Come fa il fruttivendolo vicino alla stazione di Lambrate, a Milano, a vendere ogni giorno frutta e verdura a 0,99 € al kg? Il negozio ha una certa visibilità perché ha costruito all’esterno una sorta di orto verticale alto 3 metri e lungo 10, fatto con cassette di mele, arance, mandarini… Una grande insegna precisa che la merce è anche italiana. Il problema è che nei tre supermercati distanti poche centinaia di metri i prezzi sono più alti, anche se si sceglie la frutta meno costosa, confezionata in sacchetti da 1-2 kg. Abbiamo rivolto la domanda agli addetti dell’ufficio rilevazione prezzi e statistiche dell’Ortomercato di Milano, considerato uno dei più grandi in Italia.
“Quest’anno – spiegano gli addetti – i prezzi sono bassi perché l’inverno è stato caldo e le serre sono piene di prodotto. Rispetto all’anno scorso registriamo un calo dei listini del 20% circa. Per fortuna la domanda è alta e i consumi tengono. Detto ciò, bisogna ricordare che al mercato non si vende un’unica categoria di frutta e verdura. Il prezzo dipende dal calibro, dall’aspetto, dall’origine, da quando è avvenuto il raccolto e da quanti giorni la merce è in magazzino”. Il mercato invece non premia come dovrebbe i prodotti, forse meno belli esteticamente, ma con un ottimo sapore. Il gusto è poco considerato e molti acquirenti badano più all’aspetto, anche se c’è chi è disposto a pagare di più la frutta matura di qualità.
Il listino che viene pubblicato giornalmente considera solo la frutta e verdura di prima categoria, per cui è difficile capire il prezzo del prodotto di seconda e terza scelta. A volte il prezzo si dimezza per partite brutte esteticamente o per quelle che restano invendute nei magazzini per 3-4 giorni. Il 19 febbraio, per esempio, le arance Navel o Tarocco di prima categoria, confezionate in casette multistrato, erano vendute a 0,70 e 0,75 €/kg. Quelle di calibro più grande, confezionate in cassette monostrato, costano il doppio. Quelle di 2° categoria o addirittura 3°, in cassetta multistrato e di calibro inferiore si possono trovare a un prezzo quasi dimezzato 0,40-0,50 €/kg.
Per le mele Golden delicius trentine di 1°categoria confezionate in cassette monostrato il prezzo medio era di 1,20 €/kg, quelle di 2° categoria vendute in casse (rinfusa) si comprano a 0,60-0,70 €/kg e anche meno. Se invece si scelgono le mele della Val di Non vendute in cassette monostrato, si sfiora il doppio.
A questo punto si capisce come fa il fruttivendolo di Lambrate a vendere frutta e verdura al prezzo allettante di 0,99 €/kg. Basta comprare mele, arance o mandarini di calibro minore, venduti in casse o in confezioni con la retina da 2 kg, scegliere la merce che resta invenduta per qualche giorno, quella con difetti classificata di 2° o 3° categoria o quella che ha poco sapore. Alla fine riesce a guadagnare tranquillamente.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Il fruttivendolo forse, sull’agricoltore e la manodopera che li ha prodtti e raccolti non ci giurerei.
Sorge però anche una domanda come mai sui mercatini rionali le bancarelle gestite da italiani sono poco fornite di ortofrutta anche di qualità mentre quelle gestite da extracomunitari sono grandi,con un tripudio di merce bella e di qualità Qualcuno ha una risposta? Grazie
Come spiegato nell’articolo dipende da una scelta a priori del commerciante, quando decide cosa acquistare all’ortomercato. Va detto poi che i titolari di molti banchi in cui lavorano immigrati, sono italiani, e sono i titolari a decidere le strategie di vendita.
Non credo che sia sempre e solo così, come descritto nell’articolo, perchè io vedo nei molti negozi “tutto a 0,99” anche tanti prodotti di qualità. Secondo me il problema principale è nel ricarico di grossisti e dettaglianti ed in piccoli accorgimenti (per esempio, qui da me, alcuni di questi negozi si sono organizzati con un camion proprio e vanno direttamente a Fondi a ritirare la merce, che, poi, si dividono: una bella spesa in meno), oltre ad un pò di sacrificio in più (molti aprono dalle 6 di mattina a mezzanotte).
Io penso esattamente l’opposto, come fa un chilo di mele a costare 3 euro se al contadini gli danna 0,3 euro al chilo? Se me le fanno pagare 1 euro anche se bruttine non mi offendo…
Se prendiamo come riferimento prezzo quello del supermercato,sbagliamo . Essi infatti operano in regime quasi di monopolio in talune zone,ed i prezzi lo riflettono. Se si considera il prezzo all’origine si vedono che i margini per operare in relativa marginalità ci sono. Le mega strutture e i lauti guadagni delle catene della grossa distribuzione non hanno una origine magica ma sono frutto di marginalità enormi ,fatte anche di sgravi e contributi vari