Quando il 1 gennaio 2018 è entrata in vigore la legge che obbligava i consumatori a utilizzare sacchetti compostabili per frutta, verdura e prodotti alimentari sfusi in vendita nei supermercati e nei negozi, il legislatore si è dimenticato delle etichette che vengono attaccate sui sacchetti per indicare il prezzo. La campagna creata per la riduzione della plastica non ha considerato questo piccolo problema che si pone per centinaia di milioni di sacchetti che usiamo ogni anno in Italia. La maggior parte delle etichette del prezzo che vengono applicate sui sacchetti di materiale compostabile, non sono biodegradabili ed è molto probabile che nella maggior parte dei casi finiscano erroneamente nel rifiuto umido insieme al sacchetto.
Il problema si pone anche per i sacchetti di carta del pane venduto nei supermercati che spesso sono fatti con materiale compostabile, mentre l’etichetta del prezzo non essendo quasi mai “eco” dovrebbe essere ritagliata e tolta, prima di gettare il sacchetto nel bidone della carta o dell’umido.
Anche per la frutta marchiata con bollini multicolore che evidenziano la marca e il logo del produttore si pone un problema analogo. All’inizio c’erano solo le banane, poi sono arrivate le mele del Trentino, le pere dell’Emilia-Romagna e ormai molti tipi di frutta hanno il bollino autoadesivo. In questo caso se non si ha l’accortezza di scollarlo, il bollino finisce nel contenitore del rifiuto umido di casa. A questo punto viene spontaneo chiedersi quante persone hanno l’accortezza di togliere la piccola etichetta autoadesiva? “Melinda – precisa il consorzio – da anni porta avanti la ricerca per ottenere bollini biodegradabili in grado di essere utilizzati nella filiera di lavorazione che prevede movimentazione attraverso l’acqua e il mantenimento in celle ad umidità oltre il 90%. Ad oggi non sono ancora disponibili bollini compostabili in grado di resistere al processo di lavorazione, capaci di evitare l’innesco dei processi di degradazione del materiale. Le uniche soluzioni ad oggi esistenti sono applicabili “a valle” della filiera, le stesse che attualmente Melinda utilizza per la produzione biologica, nonostante impongano la necessità di essere applicati in modo non automatico e quindi comportino un impegno di manodopera molto importante”.
Cambiare però si può, visto che alcune catene di supermercati, come Iper, Bennet o Esselunga hanno adottato per le etichette del prezzo del sacchetto del pane e dell’ortofrutta materiale compostabile. La stessa cosa hanno fatto alcuni consorzi per i bollini della frutta.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Sono l’amministratore di una azienda italiana che rappresenta un gruppo di imprese industriali e che ha certificato una etichetta, da noi ideata e prodotta, compostabile secondo la norma uni 13432 nel 2013. Produciamo e commercializziamo l’etichetta compostabile per applicazione ortofrutta su vari frutti per una GDO di primaria importanza dal 2019. Le informazioni riportate dunque nell’articolo andrebbero modificate ed integrate.
Nell’articolo viene detto he alcune catene della Gdo usano etichette compostabili
Le etichette sono una parte “piccola” del problema, piuttosto ci sono esercizi commerciali (solitamente negozi di frutta e verdura che distribuiscono indisturbati ancora sacchetti non compostabili, quelli classici e vietati dalla legge. Alla mia richiesta di spiegazioni ho ottenuto la risposta che il motivo è il costo elevato dei sacchetti biodegradabili. Nessuna controlla? A chi spetterebbe il controllo?
sì, stessa cosa per i negozi di piccole lavorazioni sartoriali: usano sacchetti in pura plastica anni ’70 …
Staccare l’etichetta del prezzo e metterla nell’indifferenziata richiede un attimo. Io lo faccio automaticamente.
Il problema è soprattutto culturale. Mediamente le persone considerano il pattume solo come uno scarto da buttare, mentre invece è l’inizio di un processo industriale che per avere buon fine richiede cura in primis proprio da noi consumatori. Ma questa consapevolezza ancora non c’è. Forse un giorno……..
Io ero convinta che le etichette prezzo da applicare fossero ,,tutte,, biodegradabili. Come si fa a sapere se lo sono o no? È indicato ? Molti supermercati vendono pane in sacchetto di carta con un pezzo di plastica da mettere dove ?
Io metterei al bando anche tutti i fermasacchetti fatti da un ferretto ricoperto di plastica: a che serve averne uno per ogni confezione ? Ho il cassetto in cucina pieno di questi fermasacchetti. Si compostano come ?
Credo che gli Italiani andrebbero sensibilizzati e informati meglio sul compostaggio: si tratta del nostro vivere e del futuro dei nostri figli, quindi informazioni ,,essenziali per la sopravvivenza,, Spots in tv e alla radio durante ore importanti come pranzo, cena o dopocena.
Su alcune etichette dell’ortofrutta è indicato che sono compostabili. Per quanto riguarda i sacchetti di carta con la finestrella, alcuni sono completamente compostabili, ma ogni volta occorre verificare. https://ilfattoalimentare.it/carrefour-addio-sacchetti-in-bioplastica.html
Buongiorno.
L’etichetta è compostabile, il sacchetto è compostabile ma siamo sicuri che incollati uno sull’altro rispettano la normativa ? Lo spessore è un parametro importante per il tempo di decomposizione.
Per i bollini sulla frutta, basterebbe vietarli visto che sono inutili.
Dopo la pesatura, metto l’etichetta in alto al centro fra i manici, così posso staccarla tranquillamente e recuperare il sacchetto per il compostabile.