Da quando 9 giorni fa Il Fatto Alimentare ha segnalato il ritrovamento di una carcassa di cinghiale positivo al virus della peste suina alle porte di Langhirano (località considerata la patria del Prosciutto di Parma) è scoppiato il caos. Giornali come la Repubblica che nella cronaca di Parma hanno pubblicato dopo di noi la notizia saldo poi ritirarla, e rilanciarla qualche giorno dopo puntando il dito verso la filiera “omertosa”. Si sono svegliati anche il ministro Francesco Lollobrigida, il Consorzio del Prosciutto di Parma e Coldiretti che, per oltre due anni, hanno ignorato un problema considerato dai veri esperti come una questione seria con potenziali effetti disastrosi per l’intera filiera dei salumi e del prosciutto come poi è successo
Le esportazioni
Da ieri i tre soggetti sono diventati improvvisamente moschettieri e lanciano proposte irrealistiche per ergersi a paladini e protettori del Made in Italy. La realtà è che la peste suina è arrivata sull’uscio dei prosciuttifici e fra pochi giorni con molta probabilità verranno interrotte le importazioni di salumi da parte di Usa, Canada, Francia e altri Paesi europei. Questi Paesi si sommeranno a Messico, Giappone e altri che da tempo hanno chiuso con l’Italia.
Che fare? La prima cosa è rinnovare l’incarico al Commissario straordinario decaduto da oltre 50 giorni. Si tratta di un particolare importante che fa capire quanto i politici abbiano ignorato il problema, dimostrando di non avere afferrato la gravità della situazione. Poi bisognerebbe adottare un piano di abbattimento selettivo dei cinghiali nelle zone a rischio e procedere con un programma di bonifica. Questi sono progetti che potrebbero funzionare, ma che aspettano da oltre due anni visto che nessun commissario straordinario li ha saputi portare avanti.
Le misure per salvare il Prosciutto di Parma
La situazione attuale è grave e non è stata arginata tempestivamente come probabilmente si sarebbe potuto. I tre soggetti: il ministro Francesco Lollobrigida, il Consorzio del Prosciutto di Parma e Coldiretti adesso si agitano perché il problema è scoppiato e non è risolvibile con le belle parole e nemmeno si può sottacere come qualcuno ha provato a fare sino ad ora.
Nessuno pensa che il Consorzio del Prosciutto di Parma e Coldiretti realizzassero in prima persona l’abbattimento intelligente dei cinghiali e la messa a punto di barriere per arginare lo spostamento degli animali. Quello che è mancato è la pressione su governanti ed enti pubblici per adottare i provvedimenti necessari. Altri soggetti della filiera lo hanno fatto ma il loro potere di persuasione è sempre stato molto limitato e non hanno ricevuto la necessaria attenzione.
Il Ministro Francesco Lollobrigida e gli altri due ministeri interessati hanno gravi responsabilità che ora cercano di nascondere e cercando di recuperare una situazione disperata, programmando altri ristori per i danni agli allevatori di maiali e alla filiera. Il bilancio finale è disastroso e sarà difficile tornare alla normalità. Le previsioni ministeriali ipotizzano l’eradicazione del virus della peste suina in 4 anni ma, se la direzione dei lavori resta ai soggetti che hanno operato sino ad ora è realistico che si debba raddoppiare questo intervallo.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Da food valley a smog valley il passo è stato breve….hanno vinto sempre gli interessi in questa vicenda…
Non hanno vinto gli interessi, il prezzo sarà altissimo. Ha vinto purtroppo la stupidità, la visione corta, l’ignoranza, il navigare a vista. Se avessero vinto gli interessi ci sarebbe almeno la possibilità di un confronto, ma di fronte a ignoranza e stupidità che da un lato negano le evidenze perché non le conoscono e da l’altro negano gli errori perché non li capiscono, la lotta purtroppo è impari.
Condivido, ma aggiungo: navigare a vista sì, ma anche per cinico calcolo, forse. Mi spiego con una domanda: ha un maggore impatto mediatico occuparsi in modo ordinario della gestione pubblica oppure essere incaricati di gestire un’emergenza, una situazione straordinaria? Magari con dei finanziamenti ad hoc, o anche solo per avere mano libera sulle scelte da farsi.
Innanzitutto fa specie vedere adesso entrare in fibrillazione tutti coloro i quali fino a qualche giorno fa sembrava fossero indifferenti al problema o addirittura cercavano di far passare tutto sotto traccia.
