Buongiorno, tenendo presente quanto affermato nell’articolo Gli sventurati polli di Aia, Amadori e Fileni: ustioni, muscoli infiammati e strisce bianche, vorrei parlare della carne di pollo a marchio Esselunga. La carne della linea Smart è quella più economica e i petti di pollo costano 7,98 €/kg. Certamente, per costare così poco, deve provenire da polli a crescita rapida e allevati senza troppa attenzione al loro benessere, suppongo. Tuttavia, va detto che il prezzo incorpora già il guadagno della filiera.
Se i costi richiesti per allevare polli a crescita lenta fossero davvero del 37% in più come indica uno studio condotto dall’Avec (Associazione europea delle aziende di trasformazione e di pollame), mi aspetterei che questo fosse anche l’incremento richiesto a noi consumatori per acquistare al supermercato questo tipo di carne. O mi sbaglio? In base allo studio condotto a livello internazionale e da voi citato il petto di pollo a crescita lenta e allevato in condizioni di benessere dovrebbe costare quasi 11,00 €.
Come mai allora i petti di pollo della linea Naturama, che è sempre un marchio Esselunga, pur essendo ottenuti da animali a crescita rapida macellati dopo 35-42 giorni, costano 14,99 €/kg? Secondo quanto riportato sulle etichette si tratta di polli cresciuti in un allevamento con un maggior indice di benessere (senza antibiotici, maggiore spazio, luce naturale e arricchimenti ambientali). L’altra cosa che stupisce è perché i petti di pollo della della linea Top Esselunga e il “Pollo della domenica” dichiarati ottenuti da animali a crescita lenta, costano addirittura 24,40 €/kg? Non dovrebbero bastare già 11,00 €/kg per garantire il massimo della qualità ai polli e a noi consumatori?
Grazie e cordiali saluti,
Alberto
Esselunga non risponde
Abbiamo inviato la lettera di Alberto a Esselunga, invitando la catena a fornire delle risposte, che però non sono arrivate. Il comportamento di Esselunga non è strano. Le domande sui polli le abbiamo rivolte anche ad altre catene e alle tre aziende leader (Amadori, Fileni e Aia), ma il risultato è stato identico. Molti supermercati come Esselunga si limitano a dire che i loro prodotti hanno un’etichetta approvata dall’associazione di categoria UnaItalia.
I polli di Esselunga
Il problema è che le etichette di UnaItalia non indicano il tipo di allevamento, non precisano le condizioni di benessere e quindi non considerano le patologie che riguardano la maggioranza degli animali cresciuti in allevamenti intensivi. L’etichetta è studiata per fare pensare ai consumatori di comprare una coscia o un petto di un pollo che ha vissuto in modo ‘felice’, che non si è mai ammalato (è cresciuto senza antibiotici), che ha vissuto in un capannone (chiuso) ma con aperture da dove filtra luce naturale. Ma c’è di più, sul terreno del capannone (riporta l’etichetta) ci sono arricchimenti per poter assecondare i comportamenti naturali dei polli (balle di paglia?) oltre a maggior spazio rispetto ai minimi di legge (senza però quantificarne l’entità).
Sulla base di queste informazioni non è possibile capire la differenza fra il petto di pollo Esselunga Smart proposto a 7,98 €/kg e quello Esselunga Naturama a 14,99 €/kg. In assortimento c’è pure il pollo “Top della domenica” a crescita lenta che costa 24,40 €/kg. Ma anche in questo caso non vengono forniti elementi per valutare e soprattutto per giustificare un prezzo così esagerato. Basta fare un giro nei supermercati europei per rendersi conto di quanto il pollo sia venduto a prezzi decisamente inferiori.
L’allevamento dei polli in Italia
Leggendo però le etichette sulle confezioni di questi petti di pollo, sembra che gli animali abbiano avuto una vita quanto meno ‘accettabile’. Non è così
Il 95% dei polli che compriamo al supermercato ha vissuto in modo complicato, spesso infernale, ma nessuno lo vuole raccontare. Non lo vogliono raccontare i veterinari pubblici distaccati nei vari macelli. Non lo vogliono dire le tre aziende che ‘monopolizzano’ il mercato (Aia, Amadori e Fileni) e anche le catene dei supermercati che comprano questi polli disgraziati e li confezionano con il loro marchio. La vera storia non la racconta l’associazione di categoria UnaItalia, che mantiene persino il segreto sui criteri della sua etichetta presente su quasi tutti i prodotti. Persino il Ministero della Salute che ha avviato di recente una sorta di rilevamento del benessere dei polli negli allevamenti non dispone di dati sul benessere degli animali, sulle miopatie, sulle ustioni, sull’obesità, sulle zoppie e sul numero di morti premature. Qualcuno può anche pensare che se nessuno racconta questa storia il problema non esiste.
