Tra gli ambiti di salute pubblica citati durante la campagna elettorale di Donald Trump ce n’era uno di cui non si sentiva parlare da tempo: quello della fluorurazione dell’acqua potabile, vecchio cavallo di battaglia dei complottisti di tutto il mondo, e ora apertamente osteggiata da uno dei riferimenti del tycoon appena rieletto. Robert Kennedy junior, già noto per le sue campagne no vax, per avallare teorie stravaganti quali quella delle scie chimiche e per aver raccontato di avere un parassita nel cervello è infatti contrario. Nei prossimi mesi si capirà quindi che ruolo avrà un personaggio del genere nelle decisioni della Casa Bianca, e se la sua richiesta di eliminare la fluorurazione sarà ascoltata.
La messa in discussione di una pratica considerata uno dei grandi successi di salute pubblica del Novecento, che ha modificato drasticamente la situazione dei denti di diverse generazioni, però, ha suscitato allarme anche prima dell’elezione, e ora Time torna sul tema, facendo il punto su ciò che ha dimostrato la scienza negli ultimi anni in merito ai benefici della fluorurazione delle acque.
La storia della fluorurazione
Negli Stati Uniti, l’aggiunta di fluoro è iniziata negli anni quaranta e, da allora, ha consentito di ridurre l’incidenza della carie del 25%. Oggi oltre sette americani su dieci ricevono acqua fluorurata, con regolamenti che variano a livello locale.
Negli altri paesi la data considerata come inizio delle fluorurazioni è il 1975, e tuttora paesi come il Canada e l’Australia hanno acque fluorurate, con benefici evidenti. Secondo uno studio canadese del 2021, per esempio, nella città di Calgary, che interrotto la fluorurazione, in soli sette anni si è visto un aumento assai significativo delle carie infantili. Rispetto alla città di Edmonton, dove l’acqua è fluorurata, e che ha un’incidenza di carie nei bambini di 7-8 anni del 55,1%, Calgary ne ha ora una del 64,8%. Ciò spiega perché le autorità sanitarie dei diversi paesi nei quali l’acqua non contiene naturalmente fluoro continuino a sostenere l’intervento, rafforzati anche da pronunciamenti quali quelli dei Centers for Diseases Control, dell’American Cancer Society e dell’American Dental Association o ADA che ribadiscono la sicurezza della fluorurazione, per aggiunte che rispettino le indicazioni date.
In Italia non esistono normative riguardanti la fluorurazione artificiale delle acque. L’unico riferimento normativo dedicato è il decreto legislativo 2 febbraio 2001 n. 31, che recepisce la direttiva comunitaria 98/83/CE e riguarda i limiti, ma non l’aggiunta, che non viene praticata a livello di acquedotti, anche perché nelle acque italiane il fluoro è già presente naturalmente.
Le critiche al (troppo) fluoro
Se il fluoro è troppo, per esempio più che doppio (1,5 milligrammi per litro), rispetto alle quantità consigliate (0,7 milligrammi per litro), secondo lo U.S. National Toxicology Program si potrebbe avere un lieve effetto sullo sviluppo cognitivo, anche se nessun programma pubblico ha mai previsto quantità che non siano quelle corrette. Tra l’altro, quel rapporto è stato criticato dal punto di vista metodologico, per non aver fornito dati sufficientemente chiari e per non aver fugato i sospetti di conflitti di interesse degli autori, ed è quindi da considerare con cautela. La stessa ADA ha ufficialmente chiesto di non modificare le decisioni basandosi su quel documento, proprio per i dubbi metodologici. La questione è finita anche in un tribunale della California, come spesso accade negli Stati Uniti, che ha chiesto all’Environmental Protection Agency un pronunciamento più chiaro sugli effetti sullo sviluppo cognitivo dei bambini.
Un altro punto critico è quel rischio di fluorosi, un’alterazione della colorazione dei denti che si verifica nei bambini, sempre per dosi che eccedono quelle consigliate. Non ci sarebbero prove a sostegno del fatto che una fluorurazione corretta provochi fluorosi.
Tempo per un ripensamento?
