
Una riforma del sistema alimentare potrebbe salvare l’ambiente e le persone? Nonostante gli sforzi degli ultimi anni, il Regno Unito continua ad avere numeri allarmanti di obesità e delle patologie collegate: produce, importa, consuma e spreca moltissimo cibo di pessima qualità, e ne paga un prezzo elevato sia in termini ambientali che dal punto di vista della salute pubblica. Per questo tre docenti esperti di legislazioni in ambito alimentare dell’Università di Reading hanno appena pubblicato un voluminoso rapporto intitolato Strumenti regolatori per una dieta sana a sostenibile di più di cento pagine, corroborato da oltre ottocento voci bibliografiche, nel quale spiegano che cosa bisogna cambiare prima possibile: praticamente tutto.
E lo si deve fare attraverso leggi che impongano obblighi e stabiliscano limiti, dal momento che, come sottolineano gli autori, tutte le strategie basate sulla moral suasion e gli impegni volontari delle aziende sono stati fallimentari e non hanno portato a nessun risultato.

Il tempo è scaduto, e ora non resta che imporre a tutti, per legge, un’alimentazione più sana e più sostenibile. Le raccomandazioni, dedotte in base a quanto è stato dimostrato da studi scientifici, riguardano tutti i principali punti della filiera, da quelli della produzione a quelli dell’informazione ai cittadini, dalle indicazioni per una dieta sana a quelle su packaging ed etichette, passando per l’impegno ambientale a limitare le emissioni, a ridurre lo spreco e a tutelare il benessere animale. Il tutto in un linguaggio comprensibile a chiunque.
Suggerimenti per la riforma
Ecco alcuni dei suggerimenti contenuti nel rapporto:
Per quanto riguarda le abitudini alimentari:
- La soda tax, introdotta per le bevande zuccherate nel 2018, sta funzionando: da allora, il consumo si è quasi dimezzato, calando del 44%. Questo successo spiega perché gli autori ne chiedano l’estensione a qualunque alimento industriale. Oltre ai soft drink, c’è infatti bisogno urgente di abbassare la quantità di zuccheri aggiunti negli yogurt, nei cereali da colazione, negli snack, nei biscotti, nei milkshakes e così via.
- E poiché il sistema raggiunge l’obbiettivo, una legge simile dovrebbe essere introdotta anche per limitare il sale.
- Per quanto riguarda i consumi di carne, si dovrebbero stabilire limiti da indicare come obbiettivo da perseguire con iniziative dedicate, per quanto possibile, con una valenza doppia: migliorare la salute e l’impatto sul clima.
- I produttori dovrebbero essere obbligati a inserire in ogni confezione il sistema a semaforo. In alternativa, il rapporto cita il Nutri-Score o il sistema australiano a stelle, ma il senso è chiaro: il cliente deve capire immediatamente il livello qualitativo di ciò che acquista, e anche il suo impatto ambientale.
- Le pubblicità di alimenti non sani dovrebbero essere vietate o severamente regolamentate.
Un esempio di un’alimentazione corretta è quello indicato dalla commissione di Lancet, sottolineano gli autori, riprendendolo nel testo e spiegando che una sua rappresentazione grafica (vedi foto sotto) è facilmente comprensibile da parte di chiunque.
L’ambiente
Per quanto riguarda l’impatto ambientale:
- Per superare la voluta superficialità con la quale, finora, il settore agricolo è stato chiamato in causa nella crisi climatica, bisognerebbe stabilire target specifici (per esempio di emissioni) per l’allevamento e l’agricoltura, che i produttori siano obbligati a rispettare.
- Inoltre, si dovrebbero inserire nel sistema dei permessi ambientali anche le aziende che hanno animali da carne o da latte.
- I produttori più grandi dovrebbero essere obbligati a riferire sulla quantità di cibo non sano venduta.
- Per tutelare i bambini, tutte le mascotte, i personaggi e simili e le campagne dedicate ai minorenni dovrebbero essere vietate.
Nel rapporto si trovano poi riferimenti ai limiti dei pesticidi, alle modalità di confezionamento, allo spreco e si forniscono indicazioni anche sugli investimenti da fare (da parte del governo) per sostenere la transizione, perché senza un accompagnamento economico adeguato, molte misure (come, per esempio, l’abbandono dei sistemi intensivi) potrebbero non decollare mai.
Il successo messicano
Quasi a confermare l’efficacia di un approccio al tempo stesso semplice, globale e severo, negli stessi giorni in Messico è stato pubblicato uno studio con risultati analoghi. Nel paese nel 2020 si è introdotto un sistema di segnalazione con bollino nero che comprende, oltre agli zuccheri, il sale, i grassi saturi, i dolcificanti non calorici e la caffeina. In soli quattro anni le aziende hanno profondamente riformulato moltissimi prodotti, proprio per evitare il bollino.
In questo caso gli autori, ricercatori del centro studi su salute e alimentazione dell’Università Colonia Santa Maria di Cuernavaca, hanno preso in esame tre serie di dati relativi ai prodotti contenuti nel database dell’Instituto Nacional de Salud Pública, che censisce circa mille alimenti industriali, pari al 60% di quelli venduti. Come illustrato su PLoS One, i tre periodi erano quello precedente la legge, e cioè 2016-2017 (T0), quello in cui è stata annunciata la nuova normativa, e cioè tra luglio e settembre 2020 (T1) e quello successivo di qualche mese alla sua entrata in vigore (ottobre 2020), e cioè i mesi compresi tra febbraio e aprile 2021 (T2).
La riformulazione dei prodotti
Il confronto tra T0 e T1, fatto per verificare se ci fosse stato o meno un effetto-annuncio, e quello tra T0 e T2, fatto per analizzare gli effetti sul mercato reale, hanno mostrato tutta l’efficacia dei bollini neri. A T0, infatti, il 77,8% degli alimenti pronti aveva il bollino per uno sforamento di almeno una delle categorie previste (zuccheri, sale, grassi saturi eccetera). A T2, la percentuale era scesa al 52,6%. Tutti i gruppi di prodotti hanno avuto modifiche in almeno uno dei tipi di ingredienti coinvolti, sempre di entità notevole. Per esempio, il sale è diminuito del 63% nel pane e nei cereali; i grassi saturi del 26,3% negli snack salati, e i dolcificanti non calorici del 29% nei prodotti a base di latte. Inoltre, c’è stata una diminuzione generale delle calorie e di tutti gli ingredienti definiti critici.
Gli effetti, infine, si sono visti soprattutto in T2, cioè dopo che la legge è entrata in vigore. Scontate le conclusioni degli autori, di cui saranno contenti anche gli esperti inglesi: la legge funziona, non resta che migliorarla.
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Giornalista scientifica
Ancora non ci siamo…
Se non si chiudono allevamenti e mattatoi, l’ alimentazione sarà sempre un disastro per gli Animali che hanno diritto di vivere, e di conseguenza per la salute nostra e dell’ ambiente, e …naturalmente per l” economia.
BASTA SFRUTTAMENTO ANIMALI !!!
Per quanto sia d’accordo col non sfruttare gli animali, chiudere tutto subito è impossibile ed irragionevole. Bisogna arrivarci gradualmente cominciando a diminuire il consumo di carne, per poi farlo sempre di più, quindi la proposta di riduzione è più che sensata.
Fermo restando che i metodi di allevamento degli animali è orrendo e va cambiato, i diritti dei consumatori di proteine animali non dovrebbero subire il bullismo dei vegani che vogliono imporre la loro visione al resto dell’umanità.