pesce e frutti di mare su ghiaccio

Quest’estate i ricercatori dell’Istituto per le Risorse Biologiche e le Biotecnologie Marine di Ancona hanno denunciato una mortalità esagerata di cozze lungo la riviera del Conero, nelle Marche. Un identico allarme è stato lanciato nella zona di Taranto sul mar Ionio, ma pure in Grecia e in Spagna. In Toscana, invece, i pescatori hanno notato delle differenze nelle acciughe, che invecchiano ma non crescono. Motivo di questi eventi? Le prolungate ondate di calore marine con picchi di temperatura del mare superiori a 30 gradi centigradi e fenomeni estesi di mucillagine.

Le conseguenze del cambiamento climatico coinvolgono anche pericoli biologici correlati a un potenziale crescente rischio di batteri del genere Vibrio (vibrioni) nei prodotti ittici europei ed extraeuropei. L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) in un documento sottolinea come temperatura e salinità siano i principali parametri capaci di influire sulla crescita e sulla diffusione di vibrioni – microrganismi che vivono in acque marine costiere e zone salmastre in grado di causare gastroenteriti o infezioni – nell’ambiente acquatico. Gli esperti interpellati dall’EFSA prevedono che la presenza dei batteri di genere Vibrio nei frutti di mare aumenterà a causa del riscaldamento costiero e degli eventi meteorologici estremi specialmente in acque a bassa salinità: con acque più calde la loro concentrazione è destinata a crescere (ne avevamo già parlato in un articolo su un rapporto del BfR tedesco).

frutti di mare cozze e vongole molluschi
La presenza dei batteri di genere Vibrio nei frutti di mare aumenterà a causa del riscaldamento delle acque marine

Il mare soffre per il cambiamento climatico

Il cambiamento climatico globale sta minacciando l’ecosistema marino dando luogo a un futuro incerto sia per i pesci, sia per la pesca. Gli ecosistemi acquatici, infatti, sono considerati più sensibili e vulnerabili alle variazioni di temperature e dei modelli meteorologici rispetto a quelli terrestri e, di conseguenza, i tassi di estinzione previsti della biodiversità acquatica sono generalmente più elevati rispetto alla controparte terrestre.

In generale, il cambiamento climatico agisce sul mare aumentando la temperatura dell’acqua, che porta con sé la migrazione dei pesci, diminuendo il contenuto di ossigeno, che influisce sulla distribuzione delle popolazioni ittiche compromettendone la sopravvivenza, e aumentando l’acidità, che influenza la capacità di alcune specie (come i molluschi) di produrre i loro gusci o scheletri. Inoltre, l’equilibrio acido basico dell’acqua può influenzare la crescita dei pesci, poiché modifica la quantità e la qualità delle fonti alimentari degli animali. Una minore dimensione delle popolazioni ittiche è però determinata anche dal fatto che i pesci devono spendere energia aggiuntiva per adattarsi alle alterazioni ambientali.

In uno studio pubblicato su Marine Environmental Research viene indagata la situazione delle comunità ittiche nel Mediterraneo che rappresenta una delle regioni temperate più vulnerabili del mondo a causa dell’esposizione ai processi di riscaldamento. Anche in questo contesto, le variabili ambientali modificano i tassi di mortalità, di crescita e riproduzione dei pesci. La ricerca sottolinea come nelle acque temperate le specie ittiche rispondono ai cambiamenti climatici spostando la loro distribuzione verso i poli in modo da trovare un habitat più adatto. Nel Mediterraneo è previsto che il Mar Adriatico fungerà da rifugio per le specie che prediligono le acque fresche diventando un vero e proprio vicolo cieco che porterà queste popolazioni verso l’estinzione nei prossimi decenni. Inoltre, a minare la biodiversità del bacino sarà l’aumento delle specie di pesci che prediligono le acque calde.