Oggi, tuttavia, la necessità di fluoro nell’acqua che ha giustificato le aggiunte nella seconda metà del Novecento potrebbe essere diminuita, grazie alla diffusione dei dentifrici e degli altri prodotti per l’igiene orale fluorurati, ormai accessibili a chiunque. Lo ricorda una pubblicazione recente del circuito Cochrane, la collaborazione internazionale di esperti che valuta gli studi pubblicati, escludendo quelli di cattiva qualità, per poi fornire indicazioni basate solo su prove scientifiche solide. In questo caso si sono presi in considerazione 157 studi condotti sia prima che dopo il 1975. Gli studiosi hanno confrontato le comunità nelle quali si era aggiunto fluoro all’acqua e quelle in cui non si era preso alcun provvedimento del genere, e il quadro sembra abbastanza chiaro.
Fino al 1975, infatti, quelle in cui c’era acqua florurata avevano avuto una diminuzione media di 2,1 carie per bambino rispetto alle altre, ma dopo quella data la diminuzione del numero di carie è scesa a 0,24. Lo stesso si è visto verificando il numero di bambini molto piccoli che non presentavano carie, salito solo del 3% dopo il 1975. I benefici oggettivi sembrano essersi quindi ridimensionati, e non di poco.
Tuttavia, questo andamento riguarda solo i paesi più ricchi. In quelli meno sviluppati non solo la fluorurazione dell’acqua è avvenuta in modo variabile, ma ci sono stati anche molti meno studi, ed è quindi difficile capire come sia andata e come stia andando ancora oggi.
Rivalutare parametri e necessità
Secondo gli autori, probabilmente sarebbe il caso di rivalutare l’aggiunta del fluoro, perché comporta costi, e non è sempre ben accetta dalla popolazione. Tenendo conto di ogni realtà, probabilmente si potrebbero modificare alcuni parametri, per garantire comunque un effetto protettivo, senza però fornire più fluoro del necessario. Parallelamente, bisognerebbe intensificare il lavoro culturale sulle cause delle carie che persistono e anzi, talvolta si sono aggravate, a prescindere dalla presenza di fluoro, per l’eccessivo consumo di zucchero, e per le pratiche di igiene orale non corrette.
Ciò che comunque emerge è quindi la necessità di una riflessione in base alla realtà attuale, specifica da paese a paese, ma quasi sempre molto diversa rispetto a quella dei decenni scorsi.
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Giornalista scientifica
Ottimo articolo complimenti.
L’unica osservazione riguarda la normativa italiana sull’acqua potabile;
il Dlgs 31/2001 è stato sostituito con il DECRETO LEGISLATIVO 23 febbraio 2023 , n. 18
Attuazione della direttiva (UE) 2020/2184 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2020, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano.
In ogni caso il valore del fluoruro da non superare è rimasto invariato (1,5 mg/L).
Cordialmente
La fluorazione dell’acqua serve soprattutto ad evitare la proliferazione batterica all’interno delle tubature dove l’acqua, per la maggioranza del tempo, è stagnante. Il motivo odontoiatrico è stato pensato in un secondo momento.
Quella è la clorazione, l’aggiunta di piccole quantità di ipoclorito di sodio (tipicamente 0.5 mg/l, con un limite di sicurezza di 5 mg/l) a scopo di disinfezione. Cloro e fluoro sono due elementi fiversi. L’acqua potabile in Italia non è sottoposta a fluorazione, anche perché praticamente tutti i dentifrici in commercio nel nostro paese sono addizionati di fluoro
EFSA: i livelli tollerabili di assunzione di fluoro (in primis nell’acqua potabille) sono stati aggionati e ora sono in consultazione pubblica sino al 9 febbraio https://www.efsa.europa.eu/en/news/have-your-say-draft-risk-assessment-fluoride-food-and-drinking-water
Noi italiani siamo tradizionalisti: avendo per secoli portato l’acqua con le anfore dalla fontana del paese a casa, mo’ la portiamo dal supermercato. Quindi il fluoro nell’acqua del sindaco non ci interessa.
Oltre all’eventuale ricchezza naturale di fluoro nelle acque di un paese andrebbe precisato anche che in molti paesi che non addizionano di fluoro l’acqua potabile è ubiquitario l’uso di dentrifrici e collutori addizionati con sali di fluoro. È il caso dell’Italia dove l’aggiunta di sali di fluoro ai dentifrici, pur non essendo obbligatoria, è raccomandata dall’Istituto Superiore di Sanità e presente in praticamente tutti i dentifrici in commercio