Se volessimo cucinare una vellutata di carciofi, voi che ingredienti utilizzereste per la ricetta? Pensateci bene. Ora confrontate il vostro elenco con quello della crema ai carciofi Knorr: farina di grano tenero, grasso di palma, amido di patata, sale, sciroppo di glucosio, farina di mais, carciofi 2,7%, proteine del latte, zucchero, estratto per brodo, estratto di lievito, spinaci, prezzemolo, aromi, succo di limone, radice di levistico. Differenze?
L’alimentazione della popolazione mondiale include sempre di più cibi pronti, fast-food e bevande zuccherate. Questi prodotti sono definiti “alimenti ultra-trasformati o ultra-processati”, dall’inglese ultra-processed food (Upf). Il concetto di Upf è stato ideato da Carlos Monteiro, ricercatore brasiliano in nutrizione, per riferirsi a quel gruppo di alimenti trasformati che sono spesso un concentrato di energia, grassi, sale, zucchero e additivi vari, e sono poveri di micronutrienti e fibre. Il ricercatore dà così il via agli studi su Upf e obesità, e le malattie a questa correlate.
Cibi ultra-trasformati: la classificazione NOVA
Ma facciamo un passo indietro. Monteiro sviluppa una nuova classificazione, chiamata NOVA, che suddivide gli alimenti in quattro categorie:
- Gruppo 1: cibi non processati o minimamente processati. Fanno parte di questa categoria i prodotti grezzi, come le parti commestibili dei vegetali (semi, frutta, foglie e radici) e degli animali (muscoli, frattaglie, uova e latte), funghi, alghe e acqua;
- Gruppo 2: ingredienti culinari lavorati. Si tratta di alimenti ottenuti direttamente da quelli del primo gruppo attraverso alcune trasformazioni (come taglio, pressione, raffinazione). Difficilmente si usano da soli ma quasi sempre come condimenti o ingredienti di piatti più complessi. Fanno parte di questa categoria il sale, il miele, gli oli vegetali, il burro;
- Gruppo 3: alimenti processati. Si tratta di prodotti semplici, ottenuti utilizzando ingredienti del primo e secondo gruppo, lavorati per migliorarne la conservazione o renderli più gustosi. Questi alimenti hanno al massimo tre ingredienti e sono per esempio i legumi in scatola o il pesce affumicato;
- Gruppo 4: cibi ultra-trasformati. Sono preparazioni industriali con cinque o più ingredienti e sostanze che non vengono utilizzate abitualmente in cucina (proteine idrolizzate, maltodestrine, grassi idrogenati). Fanno parte del gruppo le bevande zuccherate e gassate, i prodotti da forno preconfezionati, le caramelle, le creme spalmabili, le patatine fritte…
Come si riconoscono gli ultra-trasformati?
Come si riconoscono gli Upf? In genere hanno caratteristiche ben definite. Oltre alla lista più o meno lunga di ingredienti, spesso hanno un sapore piacevole (questo perché sono ricchi di zucchero, sale, grassi e aromi) e attraenti (coloranti) anche all’occhio del consumatore con un bel packaging, colorato e accattivante. I cibi ultra-trasformati sono spesso disponibili in grandi porzioni, sono economicamente convenienti, e pratici e veloci da mangiare, in quanto richiedono poca preparazione (al massimo sono da riscaldare). Nella maggior parte dei casi tendono ad essere molto pubblicizzati e a volte utilizzano indicazioni sulla salute che mascherano le loro scarse qualità, ad esempio una brioche di cereali integrali che però risulta essere ricca di zuccheri e grassi.
Negli ultimi anni alcuni studi hanno analizzato come chi si alimenti con gli Upf potrebbe avere maggiori probabilità di sviluppare obesità, dislipidemie, diabete, ipertensione, quindi malattie cardiovascolari e cerebrovascolari, e alcuni tipi di cancro, come quelli a carico dell’apparato digerente, anche se gli effetti variano sensibilmente a seconda della quantità, della qualità e dalla frequenza dei consumi.
Cosa dicono le linee guida?
Ma cosa dicono le nuove linee guida proprio a riguardo dei consumi di questi prodotti? Non ci sono indicazioni che parlano di Upf in senso stretto ma si possono seguire le indicazioni su “Meno è meglio”, i capitoli su grassi, zucchero, sale e bevande alcoliche.