A tal proposito erano apparse molto inquietanti le dichiarazioni rilasciate qualche giorno fa dal vicepresidente dell’Assemblea legislativa della Regione Emilia Romagna Fabio Raineri e riportate nel sito on-line de La Repubblica.
Se le sue esternazioni avevano un fondo di verità, vien da pensare che la legge non è uguale per tutti…
La proposta di cambiare in corsa l’applicazione della legislazione sulla peste suina in accordo con l’Unione Europea, anche se può apparire umanamente condivisibile (sta alle istituzioni veterinarie dire se ci sono i fondamenti scientifici per farlo) fa ancor di più pensare che certe prese di posizione dovevano essere fatte due anni fa quando il virus è arrivato in Italia (dopo che era già stato affrontato in altri paesi europei con le attuali misure di legge).
E dovrebbe farci ricordare che alcuni allevatori italiani (che in confronto al mondo industriale fanno sempre un po’ la figura dei servi della gleba) hanno già dovuto pesantemente pagare di persona per questa vicenda.
Buongiorno, ho partecipato ad una riunione ed il primo problema del presidente del Consorzio era quello di non far saper niente ai media… Era più preoccupato del possibile calo dei consumi che poteva generare questa notizia che a far pressioni sulla politica anche a livello mediatico e far emergere il problema. Ora che siamo in zona 2 qualcuno si assuma le proprie responsabilità. Inutile piangete adesso e cercare soldi pubblici per risolvere il problema.
Già Report fece una inchiesta sulla peste suina e sui mancati provvedimenti per arginare la diffusione e quello che mi colpi fu il menefreghismo del presidente del consorzio del prosciutto di Parma. Beh, alla lunga i nodi vengono al pettine…
L’italia non è capace di gestire le crisi, è gli effetti saranno disastrosi per i prossimi 5 anni se non di più. L’esercito deve abbattere tutti cinghiali.
Nel prossimo anno chiuderanno un sacco di aziende.
L’esercito? Missili e carri armati! Se chiuderanno aziende sara’ colpa di chi fino ad ora non ha fatto nulla. Le misure sciocche che sono state adottate nel tempo come la caccia non ha fatto altro che far spostare gli animali dato che i cinghiali sono stanziali.Forse se i nostri politici avessero ascoltato i consigli di alcuni tecnici e professori non ci troveremmo in questa situazione in cui si grida e ci si strappa i capelli per una situazione che si conosceva da tanto tempo. PS . Abbattere tutti i cinghiali risultera’ alquanto difficoltoso in quanto piu’ verranno abbattuti e piu’ figlieranno è la natura !
La sua tesi dei cinghiali che si spostano secondo me era valida all’inizio quando si potevano circoscrivere i focolai in Liguria e in Piemonte con barriere. Adesso non lo so proprio.
Certamente la cicoscrizione delle aree andava fatta molto tempo fa ora è impossibile
Nel gennaio 2022 Il Fatto Alimentare e pochi altri operatori spiegavano come intervenire per arginare i cinghiali e la pese suina. Sembravamo dei marziani. Ministeri, Consorzi e Coldiretti pensavano ad altro. Allora si poteva circoscrivere il territorio e abbattere i cinghiali. Adesso è molto difficile intervenire l’area è immensa
L’esercito è intervenuto in Belgio è il problema è stato superato in pochi mesi, qua minimo e dico minimo ci vorranno 4/5 anni, ma siccome siamo l’Italia credo che il problema della peste sarà a tempo indeterminato.
Complimenti per la chiarezza e il coraggio.
Sempre chiaro e preciso. Complimenti per il coraggio e la precisione dei fatti.
Purtroppo l’emergenza della peste suina è stata gestita come tutte le emergenze precedenti, cioè male…
Il tentativo goffo e inutile di arginarla con le reti ha solo dimostrato che chi prende le decisioni in materie agricole non conosce né il territorio italiano né i comportamenti degli animali, visto che i cinghiali sono dei famosi distruttori di reti di ogni tipo e non puoi imporre loro di stare in un posto.
Purtroppo la soluzione era solo una: riduzione degli animali, aumentati a dismisura a causa di fattori climatici (inverni miti) e naturali (carenza di nemici naturali).
I focolai di questo tipo sono normali quando ci sono troppi animali in uno spazio limitato e, molto probabilmente, sarebbe bastato organizzare battute di caccia atte alla riduzione dei cinghiali.
Ma no, sarebbe stata una scelta troppo intelligente… poco importa se in altri paesi europei, come la Spagna, questo sistema sia risultato vincente, non abbiamo dovuto piantare delle reti.
