Il binomio estate-gelato è sempre valido: con il caldo aumentano le occasioni di consumo di questo alimento dolce, “confortante” e freddo. In realtà da qualche anno a questa parte il consumo di gelato è sostenuto anche nei mesi invernali, quando nessuno si avventura a passeggio con il cono, ma possiamo approfittare di ciò che si trova al supermercato e si conserva nel freezer di casa, non solo vaschette, ma tutti i formati più diffusi: coppette, coni, stecchi e sandwich con il biscotto.

La produzione di gelati confezionati in Italia è iniziata 70 anni fa e da allora sono state create tante diverse tipologie, con una progressiva evoluzione degli ingredienti, e una sempre più vasta diffusione, favorita dalla presenza nei supermercati.

La creazione dei gelati industriali inizia con la miscelazione degli ingredienti, che sono omogenizzati per produrre una crema liscia e regolare. Segue la pastorizzazione, trattamento con il calore (almeno 25 secondi a 79°C) che permette di eliminare eventuali agenti patogeni presenti nella miscela. Questa poi viene rapidamente raffreddata e lasciata “maturare” al freddo per un lasso di tempo che va da due ore a tre giorni per permettere agli ingredienti di amalgamarsi. Successivamente sono aggiunti gli ingredienti sensibili al calore, come yogurt, puree di frutta, alcuni coloranti o aromi naturali.

La fase seguente è il congelamento, all’interno di macchine mantecatrici che agitando la miscela permettono l’ingresso di aria e quindi conferiscono alle creme una consistenza più soffice. A questa fase segue la formatura, in cui il gelato acquista la sua forma e viene completato con eventuali aggiunte di granella di nocciole, cioccolato o altro. Infine è portato a –23/–25°C, viene confezionato ed è pronto per lo stoccaggio, sempre a bassa temperatura (almeno –18°C), finché non arriva nelle mani del consumatore.

Le varie fasi della produzione dei gelati industriali. Fonte: dossier “Nutrizione e gelato” dell’Istituto del gelato italiano

Gli ingredienti variano in base alle ricette e le linee guida per le diverse tipologie sono raccolte nel Codice di Autodisciplina della produzione del gelato industriale, documento cui le industrie aderiscono su base volontaria. I sorbetti sono a base di acqua, mentre i gelati sono a base di latte, che può essere fresco, ma più spesso è latte in polvere reidratato. A questo, per conferire una maggiore “cremosità” si può aggiungere panna, non di rado sostituita da grassi vegetali di girasole, di cocco o di palma. Altro ingrediente fondamentale, trattandosi di dolci, è lo zucchero, spesso sotto forma di sciroppo di glucosio o di glucosio-fruttosio; poi troviamo yogurt, cioccolato, nocciole o altro, secondo la ricetta. Il latte può essere sostituito da alternative vegetali (per esempio a base di soia) che vanno incontro alle esigenze degli intolleranti al lattosio e dei vegani.

Tipologie di gelati secondo il Codice di Autodisciplina della produzione del gelato industriale. Fonte: dossier “Nutrizione e gelato” dell’Istituto del gelato italiano

Per dare al gelato caratteristiche di sapore e consistenza ottimali, e far sì che si mantengano nel tempo, l’industria utilizza addensanti, come la farina di semi di carrube e la farina di guar, ed emulsionanti, come le lecitine e i mono- e di-gliceridi degli acidi grassi. Oltre a queste sostanze, i gelati possono contenere coloranti e aromi, mentre non hanno conservanti perché questa azione è svolta dalle basse temperature.

Nel 2015 il Ministero della salute e l’industria del gelato hanno sottoscritto un protocollo che individuava obiettivi di miglioramento delle caratteristiche nutrizionali, relativi soprattutto al contenimento delle calorie, alla riduzione degli zuccheri e dei grassi saturi.

Si tratta certamente di prodotti molto amati, ma cosa possiamo dire delle caratteristiche nutrizionali? Secondo il dossier pubblicato da poco dell’Istituto italiano del gelato, con il contributo di diversi nutrizionisti, questo alimento, per la sua ricchezza di grassi e zuccheri, deve essere consumato con cautela, come tutti i dolci, però si può inserire tranquillamente nella dieta di adulti e bambini.