“Ci siamo mossi – spiega Laura Rossi, ricercatrice del centro ricerca alimenti e nutrizione del Crea e coordinatrice generale delle nuove linee guida – su una classificazione che non è quella di Monteiro ma che gli somiglia molto: non è tanto sulla processazione o meno degli alimenti ma è su quello che c’è dentro. Nelle linee guida si possono distinguere gli “alimenti base” – cereali e tuberi, frutta e verdura, carne, pesce, uova e legumi, latte e grassi da condimento – e gli “alimenti voluttuari”. Abbiamo categorizzato come voluttuario tutto quello che riteniamo non essere necessario o addirittura essere pericoloso in casi specifici [torte, snack, patatine, creme spalmabili dolci, bevande alcoliche, carni trasformate e conservate, n.d.r.], ovvero tutti i prodotti che non sono necessari a coprire le raccomandazioni per una sana alimentazione”.
“È chiaro – continua Laura Rossi – che se noi applicassimo la classificazione di Monteiro, negli “alimenti base” ci sono dei prodotti che secondo il ricercatore brasiliano sono Upf, come i biscotti o i sostituti del pane. Sono tutti prodotti che anche se sono processati hanno un profilo nutrizionale accettabile e quindi si possono mangiare, nelle giuste quantità – un adulto può consumare un pacchetto di cracker di 30 g una volta alla settimana secondo le linee guida – inserendoli in una dieta corretta. Per questo abbiamo preferito “salvare” il biscotto semplice e mettere tra i voluttuari i dolci con le creme o farciture complesse”.
Ultra-trasformati: da consumare occasionalmente
Nelle stesse linee guida si legge che “per gli alimenti voluttuari, vista l’impossibilità di definire frequenze di consumo adeguate, ci si è limitati a suggerirne un consumo occasionale, per il piacere di determinate scelte, limitato magari a eventi particolari. In ogni caso quella di Monteiro è una proposta sulla quale riflettere. Dobbiamo essere consapevoli di ciò che mangiamo. Il tiramisù, per esempio, lo mangiamo perché ci piace ma non ci serve a coprire nessuna raccomandazione e ne possiamo tranquillamente fare a meno. Si preferisce perciò una negoziazione che permetta di dire «oggi va bene il tiramisù ma tieni presente che non ti serve ed è solo per il tuo piacere». Quindi si deve dare un’allerta al consumatore ma, d’altro canto, se siamo troppo restrittivi rischiamo di non essere efficaci”.
Altro punto fondamentale che le linee guida vogliono far passare è che “qualsiasi strada che favorisca il consumo dei vegetali o dei legumi è una strada da favorire”. Un chiaro esempio sono i legumi in scatola, posti al livello 3 da Monteiro. “Perciò – conclude Laura Rossi – meglio consumare i legumi in scatola, ben sciacquati, piuttosto di non consumarli affatto”.
Il dossier de Il Fatto Alimentare
Il Fatto Alimentare ha realizzato un dossier sui prodotti ultra-trasformati, basato sul rapporto sull’alimentazione industriale realizzato da una commissione parlamentare francese, focalizzando l’attenzione sul cambiamento dei modelli alimentari e sulle possibili soluzioni, proponendo alcune delle raccomandazioni francesi che potrebbero essere tranquillamente adottate nel nostro Paese, se non all’Europa intera.
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Che bello quando ci si accapigliava per il nutriscore e per le indagini di Report, mi mancano questi argomenti pure importanti per la nostra salute ormai tutti fagocitati dal nuvolone del lungo momento presente, chissà quando riprenderemo fiato da questa apnea
Al più presto spero, ma non potranno mancare le discussioni sui problemi evidenziati da questa emergenza.
le parole sono importanti. Perchè ridurre e umiliare gli esseri umani a “consumatori” Cioè automi, bipedi da supermercato senza cervello. Nella storia umana non si era mai arrivati a tanto. Gli Stati, la politica, le Leggi dovrebbero preservare la Cultura, la salute, la sicurezza e la dignità dell’uomo. Bisognerebbe semplicemente proibire la vendita di prodotti nocivi, invece pubblicità, farmacie, supermercati rifilano le più fantasiose sciocchezze al “consumatore”