© Riproduzione riservata Foto: Il Fatto Alimentare
Siamo un sito di giornalisti indipendenti senza un editore e senza conflitti di interesse. Da 13 anni ci occupiamo di alimenti, etichette, nutrizione, prezzi, allerte e sicurezza. L'accesso al sito è gratuito. Non accettiamo pubblicità di junk food, acqua minerale, bibite zuccherate, integratori, diete. Sostienici anche tu, basta un minuto.
Dona ora
giornalista redazione Il Fatto Alimentare
E noi eviteremo di acquistare questi prodotti. Ne ho trovati altri di prezzo maggiore ma con indicazioni precise.
Più di 24,40 €/kg??? Beata lei che se li può permettere!
Sono d’accordo che non ci sia chiarezza sulla provenienza dei prodotti, solita furbate all’italiana
Cara Sara Rossi, è proprio così. Attorno alla crudeltà animale e al marketing e al business che ruota attorno all’allevamento intensivo, c’è un silenzio e una omertà che pesa come piombo. Possano le vostre voci di giornalisti indipendenti non spegnersi mai e speriamo che qualcuno ascolti, capisca, agisca. Grazie per il tuo lavoro. Un lettore vegano.
Di solito faccio spesa a Esselunga e Coop, talvolta i mini petto di pollo costano intorno a 14 €, se scontati e il prezzo è intorno ai 10€, li prendo. Anche in Coop il prezzo varia dai 9€ petto intero o 11€, già tagliato. In vacanza in Puglia ho comprato ottimi petti di pollo a 10€, con carne di colore verso il giallo o color roseo. Ma mi sembra che il colore dipende dall’alimentazione!!
Fate molto bene ad aprire gli occhi ai consumatori ignari di quanto ci propinano i supermercati.
certo, ringraziamo sempre l’informazione dei giornalisti indipendenti, ma il problema permane, perché queste comunicazioni raggiungono solo una nicchia del popolo consumatore, quella che rappresenta il consumatore attento e critico.
Vero, ma la storia l’han sempre costruita le avanguardie. Prendiamoci l’onere di approfondire e controinformare anche con domande eluse e risposte false.
Basterebbe lasciare i petti dove si trovano e mangiare qualcosa di ben più sano….
Non essendo vegano a me la carne di pollo è stata prescritta dal medico.
Le consiglierei di cambiare medico! Le proteine si trovano in altri cibi, verdure e legumi.
Scusi, ma lei è un medico?
Penso che la cosa più sana e corretta sia evitare tout court di comprare polli. L’ industria della carne è tra le più devastanti dal punto di vista etico ed ecologico e quella avicola forse la peggiore del settore. Sarebbe ora di boicottare i prodotti pubblicizzati e, se proprio non possiamo fare a meno del pollo, di comprarlo dal contadino o in fidati mercatini biologici.
Peraltro con prezzi, per il biologico, inferiori in certi casi a al TOP ESSELUNGA da 24,40 – prezzo”pompato”, a mio parere, giustificato solo da una scelta commeciale
Basterebbe non comprare questi prodotti. Animali che hanno fatto una breve ed infernale vita e chissà quante schifezze hanno dovuto ingoiare . Dannosi anche per la salute. Io non lo compro da anni.
Su che basi puoi dichiarare questo?
Giusto per capire
E’ risaputo che quanto peggio vive l’animale, compreso il momento stesso dell’exitus, maggiori sono le sostanze scadenti (scarso movimento, farmaci, tossine autoprodotte, equilibrio “ormonale sballato”, ecc.)
Sinceramente non capisco ne l’articolo
Nel prodotto Smart l’etichetta non riporta claims particolari, quindi sono polli allevati nel rispetto della normativa, sul pollo Naturama sono riportate informazioni aggiuntive relative all’assenza di antibiotici, tipologia di allevamento e riduzione di densità, poi si passa al Top della linea a cui si aggiunge una crescita più lenta del pollo tutti questi elementi hanno un costo aggiuntivo, come in ogni cosa. Una macchina base ha un prezzo, aggiungo il navigatore, il prezzo aumenta ecc ecc. ogni plus che aggiungo determina un costo diverso.
