Una giovane donna fotografa un dolce con lo smartphone; concept: food influencer

Gli influencer e i loro contenuti pubblicitari non sono al centro di discussioni solo in Italia. Un’indagine condotta dal Washington Post e dal sito di giornalismo investigativo The Examination ha portato alla luce i legami tra dietiste-influencer e multinazionali alimentari, spesso non adeguatamente segnalati al pubblico. Nel mirino una campagna a supporto dell’aspartame e post “pro-zucchero” e “pro-alimenti ultra processati” sponsorizzati da grandi aziende.

Le dietiste influencer a favore dell’aspartame

L’inchiesta ha scoperto che l’associazione di categoria American Beverage Association ha pagato 12 professionisti sanitari (10 dietiste, un medico e un fitness influencer) per pubblicare post a favore dell’aspartame. L’associazione ha lanciato la campagna #safetyofaspartame all’indomani della decisione dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) di classificare il dolcificante come possibile cancerogeno per gli esseri umani (leggi qui il nostro articolo sull’aspartame e l’annuncio della IARC). E così, nell’ambito di questa campagna, una dietista ha detto ai suoi 2,2 milioni di follower che l’allerta dell’Oms era “clickbait” basato su “dati scientifici di scarsa qualità”. Un’altra ha detto al suo pubblico di non dare retta ai “titoli allarmistici” sulla decisione della IARC, perché “le prove scientifiche non suggeriscono che ci siano motivi di preoccupazione”.

post, immagine di cellulare che inquadra un alimento
L’American Beverage Association ha pagato professionisti sanitari attivi sui social per difendere l’aspartame

I legami tra industria alimentare e dietiste influencer

Ma non è tutto. L’analisi di migliaia di post ha rivelato che le aziende pagano nutrizionisti-influencer per postare contenuti che incoraggiano al consumo di dolci, sminuiscono i rischi per la salute legati agli alimenti ultra processati e promuovono integratori. Tra i 68 professionisti con più di 10mila follower su TikTok o Instagram, quasi la metà (33) ha postato contenuti sponsorizzati nell’anno precedente l’indagine (pubblicata nel settembre 2023). Di questi, solo 17, di nuovo la metà, ha segnalato adeguatamente la natura pubblicitaria dei post.

Facciamo qualche esempio. Una dietista canadese si è filmata mentre mangiava un gelato, affermando che negarsi i dolci aumenta la voglia di mangiarli. Il post era sponsorizzato dal Canadian Sugar Institute, l’associazione canadese dei produttori di zucchero. Una dietista americana ha pubblicato post in cui incoraggiava i genitori a dare integratori di omega-3 ai propri figli a partire dai 6 mesi di vita, chiamandoli ‘booster per il cervello’. Il post era sponsorizzato dal produttore dell’integratore in questione.

Mancano le risorse per controllare l’influencer marketing

Secondo quanto rivelato da alcuni influencer, le aziende pagherebbero migliaia di dollari per video, arrivando a decine di migliaia di dollari per i post dei creator con più follower. Tuttavia le agenzie regolatorie fanno fatica a tenere il passo con l’evoluzione dell’influencer marketing, non solo in Italia dove la pubblicità via social ha raggiunto un giro d’affari di 323 milioni di euro nel 2023 (+10%). Negli Stati Uniti, la Federal Trade Commission (FTC) obbliga gli influencer a dichiarare chiaramente, sia nei video che nel testo dei loro post, se il contenuto è sponsorizzato (così come accade nel nostro Paese). A mancare, tuttavia, sono le risorse per controllare e sanzionare l’operato di migliaia di piccoli e grandi influencer, che lavorano su un numero di piattaforme in continua espansione.

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Jeppetto
Jeppetto
25 Gennaio 2024 20:58

Le influencer sono una gran bella “invenzione”!