Ed ecco che, come è accaduto per tutte le emergenze precedenti, ci troviamo al punto di non ritorno, con una filiera che dà da vivere a migliaia di persone minacciata e a un passo da disastro.
Il ministro Lollobrigida farebbe bene a pensare a questi problemi, invece di lanciare slogan anacronistici che non portano a nulla
Colgo l’occasione per farVi i complimenti, siete una voce che ha il coraggio di dire le cose come stanno, in modo competente e a ragion veduta.
Continuate così, nonostante tutto.
Grazie
Altra italica situazione dove le commistioni tra politica e interessi privati (che poi interessano tutti) e lobby che remano contro nascondendo i problemi finché possono, incapaci di gestire le situazioni alle prime avvisaglie, una volta che le cose inevitabilmente peggiorano corrono a chiudere la stalla quando i buoi sono fuggiti (ovvero i cinghiali in questo caso) non rendendosi MAI conto che il medico pietoso (leggasi il lobbista) fa marcire la piaga. Quindi si danno la zappa sui piedi e, per negare l’evidenza, invece di rimetterci qualche migliaio di euro ne perdono milioni nonché la faccia (ma per quella hanno varie maschere a disposizione).
Ero Presidente dell’associazione dei produttori biologici dell’Emilia Romagna (ProBER) quando si manifestò uno dei periodici episodi di PSA nei pressi delle zone di produzione del noto prosciutto DOP e in quel caso era a rischio non solo la permanenza ma anche l’ingresso in importanti mercati esteri. Gli allevamenti bradi e semibradi rischiavano di essere chiusi, lavorando con la Regione e con il CRPA di Reggio Emilia furono messe a punto le prime linee guida (2008), tutt’ora vigenti, per la biosicurezza di queste realtà, che nel tempo si sono sempre più diffuse anche in questi territori. Faccio parte della Cabina di regia nazionale voluta dal Commissario straordinario, effettivamente non ci riuniamo da mesi per la mancata decisione del Governo relativamente alla proroga del mandato o alla nomina di un nuovo Commissario. Nella Cabina di regia ci sono tutte le organizzazioni agricole e delle filiere del suino, avendo assistito di persona alle discussioni in quell’ambito mi sfugge per quale motivo solo Coldiretti avrebbe colpe gravi fra tutte le organizzazioni agricole e d’impresa coinvolte. Dato che in quella sede Coldiretti è stata l’unica organizzazione “generalista” a condividere le posizioni a difesa degli allevamenti definiti “fragili”, ovvero quelli bradi o semibradi quindi anche biologici, sarebbe apprezzabile oltre che deontologicamente corretto da parte vostra, un maggiore dettaglio a sostanza di questa accusa, anche solo per comprendere di che scrivete e poter quindi valutare. Di certo e come qualcuno ha già scritto il problema principale è l’incapacità di gestire adeguatamente la fauna selvatica, l’idea di farlo con barriere fisiche lungo confini regionali è, oltre che inefficace, molto costosa e impraticabile per burocrazie e tempi di realizzazione. Risorse che andrebbero meglio spese per catture e abbattimenti dei selvatici, per proteggere gli allevamenti dal contatto con i selvatici e per altre iniziative che sono state dettagliate nei documenti che le organizzazioni che fanno parte della Cabina di regia nazionale PSA hanno inviato al Commissario già da mesi. Sul versante istituzionale rammento che la questione PSA come tutte quelle a carattere veterinario è in capo al ministero della Salute, presso cui è insediato il Commissario straordinario, dunque il MASAF partecipa per quanto di sua competenza così come le Regioni tramite la Conferenza Stato Regioni. Più correttamente credo avreste dovuto scrivere che: “il ministro Schillaci e gli altri due ministeri hanno gravi responsabilità…” ma anche in questo caso accetto volentieri ulteriori fatti a vostra conoscenza.
Il fatto che il Commissario straordinario sia vacate da due mesi lo abbiamo scritto all’inizio di aprile e vista la situazione è già un indice per valutare le capacità o meglio l’incapacità della struttura. Non mi dilungo sull’incapacità dei precedenti commissari a volte costretti ad operare da soli e senza soldi. Apprendo con piacere che la cabina di regia aveva soggetti in grado di capire il problema e di proporre soluzioni, ma nel gruppo c’era anche qualcuno che contava molto di più che non capiva, non voleva capire oppure non ce la faceva proprio a capire.
Nei primi articoli di questa vicenda abbiamo puntato il dito su tutti e tre i ministeri senza fare sconti. Ministeri che sono riusciti a arrivare a questo punto disastroso, dimostrando una quantomeno scarsa conoscenza del problema per usare un eufemismo.