Il problema è che non si parla nelle etichette di benessere, che i polli sono tutti a crescita rapida, che hanno patologie sin troppo evidenti, che sono animali squilibrati e disgraziati.Sarebbe necessaria una differenziazione qualitativa come si fa per le uova. In questo modo il consumatore può scegliere fra un animale vissuto in modo disgraziato e sofferente pe le ustioni ai piedi e al garretto e un “pollo felice”
il problema è che non sono macchine ma esseri viventi ma forse non ci arrivi a capirlo
Da tempo non mangio più pollo perché non sa di nulla. Acquisto solo gallina Faraona. Faccio bene? Potreste dire qualcosa su questo tipo di volatile? Apprezzo il Vostro. Lavoro, continuate!!! Sentitamente Vi ringrazio.
Faccia un altro piccolo sforzo e rinunci anche alla faraona! Starà molto meglio (anche la faraona!)
Bisognerebbe mangiare tutti meno e MEGLIO! È questo il punto. Dicono che devono esserci allevamenti intensivi perché siamo tanti sul pianeta ecc.ecc. Ma se i nostri nonni mangiavano un quarto per dire tanto della carne che mangiamo oggi il problema non è tanto l’aumento della la popolazione ma solo di sostenere uno stile di vita insostenibile perché nessuno dirà di andare in un’altra direzione perché vorrebbe dire meno guadagno. Quindi il cambiamento può venire solo dal basso e cioè da NOI!
l prezzo è da sempre al contempo una parte del prodotto e un mezzo di marketing. Se costa di più, pensi che sia migliore, e lo acquisti. Se l’hai pagato di più, quando lo mangi ti sembra migliore. Se chi ti guarda vede che hai acquistato il prodotto – quasi sempre di lusso – che costa di più, pensa addirittura che tu sia migliore. Sono effetti antichi quanto il mondo.
La differenza fra un pollo a crescita veloce e uno a crescita lenta è sostanziale. Quasi come un formaggio molle fresco e uno stagionato.
Ultimamente avete pubblicato un articolo in cui si diceva che i polli Fileni bio erano a crescita lenta vivevano all’aperto ed erano nutriti con mangime biologico. Allora non è così?
Questo vale per i polli marchiati Fileni bio. Questi polli rappresentano solo il 10% circa dei polli allevati. Il 90% è costituito da polli a crescita rapida che vengono ceduti alle catene di supermercati e su queste confezioni compare il nome di un allevatore associato a Fileni
Non disturbare il manovratore…di interessi milionari…aiutati da leggi fumose tutte a loro favore…noi abbiamo il coltello dalla parte del manico e dobbiamo difenderci semplicemente non comprando carne di nessun genere, si campa lo stesso da vegetariani! Già lo sto facendo da tempo
“Se i costi richiesti per allevare polli a crescita lenta fossero davvero del 37% in più come indica uno studio condotto dall’Avec (Associazione europea delle aziende di trasformazione e di pollame), mi aspetterei che questo fosse anche l’incremento richiesto a noi consumatori per acquistare al supermercato questo tipo di carne. O mi sbaglio?”
Si sbaglia, e non di poco.
Un aumento del 37% del costo della “materia prima” NON dovrebbe comportare un aumento del 37% del prezzo finale al cliente, per il semplice fatto che il costo della materia prima è solo uno dei fattori che contribuisce a comporre il costo finale, e solitamente è una modesta parte (in special modo se si parla di frutta verdura e alimenti freschi). Il resto sono i margini del commerciante, di chi confeziona, trasporta, etc. Ma non vedo perchè tutti gli altri costi dovrebbero aumentare anch’essi del 37%…
Se si smette di mangiare carne, ne gioverebbe la salute e il clima.
La sfiducia impera ovunque, io non mangio più carne,ma vorrei sapere qualcosa anche sulle uova……. Siete bravi, complimenti
“Non lo vogliono raccontare i veterinari pubblici distaccati nei vari macelli.”
Da ex veterinario pubblico sottoscrivo.
Purtroppo sono molte le cose che i veterinari, pubblici e non, su benessere e ambiente non vogliono raccontare e, spesso, nemmeno sanno che sia da raccontare.