Cassetta di pesci appena pescati; concept: pesca, cambiamento climatico
Il riscaldamento delle acque spinge le specie di pesci che abitano le acque temperate verso le regioni polari

Parola all’esperta

Abbiamo visto come gli effetti del cambiamento climatico coinvolgano il benessere della popolazione ittica e, di conseguenza anche la pesca marina. Quale futuro ci attende? Lo abbiamo chiesto a Valentina Tepedino, veterinaria e direttrice di Eurofishmarket.

Il cambiamento climatico sta modificando gli equilibri marini: è possibile pensare che tra qualche anno sulle nostre tavole non ci sarà più il pesce che siamo abituati a mangiare?

Sono numerose le ragioni per le quali nelle nostre acque, sia che si tratti di mare, di fiumi o di laghi, si stanno registrando sempre più specie ittiche alloctone, ossia non originarie del nostro territorio. Da diversi decenni consumiamo specie non autoctone ma che ormai sono parte integrante della nostra tradizione gastronomica, e non perché queste specie vengono importate dall’estero. Anche. Ma soprattutto perché ormai decenni fa abbiamo iniziato a produrle anche nelle acque italiane nelle quali queste specie si sono adattate benissimo, anche meglio di specie similari autoctone. Tra i casi più significativi c’è la vongola verace (Ruditapes philippinarum) e la trota iridea (Oncorhynchus mykiss), specie che abbiamo portato rispettivamente dall’Asia e dall’America già dopo gli anni ’70 e per le quali oggi l’Italia è diventata primo produttore in Europa. Entrambe queste specie fanno parte ormai da decenni dei banchi delle pescherie e sono conosciute dal consumatore.

Anche per quanto riguarda l’‘invasione’ nelle nostre acque del granchio blu, più che il cambiamento climatico ha inciso l’uomo considerando che dall’America è arrivato in Europa già nei primi del 1900 probabilmente trasportato nelle acque di zavorra delle grandi navi commerciali. Certo, il riscaldamento delle acque e altri parametri compresi nella definizione di ‘cambiamenti climatici’ hanno agevolato o possono incidere sull’arrivo e/o adattamento di specie alloctone ma è fondamentale tenere presente anche altri fattori, in merito a quello che potremo pescare nelle acque italiane.

Granchio blu; concept: specie invasive
Per il granchio blu, più che il cambiamento climatico hanno inciso le attività economiche umane

Dunque, la quantità e la qualità del pesce, così come di molluschi e di crostacei, che avremo nel piatto non dipenderanno solo da cosa pescheremo nelle nostre acque: è importante ricordare che attualmente in Italia oltre il 70% dei prodotti ittici in commercio è di importazione. A incidere ci sono numerosi altri fattori come, in estrema sintesi, lo stato di salute della flotta peschereccia che negli ultimi anni soffre di un mancato ricambio generazionale, le difficoltà dell’acquacoltura nazionale per una concorrenza molto forte da parte dei Paesi vicini e maggiori oneri rispetto a molti degli stessi, una scarsa capacità del settore produttivo di fare rete e innovazione e un costo di produzione spesso non competitivo rispetto a quello di altri mercati e, troppe volte, un ricavo non sostenibile per il produttore.

Per tutte queste motivazioni sarà possibile continuare a consumare il prodotto ittico nostrano – che sarà sempre in quantità limitate rispetto la domanda –, ma dovrà per forza di cose costare di più per sostenere il settore della produzione. Certamente sarà anche necessario dare anche ai prodotti ittici un sempre maggiore valore aggiunto in termine di servizi e qualità (sostenibilità, benessere, ecc.).

Le alte temperature dell’acqua del mare comportano anche dei rischi biologici. Rispetto al pericolo di un potenziale aumento di batteri Vibrio, come è meglio comportarsi?