Coldiretti è a lobby più potente del settore capace di spiegare ai ministri cosa fare e come farlo. Se avesse spinto nella giusta direzione per contrastare la PSA avrebbe ottenuto il plauso politico, le risorse e tutto quanto. Ma Prandini ha altri problemi seri da affrontare, pensa ai maglia che arrivano dal Brennerom, al grano canadese e alle perturbazioni meteorologiche che affliggono il bel Paese. Anche il Consorzio del prosciutto di Parma ha buone capacità di intervento , ma in questa storia ha avuto un atteggiamento quanto meno indifferente, come se il problema fosse l’influenza aviaria e non la peste suina. Il risultato finale è un disastro. Ma tanto ci sono i ristori come ricordava lei e il prosciutto si può mangiare lo stesso!
Come andrà a finire? Siamo in Italia diranno che non c’è nessun pericolo per i consumatori e noi mangeremo prosciutti alla peste suina credendo a chi ci racconta che non sono dannosi alla salute. Sigh
La carne ottenuta da maiali con peste suina non è pericolosa per l’uomo. Nei prosciutti crudi il virus è presente, quindi è pericoloso ad esempio importarli, per rischio di diffusione del virus. Nei prosciutti cotti il virus non è rilevabile. In ogni caso, il visrus non è pericoloso per il consumo umano. E’ invece pericolosissimo per il substrato agricolo, sociale e umano, sia delle comunità montane, già tanto fragili (sentieri chiusi per legge, divieto di fare escursioni, divieto di raccogliere funghi, imposibilità ad allevare pochi capi in modo biologico), sia del mercato della carne suina lavorata, che piaccia o no produce PIL quasi quanto l’intero settore della moda in Italia. Il problema va risolto eliminando i cinghiali (andava fatto prima, ma proviamoci) e non creando panico nei consumatori, visto che non esiste rischio per la loro salute
La situazione è abbastanza evidente. Lo sport italiano è quello di mettere la testa sotto la sabbia per non vedere e non agire.
Reputo particolarmente irresponsabile il comportamento di chi dovrebbe tutelare gli interessi degli imprenditori della filiera suinicola.
Ho seguito l’evoluzione dell’epidemia dal Piemonte fino ad oggi cercando di informare tecnici e allevatori. Se una certa disattenzione è tollerabile nelle zone “indenni” senza grosse industrie salumiere, questa diventa imperdobabile nel caso di distretti agrolimentari con prodotti fiore all’occhiello dell’export italiano.
Mi chiedo: i costi di una politica di prevenzione e contenimento rispetto a quella assistenziale dei ristori possono essere messi sul tavolo e valutato il danno creato dalla superficialità?
I Ristori, ovvero la peggiore politica che si possa attuare in campo imprenditoriale. Significa uccidere l’imprenditorialità, far venir meno tutti gli sforzi per incrementare il benessere animale, dequalificare un prodotto di eccellenza, etc..
Un danno che si ripercuote su tutto il territorio nazionale perchè la filiera del Parma non lavora solo a Parma ma in tutta Italia. Infatti sono diversi gli allevatori suinicoli che producono in Umbria per il Consorzio che subiranno un danno e una battuta di arresto per riorientare il prodotto rispetto al mercato.
Da tecnico a supporto delle aziende termino con un “No comment” !!!
Sicuramente la colpa sono dei nostri governanti ma quando ci si organizziamo per dare una svolta.
Complimenti questi sono contributi che una politica scaturita dal voto dei cittadini dovrebbe finanziarie.
Adesso gli allevatori piangeranno miseria e il governo aprirà le borse per i cosiddetti “ristori”, che paghiamo noi…
Sono già stasti stanziati oltre 25 milioni per i ristori alla filiera.
…il problema principale è avremo un’altra stangata alla Bilancia dei pagamenti, venendo a mancare l’esportazione non avremo più introiti. Visto che lei ritiene che gli allevatori sono ricchi perchè non lo diventa anche lei?…le vendo la mia azienda…..
VERGOGNA!!! si può dire solo questo!!! VERGOGNA!!! Affossiamo ancora la zootecnia Italiana!!! No comment su certe persone che occupano posizioni decisionali con grande
IN-COMPETENZA.
In Italia si chiudono le porte della stalla solo dopo che le bestie sono uscite. È tempo di fare un esame di coscienza.
I cinghiali si sa hanno solo provocato danni, inoltre non sono originari dell’Italia, è tempo di adoperare il cervello, se i parlamentari si fanno eleggere solo per prendere una buona pensione è meglio che si ritirino.