (come l’insufficienza renale) e l’assunzione di determinati medicinali (come i diuretici risparmiatori di potassio) riducono la capacità dell’organismo di eliminare il potassio, aumentare l’apporto di questo minerale (di cui il sale iposodico è particolarmente ricco) può comportare diversi pericoli per la salute, anche importanti.
INTERESSANTE
E il pane non salato della tradizione toscana non potrà essere definito pane?
Nessun provvedimento invece per il “finto” pane integrale,
prodotto con farina raffinata + crusca, invece che con vera farina integrale?