Gelati industriali
Il Magnum mini, con porzione più adeguata a un consumo a fine pasto

Abbiamo chiesto un parere a Stefania Ruggeri, nutrizionista e ricercatrice del Crea-Alimenti e Nutrizione. “I gelati sono alimenti gratificanti per il nostro palato, destinati a un consumo puramente edonistico – dice Ruggeri – e non possiamo considerarli di elevato valore nutrizionale. Molti contengono una quantità notevole di grassi e di zuccheri e sarebbe auspicabile consumarli in modo saltuario, in linea con quanto previsto dalla nostra dieta mediterranea. Possono essere utilizzati per la merenda dei bambini e dei ragazzi, che consumano molte energie, soprattutto in estate, è necessaria più cautela quando si fa una vita sedentaria, si sta a dieta o nelle donne in menopausa, quando è maggiore la tendenza a prendere peso.”

“I gelati confezionati di solito hanno una lista degli ingredienti molto lunga che comprende non solo materie prime fondamentali, di qualità più o meno elevata, ma anche additivi. – Fa notare Ruggeri – La carragenina (E407), per esempio, è un composto che secondo alcuni studi potrebbe, a lungo termine, avere effetti negativi per l’intestino. Lo stesso vale per alcuni emulsionanti. Non si tratta di sostanze di per sé dannose, infatti sono consentite dalla normativa, che in molti casi indica anche una dose massima giornaliera accettabile; una frequenza di consumo elevata, però, non è certo salutare per il nostro organismo. La ragione della loro aggiunta, inoltre, spesso è da attribuirsi alla scarsa qualità delle materie prime. L’olio di cocco, utilizzato in molti casi al posto della panna, è molto ricco di grassi saturi, che sarebbero da limitare, per la salute del sistema cardiovascolare.”

Il confronto con i gelati artigianali non è semplice perché la normativa italiana permette di definire “artigianali” anche quelli preparati a partire da semilavorati

I fosfatidi d’ammonio (E442), i mono- e di-gliceridi degli acidi grassi (E471) e il poliricinoleato di poliglicerolo (E476), additivi che possiamo trovare in numerosi gelati industriali, sono classificati come “poco raccomandabili” dalla banca dati sugli additivi di Altroconsumo. In generale, presenza di tanti additivi e di sostanze che non compaiono nelle nostre cucine, è tipica degli alimenti ultra-trasformati. Questi sono attualmente al centro dell’attenzione, perché alcune ricerche un consumo elevato di alimenti ultra-trasformati potrebbe essere associato a un maggiore rischio di disturbi come diabete, malattie cardiovascolari (leggi qui e qui).

Quindi sono da preferire i gelati artigianali? “Il confronto con i gelati artigianali non è semplice – continua  Ruggeri – perché purtroppo la normativa italiana permette di definire “artigianali” anche quelli preparati a partire da semilavorati che contengono ingredienti simili a quelli dei gelati confezionati. Se confrontiamo un gelato industriale con un vero prodotto artigianale, a base di latte fresco, panna e frutta, gli ingredienti del secondo sono certamente più genuini e più ricchi dal punto di vista nutrizionale, inoltre il gelato è più buono. Più è gustoso, più ci sentiamo sazi e così ne basta anche una piccola porzione. Il latte reidratato, utilizzato dall’industria al posto del latte fresco, è più pratico, più economico e non è certamente dannoso per la salute, però è più povero dal punto di vista nutrizionale e le caratteristiche organolettiche sono inferiori. Per poter scegliere in modo consapevole è necessario che la normativa definisca in modo chiaro un protocollo di produzione per i gelati “artigianali”.”

Il latte reidratato è più pratico, più economico ma è più povero dal punto di vista nutrizionale

A favore dei gelati confezionati dobbiamo dire che questi, conservati a bassa temperatura e avvolti nella confezione individuale, sono sicuri dal punto di vista igienico, aspetto che non sempre viene garantito dai chioschetti che vendono gelati sfusi, in situazioni “a rischio”, come accade sulla spiaggia. Inoltre, hanno una porzione ben definita, sull’involucro troviamo l’elenco degli ingredienti e informazioni nutrizionali complete, quindi possiamo fare una scelta adeguata alle nostre necessità, cosa che non è possibile quando acquistiamo un cono di gelato sfuso.