Salinità e temperatura sono i parametri che più possono influire sull’abbondanza di Vibrio nell’ambiente acquatico e nei prodotti ittici. Più precisamente, le specie di Vibrio rilevanti nei prodotti ittici crescono con l’aumentare delle temperature delle acque e degli eventi meteorologici estremi, specialmente in acque a bassa salinità/salmastre. Le misure di prevenzione per evitare la trasmissione dei Vibrio rilevanti attraverso il consumo dei prodotti ittici crudi o poco cotti potranno essere (a livello di industria e non domestico): i trattamenti con le alte pressioni, l’irradiazione o la depurazione efficaci nel ridurre i livelli di Vibrio spp. nei prodotti ittici e il corretto mantenimento della catena del freddo per contrastare la crescita (Fonte EFSA). Chiaramente anche una maggiore sensibilizzazione e informazione al consumatore e ai ristoratori sul fatto che questi prodotti sia meglio consumarli cotti soprattutto se destinati a soggetti più vulnerabili come bambini, anziani e immunodepressi.

Piatto di vongole cotte; concept: molluschi, frutti di mare
Le misure di prevenzione per evitare la trasmissione dei Vibrio comprendono trattamenti con le alte pressioni, l’irradiazione, la depurazione e il corretto mantenimento della catena del freddo

A oggi, che futuro si può prevedere per le popolazioni ittiche e quale sorte per il settore della pesca?

Il mio parere è che siamo ancora in tempo per una gestione corretta delle nostre risorse ittiche; le nuove politiche comuni della pesca, sia europee sia nazionali, si stanno già muovendo verso questo obbiettivo. La sensibilità da parte di tutti gli attori della filiera – consumatore compreso – anche riguardo al tema del rispetto della risorsa e della sua sostenibilità è migliorata molto negli ultimi anni; si sta facendo più ricerca e ci sono sempre più normative a riguardo.

Inoltre, diversi produttori hanno capito che fare rete è determinante non solo per essere più competitivi sul mercato ma anche per creare dei piani di gestione utili, appunto, a controllare meglio la risorsa e renderla più sostenibile dal punto di vista ambientale, economico e sociale. Ne sono degli esempi l’Organizzazione dei Produttori dei Fasolari e quella del Polesine che hanno saputo unire diverse decine di produttori, realizzato un piano di gestione e creato uno stabilimento anche di lavorazione del prodotto che viene commercializzato direttamente accorciando dunque la filiera.

Quindi, sarà fondamentale che i produttori facciano rete tra loro, che si crei una chiara identità produttiva nazionale che dia maggiore credibilità e valore a questo settore e che lo si renda più attraente così da garantire un ricambio generazionale sia per quanto riguarda la pesca sia l’acquacoltura. Sarà anche importante sempre più legare ai prodotti ittici i loro territori di produzioni per creare un indotto derivante non solo dall’acquisto di pesce, crostacei e molluschi ma anche da percorsi gastronomici, attività di ittiturismo e pescaturismo. Ultimo aspetto, ma molto importante, è pensare a una corretta campagna di informazione in merito a quelli che sono i nostri prodotti e le nostre produzioni: solo la conoscenza porta a un acquisto più consapevole. Purtroppo, per quanto riguarda pesca e acquacoltura circolano molte fake news.

© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos, AdobeStock

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Marco Merlin
Marco Merlin
3 Ottobre 2024 11:54

È vergognoso sapere che vi siano persone che non credono ai cambiamenti climatici, compresi le alte cariche, io non mangio i pesci sono vegano ma penso a tutte quelle persone che vanno al ristorante per un ottimo (?) pranzo a base di pesce .

Christine
Christine
Reply to  Marco Merlin
4 Ottobre 2024 17:02

Certo,anche con la moda del sushi! Mi chiedo come fanno le persone a fidarsi con tutto l’inquinamento che c’è!
Anche io sono quasi vegana, per curiosita volevo chiedere alla dottoressa se il pesce surgelato è cmq più sicuro?
Grazie.

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