Leggendo le etichette possiamo notare importanti differenze: se le calorie di una coppetta fior di latte e cacao da 50 g – le più semplici, che ormai si trovano solo al supermercato, difficilmente al bar – sono circa 100, come quelle di alcuni stecchi alla frutta, si sale a 230-240 per un cono medio (da 75 g), a 260 per i coni più grandi e gli stecchi “ricchi”, come il Magnum Algida, e si arriva a 290 con i sandwich più grandi, come il Maxibon Motta. I grassi rimangono sotto i 10 g nelle coppette, salgono a 13-14 g nei coni standard e arrivano a 16 negli stecchi più grandi; in tutti i casi i grassi saturi sono circa il 75%. Gli zuccheri, sempre abbondanti, nella maggior parte dei casi sono circa 20-25 g a porzione.

Vista la ricchezza di grassi e di zuccheri non sarebbe un alimento da consumare in aggiunta al pasto, ma piuttosto come spuntino. In ogni caso la scelta deve tenere conto del fabbisogno nutrizionale di chi lo consuma e quindi dell’età e dello stile di vita. Il dossier sul gelato suggerisce, per esempio, per la merenda di un bambino sotto i 3 anni, una pallina di gelato da 60 g e per un bambino di 4-6 anni uno stecco al latte con copertura al cacao (40 g). Fra 7 e 11 anni il gelato a merenda potrebbe essere una coppetta all’amarena; fra 12 e 14, quando aumenta il fabbisogno nutrizionale, è adeguato un sandwich con vaniglia e cacao, per i ragazzi di 15-17 potrebbe essere una coppa a tre gusti (150 g).

La pubblicità può influenzare i bambini nella scelta del gelato

Spesso però la scelta del gelato da mangiare a merenda è lasciata ai bambini, influenzati dalla pubblicità, dai colori della confezione o dal riferimento a personaggi noti, che stimolano la fantasia.

Il gelato è un piacere, soprattutto estivo, che entra nella dieta di ognuno di noi e l’assortimento è vastissimo. Per fare una scelta ragionata, senza perdere di vista i suggerimenti dei nutrizionisti, è necessario leggere sempre le etichette, in questo modo è possibile evitare i prodotti con una lista di ingredienti particolarmente complessa e quelli con un apporto di calorie e grassi eccessivo per il nostro stile di vita. Attenzione anche alle dimensioni: tutte le tipologie (coni, stecchi, coppe) sono proposte con varianti sempre più grandi! Per uno spuntino o come fine pasto sono da apprezzare, piuttosto le versioni “mini”, disponibili nei supermercati.

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Gianpaolo pierini
Gianpaolo pierini
2 Agosto 2020 04:11

Sempre interessante e pure onesto …..mi sembra …..e pure con conoscenze scientifiche e professionali . Che chiedere di piu…..?

Roberto
Roberto
20 Agosto 2020 10:15

Anche io sono molto interessato ai vostri articoli, li condivido spesso a gli amici. Purtroppo la normativa risente delle lobby di settore non sempre coincidente con le grandi industrie. Suggerirei l’auto disciplina e conseguente diffusione mediante campagne pubblicitarie, direttamente presso i punti vendita aderenti e tramite i canali social ritenendo maturi anche i consumatori, anche se non tutti, ma sicuramente molti per recepire anche i buoni messaggi.

Francesco Zanardo
Francesco Zanardo
21 Agosto 2020 12:28

Che dire.. articolo esaustivo. Peccato che non venga citata la di plastica usata per i gelati industriali, come se non fosse un problema, visto l’uso del bisfenolo e lo smaltimento successivo.

Santina
Santina
21 Agosto 2020 17:57

Bene, molto documentato, ma la pubblicità del Magnum a metà articolo? hanno pagato loro? sono meglio degli altri? E’ un periodo che si apre continuamente la finestra della carne Montana. Onestamente non è questo il motivo per cui leggo il Fatto Alimentare.

Valeria Nardi
Reply to  Santina
22 Agosto 2020 19:06

Gentilissima, non è una pubblicità ma la fotografia di un prodotto di cui parliamo nell’articolo, se vede anche dopo compare un altro prodotto.